Il 4 ottobre è appena trascorso con tutto il suo carico di ricordi.
E' un giorno che rappresenta da sempre per la mia famiglia una ricorrenza molto speciale.
Infatti, assieme festeggiavamo il Compleanno di Salvatore (nato il 4 ottobre del 1947), l'Onomastico di nostro padre (San Francesco d'Assisi) e l'Anniversario di matrimonio dei nostri genitori.
Si è aggiunto nel tempo anche l'onomastico di mio figlio Francesco e, adesso, 1/3 della festa di onomastico di Gabriel (che, nominato al completo, è Gabriel Francis Luca).
La mamma voleva che sempre ci ricordassimo delle ricorrenze (a me ricordava sempre, per fare un esempio, quando cadevano l'onomastico o il compleanno di Tatà. Me lo preannunciava con qualche giorno di anticipo, dicendomi: "Ricordati di tuo fratello") e che a loro dessimo il giusto valore.
Da un certo momento, quando ha cominciato ad essere stanca delle complicazioni e desiderosa di non essere al centro dell'attenzione (ma anche "di non voler arrecare disturbo a chicchessia"), lei era solita preannunciare, quando si avvicinava una data che la riguardasse: "Quest'anno non voglio che facciate niente per me!".
Ma, noi, avendo bene interiorizzato la sua lezione, procedevamo egualmente, malgrado il suo avvertimento dissuasivo.
E così è stato, in occasione del suo 90° compleanno, quando - er iniziativa delle mie cugine più grande - abbiamo organizzato a sua insaputa una piccola festa familiare, in cui ci siamo ritrovati tutti assieme, con la presenza speciale anche della cugina Giorgia che vive a Roma.
Le foto che aprono questo piccolo post "di famiglia" sono appunto un ricordo di quella circostanza. Tra l'altro, in quella circostanza, la mamma che solitamente cercava di evitare in ogni modo di essere fotografato, comprendosi il volto con le mani o con una rivista (o un libro) appena vedeva il mio obiettivo puntato su di lei, mi lascio fare.
E fu così che ebbi modo di raccolgiere alcune bele immagini di lei nei suoi ultimi splendidi anni, assieme a Salvatore anche.
Guardando queste foto - e le altre che scattai in quell'occasione, qui non pubblicate -, mi sento solo: certo, oggi ci sono i miei due figli, c'è Maureen.
Ma loro - la famiglia in cui sono cresciuto - non ci sono più.
Sono andati via e con loro é finito un intero mondo di abitudini e di piccoli riti quotidiani, di voci e di conversazioni, di presenze e di assenze: in un attimo, specie dopo la scomparsa di Tatà, quasi tutto ciò che si svolgeva nel quotidiano in routine e pratiche che avevano i loro perché ha cessato di essere.
E, senza i riti quotidiani, ci si sente come una nave che ha perso i suoi ancoraggi, ma anche i suoi strumenti di rotta e di navigazione.
Fa parte delle vicissitudini umane che solo uno tra molti sia destinato a vivere nella parte del sopravvissuto
Io sono un sopravvissuto.
Chi rimane, deve ricordare costantemente chi non c'è più.
Occorre lasciare sempre aperta una porta al flusso dei ricordi, mantenendo in vita in questo modo le persone care che sono venute a mancare e che ci mancano.
E' nostro compito tenere la stanza dei ricordi costantemente aperta, arieggiata, festosa, piena di colori e di suoni.
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