(Maurizio Crispi) Una gran parte del reddito delle famiglie italiane viene dissipato in giochi e giochini d'azzardo: è stato calcolato che nel corso del 2011 la spesa media pro capite in un anno è stata di oltre 1600 euro.
Una cifra esorbitante, certamente destinata a crescere, visto che aumentano le forme di gioco d'azzardo e che vengono autorizzate nuove e più variegate "case" per il Gioco d'Azzardo.
Lo stato prende in tasse dagli introiti delle giocate il 10% del totale degli importi. Il resto viene redistribuito in vincite (a loro volta tassate) e guadagni dei gestori.
I governi subentranti della Bella Italia hanno egualmente favorito l'espandersi del gioco d'azzardo che è stato di fatto liberalizzato, con un progressivo e pervasivo incremento, se si pensa che adesso la nuova moda sono gli internet point "solo" per le giocate d'azzardo e che nel corso del prossimo anno verranno aperte in tutt'Italia - con regolare licenza - ben 1000 sale da Poker, mentre con un'apposita norma è stato reso possibile il gioco online direttamente da casa o tramite la telefonia mobile.
Alcuni sostengono che tutto ciò è immorale, perché non si fa altro che fomentare un "vizio"...
E' noto che il gioco d'azzardo, oltre un certo livello di intensità, tende a diventare "patologico" e a trasformarsi in vera e propria "Dipendenza non farmacologica".
I patrimoni di alcuni famiglie italiane sono così a rischio, perché il giocatore d'azzardo patologico non si ferma più davanti a niente.
Perchè lo stato indulge a tutto ciò: è chiaro, poichè si tratta di un grande quantitativo di denaro (pur piccolo, rispetto alla movimentazione complessiva) che entra nelle casse erariali.
Alcuni dicono: "Va bene. Ma tassiamo di più. E' giusto che lo stato prenda molto di più di quanto non accade adesso".
Altri vorrebbero che nei confronti dei Giochi d'azzardo si instaurasse un regime di de-liberalizzazione, se non di proibizione, andando in contro-tendenza rispetto alle norme permissive attualmente vigenti..
Altri ancora dicono: "Lasciamo le cose come stanno. Perché lo stato non può interferire con ciò che piace al singolo cittadino. Non può interferire con i comportamenti che sono sottoposti al libero arbitrio e alla propria personale responsabilità. Ognuno deve fare come gli pare, senza controlli restrittivi".
Argomentazione, peraltro, inoppugabile.
E qui, però, casca l'asino. Come dire: "Chiù pilu pi tutti, ma solo per le cose che decidiamo noi" (dove per "noi" si intende chi sta al governo.
Coerentemente con questo stato delle cose (e tenendo conto di tale argomentazione), allora la conseguenza più logica dovrebbe essere quella di liberalizzare tutto, ma proprio tutto, nell'ampio ventaglio di ciò che "piace", senza alcuna restrizione.
Quindi liberalizziamo (e tassiamo) la prostituzione che è il business sicuramente più prosperoso, l'uso delle droghe illecite (tassando adeguatamente, come è già per tabacchi e alcoolici).
Lasciamo che ogni cittadino - pagando adeguatamente in tasse - possa fare ciò che crede, ma senza fare discorsi di doppia morale, per cui una cosa è lecita (perchè fa comodo) e un'altra invece deve invece rimanere confinata nell'illegalità.
Se non si ha il coraggio di portare avanti coerentemente un simile principio, allora è giusto che nei confronti del Gioco d'Azzardo si mantengano le stesse leggi restrittive che si applicano ad altri comportamente potenzialmente pericolosi (anche sotto il profilo del dissesto economico personale e familiare) per il singolo e per la collettività.
Altrimenti, si rischia soltanto di essere ipocriti e di fare retro-pensiero, applicato in fondo una forma odiosa di Etica utilitaristica.