(Foto e testo di Maurizio Crispi) A volte, dopo lunghe pause, la corsa ritorna.
Correre in solitudine e al cospetto della natura ha un potere vivificante, energizzante. Schiarisce la mente e la mette in moto.
Sorgono idee e il pensare si fa creativo.
Una boccata di ossigeno e questo anche se il giorno, come è stato quello di questa passeggiata, non è solare, bensì grigio e corruscato.
Molto romantico, direi, perché ha attivato la melanconia e la nostalgia.
E anche delle brevi e transitorie burrascate di pioggia, in questo contesto ci sono state bene.
Dall'umido del bosco le mie narici erano colpite da molecole olfattive di bruciate. E, in effetti, c'erano i segni di un fuoco recente che aveva arso il sottobosco e alcune delle piante arbustive più giovane.
Forse attizzato proprio alcuni giorni prima in occasione del grande scirocco, con il vento che ha fatto divampare le fiamme, incautamente o dolosamente accese.
E ora sul pendio che si inerpica sino alla scoscesa parete di roccia si allarga una grande cicatrice nerastra.
Sono stato l'unico nel circondario a percorrere quegli sterrati, con la vista sulla scogliera grigio-ferro e nera, battuta dai marosi violenti e Isola delle Femmine che si stagliava lontana nella bruma: un paesaggio quasi nordico e non mi sarebbe sembrato strane veder emergere dal mare in tempesta una balena - a big sea monster - con i suoi potenti soffi, inarcando il dorso prima di un tuffo (Thar she blows!).
E Isola delle Femmine appena distinguibile tra i rovesci d'acqua e il pulviscolo d'acqua sollevato dai marosi, con la sua forma oblunga potrebbe bene essere un grande cetaceo pietrificato.
Nella più totale solitudine, ho solo incrociato uno che, con il cappuccio della felpa calcato sulla testa, faceva passeggiare il suo cane: era sulla scogliera e sul greto di sassi, ma quando mi sono addentrato nel territorio della riserva (la zona A), non c'era davvero più nessuno.
Forte è stata l'impressione di essere su di un isola selvatica lontana mille miglia dal luogo in cui vivo, invece che dietro la porta di casa: e quei cartelli indicatori di sentieri e località dai nomi pittoreschi e quasi mitici evocano atmosfere di avventura.
Tutto è fermo e silente, in attesa dell'estate, nel secondo giorno di primavera, ma sembra che sia inverno profondo, quell'inverno che ancora non c'era stato: l'inverno del nostro scontento.
Solo il monte, con i suoi sassi spaventosi e cataclismici, si muove.
Un cartello avverte minaccioso che c'è pericolo ad inoltrarsi nella zona che, a causa del monte soprastante e la sua parete di roccia friabile, é in uno stato di dissesto geomorfologico.
Grossi sassi caduti sul sentiero con la loro inerte presenza, sono eloquenti e mi fanno stare sul chi vive...
Non si sa mai...
Chi può mai dirlo se qui possa esserci l'appuntamento fatale con il mio destino.
Ma poi non è successo nulla di brutto...
Sarà per un'altra volta.
Ah ah ah...
Barcarello running, nel grigio invece che nel blu | Facebook
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La galleria fotografica completa (foto di Maurizio Crispi)
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