Le nuvole del mio risveglio
sono quelle che trovo
davanti al mio sguardo
volto all’orizzonte
E queste nuvole
sono cariche dei residui del sogno
Alcune stanno
Altre su dileguano
Oppure sono esseri mutaforma
metamorfici e trasformisti
Le nuvole in cielo
non mi fanno mai sentire solo
e mi tengono compagnia,
mi parlano a volte,
mi raccontano storie,
stanno e poi se ne vanno
Non mi stanco mai di incontrarle,
né mai di stanco di salutarle
quando vanno via
So che ogni giorno
ne arriveranno di nuove
Sono in un luogo dove si progettano attività educative e faccio parte del team dei decisori
In questa circostanza si tratta di discutere i programmi per un prossimo corso indirizzato a operatori dell'organizzazione presso cui lavoro
(il sogno non dice nulla sul tipo di organizzazione, e nemmeno sulla tipologia degli operatori, né tantomeno sulle mie qualifiche)
Mi ritrovo tra le mani un foglio con alcuni appunti vergati a meno da un altro componente dello staff e m’ingegno a trascriverli in una forma coerente
(si tratta di compiere anche un lavoro di interpretazione che, a tratti, diventa ermeneutica della più bell'acqua)
Dopo aver fatto ciò, vado a confrontarmi con l’autore della traccia, ma quando arrivo alla sua postazione ho perso tutto, sia la sua traccia sia la mia trascrizione
Assieme, cerchiamo di ricordare ciò che era stato scritto, ma senza successo.
Il mio interlocutore, che si chiama Baldo (non Ubaldo e nemmeno Eubaldo e nemmeno Arcibaldo, ma semplicemente Baldo) , tira fuori dal cassetto della scrivania una seconda traccia, come quella scritta a mano e quasi identica alla precedente nei contenuti (che, anche qui, vanno decifrati e interpretati)
Variano solo alcuni dettagli
Tra di questi vi è il nome di un personaggio da invitare che è una specie di Slavoj Žižek nel campo dell’educazione musicale.
Io, davanti all’inserimento di costui, ho qualche perplessità, poiché ritengo che egli sia un intellettuale piuttosto eccentrico, dalle ardite concezioni e poco adatto alla audience a cui si andrà ad offrire quest’attività, un’audience costituita prevalentemente da operatori portatori di un sapere pratico e, per questo motivo, scarsamente propensi ad indulgere in elucubrazioni intellettuali
Baldo mi dice che costui già è in contatto con noi da tempo e viaggia regolarmente sin qui dalla capitale partenopea dove risiede per dare vita ad una serie di seminari formativi su base volontaria che hanno riscosso molto successo
Da qui scaturisce la proposta di inserirlo in modo più organico nel progetto educativo a cui stiamo lavorando
Non so nulla. E' la prima volta volta che sento parlare di quest'iniziativa
Baldo sembra esserne orgoglioso, come si trattasse di una sua creatura
Io sono per di più alquanto piccato per non essere stato invitato a partecipare
Come risultante visibile, mi mostro perplesso ed esprimo a Baldo tutta la mia disapprovazione a Baldo, per avere avviato quest'attività senza prima discuterne con i decisori, per averne un’approvazione per quanto inizialmente solo informale
Dissolvenza
Che strano sogno, pieno di burocratese!
Ho sognato che ero in un luogo di cura, come medico e psichiatra
E si trattava dunque d'un luogo per la cura del disagio psichico
Un paziente e una paziente nel privato di una stanza facevano sesso
Venivano colti sul fatto
La cosa si veniva a sapere e si scatenava un putiferio, una tempesta di giudizi e di denigrazione
Io - in tale frangente, proprio in quanto medico - ero chiamato a prendere posizione
Chi sa perché quando si tratta di giudicare il comportamento altrui, di comprimerlo, di reprimerlo, di limitarlo, di condurlo entro certi parametri ritenuti accettabili, il medico - specie se psichiatra - viene considerato la massima autorità o, addirittura, il controllore dei controllori, il massimo custode, già chi sa perché!
A me questo ruolo stava stretto
E, dunque, in questa circostanza, mi rifiutavo di prendere posizione nella diatriba in questione e di intraprendere qualsivoglia azione repressiva
La nota che segue racconta uno dei miei strani sogni molti, di quelli molto articolati e che a leggerne a posteriori il resoconto sembrano dei film alquanto surreali
La nota era stata pubblicata in Facebook, ma avevo dimenticato di inserirla nel blog
E dunque eccola
Maurizio Crispi (13 dicembre 2023)
C’è una grande nave ormeggiata
fuori dal porto
Passeggeri e auto si affollano
sulla banchina
in attesa di imbarcarsi
È una giornata radiosa
piena di sole e luce
All’improvviso il mare
comincia a gonfiarsi, minaccioso
Alti marosi prendono ad arrivare
incalzanti,
come una mandria di cavalli
lanciati al galoppo
in una carica irrefrenabile
(come quella di Seicento di Balaklava)
scuotendo e agitando la nave
che è ormeggiata di traverso
rispetto alla loro traiettoria
La loro forza e la loro altezza
li sospinge oltre le barriere portuali
e il lungomare dove mi trovo è invaso dall’acqua
Io e un gruppo di altri
ci allontaniamo prudenzialmente
per andare alla ricerca d’una zona sicura,
asciutta e più in alto
Sono in un gruppetto di alcuni
donne e uomini,
tra cui un certo NN
(mi dice il suo nome e cognome,
ma ricordo solo la sigla)
che mi pare di conoscere
e due tipe
Con una delle due
Io comincio a fare il cretino
(conversazione elettiva e smancerie varie)
entrando in concorrenza con NN
(tipico)
L’altra della combriccola non conta
(tipico anche questo)
Insomma, due cani sopra un unico osso
L’altra rimane invisibile,
a fare da chaperon
Andiamo più all’interno della città
pur rimanendo sempre in vista del mare tumultuoso
Io m’improvviso cicerone
Li conduco e li guido
Mi profondo in spiegazioni
dotte e documentate
Mi faccio bello
Cerco di sopravanzare NN
che, tuttavia, non demorde
e non vuole abbandonare la presa
Siamo come due cani alle prese con lo stesso osso
Ci squadriamo e facciamo le nostre mosse
Io non mi scoraggio affatto
Sono un corridore di lungo corso, io,
e sono resiliente e tenace
Non ho dubbi sull’esito di questa tenzone
Sia come sia,
conduco il gruppetto
a visitare un antico manufatto dell’XI secolo
(una meraviglia)
Un grande portale di pietra,
sormontato da spalti e torrette di guardia
e feritoie a bocca di lupo e caditoie
Poi ritorniamo verso il porto
per vedere se il mare si sia placato,
ma niente, l’impeto dei cavalloni continua
e la nave è sballottata sempre di più
Potrebbe essere sbattuta a riva
e affondare, a questo punto,
per quel che posso capire
Penso ai poveretti che sono già a bordo
e che potrebbero perire
prima ancora di partire per il Perú
dove governa la regina Taitù
Vista la situazione perigliosa,
mi ritengo fortunato di non essere salito a bordo
prima che iniziassero le onde anomale
Ora sarei bloccato a bordo della nave,
sballottata dai flutti,
impossibilitato a partire
e del pari senza poterne scendere
Mentre camminiamo,
Sfioro più volte con la mia mano
quella della tipa che mi piace
NN non si accorge di nulla
perché in modo vanaglorioso
(non è altro che un miles gloriosus e uno spaccone)
sta tentando di adottare la mia tattica di prima
- ma in modo caricaturale e opprimente -
e anche lui si è messo
a tirare fuori la rava e la fava di tutto
per farsi bello
Tra me e la tipa corre uno sguardo di intesa
carico di cose e di non detti
(ed io penso: É fatta!)
Ci arrampichiamo sugli spalti fortificati della zona portuale
per osservare dall’alto
lo spettacolo dell’assedio dei marosi
e la nave sballottata
ormai prossima al naufragio
Mi allontano dalla comitiva
per depositare dei rifiuti che tengo in mano
Si tratta di alcune boccettine di vetro
(forse di quelle per farmaci, oppure fialette per campioni promozionali di profumi),
ma anche tovaglioli appallottolati
e altre scorie
Entro in una zona adibita ai servizi igienici
e cerco il luogo di conferimento
Non ci capisco nulla
e, per certo, non ho voglia
di buttare la mia munnizza a caso o per terra
Per fortuna che c’è un addetto alle pulizie
al quale chiedo
E lui mi conduce in un’area un po’ nascosta
dove c’è una distesa infinita di cassonetti
per una raccolta differenziata minuziosa,
un contenitore per item dello stesso tipo,
bottigliette con bottigliette
bottiglioni con bottiglioni
tovaglioli appallottolati e solo quelli
Preservati usati
E così via Come faccio a riconoscere il contenitore giusto
per ciascun tipo di rifiuti?, faccio io
L’addetto dice: E' molto semplice!
Prende gli oggetti che ho in mano e, separandoli, comincia a lanciarli Questo va lá!
Questo qui!
Questo ancora, colà!
Lancia tutto con perizia
e non sbaglia un colpo S’impara subito, aggiunge Basta che stai attento a quello che faccio io
e cerca di imitarmii! Sai, i neuroni specchio…
Ritorno fuori
dopo aver assolto il mio compito,
ma il gruppetto s'è disperso
E la tipa? Scomparsa!
Anche la nave è scomparsa!
In un frammento precedente
ero con una ex-moglie
in una casa piena di cianfrusaglie e di libri
Prendevo con me alcuni volumi
tra i quali uno sul running
da me letto e riletto,
annotato, segnato e contrassegnato
L’ex-moglie mi chiedeva in prestito
proprio questo volume
Io dicevo: OK! No problem!
Lei lo prendeva, lo sfogliava
facendosi subito accigliata
Me lo restituiva, dicendomi: Perú, dovresti farmi il favore
di ripulirlo da tutte queste fregnacce! Così non posso leggerlo!
Mi da la nausea, così com'è!
Io prendo il libro
e lo sfoglio
È tutto segnato
scritto a margine, chiosato, decorato, istoriato
anche con l’uso di matite multicolori e pastelli Ma è un compito impossibile!
- dico io - Non credo proprio di poterlo fare!
O te lo prendi così o niente! Capisc? O non capisc?
Mi scervellavo per ricordare il sogno che avevo appena finito di fare poco prima del mio risveglio ed ecco che ne è emersa una traccia
Anche questa volta ero in un grande resort: una villa antica circondata da un immenso parco in parte all’inglese e in parte all’italiana, e quindi v’erano sezioni con grande aiuole delimitate da siepi perfettamente sagomate, roseti, serre, grandi prati curati e zone lasciate a bosco e piccole costruzioni amene sparse qua e là nel verde. Non mancava nemmeno il laghetto sulle cui acque flottavano maestosi dei cigni. In realtà, era una vera e propria tenuta, di cui era difficile poter scorgere i confini.
Eravamo qui per prendere parte ad una ricevimento o, forse, per prendere accordi con il Maestro di casa per un futuro ricevimento.
C’era la mamma, mia cugina Patrizia e mio fratello, oltre a tanti altri che riconoscevo come ancora viventi
Io mi occupavo di mio fratello: la cosa che mi ha colpito era che lui non era in carrozzina - come spesso appare nei miei sogni - ma io facevo in modo di tenerlo in piedi
E come?
Lo tenevo davanti a me cingendogli il torace con le mie braccia, passate sotto le sue ascelle e le mani strettamente intrecciate davanti, la sua schiena contro il mio petto: e, in questo modo, procedevamo a piccoli passi, io di volta in volta con il mio arto inferiore spingendo in avanti il suo.
La sua spasticità faceva da puntello, insomma, e alleviava la forza di gravità
Però questo modo di incedere era buffo, perché procedevamo all’unisono, come un sol uomo
Un po' come in quel gioco che si fa da bambini quando un adulto ti invita a mettere i piedini sui suoi e comincia a camminare facendo compiere a te che te ne stai così poggiato e sostenuto ad un tempo dalle sue mani gli stessi passi, all'unisono. E di solito questo gioco è accompagnato da grandi risate
[In effetti, qui, io con il mio corpo nella sua totalità facevo da protesi totale - una protesi total body - per la disabilità di mio fratello]
La mamma era preoccupata che io mi stancassi troppo, ma io le dicevo che era tutto a posto
E, in effetti, mi sentivo in uno stato di grazia, quasi esaltato per ciò che riuscivo a fare
Tenere in piedi mio fratello!
Farlo camminare!
Entravamo anche nell’atrio della grande casa e qui, seguendo i suggerimenti del cerimonioso Maestro di casa dovevamo compiere una simulazione della cerimonia che si sarebbe svolta dopo, prima del ricevimento reale, per essere certi che nel momento topico tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi
Poi, uscivamo di nuovo all’aperto, attraversavamo un grande prato e arrivavamo in una zona dove dei grandi treni, di pochi vagoni ciascuno, ma imponenti, andavano e venivano come se fossero navette
Traghettavano ogni volta pochi passeggeri sino all’altra estremità del prato, dove si intravedeva la linea scura di un bosco e dove, forse, si trovavano altri edifici di servizi e anche di opifici
Qualcuno ci diceva che in quella zona vi era un “serpentificio”, un luogo in cui venivano allevati i serpenti per le più diverse esigenze, ma anche per conoscere i serpenti e studiarli, una sorta di zoo dedicato esclusivamente a loro
I convogli andavano e venivano sbuffando
Ci invitavano a salire e ad affrettarci perché altrimenti i posti sarebbero stati occupati da altri
Questa scena dei treni possedeva molto fascino e aveva un che di grandioso
Un mio piccolo scritto, pubblicato come nota (di diario) suFacebook e dimenticato.
Riemerso oggi come "ricordo"
La mamma era morta da meno di un anno
Per la testa mi passavano molti pensieri tristi
ed era un continuo meditare sulla morte e sulla dissoluzione
Scrivo delle parole
sul risguardo di copertina di un libro
e, già mentre le scrivo,
i caratteri si fanno sbiaditi
e vengono dilavati via
dall’acqua dell’alluvione
che già s’è infiltrata
per ogni dove
Non so se il proprietario del libro
riceverà mai il mio messaggio
Strane forme nelle nuvole
si formano
e si scompongono
di continuo
Ho visto un cavalluccio marino
tramutarsi in ippogrifo e destriero alato
per dissolversi in un attimo
Poi, una poiana maestosa
ha preso il volo, fischiando,
e s’é dileguata subito dopo
Sono all'interno d'una strana casa verticale
Tutto è oltremodo ripido
Qualsiasi spostamento mi procura le vertigini
Si tratta di scendere lungo una ripida scaletta con delle alzate fuori norma, con lo spazio dove poggiare il piede molto stretto
Ci si addentra (o meglio si scende) in una vasta sala ad anfiteatro ad assetto verticale
[e - lo dico qui come inciso - mi sono ricordato di quando, nel corso del mio viaggio in Messico, mi ritrovai a visitare la Piramide dell’Indovino, a Uxmal. La giornata era umida e piovosa. Tutto era grigio e da lontano vedevo i turisti che si arrampicavano su per la ripidissima scalinata, sorreggendosi ad una grossa catena che fungeva da appiglio e da sicura, come se stessero percorrendo una Ferrata. Mi vennero le vertigini solo a guardarli, soprattutto quelli arrivati alla sommità che parevano esili figurette in balia del vento e della pioggia: e mi rifiutai di compiere quell’ascensione]
In questo frangente, c’è anche Gabriel con me, ma presto - preso come sono a dovermi confrontare con il mio terrore cieco - lo perdo di vista
Rimango paralizzato su uno dei primi gradini della discesa
Non riesco a muovere il passo successivo e rimango, tremolante, a guardare il vuoto sotto di me che mi vuole inghiottire, famelico No, no, no!
Non posso! NO! NON VOGLIO!
Comincio ad arretrare, ansimante, in preda ad un'incontrollabile fame d'aria, con la fronte imperlata di sudore freddo
Sia come sia, riesco a cambiare direzione e, volgendo le spalle all’abisso, ritorno indietro, emergendo attraverso una specie di botola in uno spazio relativamente piano e senza precipizi di sorta
Traggo un grande sospiro di sollievo
E Gabriel?
Non c’è! Oh deus!
È rimasto là sotto!
Provo a chiamarlo, ma la mia voce è flebile, priva di forza
Si tratta di andar via, al più presto possibile, da questo posto folle
Immagino che, ovunque, vi possano essere trappole e trabocchetti
che possono ricondurmi a confrontarmi con il vuoto e con l’abisso
Gli abitanti della casa
mi guardano con sufficienza
e con commiserazione
perché non ho superato la loro prova ordalica
Alla fine Gabriel arriva,
fresco e pettinato
(ma lui ha fatto climbing e non ha paura del vuoto)
E ci incamminiamo per fare ritorno a casa
Dobbiamo viaggiare con la Metro e, dunque, scendiamo sottoterra per prendere il primo treno utile
E viaggiamo, viaggiamo
Il treno sfreccia silenzioso
Supera stazioni illuminate,
con le pareti dipinte con colori sgargianti,
alcune deserte,
altre affollate di gente in attesa
E poi arriva il momento di scendere
Risaliamo le scale,
attraversiamo atrii grandiosi,
camminiamo lungo interminabili corridoi
Poi mi giro, guardo, cerco
Gabriel non c’è più
Ero immerso nei miei pensieri
e mi ero dimenticato di tenerlo d’occhio
Che fare?
Penso di chiamarlo con il telefono
Armeggio con il mio, facendo una serie di errori, lancio chiamate a destinatari sconosciuti, per poi accorgermi che il suo telefono ce l’ho io
Gabriel l’aveva infilato nella tasca laterale della mia bisaccia (senza però dirmi niente)
Non so che fare
Magari me ne starò fermo ad aspettarlo, confidando nel fatto che lui possa ritornare indietro e raggiungermi
Poi, mentre sto elucubrando, mi giro e Gabriel è lì con me!
Pensavo che ti fossi perso!, gli dico
E lui: No, papà, no! Sono stato con te tutto il tempo!
Riprendiamo il viaggio verso casa e abbandoniamo lo spazio chiuso della Metro per venire alla luce
Dove siamo?
Non ne ho idea alcuna!
Non riesco ad orientarmi!
Effetto di derealizzazione e spaesamento
Mi guardo attorno e vedo che ci ritroviamo nel bel mezzo di un’immensa area portuale, dove grandi bastimenti attraccano di continuo e altri partono
E’ difficile procedere perché tutti gli spazi sono ingombri di catene enormi e di grosse gomene e, inoltre, giganteschi muletti entrano ed escono di continuo dal ventre delle navi, spingendo grossi carichi di mercanzie, autotreni e pesanti container
Poi, all’improvviso, intravedo la sagoma familiare di Monte Pellegrino e allora grido di giubilo: Allora, siamo a casa! E vaiiiiiii!
Si tratta soltanto di trovare una via di uscita da questo scalo portuale così caotico
Spero che riusciremo a farcela,
prima o poi
Dove si colloca la linea di demarcazione tra una struttura difensiva utile, proprio perché posta in alto, ed un luogo tanto remoto e fuori dai sentieri più comunemente battuti, da trasformarsi in...
Madangad is a fort in the Nashik region of Maharashtra, India in the Kalsubai range. Unlike Alang Fort, the top of the fort is a relatively small and tilted plateau. On the fort, there are a cave ...
Questo sogno risale ad una decina di anni addietro.
Pubblicato come nota su Facebook, mai trascritto qui nel blog.
Lo faccio adesso.
E' un sogno che fa parte della serie dei "viaggi impossibili" o dei "viaggi con impedimento"
Vivo una realtà perturbante
É un mondo in cui esistono dei parassiti simbionti che hanno forma di sottili serpenti neri che si attaccano alle carni di un ospite, a sua insaputa, e poi penetrano all’interno del suo corpo per colonizzarlo.
Quando arrivano al suo cervello, ci si annidano dentro e ne prendono il controllo, relegando la mente dell’ospite (ciò che ne rimane) in un angolo e sopprimendone le funzioni.
L’Io e la volontà dell’ospite parassitato non possono più esprimersi e rimangono costretti in uno stato latente - semi-larvale - sino ad estinguersi
Terribile, no?
Niente di nuovo: sono cose che accadono nei romanzi e nei film di fantascienza…
Ma questo accadeva nel mio sogno
In particolare, mi accorgevo con la coda dell’occhio che qualcosa di nero si agitava dietro la mia testa e, con apprensione, comprendevo di essere stato attaccato da uno di questi esseri
Cercavo di divincolarmi
Allungavo la mano per staccare il verme dalle mie carni prima che penetrasse all'interno della mia teca cranica, senza riuscirci
E mi svegliavo di colpo, ancora convinto della piena realtà di ciò che avevo appena sognato
Sogno o son desto?
Aiutooooooo!
Dirò qui che il giorno prima ero andato a farmi visitare dall’otorinolatingoiatra, che sulla base di ciò che gli ho detto mi ha sottoposto ad una visita delle corde vocale e del laringe. Per far ciò si è avvalso delle fibre ottiche, per avere una visualizzazione più netta
Ha preso un cavetto nero, apparentemente mente di gomma all’esterno, elastico e flessibile e me lo ha infilato nel naso, facendolo scorrere sino a farlo arrivare all’inizio della laringe.
Memore della pratica dei tamponi al tempo del Covid avevo immaginato che questa penetrazione sarebbe risultata dolorosa
Ed invece, no!
Niente del genere!
Eppure non sono riuscito ad evitare la sensazione fastidiosa di sentirmi invaso
Forse è questa, nell’immediato, l’origine del vermicello nero che mi attacca subdolamente ed entra nella mia testa
Anche se, ovviamente, non tutto si risolve con una semplice spiegazione prosaica, poiché i nudi fatti della vita quotidiana si incrostano subito di significati profondi e archetipici
Vivere galleggiando sulle cose
immerso nei mondi fittizi della lettura
(dove tutto è possibile)
Oppure seduto sul bordo d’una nuvola lenticolare
a guardare il mondo dabbasso
navigando lieve sopra gli accadimenti
Oppure ancora appollaiato su d'un albero
(come il barone rampante che fece solenne promessa)
e non scendere mai giù o quasi
e magari costruire tra le sue fronde una piccola casetta
Avere nell’attrezzatura di base
una scaletta retrattile
per poter salire
senza lasciare ad altri una via d’accesso
Non so
Una delle tre
o anche tutte e tre assieme
combinate assieme in vario modo
Ero così prima,
e così sono anche adesso
un navigante delle nuvole
sempre pronto a saltar su
poco disposto a scender giù
E il tempo trascorre
Qualcosa, prima o poi,
dovrà pur cambiare,
non so
Ma il fascino della nuvoletta
e dell’albero
é potente
ed é difficile resistere
al loro richiamo
È facile salire,
più difficile scendere,
ma si sta troppo bene lassù
Siamo solo in pochi
a stare sulle nuvole e sugli alberi
o con il naso ficcato
tra le pagine di un libro
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.