(Maurizio Crispi) Sferracavallo, il piccolo ridente borgo marinaro alle porte di Palermo, è un luogo nel quale mi piace fare ritorno di tanto in tanto, perchè è stato importante per alcune stagioni della mia vita importante.
Lì, negli anni della mia tarda adolescenza, dal lato dei villini più prestigiosi, a ridosso della propaggine di scogli conosciuta come "Punta Marconi", avevamo sulla stretta costiera rocciosa, dove erano gli scivoli a mare dei più prestigiosi villini della zona (tutti datati dal primo Novecento) una piccola concessione demaniale di pochi metri quadri, sulla quale - nella buona stagione - facevamo montare una piccola cabina di legno.
Fu questa sistemazione a farci abbandonare la tradizione della "capanna" mondellana. Ancora per una breve stagione, Salvatore che non voleva più andare al mare di Mondello a causa dell'impietoso sguardo altrui, si convinse a venire: solo che qui la discesa a mare era più disagevole.
Molti anni prima i miei cugini usavano venire con la loro famiglia a Sferracavallo, dove andavano in affitto, di volta in volta in case diverse.
Quelle di Sferacavallo furono le mie ultime stagioni al mare di stampo adolescenziale, con quelle lunghe ore di nuotate oppure di dolce far niente, a crogiolarsi al sole o a tuffarsi ritetuamente dallo scoglio più alto.
E poi la sera c'era il rito di andare in piazza a mangiare il gelato artigianale al gusto di gelso nero (che, allora, per Palermo era una novità assoluta).
Poi, ogni anno a chiusura di stagione, c'era da seguire la festa patronale dei Santi Medici Cosma e Damiano, che si concludeva con la processione e la vara dei Santi portata daglu uomini della confaternita a piedi scalzi, anche lungo le vie a fondo naturale tutte pietrose e gli spettacolari giochi di fuoco finali.
Per questi motivi, Sferracavallo mi è rimasto nel cuore, anche se non è facile riconoscere questi legami e seguirli dentro di me come sottili corde invisibili che conducono ad anni il cui ricordo è tuttora confuso, poichè allora - negli anni della tarda adolescenza - mi sentivo come uno senza un luogo e senza una patria, costretto a vagare senza mai potermi veramente fermare, sempre all'inseguimento di desideri mai appagati e di una normalità da cui mi sentivo escluso.
Sferracavallo era allora un posto per pochi eletti, dignitoso e tranquillo, avulso dal chiasso e dal brusio delle grandi masse.
Eppure nel corso del tempo qualcosa è cambiato e la natura del villaggio si è trasformata malignamente in parte per via dello sviluppo dei ristoranti in cui, pagando un modico prezzo standard, si mangia un ricco menu a base di pesce (per così dire, dalla A alla Z), in parte perchè con l'Autostrada A9 - e i relativi svincoli posti nelle vicinanze - è diventatata facilmente accessibile con l'auto da persone alla ricerca di sbocchi "festivi" e di divertimenti consumistici di bassa lega, con giostrine da quatto soldi e bancarelle di paccottiglia varia. Ma nello stesso per via dei due grandi centri commerciali di recente sorti da un lato e dall'altro (rispettivamente il "Conca d'Oro" ancora in territorio di Palermo e il "Poseidon" nell'area di Carini, è rimasta tagliata fuori dagli investimenti in attività commerciali (intrattenimento e ristoriazione) di qualità (e ci sarebbe molto da dire su come questi dissennati ipermercati e centri commerciali megagalattici influiscano sui fragili e delicati equilibri su cui si regge il tessuto socio-urbanistico delle periferie). Insomma, sembra essere diventato - soprattutto per quanto concerne - l'atmosfera domenicale un posto per sfigati e derelitti.
Oggi, il maestoso paesaggio della montagna incombente su Punta Barcarello e sul borgo marinaro crea un netto contrasto con la sporcizia e il degrado imperanti nelle zone pubbliche dello stesso della borgata: quelle che un tempo erano caratterizzate da plizia e nitore.
Dopo i lavori di restauro del fronte del porticciolo, realizzati più di due decenni addietro (quando già da molto tempo tempo avevo smesso di venirci), con la realizzazione di una piccola diga sopraelevata e vista sul mare, di grandi aiuole, abbellite da camminamenti e da panchine, oltre che da una fontana, il tutto è stato lasciato alla deriva.
Naturalmente, questo degrado risente del fatto che la borgata di Sferracavallo non possiede una sua amministrazione autonoma, ma fa parte di una delle circoscrizioni del Comune di Palermo, in cui vige il principio spendere per la realizzazione di grandi opere (con tutta la mangiatoia annessa alla concessione dell'appalto dei lavori) e poi non stanziare nessun capitolo di spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il fronte del porticciolo di Sferracavallo avrebbe potuto rimanere come un posto splendido, mentre invece sono il degrado e l'incuria a farla da padrone.
Acqua ristagnante (proveniente sia dalla pioggia sia dalle mareggiate), cartacce, resti organici di dubbia origine, puzze e una fauna di frequentatori che provengono dalle borgate infime della nostra bella città: abbigliamenti assurdi e sguaiati, donne grassone che mangiano dolciumi e schifezze varie con le loro boccacce che, sformate come ciabatte vecchie, spalancate senza ritegno lasciano intravedere denti marci e sgangherati, sigaretta alla bocca, perchè fumare è okkei e naturalmente la ciunga che viene rivoltata e rivoltata in bocca come un bolo da ruminante.
Non c'è evoluzione in meglio, quando l'unica maestra di questo sottopopolo è la più deteriore delle Televisioni che vanno in onda.
Programmi spazzatura, sitcom, aste, isoladeifamosi, amici, chilavisto e altre robacce, come il junk food che ingurgitano.
Io può io può, senza ritegno e senza alcuna autocritica.
Da rabbrividire.
Sembra di essere nella fiera degli orrori.
Mi dispiace davvero tanto, ma temo che con l'età io sto diventando un po' troppo razzista, se - in questo caso - di razzismo si può non parlare, o se non è soltanto pura e semplice indignazione per una violenza perpretata all'estetica e al sentimento della bellezza che sempre dovrebbero essere una delle nostre guide.
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