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28 settembre 2015 1 28 /09 /settembre /2015 06:49
(foto di Maurizio Crispi)
(foto di Maurizio Crispi)

(foto di Maurizio Crispi)

Sono stato assunto come bus driver. Mi reco sul posto di lavoro. Entro all’interno d’una grande casamatta, poco sviluppata verticalmente verso l’alto, ma con degli intricati sviluppi sottoterra.

Dopo aver percorso interminabili rampe in discesa mi ritrovo in un’enorme spazio vuoto: solo qualche panca allineata lungo le pareti e per il resto nulla: non c’è traccia di autobus o di altri dispositivi similari. Guardo, esploro anfratti, ma non c’è anima viva. Nessuno a cui chiedere informazioni. Mi avventuro per una scala a chiocciola che sprofonda nel sottosuolo, attorcendosi su se stessa. Mi pare che, seguendo questa via, potrei arrivare a certi macchinari di lucente acciaio che ho visto baluginare molte decine di metri più in basso. Ma , dopo poco, mi rendo conto che la strada è sbarrata da un’impenetrabile inferriata. E con me non ho nemmeno una lima.

Ritorno nell'immenso stanzone di prima. Questa volta c’è un uomo con addosso un’unifome stazzonata e un berretto con la visiera un po’ sulle ventitré. Quando mi avvicino, avverto che emana un sentore di vestiti non lavati da lungo tempo, di sudore e di tabacco a poco prezzo. Stancamente, mi chiede se io non sia tra i nuovi assunti.

Al mio assenso, mi dice: “E’ inutile che cerchi degli autobus o dei tram qui! Sì, questa era un tempo il Terminal delle autolinee, ma ora non più. Tutto il lavoro si svolge a distanza per mezzo di autobus-droni. Tutto il lavoro viene svolto per mezzo di uno schermo e con una consolle che consente di lanciare i comandi fondamentali”.

E, mentre mi fornisce queste spiegazioni, digitando delle lettere su di un piccolo tastierino e cliccando su invio, dispiega un enorme schermo. Mi spiega che stando seduto alla mia consolle, potrò teleguidare gli autobus con una panoramica totale sul fronte della direzione di marcia, oppure modificando opportunamente l’angolo di ripresa, a seconda delle necessità. E così dicendo preme altri tasti e lo schermo si segmenta in tanti diversi riquadri che danno una panoramica a 360° della situazione attorno all’automezzo-drone che dovrei telecomandare.

Son un po’ turbato, anche perché dovrò iniziare questo lavoro senza alcun tirocinio preliminare, ma procedendo per prova ed errore.

Ed intanto macino le parole che mi ha detto in coda, prima di congedarsi, l’uomo in uniforme. “Ormai, il sistema dei trasporti pubblici mondiale - ha soggiunto - sia che si tratti di bus, treni, aerei, navi è del tutto automatizzato e, con questi dispositivi di comando e controllo a distanza, i guidatori virtuali possono essere dislocati anche a centinaia - se non a migliaia di chilometri di distanza -; è un po’ come il meccanismo di funzionamento dei call center odierni, in cui di fatto non c’è mai un responsabile che sia reperibile o identificabile in quanto tale”.

E cosa succede in caso di guasti o di incidenti?” - ho replicato.

Intervengono sul posto delle squadre - pure automatizzate - di manutentori o di soccorritori. - ha replicato l’uomo in uniforme (e se fosse stato anche lui un drone? o un ologramma?) - E’ chiaro che con questo sistema possono aversi tra i trasportati - cioè gli utenti ultimi del servizio -, in caso di incidente, morti e feriti. Ma ai gestori nulla viene addebitato: si tratta soltanto di effetti collaterali di un sistema la cui mission principale è l’abbattimento dei costi. Via, mettiti al lavoro, non farti troppi problemi e vedrai che tutto andrà liscio come l’olio”.

Insomma, spero di farcela.

Ma, a differenza che nella vita reale, nel caso di incidenti, provocati da un qualsiasi errore del manovratore a distanza , sarà sufficiente premere un bottone e fare un rapido rewind, sicuro e indolore (per l'operatore).

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1 luglio 2015 3 01 /07 /luglio /2015 05:58
Tatà e la festa sul monte

Siamo sulla cima di una montagna, dove tra le ultime balze - prima di arrivare in vetta - si forma un piccolo spiazzo.

Siamo arrivati a piedi portando tutte le nostre masserizie e i nostri generi di conforto, alloggiati in grandi cesti da picnic: c'è tanta roba da mangiare e non mancano le bevande, compresi dei grandi thermos di the e caffé.

E approfittando di questo spiazzo assolutamente panoramico, con una vista mozzafiato sulla valle sottostante, ci siamo sistemati, allestendo un gazebo e disponendo ad arte anche degli ombrelloni, tavoli e sedie.

Il vento soffia incessante, il sole splende e, con il suo calore, stempera l'aria frizzante.

Dobbiamo festeggiare un evento: ed è per questo che siamo saliti sin sulla cima della montagna.

Finalmente, alla fine del laborioso allestimento, possiamo ammirare la'opera compiuta: tavoli addobbati con ogni sorta di leccornia ebevande di ogni tipo: dalla Coca Cola, al vino alla birra, ai thermos pieni di caffé e di the.

Seguendo la strada che ascende a stretti tornanti tutti, amici e parenti convocati, cominciano a radunarsi.

Ma Salvatore è grumpy, fa il burbero-scontroso.

E allora tutti d'improvviso se ne vanno, prima ancora che la festa cominci.

Vedendo la mia delusione, Tatarone si ammorbisce e viene a più miti consigli, aprendosi al sorriso. Forse non tutto è perso: il party si farà, malgrado tutto.Mi sporgo dalla balaustra che cinge la terrazza e che portege dal cadere nel vuoto sottostante, alla ricerca della carovana degli ospiti in marcia verso valle.

Li avvisto dall'alto mentre stanno ormai scomparendo alla vista, prima di imboccare l'ultimo tornante e faccio grandi cenni con le braccia: "Dove state andando? Tornate, tornate, amici!".

Mi vedono, fortunatamente, e riprendono a percorrere faticosamente la strada in salità che li riporterà a noi!

Evviva, la festa si farà!!!

 

Ho fatto questo sogno qualche tempo addietro. E Salvatore l'aveva letto: rivelava questo suo modo di essere, al tempo stesso riservato e scontroso da una parte, e conciliante dall'altro.

Succedeva spesso che di fronte alle mie iniziative "sociali" brontolasse, ma poi finiva con l'accettarle e con il trarne piacere.

Un sogno che a suo tempo mi parve enigmatico e che, riguardandolo adesso alla luce degli eventi, sembra quasi profetico.

Come se, in tale sogno, vi fosse in nuce la rappresentazione d'un ultimo congedo, che non è avvenuto nella realtà, ma che è stato sostituito da un saluto che tanti gli hanno tributato e dalle testimonianze su di lui che si sono succedute, come è accaduto a Palazzo delle Aquile il 30 giugno 2015, in occasione della “Tavola rotonda sulla legge 328/2000″, organizzata dall’ufficio di presidenza del Consiglio comunale in collaborazione con ASAEL (Associazione siciliana amministratori enti locali), che ha preso lo spunto dalla presentazione del saggio di Salvatore Migliore, dal titolo “Sistema integrato di interventi e di servizi sociali: un progetto per garantire la qualità della vita”, volume che si apre con un'introduzione scritta da Salvatore Crispi, appunto.

Salvatore era stato invitato a far parte del cast dei relatori: non è stato presente materialmente, ma lo è stato in spirito ed è stato commovente sentirele parole su di lui enunciate dal Presidente del Consiglio Comunale Salvatore Orlando e dall'autore del volume, che nei confronti di Salvatore aveva un rapporto pluriennale di stima ed affetto.

Tatà e la festa sul monte
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19 maggio 2015 2 19 /05 /maggio /2015 05:55
Partouze porno-chic nelle segrete stanze
Partouze porno-chic nelle segrete stanze
Partouze porno-chic nelle segrete stanze

In una grande casa, semi-abbandonata si svolge una festa molto speciale.
Non so come io sia arrivato lì, né chi mi abbia invitato.
Gli ambienti vetusti e decorati di arazzi e tende di raso polverose, illuminate fiocamente da candele accesese a centinaia, sono pieni di grappoli di gente.
In una stanza centrale è in corso un party con un buffet ricco e variegatodisposto su di iun lungo tavolo e tutti mangiano di buona lena, con avidità quasi che il cibo offerto con liberalità, dovesse essere il loro ultimo pasto, divorando panini imbottiti, bruschette condite in modi svariati e trangugiando calici di vino.
Molte le donne discinte,vestite in abiti fancy e porno chic,o in intimo aggressivo che mette in mostra più che nascondere.
Si percepisce nell’aria una corrente elettrica sottile, una crescente eccitazione.
In un altro ambiente, al suono della musica - scatenati ritmi esotico-rock -, mentre occasionalmente vengono avviati effetti fumogeni, su di una pedana sopraelevata molti danzano,improvvisando gruppi sensuali in cui si sprecano movimenti guizzanti che simulano l’accoppiamento e dove si formano sandwich umani che mettono in scena ritualmente copule a tre e a quattro.
Sul palco che sovrasta la pedana e fornito di quattro pali, con un grande specchio alle spalle per accrescere il senso di profondità donne più ardite improvvisano forme di pole- e lap-dance, attorniate da ballerini semi-nudi: e ben presto si formano dei gruppetti al centro dei quali la donna-trascinatrice, in ginocchio al centro dispensa pompini generosi ingoiando lo sperma, mentre in altri casi la sborra di eiaculazioni fuori tempo per via dell’eccesso di eccitazione rende scivoloso il pavimento.
Si fomano presto raggruppamenti di coppie che scivolano via in stanze private, in cui questi trasgressori edulcorati celebrano i loro riti trasgressivi, lontano da occhi indiscreti.
Alti che amano l’esibizionismo spinto continuano a muoversi e a copulare oralmente sul palco e sulla pedana, dove - quando l'atmosfera si è scaldata al punto giusto - a forza di braccia viene portato un grande - anzi, enorme - sommier dove i gruppi che si sono formati (due donne e tre uomini in tutto) si spostano per continuare la loro copula sotto gli occhi di tutti, a volte parzialmente oscurati in maniera suggestiva dall’effetto nebbia.
Ed è un intreccio di posizioni e di scambi, di cambi di posizioni, di pompini multipli, di ripetizioni, di ricariche facilitate da vigorosi pompini rinvigorenti e di nuove sborrate che sono accompagnate da applausi e da grida di giubilo, emesse dalle lady subito dopo i gemiti dell’orgasmo.
Io salgo e scendo le scale, entro nei locali semibui: dovunque coppie che copulano:nel buio mi distendo attorno ad una coppia, strizzo un seno, ma la donna mi dice: “Io non gioco con i single”.
Proseguendo nel mio giro dantesco, entro in un locale isolato da un altro- semibuio - per mezzo di una lunga grata metallica a maglie larghe: sento dei gemiti e, strizzando gli occhi, mi accorgo che all’interno ci sono delle coppie che copulano.

Mi avvicino alla grata, quando mi accorgo che una donna di cui intravedo il biancore delle carni e l’opulenza del seno, viene sospinta dal suo partner verso di me: mi afferra il cazzo con dita febbrili e comincia a succhiarlo. Ed io vengo urlando dal piacere.
Poi, continua a succhiarlo fino a farlo tornare duro e farmi venire di nuovo, con un raddoppio di urla di piacere, quasi sino alla svenimento.
Con il cazzo ancora gocciolante - e a questo punto non c’è più bisogno di chiudermi la patta -continuo ad aggirarmi per le stanze segrete.
Alcune sono chiuse a chiave, ma dall'interno si sentono arrivare gemiti protratti e risate.
Altre sono aperte, immerse nella semi-oscurità e si possono intravedere figure copulanti.
Presto il cazzo mi si fa duro di nuovo e procedo con il suo ingombro pulsante teso in alto come se fossi un vessillifero con il suo stendardo.
Mi sento insoddisfatto,e avverto l’urgenza di un vero accoppiamento.
C‘è nella mia mente uno stato quasi febbrile che si manifesta come un diffuso formicolio elettrico sottopelle.
E ritorno così nella grande sala al cui centro - sino a poco prima - era andato in scena l’accoppiamento multiplo, spettacolare ed eccitante.
Ci sono alcune figure ai margini del grande sommier che ancora non è stato rimosso.
Alcuni si baciano; in altri casi, una donna si è inginocchiata e succhia quietamente il cazzo del suo partner e di colui che gli sta accanto.
Mi si accostano, provenienti da un altro ambiente - ma è come se fossero sorte dal nulla o dalla nebbia che ancora serpeggia nella grande stanza rendendola fumosa - due donne formose, in intimo nero porno-chic e guepiére e una delle due, dal grande seno e con la fica totalmente depilata che vedo occhieggiare come un fiore dalla spaccatura di slip grandi quanto un francobollo, prendendomi il cazzo nella sua mano, mi sussurra nell’orecchio che lei e la sua amica desiderano accoppiarsi con uno stallone sul grande sommier al centro del palco e, così dicendo,comincia a muoversi in quella direzione e a strattonarmi il cazzo per condurmi con sé.
Non mi faccio pregare e, facendomi a ridosso delle due, pur essendo ancora tenuto per il cazzo come un cane al guinzaglio, comincio a palpeggiare entrambe, pregustando i momenti che verranno.
Dissolvenza…

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18 maggio 2015 1 18 /05 /maggio /2015 06:07
Il vecchio Leone torna a ruggire

Sono alle prese con un esercizio ginnico.

Devo arrampicarmi su per una pertica di cinque metri, come facevo con molta prestanza ai tempi della scuola (ero uno dei migliori e riuscivo anche a salire a forza di braccia con le gambe a squadra).

Ma i tempi sono cambiati, sento il mio corpo pesante e i muscoli poco reattivi.

Ciò che prima era facile come bere un bicchier d'acqua, ora s'è trasformato in un'impresa difficile e rischiosa

A fatica, mentre ogni parte del mio corpo urla di dolore, riesco a sollevarmi centimetro dopo centimetro, fino ad arrivare alla cima.

Una grande conquista per me, ma nessuno mi ha visto.

Mentre compio quest'impresa vedo che c'è un armo (è un quattro di coppia) pronto ad andare con i remi tesi indietro per abbracciare l'acqua con una prima spinta.

Ed io non faccio parte dell'equipaggio.

Avverto una vibrazione di rammarico dentro di me.

Vorrei gridare: "Aspettatemi!", ma la voce mi manca: ho sprecato tutte le mie forze (risibili) per arrampicarmi lungo la pertica.

E dall'alto della coffa che ho faticosamente raggiunto guardo l'imbarcazione che, con bracciate vigorose e coordinate, si allontana, facendosi sempre più piccola, per finire inghiottita dall'orizzonte lontano.

Una voce fuori campo sussurra che avrei dovuto dirlo prima, se avessi avuto intenzione di partecipare all'impresa e che tutti avevano pensato che non fossi interessato, visto il mio silenzio persistente e sprezzante.

Il corpo con gli anni cambia: e, alla fine, senza nemmeno essercene resi conto ci ritroviamo diversi da quelli che eravamo stati, altre persone, con altre capacità, con diversi limiti, con una diversa morfologia, senza più la sensazione di una capacità illimitata, avendo perso la sensazione di potersi espandere a dismisura, avendo invece soltanto uno spazio ristretto a disposizione, uno spazio a volte non più grande di una piccola gabbia.

Ma qualche volta, anche se fiaccato, il vecchio leone ritorna a ruggire

Il vecchio Leone torna a ruggire
Il vecchio Leone torna a ruggire
Il vecchio Leone torna a ruggire

Un insolito metodo di pesca tipico delle culture dello Shi Lanka. Le foto realizzate a Koggala, sono lo specchio di come l’uomo, in base al territorio ed alle sue risorse, possa pescare in maniera veramente sostenibile.

La pesca con la pertica, chiamata in inglese stilt fishing, è praticata all’alba e al tramonto, i pescatori sono seduti su di un trespolo o pertica in legno, a pochi cm dall’acqua. I pali che vengono piantati in acqua rimangono un “patrimonio familiare” che viene tramandato di generazione in generazione.

Appollaiati su questi pali, i pescatori catturano sardine, aringhe e piccoli sgombri che la mattina vengono poi portati al mercato del pesce.

Le canne da pesca, semplici bastoni di bambolo, sono dotati di una lenza che riporta l’amo, a cui i pescatori innescano vermi di sabbia raccolti sul luogo di pesca.

Il palo portante è fissato sul fondo del mare e quasi in cima c’è una barra trasversale, chiamata Petta, su cui i pescatori si siedono.

L’equilibrio precario fa si che il pescatore con una mano trattenga la canna e con l’altra si appoggi al palo per evitare di cadere in acqua.

E' una tradizione di pesca che tende a deperire, purtroppo.

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10 marzo 2015 2 10 /03 /marzo /2015 06:58
Cosa ci faccio qui?

Dove sono?

Boh, non so!

Forse all'edicola di cui sono cliente, dove trovo una montagna di cose messe da parte per me?

Già, è proprio così: il luogo mi è familiare.Ora ci siamo: è proprio la mia edicola di Palermo.

Ma nel grosso mucchio che trovo pronto per me, alcune delle riviste e degli albi a fumetti non ricordo di averli mai richiesti.

Ed ora che me ne faccio di tutta questa roba?La rifiuto o la accetto?

Se la rifiuto, la signora Egerina si offenderà con me e non vorrà più tenermi da parte le cose. Se l'accetto, farò la parte di quello che accetta acriticamente qualsiasi cosa e che può esser egabbato in ogni momento.

Insomma, mi trovo a lottare tra Scilla e Cariddi!

Intanto, ad accrescere la mia confusione, mi accorgo che fuori mi aspetta Frida tenuta al guinzaglio da una mia antica amica, che sembra essere emersa dalla nebbie del tempo.

Che ci fa lì? Cosa vorrà?, mi chiedo.

E poi messa lì con santa pazienza a far da balia a Frida...

Questa presenza m'infastidisce.

E anche adesso non sono da meno nel comportarmi in manera villana.

Me ne vado senza aspettarla, utilizzando un'uscita secondaria del negozio.

E riesco a sgusciare via con successo.

Sono a casa di un amico, in una mansarda stretta e lunga.

Conversiamo.

Un piacevole intermezzo:ma non ricorda di cosa si sia parlato.

Discorsi di café, probabilmente.

Arriva l'amica di prima, quella che ho lasciato in modo tanto scortese in mezzo alla strada, sempre con il cane.

Ma proprio non molla!

Fa il broncio ed è offesa con me.

Me ne vado in tronco, irritato, e la lascio in compagnia del mio amico, sperando che facciano amicizia e che se la intendano.

Frida rimane con loro.

Anche lei, poi!

Io da solo marcio lunga una strada, con attitudine del pellegrino che è sempre in cammino, senza avere mai un luogo dove fermarsi.

Ultreia, ultreia!

[da un sogno]

Cosa ci faccio qui?

In his later paintings, Edward Hopper sought to express the experience of seeing and perceiving the world by treating light in such a way that it almost becomes a material object. His emphasis on light, the dissolution of material objects, and his ability to visualize an internal reality received its ultimate expression in Sun in an Empty Room, one of his last pictures.

Hopper had the rare gift of being able to perceive reality as a whole in the forms of the outside world, of actually seeing the truth. In his intuitive perception the objects of the world confronted him with a vitality of their own. Thus, it was not only justifiable but also necessary for Hopper to hold to the empirical forms of the world. They were his starting point, his goal, as well as the means of his art, the unique qualities of which will continue to question any form of abstractionism.

In his mature works, Hopper moved from a relatively objective, almost impersonal way of viewing the world, to a very emotional one. This emotionalism did not manifest itself in his brushwork as it did, for example, in Vincent van Gogh. Hopper's application of paint in his mature works became at times almost ascetic in its thinness, while his drawing of forms was sharp and controlled.

www.edwardhopper.net

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23 febbraio 2015 1 23 /02 /febbraio /2015 05:32

Tra il Martello di Dio e l'Incudine della Città onirica

Quella che si stende davanti ai miei occhi é una città fantastica di minareti e di pinnacoli sottili ideati dal più ardito degli architetti ed eretti a sfidare la forza di gravità

E un aereo enorme si avvicina e manovra malaccortamente, portandosi nella sua planata sempre più in basso proprio sulla città.

Il pilota cerca di riportarlo in quota e l'ala di sinistra comincia a sollevarsi.

Lo schianto, però, sembra inevitabile, anche perchè l'aereo è davvero enorme, tale da occludere del tutto la vista dell'orizzonte con la sua massa: in confronto la città che sembrava così ardita sembra essere stata costruita da Lillipuziani.

E, in proporzione, gli arditi minareti e le torri possenti sembrano meno che miseri stuzzicadenti e spilli lucenti.

Io sono lì tra il mastodontico aereo e la città di Lilliputh, io stesso lillipuziano.

Cerco scampo, ma non ve n'è alcuno.

Che ci faccio lì?

Non lo so.

Vorrei avvisare qualcuno del pericolo imminente, ma sono bloccato da un'inspiegabile paralisi che mi impedisce di muovermi e che sigilla la mia voce, all'infuori di mugolii senza senso.

Mi sento tra il martello di Dio e l'incudine della città onirica. 

Poi, il miracolo.C'è sempre qualcosa di prodigioso che accade nei sogni. 

Il Tempo si arresta e tutto rimane bloccato in una fantastica composizione.

Il gigantesco aereo argenteo sospeso sulla città, in un'impossibile angolatura.

La città minuscola e fantastica, dove ancora miracolosamente nessuna struttura è ancora crollata, benchè il contatto tra alcuni segmenti dell'aereo e le più ardite archittetture sià già avvenuto.

Tutto rimane sospeso, in un attimo che si fa eternità. 

La salvezza rimane nella sospensione del Tempo: e per quanto tempo durerà questo istante fermo, dilatato all'infinito?

Non lo so e non voglio saperlo.

Mi basta sapere che c'è la sospensione prima dell'esecuzione del verdetto.

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21 gennaio 2015 3 21 /01 /gennaio /2015 06:30

In viaggio. L'ultima spiaggia e il pettirosso

E' una spiaggia, grande e dorata, dalla sabbia fine, lo scenario d'inizio: e ci arrivo con la mia cagnetta - ormai un po' attempata - Frida.

Ho con me diversi libri (di cui alcuni sono pesanti volumi, cataloghi di mostre che ho visitato nel corso del mio viaggio) e la mia preoccupazione primaria é che non si bagnino nè si sporchino.
E' stato un viaggio o sono un pellegrino?

Questo non so dirlo.

Ma è possibile che sia reduce da un lungo spostamento a piedi.

Frida fa la pazzariella e decido di lasciarla legata vicino alle mie cose e ai mie libri e ad una pesante borsa che mi sono trascinato appresso tutto il tempo.
Qualcuno si lamenta di questa mia decisione: "Ma come sotto il sole! La povera cagnetta morrà di insolazione!"

Spiego il mio pensiero a quegli amici pseudo-samaritani che rimangono senza volto, nel mio ricordo, e che ho raggiunto sulla sabbia: la scelta di non liberare i cani in queste situazioni é una questione di rispetto nei confronti degli altri frequentatori della spiaggia. il cane lasciato libero di fare ciò che vuole andrebbe a ad annusare le loro cose, metterebbe le zampe sui teli da mare, e se dovesse entrasse in mare, all'uscita spruzzerebbe tutti di acqua salsa cercando di strizzarsi la pelliccia, per non parlare del cattivo odore che emette il pelame del cane bagnato.

E, quindi al guinzaglio...

Posseggo, ta l'altro, tra i miei paraphernalia un dispositivo tecnologico per portare il cane al guinzaglios enza sforzo.

Ma non saprei descriverlo nei dettaglio, nella parte terminale possiedono un piccolo pistoncino che consente d incastrarlo in possibili appigli e che, nello stesso, serve ad ammortizzare gli strattoni troppo violenti.

Frida si agita e tira il guinzaglio che s'impiglia di continuo tra i libri che lho lasciato vicino a lei: i libri cadono e si imbrattano tutti di sabbia fine e leggere e le pagine sisgualciscono

Legge di Murphy all'opera!

Poi decido di andare e m'incammino lasciando temporaneamente la Frida con i miei amici.

Sono su un autobus che fa il giro lungo dell'Addaura, adesso.

Ma in realtà non so, non ne ho nessuna certezza.
Mi sembra di riconoscere dei luoghi, ma nello stesso tempo guardo le case e gli scorci sfilare sotto il mio sguardo con una sensazione di totale estraneità.

Il mio piano è quello di arrivare a casa, prendere l'auto e tornare a prendere Frida e tutte le mie cose che ho lasciato scompostamente sparse sulla sabbia assolata. Un piano farraginoso, ma - evidentemente - ho scartato l'ipotesi di far salire Frida sull'autobus assieme a me.

Ci sono a bordo due bulletti, un ragazzo ed una ragazza, bassi e tarchiati, lei con i capelli pisciati color topo, lui altrettanto insignificante e con il profilo da roditore, ambedue orribili e incapaci di suscitare la benché minima simpatia, ma solo repulsione e fastidio.

Entrambi cominciano a fumare, inondando il bus di nuvole di fumo azzurrini e puzzolente: io e gli altri passeggeri facciamo finta di ignorare, senza abbozzare.

Poi, uno più intraprendete si alza e cerca di aprire al massimo una dei finestrini scorrevoli in alto per arieggiare.

Ma i due non colgono i messaggi e continuano a fumare, strafottenti, inondando il bus di ulteriori nuvole miasmatiche.

Arriva un controllore, alla sosta successiva, assieme a un poliziotto: i due comunicano ai due (che, nel frattempo, però continuano a fumare con indifferenza insolente) che sono in arresto (ma non per il fumo, a quanto pare, ma per un reato precedentemente commesso per il quale erano ricercati) e che alla prossima sosta dovranno scendere per andare alla stazione di polizia per le formalità di rito.

Tutti i passeggeri esalano dei visibili sospiri di sollievo per il fatto che in breve saranno liberati dall'autorità costituita da una da una tale seccatura.

Finalmente scendo dall'autobus e sono in una località che mi pare sconosciuta, ma é il centro d'una città antica, adornata di grandi edifici barocchi, che mi sono familiari ma a cui, nello stesso tempo, non riesco a dare un nome.

C'è un vecchio che indugia all'ombra del vasto porticato di un vecchio palazzo nobiliare, appoggiato ad un bastone nodoso.

Gli chiedo informazioni, ma non mi sa dare risposte: anche lui pare disorientato.

Mi dice tuttavia che potrei chiedere qualcosa alla Baronessa,  una donna molto anziana che ha sempre vissuto qui e che sa tutto di tutti e che, certamente, potrà rispondere alle mie domande.

Soltanto, mi avverte il mio interlocutore, dovrò tenere presente che è un po' svanita e che per ottenere le mie risposte dovrò evitare di parlare direttamente a lei, rivolgendo le mie domande esclusivamente al pettirosso che se ne sta sempre poggiato sulla sua spalla quasi fosse un trespolo.

La donna è un oracolo, come scoprirò in seguito, semi-cieca ed incapace di vedere le cose nella realtà, anche se il suo sguardo penetra oltre il velo di Maya.

E il pettirosso sulla sua spalle cinguetta le risposte.

E' il suo interprete.

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13 gennaio 2015 2 13 /01 /gennaio /2015 20:16

La spina nella mano

Nel sonno, avverto un fastidio nella mano sinisra

 

Toccando il palmo, sento sotto i polpastrelli un'asperità

Se stringo un oggetto in mano, la pressione sull'asperità

mi fa saltare in aria con un'improvvisa punta di dolore,

somigliante ad una scossa elettrica

 

Ciò malgrado mi tocco l'asperità di continuo,

saggiando la mia soglia del dolore in quel punto

e gratto e premo e pizzico

senza potermi fermare

 

Poi, per alleviare il fastidio comincio a operare con un oggetto appuntito,

per rimuoverne la causa

 

Dopo molta fatica e non poco dolore, riesco nel mio intento

e, all'improvviso, viene fuori una lunga spina surreale

 

Potrebbe essere un chiodo di lunghezza tale

da trapassarmi la mano dal palmo al dorso

 

Un chiodo da crocifissione, quasi

 

Rimango basito e me ne sto a lungo a contemplare il reperto,

quasi fosse il risultato di una campagna di scavi archeologici

 

Ed ora che fare?

 

E non c'é altro di questo sogno di cui io mi ricordi

 

Ma mi viene in mente che da piccolo giocavo spesso

a trapassarmi da parte a parte piccole pliche di pelle

con un ago per vedere l'effetto che faceva

 

Era una pratica che faceva parte del mio auto-addestramento

alla sopportazione del dolore

 

Così facendo, immaginavo di potermi temprare ad essere forte

in ogni circostanza della vita e a potere resistere alle sofferenze,

senza proferire parola

 

Ma, in realtà, sono una pecorella timorosa e per nulla coraggioso

 

Quell'addestramento non mi è servito a niente

o a ben poco soltanto

 

Ma da piccoli diamo una grande importanza a delle cose stupide ed insulse

che, quando le facevamo erano tremendamente serie

 

Per questa mia fissazione, una volta la lama appuntita della forbice

mi sfuggi di mano e penetrò profondamente nell'eminenza tenar della mano sinistra

e corsì subito da mia madre per chiedere soccorso

 

Un'altra volta, da piccolo, camminando sulla sabbia mi bucai il piede con un chiodo

che sporgeva da un grosso pezzo di legno portato dalla risacca

ed anche in quel caso malgrado l'addestramento auto-inflitto

quasi svenni alla vista del grumo di grasso giallastro che veniva fuori dalla ferita

 

Innocenti giochetti di autoformazione che, in alcuni casi (non nel mio)

possono diventare letali e distruttivi

 

Innocenti evasioni che, senza esasperazione, 

sono il grado zero dello stato mentale dei cutter

 

Spesso mi ritrovo ad avere conficcati nel palmo delle mani

e nei polpastrelli spine o schegge di legno, perchè sovente

in campagna lavoro senza guanti protettivi

e, poi, come nel sogno, sono lì a fare lavoro di pulizia

con un coltellino appuntito o con la punta aguzza di una forbicina per le unghie

 

A proposito di spine, la cosa grave è quando, convinto di avere una spina nel fianco, 

ti accingi a rimuoverla ed estraendola, assieme a quella, tiri via tutta la tua sostanza

che le sta attaccata e finisci con il disfarti

come quando afferri un filo di lana sporgente dal maglione che indossi,

e tiri, tiri e poi ancora tiri, finchè non quel maglione non lo hai disfatto del tutto

 

Un rischio calcolato: a volta bisogna saper tracciare il bilancio

tra il fastidio cronico di quella spina nel fianco

e il rischio di perdere te stesso nell'estiparla

 

Un piccolo dolore persistente, a volte, é prezioso

per continuare a vivere 

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27 novembre 2014 4 27 /11 /novembre /2014 07:56

Non-sense onirico in compagnia di Winnie-the-Pooh

Ho sognato che nel mio sogno facevo delle cose non-sense

e che dicevo cose assurde,

discorsi senza né capo né coda

 

Mi sentivo come Winnie-the-Pooh

e canticchiavo tra me e me

 

Tra-la-la, tra-la-la,

Tra-la-la, tra-la-la,

Rum-tum-tiddle-um-tum.

Tiddle-iddle, tiddle-iddle,

Tiddle-iddle, tiddle-iddle,

Rum-tum-tum-tiddle-um.

 

E mi sentivo felice e gioioso,

leggero e prossimo a librarmi in volo

 

Ma se mi chiedeste cosa esattamente facessi

in questo sogno

rimarreste delusi,

perchè non lo ricordo assolutamente

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25 novembre 2014 2 25 /11 /novembre /2014 06:25

Man hunting e macchina del tempoSono in fuga. Devo sfuggire ad un boss della malavita che ha giurato di farmi fuori, perchè gli ho sottratto dei documenti importanti. E adesso io sono l'oggetto di una man hunt in grande stile.

Ho già avuto a che fare con lui ed è un uomo che ti tratta bene e con i guanti di velluto, se rispetti le consegne e se sei un bravo soldatino, ma poi è spietato e tira fuori gli artigli e le zanne di un mostro, se gli manchi di rispetto o se sgarri in qualcosa o se ti appropri di qualcosa che é suo. 

Cerco di vivere in incognito e di far perdere le mie tracce.

Ma è un compito  difficile ed ingrato.

Non sono molto bravo in questo.

Le tracce dei miei transiti saltano sempre fuori e mi ritrovo ad avere sempre gli scherani del boss alle mie calcagna.

In più il boss sembra essere onnipresente ed onnisciente.

Non c'è scampo da lui.
Girando e rigirando mi ritrovo in un piccola stanza, contenuta al termine di una fuga, come una serie di scatole cinesi. Quando arrivi all'ultima non c'è altro da fare, se non ritornare indietro. A meno che...

E in questa stanzetta - che non ha alcuna via di uscita, a parte la porta da cui sono entrato - infatti c'è un attrezzo di acciaio e vetro scintillante. Attraverso quello che sembra essere un portellone, mi ci infilo dentro, accomodandomi su di un sedile avvolgente rivestivo di morbida pelle.

Con una leva faccio il vuoto in modo che tutto sia sigillato (il che avviene con un rassicurante di sibilo di aria che fuoriesce), muovo a caso un piccolo cursore, premo un bottone illuminato con un lucina verde lampeggiante e pluff! La stanza attorno a me è scomparsa, dissolvendosi in un grande nulla, come fossi immerso in una tormenta di sabbia, ritrovandomi a ricomparire sempre all'interno di quel trabiccolo di fortuna (ma evidentemente altamente tecnologico) in un altrove che non so.

Man hunting e macchina del tempoUn panorama desertico ri rocce e sassi, sotto un cielo infinitamente azzurro, dove strani esseri quadrupedi che però sembravano mammiferi,ma una via di mezzo tra i grandi pachidermi e i dinosauri, armati di una poderosa proboscide, terminante con un'estremità a imbuto, sulla quale sembra di intravedere una temibile ventosa, capace di risucchiarmi in quatro e quattrotto, visto che non erano forniti di una bocca definibile, trainavano grandi carri forse utilizzati come mezzo di trasporto per derrate varie dagli abitanti del luogo. Di cui ho solo immaginato, tuttavia, poichè nessuno era in vista. Questi possenti animali mi sono sembrati umbratili: infatti, non appena  vedevano qualcosa di insolito pararsi loro davanti - come è accaduto con il mio trabbicolo che uno di loro si è trovato improvvisamente in pratica in mezzo alle zampe - si imbizzarivano, lanciandosi in una folle corsa, schiacciando quallunque cosa abbia la ventura di trovarsi a portata.

Intimorito, ho preferito non uscire dalla mia navetta e, sempre azionando i comandi a caso, ho desiderato poter fare ritorno al mondo e al tempo da cui ero partito, ma dove l'incubo dell'inseguimento sarebbe immancabilmente ripreso.

So che per porvi termine, dovrò alla fine uccidere il boss che mi perseguita

Decisione eroica.

Ma come metterla in atto?

 

Man hunting e macchina del tempo

 

 


E' straordinario vedere come nel sognare utilizziamo a volte come "pezzi di costruzione" del nostro gioco di Lego onirico, cose che abbaimo acquisito attraversol la lettura, la visione di film od anche dicerte opere d'arte.
Qui, all'opera, c'è certamente l'effetto di Rogue male, un romanzo sul tema del Man Huntin che mi è piaciuto straordinariamente, ma c' anche qualcosa de "La Macchina del Tempo" di Herbert george Wells, sia nella sua forma di romanzo che sia delle traduzioni cinematografiche successive da quelle più aderenti al testo wellsiane a quelle più fantasiose. Ed anche per affinità il tema dei mondi paralleli, riecheggiante in un romanzo della Crosstime Saga di Harry Turtledove, letto di recente. E per finire, nella parte finale del sonno si sono sovrapposte le smaglianti immagini di Dinotopia, un grande racconto utopico-distopico, accompagnato da splendide e sontuose illustrazioni a colori.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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