(Maurizio Crispi) A volte, i meno educati pensano che le barriere architettoniche siano di impedimento solo per una ristretta categoria di cittadini: i cosiddetti disabili o come si dice oggi i "diversamente abili" o "diversabili".
Ed invece no!
Bisogna sempre riflettere sul fatto che ogni cittadino può diventare "disabile" per quanto temporaneamente in un periodo della sua vita, o lo può diventare permanentemente per via di un incidente o di una malattia. Oppure può cominciare a presentare per via dell'avanzare dell'età problemi di deambulazione sempre più marcati, sino a dover ricorrere a speciali ausili. Pe rnon parlare poi di quelli che cominciano ad avere gravi problemi di vista o di udito.
E poi che dire delle mamme o delle papà con passeggino?
Allora, è facile capire che il problema delle barriere architettoniche è di tutti. E non si può certamente dire: "Non mi riguarda".
Palermo è una città difficile per i disabili.
Da noi, il superamento delle barriere architettoniche ancora non è universale, ma è stato affrontato a macchia di leopardo in zone diverse della città.
In più, laddove è stato fatto qualcosa, si è trattato sempre di soluzioni imperfette, mai realizzate a regola d'arte e mai fatte collaudare da un comitato di disabili, portatori di disabilità diverse e dunque di esigenze differenti.
Ci vuole un approccio pragmatico che sarebbe doveroso e razionale per evitare inutili sprechi di denaro pubblico: una cosa è che un ingegnere qualsiasi alle dipendenze del Comune (o di una ditta in appalto) faccia gli scivoli (ed eventuali percorsi protetti) come pensa che si debbano fare, altra cosa è che i parametri realizzativi vengono attentamente discussi (e poi collaudati, prima della definitiva messa in opera) dagli stessi disabili.
A Palermo, c'è poco e quello che c'è è spesso poco funzionale e in più sommerso letteralmente dalle auto in sosta selvaggia.
Non parliano poi dei marciapiedi troppo stretti, spesso ridotti di larghezza per creare più parcheggi per le auto e stracolmi di ostacoli di vario tipo: cassonetti, insegne pubblicitarie, pali della luce, segnaletica stradale verticale, il tutto messo a caso senza una pianificazione, solo seguendo il non-principio delle progressive e caotiche giustapposizioni.
Nello stesso pomeriggio di alcuni giorni fa mi è capitato di imbattermi in due diversi insormontabili ostacoli, mente conducevo il passeggino di mio figlio, episodi che voglio raccontare proprio perchè illustrano la mia tesi che l'abbattimento delle barriere architettoniche e il rispetto dell'integrità e della piena fruizione dei percorsi facilitati è un problema che riguarda tutti e non soltanto i cosiddetti "disabili".
Il primo, in via Lazio, dove un'auto parcheggiata irregolarmente chiudeva il passaggio dello scivolo, ma quel che é peggio tutte le auto in un ampio raggio erano posteggiate così a ridosso le une delle altre che, per uscire da quello che si è rivelato essere un vicolo cieco, ho dovuto ritornare sui miei passi.
Alle mie spalle, un'anziana signora, malferma sulle gambe, con la sua accompagnatrice, ha avuto analoghe difficoltà.
Il secondo, in Viale delle Magnolie, angolo via Lombardia: qui una donna un po' anziana è disinvoltamente salita sul marciapiedi con tutta la parte anteriore della sua auto, portandola a ridosso del muretto di recinzione d'un giardinetto privato e, ovviamente, occludendo ogni passaggio.
Avendola colta sul fatto e in procinto di andarsene a piedi, dopo aver controllato le serrature che fossero ben chiuse, l'ho redarguita aspramente: "Signora, ma é questo il modo di parcheggiare?"
La donna un po' piccata è tornata indietro borbottando: "Lei ha ragione, e come se ha ragione!E dire che io ci sto sempre attenta a queste cose! E, per una volta che sbaglio, mi tocca pure essere rimproverata!".
Insomma, una "brava" cittadina, colta però in flagranza di reato di inciviltà!
Ha spostato la macchina per farmi passare: io sono rimasto nei pressi ad osservarla, per vedere se avrebbe avuto la faccia tosta di riparcheggiare irregolarmente la sua auto.
Ma se ne è andata. E, quando se ne è andata, me ne sono andato anch'io.
Penso che se tutti facessero la loro parte, protestando quando c'è da protestare, prendendosela (civilmente) con chi non rispetta le necessità dei diversamente abili e di tante altre categorie di cittadini, lasciando da parte le inadempienze dell'amministrazione locale, nulla cambierà mai veramente.
Il vero problema è quello di costruire nei cittadini una coscienza civica.
Molti cittadini infatti, cittadini lo sono solo di nome, ma non nei contenuti, nei principi morali o nei comportamenti.
Impariamo ad essere cittadini di una società civile!
Rimbocchiamoci le maniche e seguiamo quella che è una lunga strada in salita, per superare inveterate cattive abitudini.
Se ci sorvegliamo a vicenda, se saremo capaci di attivare il senso della vergogna per le infrazioni relative a tutto ciò che attiene al rispetto della Comunità in cui viviamo, o il timore della riprovazione sociale, il percorso sarà più facile.