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22 dicembre 2022 4 22 /12 /dicembre /2022 07:09

Ecco una mia informale recensione (pubblicata solo sul mio profilo facebook nel 2011) ad un piccolo saggio "emozionale" che si può considerare un vero e proprio "metalibro" sui libri e sulla lettura, pubblicato nel 2011. E' un godibile testo, quanto mai attuale, mentre - in questi ultimi anni - è in crescente espansione la lettura su supporti digitali, per ricordarci che il rapporto con i libri di carta è impareggiabile ed inestimabile.
Per questo motivo lo rilancio qui.

Toccare i libri, Ponte alle Grazie

Toccare i libri. Una passeggiata romantica e sensuale tra le pagine, scritto da Jesùs Marchamalo, (traduzione di C. Marseguerra) e meritevolmente pubblicato in traduzione da Ponte alle Grazie nel 2011) é veramente un saggio per tutti quelli che amano i libri e che comprano libri, non soltanto per leggerli, ma "in quanto" libri.
Si tratta di un piccolo libro cult che venne pubblicato per la prima volta presso una piccola casa editrice spagnola, mettendo assieme i testi di due o tre conferenze sull'avere libri tenute dall'autore e diverse volte ristampato, dietro grande richiesta da parte di un pubblico di lettori sempre più folto.
E' un volumetto davvero smilzo che si legge velocemente (io l'ho letto in un pomeriggio di pioggia), che raccoglie pensieri sparsi dell'autore ed aneddoti attribuiti a grandi lettori (talvolta anche scrittori) in merito alle loro abitudini, stranezze, idiosincrasie attorno ai libri e tanti altri pensieri folgoranti e sintetici.
Come è mia abitudine, appena ho letto le prime righe, ho cominciato ad annotarlo e a segnare i passaggi che mi sembravano più significativi e memorabili. 
Ma poi ho dovuto smettere, perché - mi sono reso conto - avrei finito per segnarlo tutto dall'inizio alla fine...
Chi legge e chi possiede tanti libri, accumulati sia per la voglia sfrenata di leggere sia anche - nello stesso tempo - per puro piacere bibliofilico, potrà riconoscersi agevolmente - e con molte emozioni - in molti dei passaggi di questo saggio, avendo la sensazione di immergercisi dentro come se si stesse parlando di se stesso e delle proprie abitudini e non di altri.
Il bello è che in queste pagine l'Autore riesce ad illustrare in pieno la complessa sensorialità che si attiva nel rapporto con i libri in cui noi siamo non solo lettori, ma anche in qualche modo gestori, catalogatori, manipolatori dei nostri libri, continuamente alle prese con problemi di manutenzione, allocazione, sistemazione etc.


(Risguardo di copertina ) Se vi piace toccare i libri, e lo state facendo anche ora, sapete di cosa parliamo. Libri. Da leggere, da sfogliare, da desiderare e da possedere, da perdere, prestare e regalare. Libri da contare, da sistemare, da classificare. Amici per una vita o incontri di un solo giorno, ricordati per sempre o subito dimenticati; libri illeggibili, letti e riletti…
Nella passeggiata lungo queste pagine incontriamo tanti lettori illustri, curiosiamo nelle loro biblioteche e veniamo a sapere delle loro buone e cattive abitudini di lettura, talvolta così simili alle nostre. Quanti libri è possibile leggere in una vita? In che modo disporli? Come fare quando sono troppi? Ci piacciono di più tenuti come nuovi o un po’ maltrattati? Bisogna davvero leggerli tutti, o certi sono fatti apposta per non esserlo? Jesús Marchamalo racconta gli intrecci e i personaggi della grande storia d’amore fra libri e lettori con la divertita partecipazione di un innamorato che la sa lunga, e argutamente ci ricorda che come tutte le passioni, anche questa dev’essere assaporata con un po’ di sana ironia.
(Quarta di copertina) In tempi come i nostri di vertigine digitale, in cui la tecnologia mette a repentaglio il futuro del libro quale noi lo conosciamo, Toccare i libri propone una difesa appassionata, complice e ironica, a volte umoristica, del libro e della lettura: parla del suono della carta, delle orecchie sugli angoli, degli appunti sui margini, delle dediche... Una rivendicazione con un pizzico di nostalgia anticipata – e ci auguriamo gratuita – di quello che significa vivere con i libri: gli scaffali strapieni, le pile negli angoli, i libri prestati, il disordine funesto, incorreggibile.

 

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21 dicembre 2022 3 21 /12 /dicembre /2022 08:43
Joyce Carol Oates, Mistery, Inc., Timecrime, 2022

Mistery, Inc. di Joyce Carol Oates (nella traduzione di Sarà Bilotti), pubblicato da Timecrime (Fanucci - Collana Crimini di carta) nel  2022, è un racconto fulminante che ha come oggetto i libri e la voglia smodata di possedere non solo singoli libri, ma anche intere biblioteche e librerie:
Questa piccola perla si inscrive nella collana Crimini di Carta, varata da Timecrime nel 2022, sviluppando due temi che sono quello dell’ossessione di possedere libri (in questo caso l’oggetto della predazione sono negozi di libri nella loro interezza) e quello delle biblioteche stregate. I due temi si intersecano tra loro. Molto rimane nel non detto e il lettore - secondo una regola che vale per tutti i racconti scritti ad arte - può e deve immaginare il resto, sviluppando a suo piacere - con la sua fantasie - alcuni tratteggi narrativi.
Si fronteggiano due personaggi, uno - il narratore che - con lo pseudonimo di Charles Brockden e indossando baffi posticci - si presenta alla libreria Mistery, Inc. per perpetrare un suo progetto scellerato e tale Aaron Neuhaus, proprietario della libreria stessa. 
Abbiamo quindi due diversi campi di forze, nel cui confronto tutto si sbilancia per via dell’intervento di imprevedibili fattori. Aaron Neuhaus scalza il "ladro di librerie" dal suo ruolo di narratore e diviene lui il narratore di una storia che si spinge indietro nel tempo per ben tre generazioni di librai
Quello che avrebbe dovuto essere il piano perfetto ideato dal sedicente Charles Brockden (tra l'altro autore di un classico della narrativa mistery) fallisce (apparentemente).
Il lettore viene condotto per gradi ad un finale perturbante, in cui tuttavia tutto rimane indecidibile e come sospeso. Sarà il lettore stesso a dover colmare le lacune, a suo piacimento, a partire dalle suggestioni che fornisce la traccia narrativa.
La maestria del racconto consiste, appunto, nel non dire tutto esplicitamente e nel lasciare alcune cose nel reame del non detto, lasciando al lettore il compito di completare il quadro con le proprie speculazioni.
Letto ad alta voce, con sommo piacere (e il testo per questo di lettura si presta in modo eccellente).
Detto per inciso, il racconto mi ha fatto venir voglia di mangiare i tartufi al cioccolato che vi giocano un ruolo importante.
Ma fa anche venire voglia di leggere molti classici della narrativa fantastica e mistery. E' un po' come un romanzo che ho letto di recente e che "Otto delitti perfetti" di Peter Swanson.
Come gli altri volumi di questa collana, tutti preceduti da una “nota dei librai”, qui la prefazione è stata scritta da Alessandro ed Elisa, librai indipendenti e conduttori della Libreria Florida di Firenze che, piccola (28 metri quadri di superfici, ma aggurrita, si definisce "Libreria di consiglio".


(Risguardo di copertina) Identificato solo dallo pseudonimo scelto in modo azzardato, Charles Brockden, il narratore di questa storia, ha trovato una libreria che stuzzica il suo desiderio di possederla. Deve averla il prima possibile, deve aggiungerla alla sua già vasta collezione di librerie. Tuttavia, sa che il proprietario di un negozio così raffinato non se ne separerebbe tanto facilmente. Brockden ha in mente un piano per acquisire il negozio in maniera tale che nessuno possa sospettare un atto scorretto: un omicidio perfetto. E sa che avrà successo, perché questa procedura non gli è affatto sconosciuta...

 

 

Joyce Carol Oates

Joyce Carol Oates, nata nel 1938, a Lockport (New York), è tra le figure più rilevanti della narrativa americana contemporanea - è stata indicata, tra l'altro, come una dei favoriti per l'assegnazione al Premio Nobel della Letteratura - ed è anche una delle più prolifiche.
Nata nello stato di New York nel 1938, è da anni residente a Princeton, presso la cui università ha insegnato scrittura creativa dal 1977 al 2014. Fa parte della prestigiosa American Academy of Arts and Letters.
Nella sua opera narrativa esplora le residue potenzialità del realismo sociale e del genere «neogotico». Dal Giardino delle delizie (A garden of earthly delights, 1966), nel quale mappa di un eden sfigurato dalla violenza, a Quelli (1969), che proietta vite ed esperienze femminili sul fondale apocalittico della Detroit dei conflitti razziali, a Bellefleur (1980), saga di una famiglia potente e maledetta, la Oates ha delineato i temi di una produzione vasta ed eclettica, che sperimenta generi e stili e mette impietosamente in luce, tra l'altro, l'ipocrisia e la violenza della vita borghese, l'oppressione delle famiglie, la grettezza delle piccole comunità, l'oppressione e la mercificazione delle donne.
Tra le sue opere, i romanzi Marya (Marya: a life, 1986), Acqua nera (Black water, 1992), Zombie (1995), Una famiglia americana (We were the Mulwaneys, 1996), racconti (Storie americane, Where are you going, where have you been? Selected stories, 1993, dal quale è stato tratto il film, La prima volta, nel 1985) e saggi (Sulla boxe, On boxing, 1987).
Con lo pseudonimo di Rosamond Smith si è dedicata alla suspense pubblicando Nemesi ("Nemesis", 1990) e Occhi di serpente ("Snake eyes", 1992). Non ha tralasciato nemmeno gli eventi biografici: La figlia dello straniero, suo romanzo del 2007, prende spunto dalle vicende del nonno, mentre dopo la morte del marito ha scritto il memoir Storia di una vedova (Bompiani 2013).
Nei romanzi più recenti ha soprattutto indagato l’evoluzione delle dinamiche familiari che portano a inattese esplosioni di violenza (La ballata di John Reddy Heart, "Broke heart blues", 1999; Blonde, 2000, su Marilyn Monroe; Un giorno ti porterò laggiù, "I’ll take you there", 2002; La madre che mi manca, "Missing mom", 2005; La figlia dello straniero, "The gravedigger’s daughter", 2007).
Per gli adolescenti ha scritto Bruttona & la lingua lunga (Big mouth and ugly girl, 2002) e Occhi di tempesta (Freaky green eyes, 2003), spietati e taglienti.
In Italia i suoi libri sono pubblicati da Bompiani, Mondadori e il Saggiatore, alcuni dei quali sono: Sorella, mio unico amore (Mondadori 2009), Una brava ragazza (Bompiani, 2010), Uccellino del paradiso (Mondadori, 2011), Doppio nodo (Bompiani, 2011), La ragazza tatuata (Mondadori, 2012), Storia di una vedova (Bompiani, 2012), Acqua nera (Il Saggiatore, 2012), Mudwoman (Mondadori, 2013), Scomparsa (2016) e la quadrilogia dell'Epopea americana. Pubblicata da Il Saggiatore nel 2017 si compone di: Il giardino delle delizie, I ricchi, Loro, Il paese delle meraviglie; in essa la scrittrice ripercorre la storia recente degli USA e opera una definitiva trasfigurazione del sogno americano in un'incubo senza fine.
Nel 2021 escono per il Saggiatore Nuovo cielo, nuova terra e per La Nave di Teso La notte, il sonno, la morte e le stelle.
Ha vinto, tra gli altri, il National Book Award, il Pen Faulkner Award e il Prix Femina Étranger. 

 

"La collana Crimini di carta racconta di libri e/o di chi li scrive, li compra, li legge, li colleziona, li vende o ne è in qualche modo coinvolto. Tutte le novelle presentano come sfondo librerie, biblioteche, libri rari, manoscritti, volumi inestimabili o eccentrici collezionisti di libri. Insomma, tutto ciò che appartiene al mondo dei bibliofili. Arricchisce ogni volume un intervento esclusivo di un libraio italiano, una testimonianza del suo amore per il mondo dei libri e della passione per il crime".

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17 dicembre 2022 6 17 /12 /dicembre /2022 18:58
Daniele Del Giudice, Orizzonte mobile, Einaudi

Con Orizzonte mobile, pubblicato da Einaudi (Supercoralli) nel 2009, Daniele Del Giudice (oggi purtroppo compianto) ci ha regalato un diario di viaggio, anzi un diario di più viaggi, poiché le annotazioni scritte dall'autore in occasione di uno straordinario viaggio che si trovò a compiere tra Cile, Patagonia, Terra del Fuoco e Antartide, nel 1990, si intersecano con brani tratti dai diari di due spedizioni, una nella Terra del Fuoco (spedizione Bove, alla fine del XIX secolo) e l'altra nell'Antartide (Spedizione De Gerlache, nel 1892) - con il breve resoconto di un suo secondo viaggio antartico, in verità mai compiuto, collocato nel 2007.
A mio parere (anche se il mio parere conta poco perché è viziato dalla mia passione per i libri di viaggio) è uno straordinario testo che, sì, ci fa vivere i luoghi di cui Del Giudice o i cronisti delle antiche spedizioni parlano, ma soprattutto ci trasmette le emozioni che può procurare un viaggio in luoghi così estremi e così ostili all'Uomo.
La bellezza di questo testo va ricercata nelle note a margine pagina che scavano nell'intensità del rapporto che si viene a creare tra il visitatore e questi luoghi.
Ora, avendone completato la lettura, mi sorge il dilemma: collocherò questo libro tra quelli di Daniele Del Giudice oppure tra quelli di viaggio, accanto - ad esempio - al libro cult di Bruce Chatwin, In Patagonia, oppure a quelli che raccontano della sfortunata spedizione di Shackleton e di quella di Scott e di quella vincente di Amundsen, oppure al diario di quel tipo straordinario che ha compiuto l'impresa di attraversare l'Antartide a piedi in solitaria, senza alcuno aiuto esterno?
Propenderei per questa seconda possibile collocazione. 
L'orizzonte mobile del titolo è l'evanescenza del concetto stesso di orizzonte quando si raggiungono i luoghi più estremi ed interni dell'Antartide, poiché in prossimità del Polo Sud geografico basta spostarsi di pochi chilometri in direzione est o ovest per cambiare fuso orario, sicché percorrendo una distanza lineare di poche decine di chilometri si può andare avanti di un intero giorno o all'indietro di altrettanto.

 

(dal risguardo di copertina) Un uomo in viaggio verso il "più profondo e radicale dei Sud", L'Antartide. Da Santiago del Cile a Punta Arenas e poi sempre più giù, sopra "un altro pianeta, un corpo celeste abitato da milioni di pinguini, impacciati ed impeccabili marziani". Esplorando un gelido Meridione che conserva nei suoi ghiacci le storie di chi l'ha abitato, di chi ha cercato di raggiungerlo: uomini avventurosi dal destino spesso tragico ed emblematico che si sono spinti  fin dentro quel cuore di tenebra abbacinante.
Mentre narra la propria spedizione antartica, Daniele Del Giudice ripercorre i taccuini di quelle coraggiose spedizioni altrimenti sconosciute ai più, con naufragi, navi imprigionate mesi e mesi tra i ghiacci, equipaggi indomiti, marinai sull'orlo della disperazione o annientati dalla follia: sono gli ultimi veri racconti d'avventura, che hanno fissato il mito e la memoria di questa Terra Incognita. 
Con un lavoro di intarsio, al confine tra vita e letteratura, l'autore ricostruisce una "iper-spedizione" che collega fra loro episodi di viaggi storicamente realizzati, ripercorrendoli sui sentieri del mondo e su quelli della scrittura. Giocando sulla diversità delle prospettive e delle voci, ci offre un "orizzonte mobile" nello spazio e nel tempo ma stabile e duraturo nei sentimenti che suscita. 
Un viaggio fuori dal tempo, dentro un paesaggio ipnotico e indifferente all'uomo, di sublime bellezza: dal giallo ocra delle pampas ai ghiacciai che colano in acqua, tra cime rocciose, nevi eterne e precipizi. Davanti agli occhi, un orizzonte di ghiaccio e luce, sempre sfuggevole. Sono luoghi, storie, giorni, anni, ere geologiche che resistono alla prospettiva lineare del semplice raccontare. Una millenaria geometria naturale che ogni cosa stratifica, ogni memoria cristallizza. Un mondo simultaneo di cui questo libro è il canto.

 

Daniele Del Giudice

L'autore. Daniele Del Giudice (Roma, 11 luglio 1949 - Venezia, 2 settembre 2021) è stato uno scrittore italiano. Ha esordito con Lo stadio di Wimbledon (1983), che narra l’inquieta ricerca di un giovane intorno alla vita − e al silenzio − dello scrittore triestino Bobi Balzen. L’avventura della percezione, nell’impegno di «vedere oltre la forma» e tracciare una mappa del mistero della creazione, è il tema dominante dei romanzi successivi (Atlante occidentale, 1985; Staccando l’ombra da terra, 1994), dei racconti (Mania, 1997, premio Grinzane) e della raccolta di scritti In questa luce (2013), sorta di autobiografia intellettuale.
Da ricordare anche il saggio Nel segno della parola, scritto con Umberto Eco e Gianfranco Ravasi (BUR 2005) e questo Orizzonte mobile (2009)

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16 dicembre 2022 5 16 /12 /dicembre /2022 10:29
Michael Connelly, La stella del deserto, Piemme, 2022

Harry Bosch, l'investigatore del LAPD creato da Michael Connelly, è da sempre ossessionato dai casi freddi (cioè dai casi irrisolti, quelli che reclamano giustizia). E questo gli appassionati lettori delle sue avventure lo sanno bene.
Bosch è in pensione da molti anni, come sappiamo dalle precedenti indagini,. E' stato per qualche tempo a riposo dopo un ultimo caso risolto assieme a Renée Ballard, in cui lui aveva agito da outsider, in un certo senso.
In questo ultimo romanzo -  La stella del deserto (Desert Star, nella traduzione di A. Colitto), Piemme, 2022 - proprio da Ballard viene chiamato a far parte, da volontario (ma assolutamente competente per via del suo bagaglio di esperienze pregresse, di tutta una vita) di una neo-costituita Unità per la risoluzione dei casi freddi del LAPD.
Niente di meglio per Harry Bosch.
La sensazione è che in queste circostanze Harry, mentre segue con rinnovato vigore le sue piste, si prepari al suo canto del cigno e al definitivo commiato dalle persone che ha care nel suo universo letterario, ma anche dai suoi lettori.
D'altra parte, tutti i suoi appassionati che lo hanno visto invecchiare nel corso del tempo sanno che Bosch non è eterno e che prima o poi dovrà uscire di scena. Ancora non sappiamo dove e quando, ma - almeno io - nelle ultime pagine di questo romanzo ho sentito il sapore di una fine imminente.
Comunque, proprio grazie all'apporto di Bosch (talvolta - come spesso gli capita - anticonvenzionale) la neo-nata unità per i casi irrisolti farà letteralmente faville.
Chi sa se rivedremo Bosch in un prossimo romanzo o se la sua eredità non sarà raccolta per intero da Renée Ballard e dalla figlia di Bosch, Maddie, che ha deciso di seguire le orme del padre?
In ogni caso, anche se Bosch dovesse lasciarci (e prima o poi ciò dovrà accadere, inevitabilmente), Ballard e Maddie - in quanto personaggi emergenti - saranno espressione di quanto egli abbia seminato bene, trasmettendo loro la sua esperienza, ma anche i semi della sua ossessione per il trionfo della giustizia e nel non lasciare dimenticate le vittime degli omicidi irrisolti.

(Risguardo di copertina) Un'intera famiglia sterminata. Un assassino a piede libero. Un vecchio caso che ossessiona Harry Bosch. E che potrà risolvere solo grazie a una persona: Renée Ballard. Non si può dire che il rapporto di Renée Ballard con il Los Angeles Police Department, meglio noto come LAPD, sia sempre stato rose e fiori. Tutt'altro. Troppa misoginia a rovinare le sue possibilità di carriera, troppe lungaggini burocratiche a rallentare i casi: e infatti, impaziente e determinata com'è, da un anno ormai Renée ha lasciato la polizia. Ma certi amori non finiscono: e quindi ecco che, di fronte alla possibilità di diventare capo di una nuova unità all'interno del LAPD, Ballard non può che riprendere in mano badge e pistola, chiamata a ricostruire dalle fondamenta la vecchia squadra che si occupava di casi freddi, ribattezzata Unità Crimini Irrisolti e rimessa a nuovo. E quando si tratta di crimini irrisolti, con chi lavorare se non con il migliore? Harry Bosch , ormai detective freelance, è già alle prese con uno di questi omicidi: quello di un'intera famiglia, perpetrato da uno psicopatico che da anni ha fatto perdere le sue tracce.
 

Hanno detto
«Ballard & Bosch - due poliziotti, due outsider con un passato difficile - formano una coppia perfetta.» - Publishers Weekly

 

Michael Connelly

L'autore. Michael Connelly, nato nel 1956, a Filadelfia (Pennsylvania), è uno scrittore statunitense di thriller. Laureatosi in ingegneria nel 1980 comincia a lavorare presso la redazione di alcuni giornali. Nel 1986 produce un reportage insieme ad altri due giornalisti, intervistando i sopravvissuti di un disastro aereo. Il loro lavoro viene candidato per il Premio Pulitzer. In seguito a questa esperienza Connelly trova impiego come giornalista criminologo al «Los Angeles Times». Aveva deciso di diventare scrittore di thriller già ai tempi dell'università dopo avere scoperto i romanzi di Raymond Chandler e ha sfruttato gli anni passati da giornalista per studiare da vicino il lavoro della polizia e lo svilupparsi delle indagini che seguivano i delitti di cui si occupava. Vincitore del Premio Bancarella nel 2000 con Il ragno, la maggior parte dei suoi libri riguarda le indagini di un detective del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, Hieronymus "Harry" Bosch: il suo nome è lo stesso del famoso pittore olandese, di cui la madre del detective era affascinata. Connelly è particolarmente attento a far emergere l'evoluzione psicologica del suo protagonista, al di là degli stereotipi narrativi del genere "hard boiled". Molti dei libri di Connelly sono ambientati a Los Angeles.
Dal libro Debito di sangue è stato tratto l'omonimo film diretto da Clint Eastwood. Con molta ironia lo scrittore, in un romanzo successivo Il buio oltre la notte, ha fatto commentare causticamente il film ai suoi stessi personaggi, in un piacevole intreccio tra realtà e finzione.
Del 2011 è L'uomo di paglia, mentre la saga relativa a Harry Bosch è giunta al diciannovesimo capitolo con Il lato oscuro dell'addio del 2018.
I suoi libri sono stati tradotti in 31 lingue diverse; in Italia sono stati pubblicati inizialmente da Hobby & Work, e ora sono editi da Piemme.
L'autore è stato insignito nel 2010 del prestigioso Raymond Chandler Award, il premio letterario istituito da Irene Bignardi nel 1996 in collaborazione con il Raymond Chandler Estate dedicato alla scrittura noir. Tra i suoi libri più recenti: Il dio della colpa (2015), La strategia di Bosch (2016), Il passaggio (2017), Il lato oscuro dell'addio (2018), L'ultimo giro della notte (2018), Doppia Verità (Piemme 2019), La notte più lunga (Piemme 2019), La fiamma nel buio (Piemme 2020), La morte è il mio mestiere (Piemme 2020), La legge dell'innocenza (Piemme 2021) e Le ore più buie (Piemme 2022).

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15 dicembre 2022 4 15 /12 /dicembre /2022 13:43
James Flint, Habitus, Tropea

Habitus (nella traduzione di G. Zurlino), opera narrativa prima di James Flint, pubblicata da Tropea Editore (Collana I Marlin) nel 1999, è stato per me una lettura laboriosa e complessa, ma alla fine ce l’ho fatta sa nuotare sino all'ultima riga. A questa lettura sono giunto dopo avere letto il secondo romanzo pubblicato dall'autore che è "52 magie per l'America", sempre proposto da Tropea nel 2004. Quest'ultimo mi piacque e, incuriosito dall'autore, sono andato a cercarmi le altre opere disponibili, imbattendomi appunto in "Habitus".
Direi che si tratti di un romanzo alquanto metafisico (e se vogliamo filosofico), anche se nei cataloghi di libri in vendita online viene rubricato tout court come opera di “fantascienza”, ma in realtà non lo è. L'impostazione filosofica è chiaramente definita dall'epigrafe in capo al testo che è una lunga citazione di Gilles Deleuze, dallo scritto "Differenza e ripetizione", proprio su una possibile definizione filosofica di "abitudine".
Scritto alla fine degli anni Novanta racconta di tre vite (quelle di Jennifer, di Judd e di Joel) che si intrecciano tra di loro generandone una quarta, una bambina dotata di due diversi cuori, come due sono i suoi padri, Emma, che sin da subito appare dotata di poteri psichici straordinari tanto da dover crescere da reclusa nello stesso ospedale in cui è stata partorita. 
Emma con queste doti straordinarie porta Jennifer, Judd e Joel a convergere verso di lei per l’attuazione di un evento straordinario.
Altro personaggio chiave della narrazione è la cagnetta Lajka, che ha il primato triste di essere stata il primo mammifero ad orbitare attorno alla Terra (in realtà, mori quasi subito, il 3 novembre 1957, e - a casa di ciò l'esperimento venne trasformato in una grottesca messinscena per far credere al mondo che la cagnetta avesse effettivamente orbitato attorno alla Terra) e che l’autore immagina perennemente in orbita attorno alla Terra sino ai fatti da lui narrati e poi per sempre in connessione con la Rete, grazie agli straordinari eventi in cui convergono le vite dei tre personaggi principali.
La narrazione che si snoda su questi diversi piani é fantasmagorica: Judd e Joel, ciascuno per motivi diversi coltivano la possibilità di tradurre tutto in dati allo scopo, il primo, di potere azzeccare le giuste combinazioni nel lancio dei dadi e in altri giochi d’azzardo e il secondo, attraverso una follia combinatoria sempre più incalzante, di immettere nella rete tutto l’universo (attraverso la registrazione di ogni tipo di misurazione) e di potere creare così facendo un golem cibernetico, mescolando assieme i dati della scienza, delle sue capacità di calcolo e di speculazione con la Cabala e altre culture esoteriche ebraiche.
Alla fine, tutti quanti si dissolveranno per trasformarsi attraverso la rete è le sue iperconnessioni in un sovraorgamismo che finirà con il pervadere di Sè tutto il mondo sensibile e che, attraverso il contatto con la cagnetta Lajka (che funge da super-modem e da connettore) si estenderà anche allo Spazio intero.
Il finale mi ha molto fatto pensare a quello di Lucy, uno degli ultimi film di Luc Besson (2014) e all’architettura narrativa del coevo Transcendence (Wally Pfister, 2014, USA).
Per questi aspetti lo si potrebbe anche considerare un romanzo "cibernetico", certamente accostabile al filone "cyberpunk", inaugurato da William Gibson e da Bruce Sterling, anche se qui siamo di fornte ad un'elaborazione che è fondamentalmente filosofica con qualche derivazione misticheggiante.

(Sinossi) Nel 1957 i russi lanciano nello spazio la cagnetta Laika. Nel 1960, Jennifer Several  nasce nell’ospedale psichiatrico di Stratford-upon-Avon, dove è stata internata la madre. Tredici anni dopo, la vivace ragazzina sedurrà prima Judd Axelrod, figlio di un nero arrivato ai vertici dell'IBM e di una starlet di Hollywood, e, poco tempo dopo, Joel Kuge, ebreo osservante e genio matematico.
Nessuno dei tre può nemmeno lontanamente immaginare le conseguenze di quegli attimi di passione. Judd verrà consegnato alla mercé di un inquietante psicoanalista, il dottor Schemata, al quale riuscirà a sfuggire solo grazie al suo speciale talento per il gioco d'azzardo. Joel, d'altra parte, comincerà a coltivare ossessivamente l'idea di creare un supercomputer capace di spiegare le cause dell'Olocausto ed escogiterà teorie sempre più bislacche. Intanto Jennifer darà alla luce una bambina che ha due padri (di fatto, un super-bambino con doppio corredo genetico). Sopra tutti loro la cagnetta Lajka continua ad orbitare intorno alla terra, nutrendosi del flusso di informazioni mediatiche che il pianeta produce ininterrottamente. 
Le vicende di questi tre personaggi si intrecciano con un'indagine irriverente della rivoluzione digitale e dei legami tra la conquista dello spazio, la matematica, la genetica e il gioco d'azzardo in un romanzo che trabocca d'erudizione e di humour.
Attraverso una straordinaria capacità inventiva che incuriosisce e coinvolge, Habitus racconta le nostre relazioni con le macchine che creiamo e con la storia che ha creato noi. 
Da Stratford-on-Avon a Cambridge, da Las Vegas alla Svizzera, attraverso la storia e le ossessioni dei suoi personaggi, Flint ci porta in un romanzo-affresco traboccante di umorismo ed erudizione, e insieme satira della rivoluzione tecnologica, affascinante esplorazione della corsa allo spazio, matematica, giochi e visione filosofica delle macchine che abbiamo creato come della storia che ci ha portato ad essere quello che siamo noi. Una lettura-avventura mozzafiato del mondo contemporaneo!


 

James Flint

"Un genio matematico, esperto di cabala, un ragazzo con il gioco d'azzardo nel sangue, una ragazzina che li seduce entrambi sotto lo sguardo vigile di Lajka, la cagnetta spaziale. Una storia d'amore, all'epoca delle tecnologie avanzate."

L'autore. Nato nel 1968, James Flint è cresciuto nella campagna inglese immerso nel mondo dei fumetti, della fantascienza e dei computer. Piccoli lavori, tour mondiale e studi a Oxford ma il giovane James preferisce le ragazze, l'hashish e il sassofono. Dopo un soggiorno negli Stati Uniti e un dottorato all'Università di Warwick, ora lavora per The Independent e la rivista Mute. Habitus è stato il suo primo romanzo.

(wikipedia) Abito, dal latino habitus, che traduce il termine greco aristotelico héxis, può significare un modo di essere, comportamento, disposizione. Il termine abito implica quello derivato e connesso di abitudine a sua volta collegato a carattere.

La derivazione primitiva del termine è échein che vuol dire possedere: in relazione a questo significato si ha

  • in senso transitivo come il possedere qualcosa coincide con la categoria dell'avere aristotelica. Inteso come avere una forma è il contrario di stéresis, privazione
  • in senso intransitivo, riflessivo, l'abito è un modo di essere (in greco antico houtòs échein, possedersi, stare, comportarsi in un certo modo).

In questo secondo senso assume il significato di comportamento che dura nel tempo, una reazione costante di fronte a qualcosa: per esempio reagire bene o male di fronte all'insorgere di passioni. 
In questo secondo caso il termine più specifico è quello di disposizione (diàthesis), intendendo l'abito come una caratteristica costante che resiste ai cambiamenti come ad esempio il sapere o la virtù al contrario ad esempio della malattia o del piacere che invece sono comportamenti discontinui e passeggeri. 

Mentre gli abiti che riguardano la ragione, ad esempio le scienze, si acquisiscono con il tempo tramite l'insegnamento e l'esperienza, gli abiti che si riferiscono alla pratica, alle azioni concrete, si determinano tramite l'abitudine.

L'abitudine (ἔθος, èthos) è dunque l'attività pratica di un individuo con un determinato abito. Vale a dire il modo di comportarsi di un individuo a seconda del suo carattere (ἔθος, èthos)
In questo senso l'individuo agisce secondo un'abitudine, sostiene Aristotele, che non vuol dire conformarsi alla natura, come accade con la sensazione, né contro la natura, come avviene con la violenza ma il carattere «è cosa simile alla natura», poiché tramite la ripetizione continua di comportamenti porta in noi alla luce delle caratteristiche naturali che possediamo in potenza, trasformandole in attuali abiti costanti, quasi in una «seconda natura», una natura acquisita.

Abitudine è anche sinonimo di consuetudine (ἔθος, èthos) o familiarità (synetheia) intesa come dimestichezza formatasi dopo ripetute abituali esperienze.

La condotta consuetudinaria e abituale di un individuo, secondo il suo carattere, genera quindi l'etica, un comportamento morale individuale ripetuto e costante.

In sociologia l'habitus è la condivisione di uno spazio sociale che permette di avere una medesima percezione delle pratiche sociali tra i componenti di una società. Aristotele lo chiamava hexis tradotto poi nel latino habitus. L'Habitus costituisce un "Sistema di disposizioni durabili e trasferibili, Strutture Strutturate, predisposte a funzionare come Strutture Strutturanti" per la maggior parte di natura inconscia. Pierre Bourdieu, per habitus, intende la chiave della riproduzione culturale, essendo strettamente collegato alla struttura di gruppo sociale (classe, fede religiosa, etnia, livello di istruzione, professione, e via dicendo), è in grado di generare comportamenti regolari che condizionano la vita sociale. Per lui, l'Habitus è il principio generatore e unificatore che ritraduce le caratteristiche intrinseche e relazionali di una posizione, in uno stile di vita unitario, ossia un insieme unitario di persone, beni e pratiche. Gli Habitus sono differenziati ma anche differenzianti. Sono, dunque, anche operatori di distinzione: mettono in atto principi di differenziazione differenti o utilizzano diversamente i principi di differenziazione comuni. Egli lo paragona a un programma auto-correggibile.

Lo stile personale, quel particolare stampo che marchia tutti i prodotti dello stesso habitus, sia nel comportamento sia nel lavoro, non è nulla di più di una deviazione rispetto allo stile di un determinato periodo o di una classe.

 

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14 dicembre 2022 3 14 /12 /dicembre /2022 07:55
Guillaume Musso, La ragazza di carta, Sperling&Kupfer

I romanzi di Guillaume Musso si presentano sempre come un miscuglio inestricabile di realtà e finzione, parte di essi sono costruiti usando materiali miscellanei come ad esempio false notizie di giornale attraverso le quali vengono presentati i suoi personaggi, come se fossero veri e vivessero nella realtà, salvo poi a scoprire che si tratta di artefatti letterari e viceversa.
Da questo punto di vista i suoi romanzi (io delle sue numerose opere già presenti in lingua italiana ne ho già lette quattro con questo), si presentano come dei veri e propri rompicapo oppure come un cubo di Rubik: soltanto alla fine il lettore assiduo potrà il vero bandolo della matassa, quello che consentirà di trovare una spiegazione logica all'artefatto che il lettore e i personaggi si sono trovati a sperimentare.
Allora tutto, per magia, si ricompone con una rivelazione finale: ad alcuni queste elaborate costruzioni potranno anche non piacere. Posso comprenderlo, perché quello che a me appare evidente è che, nell'autore, vi sia un deciso amore per la costruzione, più che per il contenuto.
Per questo stesso motivo, di rado vi è un unico personaggio principale, solitamente ve n'è più di uno e la narrazione si sposta continuamente dall'uno all'altro, talvolta per mostrare al lettore la stessa azione già narrata vista attraverso punti punti di osservazione differenti.
Ne "La ragazza di Carta" (nella traduzione di Laura Serra), edita nel 2013 da Sperling&Kupfer, addirittura, ci confrontiamo con uno scrittore di successo in crisi creativa a causa di problemi esistenziali che, improvvisamente si trova a doversi confrontare - prima con incredulità, poi con un coinvolgimento emozionale via via crescente - con uno dei suoi personaggi che sembra essere letteralmente scivolato fuori dalla pagina scritta, la "ragazza di carta" del titolo, appunto.
A me è piaciuto. C'è da dire che i romanzi di Musso sembrano far parte tutti di un'unica grande tessitura narrativa, che dà al lettore che vi si accosta la stessa impressione di un'enorme arazzo, affollato di personaggi e di storie. Quando si legge uno dei romanzi, ci si ritrova a guardare soltanto una parte dell'arazzo, ma tutto il resto rimane sulla sfondo e supporta con il suo ordito, la parte che stiamo esaminando. Poi, quando si passa ad un romanzo differente dello stesso Musso, l'impressione è che si rimane sempre dentro quell'arazzo, anche se in una sua porzione diversa.

 


(Quarta di copertina) In piena crisi di ispirazione, solo e senza un soldo, lo scrittore Tom Boyde non riesce a terminare il suo ultimo romanzo. Proprio quando tutto sembra perduto, nella sua vita entra Billie. Misteriosa e bellissima, compare all'improvviso in una notte di pioggia, con una storia incredibile da raccontare. Gli dice infatti di essere la protagonista del suo romanzo, caduta nel mondo reale da una frase che lui ha lasciato in sospeso. Se ora Tom non riprenderà a scrivere, lei morirà. Sembra assurdo, eppure... Eppure, Tom le crede. Perché è già follemente innamorato. Insieme Billie e Tom affronteranno un'avventura straordinaria, in cui nulla è ciò che sembra. E scopriranno che la vita, a volte, può essere un gioco pericoloso...

 

Guillaume Musso

L'autore. Guillaume Musso, romanziere francese. Figlio di una bibliotecaria da cui ha ereditato l’amore per i libri, scrive di notte, nei fine settimana oppure in treno, mentre si reca a Parigi dalla compagna.
Il suo romanzo d’esordio L’uomo che credeva di non avere più tempo (Sonzogno, 2005) è un bestseller internazionale, e altrettanto successo ha avuto La donna che non poteva essere qui (Sonzogno, 2006).
Ha pubblicato diversi altri romanzi, dei quali si citano: Chi ama torna sempre indietro (Sonzogno, 2007), Quando si ama non scende mai la notte (Rizzoli, 2008), La ragazza di carta (Sperling & Kupfer, 2011), Il richiamo dell'angelo (Sperling & Kupfer, 2012), Sette anni senza di te (Sperling & Kupfer, 2013), Aspettando domani (Sperling & Kupfer, 2014), Central Park (Bompiani, 2015), La ragazza di Brooklyn (La nave di Teseo, 2016), Un appartamento a Parigi (La nave di Teseo, 2017), L'istante presente (La nave di Teseo, 2019).

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11 dicembre 2022 7 11 /12 /dicembre /2022 11:40
AA, Decameron Project, NNE, 2021

A quanto pare, all'esordio della pandemia, una scrittrice, Rivka Galchen, (già pubblicata in traduzione italiana con due opere da Piemme e da Einaudi) si è rivolta al New York Times Magazine, con l'intenzione di consigliare ai lettori il Decameron di Boccaccio, per fornire loro uno strumento narrativo che fosse utile a superare le ristrettezze e le ansietà del primo lockdown. L'idea ha entusiasmato la redazione del New York Times Magazine, i cui redattori si sono chiesti: perché non creare un Decameron del XXI secolo con racconti originali, scritti durante la quarantena?
Ed è stato così che si è creato un movimento di richieste ad autori di tutto il mondo perché producessero, ciascuno, un racconto assolutamente inedito. Ed è così che è nata questa antologia contenente 29 racconti, provenienti un po' da tutti gli angoli del pianeta in una sorta di ecumene narrativa. Anche l'Italia vi è rappresentata con un racconto del nostro Paolo Giordano: si tratta di Decameron Project. Ventinove nuovi racconti della pandemia selezionati dagli editor del New York Times Magazine, pubblicato nel 2021 da NNE Editore.
É un'opera che non sfiora, ovviamente, la complessità e l'imponenza di quella di Boccaccio, ma che contiene voci e testimonianze corali relativamente all'impegno mentale ed emozionale indotto dalla pandemia e dalle sue sfide. Non c’è dubbio che i racconti più belli siano quelli in cui non si parla esplicitamente della pandemia, ma dove la si indovina soltanto nella filigrana nella trama narrativa.
Ognuno leggendo questa antologia troverà i suoi racconti preferiti, ma avrà anche modo - come succede con tutte le opere collettive - di conoscere autori di cui mai prima aveva sentito parlare, benché magari fossero già tradotti nella propria lingua.
La mia lettura si è sviluppata nell'arco di tre mesi (dal giugno al settembre 2022), quindi con un ritmo di circa due-tre racconti a settimana.
Comunque lo si voglia giudicare, questo libro rimarrà come un documento vivo e palpitante sui tempi della pandemia. E di ciò si parla ampiamente in un capitolo finale che fa da epilogo al testo.

 

(Risguardo di copertina) Questo libro è per il tempo, che non si è fermato nel 2020: è stato raccontato, si è fatto memoria e sogno, e ha ripreso a scorrere.
Quando la pandemia di Covid-19 è scoppiata, sembrava impossibile da raccontare. Come tradurre, in parole che non fossero pura cronaca, l'angoscia e il senso di impotenza, la paura e il dolore del mondo intero? Eppure, era già accaduto in passato: lo aveva fatto Giovanni Boccaccio nel Decameron, una raccolta di novelle scritte durante l'epidemia di peste che nel Trecento aveva colpito tutta l'Europa. Quasi settecento anni dopo, nel marzo 2020 gli editor del New York Times Magazine hanno raccolto quell'eredità e lanciato il Decameron Project, e grandi autori come Margaret Atwood, Edwidge Danticat, Charles Yu, Paolo Giordano, Liz Moore e Yiyun Li hanno deciso di mandare le loro parole oltre i confini delle proprie case, oltre lo specchio del proprio mondo. Le loro storie non parlano della pandemia, ma ne sono intrise; non spiegano, ma evocano con accenti, stili, lingue diverse le convivenze forzate e le solitudini, le piccole allegrie e le grandi nostalgie, le città improvvisamente spente e le strade che diventano miraggi di libertà. Sono testimonianze di un tempo straordinario, lo sguardo di un'umanità unita dagli stessi pensieri e sentimenti, in grado di costruire una memoria comune e una comune visione del domani.
"Questo libro è per il tempo, che non si è fermato nel 2020: è stato raccontato, si è fatto memoria e sogno, e ha ripreso a scorrere".

 

Hanno detto:
«In queste ventinove scene c'è tutto ciò che proviamo. Ci sono lo sconcerto, l'incredulità, la solitudine, il timore che chi ci circonda e persino i nostri cari si facciano veicolo del contagio, lo sguardo da nostalgici voyeur alle nostre vite "di prima" e alle vie degli altri che ci paiono, persino ora, più desiderabili e perfette grazie al filtro Gingham di Instagram. Ma c'è pure qualcos'altro, che solo l'arte ci regala. Il distacco dalla cronaca minuta, unico orizzonte rimasto alle nostre giornate, e il vero esercizio di guardarsi dentro» - Lara Crinò, Robinson
«I racconti, presi nel loro insieme, trasmettono una strana sensazione rassicurante, che si potrebbe sintetizzare così: qualunque cosa io stia passando in questa pandemia, mi trovo nella stessa situazione di tutti gli altri abitanti della Terra. Forse perché si fonda su una sorta di salto empatico la narrativa può ottenere questo effetto in un modo che è precluso al giornalismo» - Kevin Power, Irish Independent

 


Racconti di: Margaret Atwood, Mona Awad, Matthew Baker, Mia Couto, Edwidge Danticat, Esi Edugyan, Julián Fuks, Paolo Giordano, Uzodinma Iweala, Etgar Keret, Rachel Kushner, Laila Lalami, Victor LaValle, Yiyun Li, Dinaw Mengestu, David Mitchell, Liz Moore, Dina Nayeri, Téa Obreht, Andrew O'Hagan, Tommy Orange, Karen Russell, Kamila Shamsie, Leïla Slimani, Rivers Solomon, Colm Tóibín, John Wray, Charles Yu, Alejandro Zambra
Traduzioni di: Ada Arduino, Chiara Baffa, Katia Bagnoli, Stefano Bortolussi, Guido Calza, Giuseppina Cavallo, Gaja Cenciarelli, Fabio Cremonesi, Serena Daniele, Velia February, Giovanna Granato, Gioia Guerzoni, Maria Nicola, Laura Noulian, Silvia Rota Sperti, Alessandra Scomponi, Sara Sullam.

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8 dicembre 2022 4 08 /12 /dicembre /2022 09:07
L'inizio della lettura di Pelle di Foca (selfie di Maurizio Crispi)

Pelle di foca (titolo originale: Sealskin, nella traduzione di S. Castoldi) di Su Bristow e pubblicato Edizioni e/o, nel 2019, è un romanzo fondato su un'antica e radicata leggenda scozzese e ne possiede intatta l'ossatura (si veda in calce al post). 
Secondo la versione più comune di tale leggenda, le selkie una volta all'anno, in occasione della luna piena, questi esseri fantastici possono dismettere la loro pelle di foca per danzare nude nella luce della luna. Ed è in questa condizione che possono essere catturate da un uomo, poiché private della pelle di foca non possono mettersi in salvo in mare. 
Se una selkie in forma umana si attarda rispetto alle altre può essere sedotta da un umano e a quel punto rimarrà con lui e gli darà dei figli, rimanendo tuttavia con la segreta nostalgia per il mare perduto sepolta in fondo al suo cuore.
Le selkie in forma umana acquisiscono rapidamente tutte le competenze per vivere tra gli umani, ma nello stesso tempo conservano delle qualità che attengono alla loro vera natura, come ad esempio una speciale capacità empatica o quella anche di produrre delle guarigioni con il tocco della propria mano.
Se dovessero ritrovare la pelle perduta e tornare in mare, però sarebbe a loro preclusa di tornare a terra, dismettendo di nuovo la propria pelle.
Questa è, in sostanza, la storia che la brava scrittrice sviluppa nel proprio romanzo. Donald, pescatore di un piccolo villaggio della Scozia, irretisce una selkie e la porta con sé, dopo aver nascosto la sua pelle di foca. 
Mairhi (assumerà questo nome) viene accolta dalla comunità che rimane ignara della sua natura, impara tutte le consuetudini umane, apprende il linguaggio, acquisisce delle competenze, genera due figli. 
C'è tutta la storia di una piccola comunità chiusa e della rete di relazioni che si intersecano, mentre un individuo "altro" viene progressivamente accolto, con il superamento di sospetti e di pregiudizi.
Sarà una vita felice quella di Mairhi e di Donald, anche se lui e la madre saranno sempre oberati dal senso di colpa per non aver dato a Mairhi alcuna possibilità di scelta tra il rimanere umana e il tornare ad essere foca. E tutto questo sino ad un inaspettato finale che è in fondo una forma di emendamento rispetto alla colpa originaria.
E' stata decisamente una bella lettura e mi sento di consigliarla.
Una lettura lenta che ho assaporato nel corso dei mesi.

 

Questo romanzo è il centesimo libro letto per intero nel corso del 2022



(Risguardo di copertina) Questa commovente storia d’amore è ispirata a una tradizionale leggenda scozzese. Donald, un giovane pescatore, si ritrova una notte di colpo sconvolto quando si imbatte in un gruppo di donne dall’aspetto esotico che danzano sulla spiaggia illuminate dalla luce della luna. Si tratta delle selkies, delle foche che una volta l’anno abbandonano la loro pelle animale e diventano umane per poche ore. Sopraffatto dalla loro bellezza e dall’incantesimo, Donald ne rapisce una di nome Mairhi: sarà una decisione che determinerà il suo futuro. Dopo essere tornato a casa nel suo piccolo villaggio scozzese, dovrà assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto. Naturalmente l’accoglienza da parte del villaggio di pescatori non sarà semplice e i due innamorati dovranno affrontare molti ostacoli e insidie, mentre lei, pur innamorata di Donald, continuerà a sentire fortissimo il richiamo del mare. Un romanzo che cattura dall’inizio alla fine, una favola senza tempo che ci parla della responsabilità dell’amore e della forza interiore necessaria per redimersi dagli errori.
 

 

Hanno detto
«Il talento dell'autrice sta nella delicatezza di fare della leggenda un canto universale» - Tuttolibri
«Questo romanzo mostra che il cambiamento e la crescita sono possibili, anche ai margini della società
» - Internazionale
«Il romanzo dell’autrice – basato su un amatissimo rito scozzese – va oltre la semplice narrazione fantastica, supera i potenti messaggi della favolistica: l’accettazione del diverso, la forza dei legami familiari, della comunità, della redenzione» - La Lettura

 

Su Bristow

L'autrice. Su Bristow ha vinto l’Exeter Novel Prize per Pelle di foca nel 2013, poi pubblicato in Italia da E/O nel 2019. È un’esperta di medicina erboristica e autrice anche di libri di saggistica e racconti.

 

selkie

(da wikipedia) In Celtic and Norse mythology, selkies (also spelled silkies, sylkies, selchies) or selkie folk (Scots: selkie fowk) meaning 'seal folk'[a] are mythological beings capable of therianthropy, changing from seal to human form by shedding their skin. They are found in folktales and mythology originating from the Northern Isles of Scotland.
The folktales frequently revolve around female selkies being coerced into relationships with humans by someone stealing and hiding their sealskin, thus exhibiting the tale motif of the swan maiden type.
There are counterparts in Faroese and Icelandic folklore that speak of seal-women and seal-skin.
The Scots language word selkie is diminutive for selch which strictly speaking means 'grey seal' (Halichoerus grypus). Alternate spellings for the diminutive include: selky, seilkie, sejlki, silkie, silkey, saelkie, sylkie.
A typical folk-tale is that of a man who steals a female selkie's skin, finds her naked on the sea shore, and compels her to become his wife. But the wife will spend her time in captivity longing for the sea, her true home, and will often be seen gazing longingly at the ocean. She may bear several children by her human husband, but once she discovers her skin, she will immediately return to the sea and abandon the children she loved. Sometimes, one of her children discovers or knows the whereabouts of the skin. Sometimes it is revealed she already had a first husband of her own kind. Although in some children's story versions, the selkie revisits her family on land once a year, in the typical folktale she is never seen again by them. In one version, the selkie wife was never seen again (at least in human form) by the family, but the children would witness a large seal approach them and "greet" them plaintively.

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5 dicembre 2022 1 05 /12 /dicembre /2022 10:34
Selfie multiplo

Ho sognato che partecipavo ad un piccolo banchetto in onore della Regina Elisabetta
Di questo consesso io ero l’animatore indiscusso
Ero il narratore di cunti
Ero il comico scoppiettante
Ero il trasformista, alla maniera di Ridolini
Ero l’escapista come il mitico Houdini
Ero il Giullare,
il Jolly sardonico
ed anche il Jack-in-the-box
Ero istrionico e scoppiettante 
Infrangevo spesso l’etichetta,
suscitando sovente imbarazzo nei compunti servitori,
ma sovente ilarità nei commensali
che attorniavano il tavolo per accorrere ad ogni piccola esigenza di ciascuno dei commensali
Per esempio, facevo spesso cadere i calici dell’acqua e del vino, rovesciandone il contenuto sulla fine tovaglia
Ero seduto a capotavola, anche in ciò in contrasto con l’etichetta
La Regina, invece, era stata fatta accomodare, al centro di uno dei lati lunghi,
attorniata da pomposi personaggi, forse i suoi dignitari
Raccontavo storie e cercavo di catturare l’attenzione della Regina
A volte ci riuscivo, altre no
Barcollavo, ma non mollavo
Non demordevo
Tiravo fuori sempre nuovo argomenti con caleidoscopica foga
Gesticolavo con altrettanta foga
Cos' facendo, rovesciavo i calici dell’acqua e del vino
Infine, riuscivo a catturare la totale attenzione di Sua Maestà,
quando soddisfacevo una mia curiosità a lungo covata,
ponendole la domanda se avesse mai letto “La sovrana lettrice” di Alan Bennett,
un romanzo breve in cui entra in scena lei stessa
nei panni d’una curiosa e ironica lettrice
La regina fa un sobrio cenno della testa, come a dire Sì,
ma il suo sguardo è sorridente e compiaciuto
Io allora comincio a raccontare la trama di quel piccolo romanzo, ma faccio confusione
Non la ricordo più tanto bene
Mi sfuggono molti dettagli
Mi impappino e tartaglio
Devo infrusare e addobbare
Ma ciò nondimeno la Regina è più che soddisfatta e contenta
ch'io abbia ricordato al consesso quest’opera
Mi guarda adesso con interesse e attenzione, ed anche con simpatia,
mi par di capire
C’è qualcosa che brilla nel fondo dei suoi occhi
Non temo questa Regina
Non é una folle isterica come la Rossa Regina di Cuori di Alice 
Con questa Regina si può parlare e dialogare
Penso che potrei diventare il suo narrator di cunti preferito

 

E poi non ricordo altro
Mi sono svegliato 
ed ero nel mio letto
giù nel Kansas, 
proprio lì a Kansas City!

 

————————————
 

La regina di cuori, in una recente versione cinematografica

La Regina diventò di porpora per la rabbia e, dopo di averla fissata selvaggiamente come una bestia feroce, gridò: – Tagliatele la testa, subito!…
– Siete matta! – rispose Alice a voce alta e con fermezza; e la Regina tacque.
Il Re mise la mano sul braccio della Regina, e disse timidamente: – Rifletti, cara mia, è una
bambina

Alan Bennett, La sovrana lettrice, Adelphi

Alan Bennett, La sovrana lettrice (nella traduzione di Monica Pavani), Adelphi, 2007

 

(Nota di copertina) A una cena ufficiale, circostanza che generalmente non si presta a un disinvolto scambio di idee, la regina d'Inghilterra chiede al presidente francese se ha mai letto Jean Genet. Ora, se il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole arrischia una domanda del genere, qualcosa deve essere successo. Qualcosa in effetti è successo, qualcosa di semplice, ma dalle conseguenze incalcolabili: per un puro accidente, la sovrana ha scoperto la lettura di quegli oggetti strani che sono i libri, non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus a chiunque incontri sul suo cammino. Con quali effetti sul suo entourage, sui suoi sudditi, sui servizi di security e soprattutto sui suoi lettori lo scoprirà solo chi arriverà all'ultima pagina, anzi all'ultima riga.

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29 novembre 2022 2 29 /11 /novembre /2022 08:36
L'isola delle anime, 2019

La lettura di L'isola delle anime scritto da Johanna Holmström autrice finlandese di madre lingua svedese (nella traduzione di Valeria Gorla) e pubblicato da Neri Pozza, (2019) è stata lenta e laboriosa, a piccoli passi, un capitolo per volta,, ma meritevole di esser fatta. E direi anche istruttiva.
Ho finito di leggerlo qualche tempo fa, ma me ne sono ricordato perché ho fatto dei parallelismi con un romanzo che sto leggendo proprio in questi giorni che è "Il Ballo delle pazze"  della francese Victoria Mas (Edizioni e/o), che è ambientato nella Salpetrière, il grande manicomio parigino che fu lo scenario delle straordinarie teorie e performance ipnotiche del grande Jean-Martin Charcot.
In entrambi i romanzi (con personaggi fiction ma fondati su fatti veri, maggiormente quelli de "L'isola delle anime") si parla del grande internamento manicomiale e dei suoi effetti.
L'internamento manicomiale, per alcuni versi, sin dai primordi ha riguardato prevalentemente le donne, quelle che non si allineavano, quelle che mostravano interessi specifici ritenuti non adeguati alla condizione femminile, quelle che mostravano di voler percorrere vie diverse da quelle tracciate dagli uomini, ma anche le donne che si prostituivano e che davano, per così dire, spettacolo, per non parlare di quelle che si rendevano colpevoli di crimini, alcuni dei quali scaturivano anch'essi da una condizione femminile, vessata e condannata a non poter allungare mai lo sguardo oltre l'orizzonte visibile.
Qui . l'autrice ripercorre - a partire da documenti originali e da epistolari che sono entrati nella struttura di un saggio di una Jutta Ahalbeck-Rehn sulla storia dell'ospedale per malate di mente di Själö dal 1889 al 1944, nato in una sperduta isoletta della Finlandia, attraverso decenni, dalla fine dell'Ottocento (la narrazione parte nel 1891) sino alla chiusura della struttura.

Scrive l'autrice rivolgendosi alla Jutta, autrice di quel saggio: "Senza il tuo studio sulle donne di Själö questo libro non esisterebbe. Il tuo accurato lavoro d'archivio, il tuo incessante scavo e l'instancabile ricerca unite ad un atteggiamento di empatia nei confronti di ciò che hai trovato sono un esempio di quando la ricerca supera il confine della scienza pura e distaccata e si trasforma in conoscenza di ciò che significa essere persone. Grazie per il tuo magico testo. Grazie per aver trovato queste donne e averle affidate alle mie cure" (ib., p. 363, Ringraziamenti dell'autrice).

I personaggi tutti femminili (all'infuori del medico che negli anni ha in carico l'intero presidio e che decide della vita e della durata dell'internamento) che l'autrice tratteggia con delicatezza e verosimiglianza sono sia le degenti/pazienti/recluse sia il personale di sorveglianza e di "cura" tutto femminile. Siamo di fronte nell'un caso e nell'altro ad un unico dolente internamento, ad unica reclusione a vita.
La storia scorre al di fuori, le stagioni si succedono, ma sull'isola che è appunto "l'isola delle anime" del titolo nulla cambia, tutto si ripete immutabile secondo uno schema fisso e del mondo all'esterno, dei grandi accadimenti storici che vi si susseguono giungono soltanto deboli barbagli.
E' facile entrarvi ed essere internate (il più delle volte per decisione di altri), ma uscirne è una cosa complicatissima, praticamente irrealizzabile, salvo che non si verifichino alcune fortunate circostanze tali da sancire per alcune il ritorno nel mondo.


(Risguardi di copertina) Finlandia, 1891. Una notte, ai primi di ottobre, una barchetta scivola sull’acqua nera del fiume Aura. A bordo, Kristina, una giovane contadina, rema controcorrente per riportare a casa i suoi due bambini raggomitolati sul fondo dell’imbarcazione. Le mani dolenti e le labbra imperlate di sudore, rientra a casa stanchissima e si addormenta in fretta. Solo il giorno dopo arriva, terribile e impietosa, la consapevolezza del crimine commesso: durante il tragitto ha calato nell’acqua densa e scura i suoi due piccoli, come fossero zavorra di cui liberarsi. La giovane donna viene mandata su un’isoletta al limite estremo dell’arcipelago, dove si erge un edificio, un blocco in stile liberty con lo steccato che corre tutt’attorno e gli spessi muri di pietra che trasudano freddo. È Själö, un manicomio per donne ritenute incurabili. Un luogo di reclusione da cui in poche se ne vanno, dopo esservi entrate. Dopo quarant’anni l’edificio è ancora lì ad accogliere altre donne «incurabili»: Martha, Karin, Gretel e Olga. Sfilano davanti agli occhi di Sigrid, l’infermiera, la «nuova». I capelli cadono intorno ai piedi in lunghi festoni e poi vengono spazzati via, si apre la cartella clinica della paziente, ma non c’è alcuna cura, solo la custodia. Un giorno arriva Elli, una giovane donna che, con la sua imprevedibilità, porta scompiglio tra le mura di Själö. Nella casa di correzione dove era stata rinchiusa in seguito alla condanna per furti ripetuti, vagabondaggio, offesa al pudore, violenza, rapina, minacce e possesso di arma da taglio, aveva aggredito le altre detenute senza preavviso. Mordeva, hanno detto, e graffiava. L’infermiera Sigrid diventa il legame tra Kristina ed Elli, tra il vecchio e il nuovo. Ma, fuori dalle mura di Själö la guerra infuria in Europa e presto toccherà le coste dell’isola di Åbo.
Magnifico romanzo che muove da un luogo realmente esistito, L’isola delle anime è una commovente storia sul prezzo che le donne devono pagare per la loro libertà. Un inno alla solidarietà, all’amore e alla speranza.
Potente ed evocativo, un romanzo sulla follia, la colpa e la redenzione.

 

Hanno detto (quarta di copertina)
«Ecco come si scrive un vero romanzo. L'equilibrio tra luce e ombre rende L'isola delle anime un romanzo perfetto in tutti i suoi aspetti» - Svenska Dagbladet
«Questo è sicuramente uno dei romanzi da leggere quest'anno» - Vasabladet

 

Johanna Holmström

L'autrice. Johanna Holmström, è nata nel 1981 e cresciuta a Sibbo sulla costa meridionale della Finlandia di lingua svedese. Dal suo debutto a 22 anni, ha vinto il premio letterario Svenska Dagbladet e il premio letterario svedese YLE. Nel 2019 esce L'isola delle anime (Neri Pozza).

Sjalo - The Island of Souls

Sull'ospedale dell'isola di Sjalo è stato realizzato nel 2020 anche un documentario che, immersivo e onirico, esplora la storia e il presente dell’isola baltica Själö “l’isola delle anime”.
Nel 1619, il re Gustavo Adolfo, che trasformò la Svezia in un impero, ordinò la costruzione di un ospedale per i lebbrosi sull’isola. Negli anni successivi, gli anziani, i disabili e i malati incurabili finirono in questo ospedale che, sempre di più, divenne un posto per le donne con problemi mentali – quelle “senza lo spirito di Dio”, come citano i documenti dell’epoca. Nel 1755, l’ospedale fu definitivamente trasformato in un manicomio fino al 1962. Oggi l’ospedale ospita il Centro di ricerca ambientale dell’Università di Turku. In un’estetica sommessa e molto nordica, il regista lascia parlare il vuoto.

 

Il film lo si trova su Netflix

Victoria Mas, Il Ballo delle pazze, Edizioni e/o

Nel 2019, la casa editrice e/o ha pubblicato in traduzione Il ballo delle pazze di Victoria Mas, che in Francia - sempre in quell'anno era stato un vero "caso" letterario.

(Risguardo di copertina) Fine Ottocento. Nel famoso ospedale psichiatrico della Salpêtrière, diretto dall'illustre dottor Charcot (uno dei maestri di Freud), prende piede uno strano esperimento: un ballo in maschera dove la Parigi-bene può "incontrare" e vedere le pazienti del manicomio al suono dei valzer e delle polka. Parigi, 1885. A fine Ottocento l'ospedale della Salpêtrière è né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate "isteriche" e curate con l'ipnosi dall'illustre dottor Charcot, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l'esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. Alla Salpêtrière si entra e non si esce. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene. Alla Salpêtrière si incontrano: Louise, adolescente figlia del popolo, finita lì in seguito a terribili vicissitudini che hanno sconvolto la sua giovane vita; Eugénie, signorina di buona famiglia allontanata dai suoi perché troppo bizzarra e anticonformista; Geneviève, la capoinfermiera rigida e severa, convinta della superiorità della scienza su tutto. E poi c'è Thérèse, la decana delle internate, molto più saggia che pazza, una specie di madre per le più giovani. Benché molto diverse, tutte hanno chiara una cosa: la loro sorte è stata decisa dagli uomini, dallo strapotere che gli uomini hanno sulle donne. A sconvolgere e trasformare la loro vita sarà il "ballo delle pazze", ossia il ballo mascherato che si tiene ogni anno alla Salpêtrière e a cui viene invitata la crème di Parigi. In quell'occasione, mascherarsi farà cadere le maschere...

 

Hanno detto

«Con questo ballo in cui le "pazze" sembrano le uniche in grado di sentire davvero Victoria Mas consegna al lettore un romanzo intenso e fiero, che obbliga a spostare i limiti tra normalità e follia e insieme a riconsiderare quanto caro, nel corso della storia, è stato il prezzo pagato dalle donne per essere legittimate a esistere» - Andrea Marcolongo, Tuttolibri

«La casa editrice E/O pubblica quello che è stato il caso letterario del 2019 in Francia, Il ballo delle pazze di Victoria Mas, giovane autrice dalla bellezza molto francese al suo esordio nel romanzo, dopo aver lavorato nella scrittura per il cinema» - Eleonora Barbieri, il Giornale

«Ciascuna delle protagoniste per sopravvivere, nel manicomio, si aggrappa alle proprie convinzioni, anche se sono verità dolorose e difficili da condividere. Ma nella serata surreale del ballo in maschera, quando follia e razionalità sembrano non avere più confini, tutto può diventare finalmente possibile» - Patrizia Violi, Corriere della Sera

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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