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28 marzo 2012 3 28 /03 /marzo /2012 01:00
Un-giorno-questo-dolore-ti-sara-utile.jpg  Un-giorno-questo-dolore-ti-sara-utile-locandina.jpg

 

I libri letti chiamano dei film, come - viceversa - i film visti ti portano a leggere il libro da cui sono stati tratti.

Se solo si viene a sapere che un certo film è tratto da un romanzo, si cerca di giocare d'anticipo, leggendo il romanzo prima di andare a vederlo il film che ne è stato tratto.

In altri casi, si vede un libro e si scopre leggendo i titoli di coda o le locandine che è tratto da un'opera letteraria (non necessariamente un romanzo): istrintivamente, se si è dei lettori, vine subito voglia di leggere. Si corre in libreria a comprare il libro in questione oppure, in altri casi, te lo ritrovi già tra i libvri di casa, solo che non avevi fatto in tempo a leggerlo. O lo acquisti, dunque, oppure semplicemente lo prendi tra i libri per così dire in stand-by, e lo leggi.

In generale, la partita è quasi sempre a favore del libro: è raro che un film ti soddisfi interamente, se hai già letto prima. E' raro altrettanto che il libro ti deluda se lo leggi ex-post. Un unico inconveniente della lettura "dopo" è il fatto che, avendo saturato la tua mente con le immagini cinematorgrafiche, la tua fantasia di lettore ha meno spazio per dipiegarsi nella visualizzazione dei personaggi, delle azioni e degli scenari; sei in qualche modo vincolato all'occhio del regista. Ma. in ogni caso, sei sempre piacevolmente colpito dal fatto che il romanzo si dispiega in maniera sontuosa, rispetta alle ristrettezze e agli obblighi di sintesi e di elisione imposti dallo script cinemnatografico.

Un giorno questo dolore ti sarà utile, il romanzo di formazione di un adolescente newyorkese dello scrittore emergente Peter Cameron (Adelphi, 2007) e il film omonimo che ne è stato tratto per la regia di Roberto Faenza (2011), rapprresentano di questo binomio cinema-letteratura un esempio di armoniosa convivenza.

Il romanzo che si svolge nell'arco di pochi giorni in un assolata estate è il diario, narrato in prima persona, di James, un diciottenne di buona e facoltosa famiglia (ma i cui genitori sono divorziati) che è ancora alla ricerca di una propria e personale costruzione identitaria fuori dalle troppo facili omologazioni e rifugendo dai luoghi comuni: in questo suo percorso di ricerca di unicità, finisce con l'apparire eccentrico e bizzarro, proprio perchè va in controtendenza rispetto ai coetanei, ai genitori e alla sorella. Per lui, nulla deve essere scontato e banale. James non cessa mai di interrogarsi sulle cose e percepisce le persone con cui interagiusce e il mondo che lo circonda con vividezza di dettagli, con profondità e freschezza, nello stesso tempo, senza cessare mai di interrogarsi sulle cose e sulle scelte che vorrebbe intraprendere.
Tra il padre, che insegue le sue debolezze narcisistiche e una madre alla ricerca di un nuovo matrimonio perfetto, ma sempre delusa dalle circostanze, James trova due punti di riferimento nel nero John, manager della Galleria d'Arte della madre, e nella nonna materna Nanette che è, a tutti gli effetti, la sua guida affettuosa e la sua garbata mentore. In questo percorso formativo si inserisce il rapporto con una psicoterapeuta, la dott.sa Adler, con la quale - faticosamente - costruisce un rapporto di fiducia dopo essere stato "inviato" da lei dai genitori sfiduciati a causa di una sua fuga seguita ad una crisi di panico.
La prosa di Cameron è delicata, introspettiva e profonda: qualsiasi evento esterno viene letto nella filigrana dei turbamenti, dei desideri e delle aspirazioni del giovane James che delinea nel oro dipanarsi un vero e proprio percorso di formazione alle soglie del XXI secolo.

E' un romanzo, breve ed intenso, tutto da leggere in un fiato: di quelle letture che ti introducono nella magica atmosfera dei sentimenti, in cui tutto appare profondo da un lato, delicato dall'altro, ma senza scadere mai nel buonismo e senza piaggerie nei confronti del lettore che desidera le soluzioni facili e scontate, proprio quelle che James - e con lui l'autore - rifugge.

Il film ad ambientazione newyorkese di Roberto Faenza ripercorre in maniera egregia la storia proposta nel romanzo, senza stravolgimenti, ma anche senza essere pedissequa: il che è un gran pregio. Tuttavia, il regista cade in un bisogno di sintesi e in qualche modfo di chiusura buonista della storia: mentre i pochi giorni che sono oggetto della narrazione rappresentano piuttosto il passaggio di una soglia che fa da confine da uno stato all'altro delle vita di un adolescente e trattano della conseguente elaborazione del lutto. Vi è anche qualche piccolo stravolgimento: come quello - sempre di piaggeria nei confronti dello spettatore - di trasformare la psicoterapeuta in una esotica e moderna "life coach" (lucy Liu, nei panni di Rowena) che sviluppa le sue sedute di "addestramento" alla vita, portando il suo "allievo-paziente" di corsa per le vie di New York e al Central Park: un'escamotàge per condurre gli spettatori negli scenari - sempre apprezzabili - di Manhattan e dare movimento a delle sequenze che, altrimenti, dal punto di vista cinematografico avrebbero corso il rischio di essere troppo statiche.
Faenza tratta diversamente anche il rapporto con la nonna Nanette, lo sintetizza e fa in modo che sia lo stesso James a ritrovarla stroncata da un ictus, mentre nel romanzo il tema della morte è sviluppato in maniera ben piu' delicata, come anche il film sembra concludersi con la cerimonia funebre, vista soltanto attraverso la sua appendice un po' teatrale che comporta lo spargimento delle sue ceneri nelle acque dello Hudson e, in parte, sulla terra delle sue amate aiuole fiorite: di questo tipo di finale con un confronto così esplicito con il tema della morte e del lutto, nel romanzo non vi è alcuna traccia, se non nella forma di una sorta di testamento spirituale che Nanette riesce a comunicare a James in una delle loro ultime conversazioni, apparentemente casuali, ma intense (in cui non vi sono insegnamenti che vengono impartiti, ma piccoli elementi di riflessione vengono introdotti con la libertà di poterli prendere, di esaminarli e, eventualmente, metterli da parte).
Ma, a parte queste discrepanze, non v'è dubbio che l'opera di Faenza faccia un ottimo servizio al romanzo di Cameron e, ad essi, si può pensare come ad un unicum: due facce della stessa medaglia.

 

Scheda del film

Regista: Roberto Faenza. Interpreti principali: Toby Regbo (James Sveck), Marcia Gay Harden, Peter Gallagher, Lucy Liu, Aubrey Plaza, Stephen Lang, Deborah Ann Woll, Ellen Burstyn, Gilbert Owuor, Dree Hemingway, Olek Krupa, Siobhan Fallon, Brooke Schlosser, Kyle Coffman, Jonny Weston, Kate Kiley, Rekha Luther, Shaun Brown, Greg McFadden, Dasha Mironova, Skyler Marshall, Jade Gzi, Chris Perillo, Amelia Workman, Carmen Lamar, O'Ryan Graves, Christine Nelson, Ronald Scott Maestri, Dieter Riesle, Christopher Mann, Peter Y. Kim, John Mancini.

Drammatico, durata 98 min.
USA, Italia 2011. - 01 Distribution

Uscita venerdì 24 febbraio 2012 

 

Il trailer

 


 

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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