(Maurizio Crispi) Chiunque abbia una certa età - mettiamo attorno ai 6o anni ed oltre - ha vivo dentro di sè il ricordo di lunghi viaggi in treno che rimase a lungo a partire dal Dopoguerra a buona parte degli anni Sessanta, il principale mezzo di trasporto sia per i viaggi di lungo percorso, sia per quelli a breve e medio raggio.
Mia mammo mi raccontava che quando loro erano piccoli andavano a villeggiare per tutta l'estate a trabia, una cittadina sul mare a circa 25 km da Palermo e che il giorno del trasferimento, mentre arrivava un carretto (con traino animale) per caricare le vettogliaglie, gli effetti letterecci, il pentolame e tutto ciò di cui avessero avuto bisogno, loro andavano a prendere il treno con le valigie cariche di libri e di effetti personali e con gli oggetti di valore e facevano il viaggio con quel mezzo. Soltanto alla sera sarebbe arrivato il carretto con tutto il resto.
Il trasferimento per la villeggiatura sapeva così - da ciò che mi diceva la mamma quando rievocava questi momenti - di un forte sapore di avventura e percepivo nelle sue parole l'eccitazione di allora.
Come anche papà mi raccontava dei viaggi estivi su quel trenino a scartamento ridotto che li portava da Palermo a Palazzo Adriano passando per Lercara Friddi: anche quello un viaggio avventuroso con la locomotiva a vapore che inondava i passeggeri di fumo nero al passagio nelle numerose gallerie e la possibilità di affacciarsi al terrazino che adornava la vettura di coda.
Io stesso ricordo di lunghissimi viaggi in treno per spostarmi dalla Sicilia a Milano, Trieste, venezia ed oltre, per raggiungere mete come Amsterdam o Parigi: viaggi fatti più comodamente in cuccetta (rigorosamente di sceconda classe), più spesso in poltrona in scompartimenti affollatissimi (quei treni che viaggiavano da Nord a Sud erano ancora i treni "della speranza"), pervasi di odore di sudore stantio, di salame, di pane e mortadella, di pasta al forno fredda e di varie esalazioni umane, ma in un'atmosfera che presto si sarebbe fatta fitta di brevi conversazioni o di semplici sguardi; molto di rado, quando avevo un po' più di soldi da spendere, in Wagon-lits.
E ricordo anche quell'odore vagamente elettrico che pervadeva tutto e il ristagnare di puzzo di latrina, di feci, urina stantia e vapori ammoniacali, mai ben pulita, un odore che quando giungevi a destinazione ti era entrato on bocca, aveva impregnato i tuoi vestiti e i tuoi capelli, ti era penetrato nella pelle: e, per liberartene, dovevi fare una doccia prolungata e mettere tutti gli indumenti, inclusa la biancheria intima, nel cesto del bucato.
E ricordo bene, ancora oggi, che già diciottene, mi trovai a viaggiare per la Puglia (andarci, allora, era come dover raggiungere un altro pianeta) con un interminabile viaggio in treno che si svolse, passato lo Stretto di Messina, su vecchie carrozze di "terza classe", con i sedili (scomodissimi) di legno. Sì, esisteva anche la terza classe, nell'anteguerra, rispettando il principlio di un'immutabile divisione della società in classi, disposte secondo una struttura piramidale (dai poverissimi e poveri - la maggior parte - agli stra-ricchi, un'élite e ristretta minoranza, esattamente a formarne la cima: non era strano che costoro potessero persino usufruire di "carrozze private" che vnenivano attaccate ai convogli normali). Ma, in fondo, cosa è poi cambiato oggi? Se appena si pensa ai viaggi aerei low cost che, a detta di alcuni, diventano sempre più simili ai trasporti bestiame o alle tradotte militari di un tempo e, a far la differenza, gli stra-ricchi che si spostano in elicottero o su di un jet privato?
Oggi, con lo smantellamento delle linee ferrate secondarie (in applicazione, in Italia, di un discutibile principio di efficcenza aziendale, alle Ferrovie che da tempo hanno smesso di essere "servizio pubblico" per essere invece al servizio degli azionisti e degli investitori) e con lo sviluppo del trasporto aereo con i voli low cost, i treni sono diventati obsoleti e sembrano dover essere relegati ad un retaggio del passato da rievocare nostalgicamente.
A dar pienamente la misura di tutto ciò, mi è capitato di leggere di recente un volume curato dallo giornalista, scrittore e soprattutto viaggiatore Stefano Malatesta che dirige una collana di Neri Pozza, denominata "Il Cammello Battriano" con una serie di volumi dedicati al fascino del viaggio: un fascino che si può ritrovare anche intraprendendo dei viaggi a breve raggio, senza che ci sia bisogno di imbarcarsi in una partenza verso una metà esotica e lontana.
Il volume è Quel treno per Bagdad (Neri Pozza, 2013)e, costituito da contributi di autori diversi, è stato curato dallo stesso Malatesta (anche autore di uno dei "pezzi").
Un volume che si rivela sin da subito appassionante, come tutti i libri di viaggio, ma anche come tutti i libri scritti da Stefano Malatesta o curati da lui. L'ho acciuffato al volo, appena l'ho visto sui banchi della mia libreria preferita, riservandomi di leggerlo appena avessi potuto per trarne infinito piacere.
Si tratta di una miscellanea di scritti (racconti, note diaristiche di viaggio, un piccolo saggio storico come quello sulla costruzione della linea ferrata Instanbul-Baghdad) a firma di autori noti e meno noti. Ma tutti i contributi sono appassionanti, perché parlano di viaggi e soprattutto di viaggi in treno, sia nelle brevi distanze sia sui lunghissimi percorsi, dal Train Blue, in particolare famoso tra i Britannici follemente innamorati delle dolcezze climatiche del Mediterraneo (come il noto scrittore Norman Douglas) alla mitica Transiberiana, raccontata da Mattero Pennacchi.
Rimarchevole e nostalgico mi è apparso lo sforzo del curatore del volume, in un'epoca - la nostra - in cui il viaggio in treno tende a scomparire a farsi obsoleto, soppiantato dai voli low cost, rapidi ed efficienti sempre più diffusi (ormai diventati al pari di grossi autobus per chiunque, mentre prima il volo aereo era considerato un modo di viaggiare "di lusso). mentre in contemporanea la possibilità di spostamento per lunghe tratte si fa incredibilmente costosa - e un genere di lusso - mentre le tratte brevi che consentivano di arrivare in piccoli luoghi come i capillari di un sistema arterioso complesso e ramificato tendono irrimediabilmente a scomparire. Il volume, con la molteplicità dei punti di vista e con il variare dei registri e dei generi narrativi ci riporta al fascino del viaggio in treno e ci dice che, malgrado tutto, agli uomini di buona volontà e di ingegno, desiderosi di sperimentare questo modo di viaggiare, qualche possibilità è ancora data.
Non tutto è perduto, insomma, dell'epoca delle linee ferrate, prima dell'avvento dei treni ad alta velocità, inutili e costosi.
E' bello leggere questa raccolta, perchè, come ho fatto intrravedere all'inizio di questo breve commento, ciascuno - scorrendo le sue pagine o indugiando su questo o quel racconto - può attingere ad un proprio personale serbatoio di ricordi di viaggi in treno sperimentato, quando il treno ero l'unico autentico mezzo di spostamento "popolare", nato dall'antica "corriera" o dilingenza" a cavalli.
(Dal risguardo di copertina) Irresistibilmente attratta dalle circostanze della vita in cui gli esseri umani – e le loro esistenze, i loro sogni e le loro speranze – si mescolano insieme, la letteratura non poteva sottrarsi al fascino dei treni, mezzi di trasporto in cui l’immaginazione, e non di rado la realtà, hanno generato da sempre mirabolanti avventure.
Non stupisce perciò che, dopo aver curato una raccolta di racconti di suspense ambientati in treno, Stefano Malatesta abbia deciso di mettere insieme delle storie che ruotano questa volta attorno al récit de voyage in treno, vale a dire quel genere letterario in cui il viaggio si fa racconto di una vicenda realmente vissuta o di un accadimento reale, con il suo corollario di incontri, emozioni ed esperienze fuori dell’ordinario.
Abbiamo così, in questa raccolta, il principe Alliata che ricorda un viaggio su una ferrovia a scartamento ridotto in Sicilia per raggiungere le miniere di zolfo di proprietà della famiglia, quando lui era appena un ragazzo; Boris Biancheri, il segretario generale della Farnesina scomparso di recente, che narra del libro più bello del mondo: l’orario ferroviario; Giuseppe Cederna che racconta del viaggio, su un Settebello lanciato a tutta velocità, verso le terre incognite dell’arte comica; Mario Fales, professore di Assiriologia all’università di Udine, che con ironia e precisione ci parla del treno per Baghdad, il sogno di fine Ottocento di collegare l’Europa con l’Oriente; Stefano Malatesta che narra di Norman Douglas e del Train Bleu, una li nea ferroviaria di lusso con cabine solo di prima che par tiva da Londra, toccava Calais, raggiungeva Nizza e termi nava la sua corsa a Mentone, al confine con l’Italia; Matteo Pennacchi che racconta del viaggio sulla Transiberiana durante il suo «giro del mondo senza soldi e senza bagagli»; Diego Planeta che, come Bruce Chatwin ne Le vie dei canti, prende spunto da una ferrovia scomparsa che, con magnifica vista sul mare, attraversava le colline intorno a Menfi; Vito P. che racconta di due viaggiatori, un lui e una lei, che in uno scompartimento affollato si osservano a vicenda e rimuginano sulla propria esistenza; e, infine, Stenio Solinas che ripercorre il tratto di una ferrovia africana, dove leoni affamati ma pigri trovano molto più comodo saltare nei treni e portarsi via ferrovieri e viaggiatori, che andare a caccia di impala.
Storie vere, avventure immaginate e vissute, eventi storici che ci restituiscono tutti l’intramontabile fascino del viaggio in treno.
Il fascino del viaggio in treno in otto racconti che rievocano impareggiabili paesaggi siciliani, atmosfere esotiche perdute, amori inaspettati, leoni famelici, locomotive blue e poltrone di cinz, avventure orientali e leggende sinistre.
Gli Autori. A cura di Stefano Malatesta. Con i racconti di Giuseppe Cederna, Maurizio Tosi, Matteo Pennacchi, Diego Planeta, Stenio Solinas, Francesco Alliata, Boris Biancheri, Mario Fales.
Giuseppe Cederna è l’indimenticabile interprete del soldato che si innamora della prostituta greca nel film Mediterraneo di Gabriele Salvatores, che ha vinto il premio Oscar come il miglior film straniero. L’ultimo suo film è Nine con Nicole Kidman. Scrive libri di viaggio. Con risultati allo stesso livello delle sue interpretazioni.
Maurizio Tosi insegna all’Università di Bologna ma continua ad essere un archeologo peripatetico, molto conosciuto soprattutto all’estero. Vive tra Samarcanda e Ravenna e sta scrivendo un libro sulla sua vita turbolenta e contraddittoria insieme al giornalista Silvestro Serra, direttore del nuovo mensile di viaggi del Touring Club.
Matteo Pennacchi ha realizzato tre giri del mondo, due dei quali rappresentano dei record: il giro del mondo senza soldi ed il primo giro interattivo del mondo. Ha scritto due libri: Il Grande Sogno per Piemme e Buttati - le 100 cose da fare una volta nella vita per Mondadori.
Diego Planeta è stato l’imprenditore che più di ogni altro ha contribuito alla rinascita – o, meglio, alla nascita – del vino siciliano. Chiamato scherzosamente “Iddu”, è cavaliere del lavoro, ha ricevuto la cittadinanza ordinaria di Vittoria (in provincia di Ragusa) e la laurea ad honorem in scienze agrarie.
Stenio Solinas è uno dei migliori scrittori italiani di libri di viaggio. Ha lavorato come giornalista per “Il Giornale” e “L’Europeo”, il suo ultimo libro s’intitola Da Parigi a Gerusalemme, sulle tracce di Chateaubriand.
Francesco Alliata di Villafranca è stato fotocinereporter, inviato di guerra, cineasta, inventore, agricoltore, industriale di gelati. Con la casa di Produzione Panaria fondata insieme con Renzo Avanzo, Quintino di Napoli, Pietro Moncada di Paternò ha prodotto i primi documentari subacquei mai girati in Italia. A lui si deve il primo film italiano girato con la lente “Cinemascope”.
Boris Biancheri è stato uno dei nostri diplomatici più brillanti e stimati. Ambasciatore a Tokyo, Londra e Washington, è stato Direttore Generale degli Affari Politici e Segretario Generale della Farnesina. Tra i suoi libri il carteggio immaginario con l’autore de Il gattopardo di cui era amico e discepolo e Elogio del Silenzio, pubblicato nel 2011, anno della sua morte.
Mario Fales è ordinario di storia del Vicino Oriente Antico all’Università di Udine. Il suo ultimo libro, Saccheggio in Mesopotamia, finalista al premio di Viareggio, racconta la storia del museo di Baghdad dalla nascita fino a Saddam.