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1 ottobre 2022 6 01 /10 /ottobre /2022 08:18
Luigi Nacci, Non mancherò la strada

Bruce Chatwin in "Anatomia dell’irrequietezza" scrive: “Danzare è andare in pellegrinaggio”. 
Leggendo "Storia del camminare" di Rebecca Solnit ho imparato che l’espressione cinese per “andare in pellegrinaggio” significa: rendere omaggio alla montagna. 
Ecco, danzare e rendere omaggio stanno al centro della viandanza. È una parola bellissima che tanti anni fa mi sono ritrovato in bocca. Ho iniziato a usarla e ho notato che subito si installava in altre bocche, al punto che oggi è diventata quasi di uso comune. 
È successo, credo, perché è una parola eufonica e solare: tiene assieme l’immagine del viandante che danza sulla via e quella della via che si fa danza, una grande festa, un tripudio di umanità e natura…
(da Luigi Nacci, da Non mancherò la strada. Che cosa può insegnarci il cammino, Laterza, 2022)
Luigi Nacci, originale cantore della 'viandanza', della vita come cammino, si interroga in quest'opera sul valore che ha in questi tempi concitati e iperconnessi la pratica ancestrale e stravolgente del viaggio a piedi.
«Ci sono estati chiuse come scatole, sigillate. Sono estati che trascorri in una stanza, in ufficio, o su un letto d'ospedale, in una cella, in uno spazio delimitato da pareti che ti sono ostili. A volte è il lavoro che ti costringe alla clausura, altre volte la malattia, tua o di un tuo caro, oppure la necessità di concentrarti per originare un'opera, o è la depressione che ti impedisce di uscire. Sei rinchiuso in un buio che non se ne va nemmeno quando spalanchi le finestre. Sei al centro della stanza ma è come se non ci fossi. Capitano estati così. È da quel buio che nasce il desiderio incontenibile del cammino. Non è desiderio di andare in ferie dopo un anno di lavoro. Chi è al centro del buio non ha bisogno di ferie, non sa che farsene. Né di spiagge, di hotel, di baite, di centri storici, di musei. Chi sta in quel buio vuole di più. Vuole solamente una cosa: il cammino».

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21 settembre 2022 3 21 /09 /settembre /2022 18:12
Paul Theroux, Luce accecante, Baldini & Castoldi

Il viaggio a volte può essere metafora per esprimere altro, e soprattutto finisce con il diventare un'avventura interiore dentro se stessi.
Il viaggio nello stesso tempo, quando una precedente esperienza è stata masticata e digerita, divenendo perfino - in alcuni casi oggetto di una narrazione bestselling - si trasforma in oggetto commercializzato, svuotato di qualsiasi valenza interiore. Quando ciò si verifica, occorre ricreare le condizioni per una "rinascita" e per una rifondazione del Sé.
Ed ancora, se il viaggio in un luogo non solo distante ed esotico, ma anche in un certo senso "esoterico" porta l'individuo a scoprire una vena visionaria e profetica, ecco che allora si verificano le premesse per un totale rivoluzionamento della precedente condizione di appiattimento e di schiaccianti sensazioni di inutilità. L'esperienza del viaggio, secondo queste premesse, diventa anche, il preambolo di un'esperienza sciamanica, assumendo che lo sciamano è colui che, con la facilitazione dell'uso di certe sostanze psicoattive che aprono la mente oppure attraverso l'immersione in una qualsivoglia malattia grave o nella follia ha compiuto un viaggio di andata verso i territori sconosciuti e spaventosi dell'impensabile e dell'indicibile e ne ha fatto ritorno, divenendo a pieno titolo colui che, avendo visto la natura profonda delle cose, può fregiarsi della qualifica di "psiconauta" e di guida di coloro che versano in analoghe difficoltà e che, per questo motivo, ha la facoltà di porsi come guida nei confronti di chi è sofferente, conducendolo senza edulcorazioni alla trama di verità delle cose.
Se poi a questi aspetti taumaturgici si aggiunge la cecità che è anche il dono di una visione al di là di Maya, cioè del velo ingannevole con cui la realtà si presenta, il gioco è fatto. Molti dei grandi profeti, molti aedi e poeti, molti sapienti e indovini (vedi ad esempio il caso del vecchio Tiresia) erano ciechi, privati della vista come senso: ma questa loro mancanza si tramutava nel dono della chiaroveggenza e del veder profetico, del poter vedere "oltre" le apparenze. Tutte queste riflessioni si traggono dalla lettura di uno dei romanzi di Paul Theroux, scrittore canadese-statunitense, autore sia di romanzi fiction sia di resoconti di viaggio (tra di questi possiamo ricordare un "ritorno in Patagonia" scritto assieme al grandissimo Bruce Chatwin, l'ultimo dei viaggiatori inglesi del Novecento).

Il protagonista di Luce Accecante (titolo originale inglese Blinding Light, nella traduzione di Fenisia Gianini Jacono), pubblicato da Baldini&Castoldi Dalai nel 2007, Slade Steadman, è stato l'autore di uno dei più popolari libri di viaggio del mondo.  Il suo libro che contiene la descrizione di un viaggio attorno al mondo senza passaporto, violando tutte le frontiere, con il racconto dettagliato di tutte le peripezie e degli stratagemmi messi in opera di volta in volta, è diventato un cult, generando una serie televisiva, nonché un merchandising che ha messo in commercio una linea di abbigliamento e di accessori da viaggi "avventurosi" sulle orme di Steadman (ma in realtà pseudo-avventurosi),  nonché un vero e proprio modello, ineliminabile e non ignorabile, per viaggiatori agiati, alla ricerca d'una parvenza di brivido rispetto alla vita ordinaria.
Da tempo Slade, annichilito dal suo stesso successo, non ha più nulla da dire al mondo, essendo divenuto vittima proprio di quel successo planetario, irrimediabilmente schiacciato e svuotato di ispirazione. Si è ritirato di fatto, in una lussuosa residenza nell'esclusiva Martha's Vineyard, vivendo dei proventi delle royalty che gli arrivano giorno dopo giorno.
Vorrebbe scrivere ancora, ma l'ispirazione lo ha abbandonato. 
Per recuperare verve creativa e per rimettersi in gioco rispetto alla piatta routine in cui si sente confinato, decide di intraprendere - assieme alla compagna Ava, dalla quale è in procinto di separarsi a causa della fine di ogni guizzo anche soltanto sessuale nella loro relazione - un viaggio avventuroso (per quanto edulcorato) nella più remota provincia orientale della giungla ecuadoregna (per ironia, un vero e proprio viaggio alla "Slade", circondato da viaggiatori che vestono il suo marchio e che pensano "Slade"). Al culmine di esso, l'incontro con gli sciamani del luogo - benché in un contesto di squallore per nulla idealizzante (tutto l'opposto della narrazione di Carlos Castaneda - si vedano "A scuola dello stregone" e i successivi volumi), e la sperimentazione di un preparato ottenuto da una rara erba allucinogena (una varietà di Datura), cambieranno la sua vita.
L'assunzione della droga, infatti, sin dall'inizio provoca in lui una cecità temporanea: mentre Slade è in questo stato sperimenta una condizione estatico-visionaria che gli permette di attingere ai suoi ricordi con particolare vividezza, ma nello stesso di vedere dentro le persone che lo circondano e che spiazza, mettendoli a nudo con foga impietosa e senza sconti per nessuno, con affermazioni dissacranti e disvelanti sulle loro intime debolezze e paure. Questa capacità di vedere dentro di sé e di leggere l'animo altrui, lo rimette in condizione di riprendere a scrivere nuove pagine, cosa che al suo ritorno fa con regolarità e costanza, assumendo giornalmente dosi della sua droga e vivendo in questa condizione di cecità ispirata e visionaria: Ava da cui era prima del viaggio in procinto di separarsi diventa la sua segretaria e scrivana.
Infatti, essendo chimicamente cieco per la maggior parte del tempo, in realtà più che scrivere il nuovo libro, lo va dettando giorno dopo giorno alla sua compagna, assieme alla quale recupera un'intesa sessuale con una potenza mai sperimentata prima, rimettendo in scena in versione fortemente erotiche sue esperienze fantasticate in epoche passate della sua vita. Di notte, Ava diventa la reincarnazione delle fantasie sessuali che ha evocato durante il giorno nello stato di cecità.
Steadman, durante questa fase, viene anche accolto con particolare deferenza nell'entourage esclusivo del Presidente degli Stati Uniti, dell'epoca (Clinton), impelagato in una rete di menzogne attorno ai noti atti sessuali compiuti con la stagista.
Alla fine, Steadman partorisce il suo nuovo libro che battezzerà "Il Libro delle Rivelazioni", di cui viene decretato immediatamente il successo enorme di critica e di pubblico, sulla scorta del quale egli parte per un giro di promozioni con tappe in alcune delle principali città degli Stati Uniti, mantenendo la menzogna della sua cecità (acquisita chimicamente, ma mai dichiarata in quanto tale): la sua versione ufficiale è che sia diventato cieco, ma che nella sua cecità egli abbia ricevuto il dono della visionarietà. La sua cecità è un bluff e parte del suo successo si fonda ora sul suo carisma visionario, poiché pur essendo cieco e incapace di vedere, in realtà vede in profondità con uno sguardo che trapassa tutti i segreti individuali, quelli più gelosamente custoditi. E, tra l'altro, con sprezzo utilizza questo enorme potere di vedere dietro le apparenze per ferire e dominare gli altri che lo circondando, pendendo dalle sue labbra, pronti ad essere fustigati ed umiliati dalle sue parole e dalle sue sentenze apodittiche.
Steadman è divenuto "colui che sa" e "colui che vede", proprio perché é cieco (chimicamente).
Ma, ad un certo punto, si ritrova cieco per davvero: quando ll tour promozionale è quasi agli sgoccioli, egli si accorge traumaticamente che la cecità persiste, anche quando gli effetti chimici della Datura dovrebbero essere cessati. E, a quel punto, si ritrova ad essere vulnerabile, sperimentando la fine di quella inebriante onnipotenza e, soprattutto, della sua protervia e del suo atteggiamento di fustigatore delle debolezze e delle menzogne altrui, egli stesso vittima della sua propria menzogna.
Dovrà intraprendere un percorso per ritornare indietro e per disfare gli effetti negativi del suo abuso, umiliandosi e ridimensionandosi.
Luce Accecante è un meta-romanzo sullo stallo esistenziale e sulla resurrezione di un autore in crisi creativa e d'identità, ma al prezzo d'una menzogna.
Il mio parere di lettore é che Steadman sia davvero insopportabile: forse per questo ho letto il romanzo a fatica, prendendomi numerose pause.
Ma è interessante: pienamente calzante con il tema della "La follia nell'arte", trattato in un recente volume.


(Dal risguardo di copertina) Il protagonista del libro è l'autore di uno dei più popolari libri di viaggio del mondo, ma per più di trent'anni ha lottato contro il suo stesso successo, alla ricerca di un equilibrio difficile da trovare. Un viaggio lungo un fiume di una remota provincia nell'est dell'Ecuador gli concede però la possibilità di incontrare quel che gli mancava e di sperimentare una droga miracolosa che induce temporanea cecità. Al suo rientro negli Stati Uniti, ringiovanito e pieno di idee, l'uomo riesce non solo a scrivere e ricordare ma anche, aiutato da una sovrannaturale capacità di premonizione, a vivere contemporaneamente in due dimensioni. Paul Theroux si confronta con i fantasmi dello scrittore (la paura della pagina bianca e il senso di inadeguatezza), e consegna al lettore un meta-romanzo sulla crisi e la resurrezione di un autore in crisi d'identità.

 

Paul Theroux

L'autore. Paul Theroux nasce a Medford, nel Massachusetts, nel 1941 è il terzogenito dei sette figli di Albert Eugene Theroux, un rappresentante di una ditta manifatturiera del cuoio franco-canadese, e di Anne Dittami, un'insegnante di grammatica statunitense di origini italiane. Consegue la laurea in scrittura creativa presso l'Università del Maine, per poi specializzarsi presso le Università di Syracuse e Urbino.

Ha pubblicato il suo primo romanzo, Waldo, nel 1967. Dopo aver terminato l'università ha vissuto 5 anni in Africa, luogo che ha ispirato i suoi successivi lavori: Fong and the Indians, Girls at play e Jungle lovers. Nel continente africano insegna e prende parte a missioni umanitarie.

Ha successivamente insegnato all'Università di Singapore prima di stabilirsi in Inghilterra.

Il suo romanzo più conosciuto è sicuramente The Great Railway Bazaar - by train through Asia, pubblicato nel 1975. Con The Mosquito Coast ha vinto il James Tait Black Memorial Prize per la narrativa nel 1981; dal romanzo, cinque anni dopo, è stato tratto l'omonimo film (con Harrison Ford).

In Italia i suoi libri sono stati pubblicati da Baldini Castoldi Dalai (Hotel Honolulu, Ultimo treno della Patagonia, O-Zone, Gallo di Ferro. In treno attraverso la Cina, Mosquito Coast, Ultimi giorni a Hong Kong, Dark Star Safari), Mondadori (Costa delle zanzare) e Frassinelli (Da costa a costa).

Ha collaborato altresì con settimanali e mensili, quali Playboy, Esquire e The Atlantic Monthly.

Paul Theroux si è sposato due volte: con Anne Castle dal 1967 al 1993 e successivamente con Sheila Donnelly (dal 18 novembre 1995). Attualmente vive alle Hawaii. Dal primo matrimonio ha avuto due figli Marcel Theroux e Louis Theroux, entrambi scrittori e presentatori televisivi, ed è lo zio dell'attore Justin Theroux.

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6 settembre 2022 2 06 /09 /settembre /2022 20:50

Bellissimo! Mi è rimasto nel cuore questo ispettore stropicciato, disincantato e la sua storia tragica, disperata. Suggerisco di leggere prima almeno "La signora in verde" per poter entrare nella sua vita

Sandra Platania, amministratice del gruppo FB "Parliamo di libri, Parliamo di noi"

Arnaldur Indriðason, Le abitudini delle volpi, Guanda, 2013

Le abitudini delle volpi di Arnaldur Indriðason (nella traduzione di Silvia Cosimini), pubblicato da Guanda nel 2013, contiene il racconto di un caso non “ufficiale” dell’ispettore Erlendur Sveinsson.
Erlendur, durante na sa licenza dal lavoro, si è recato a passare alcuni giorni in una sperduta zona dell’Est della Finlandia dove prima egli stesso viveva con i genitori e il fratello più piccolo, sino alla tragedia che segnò in modo indelebile la sua vita.
Erlendur, in questa circostanza "di vacanza", è andato ad abitare proprio nel rudere della casa che un tempo era stata sua e dei genitori e qui si è installato precariamente, con tanto di sacco a pelo e lampada a gas, sobbarcandosi a molte scomodità, ma è ciò che desidera.
Erlendur - come sanno i fedeli lettori di Indriðason - è, da sempre, assillato dall’enigma della scomparsa del fratello più piccolo nel corso di una bufera di neve e di vento. E’ anche - da sempre - tormentato dalla consapevolezza di essere stato lui il sopravvissuto e, in qualche modo, anche colpevole del fatto che il fratellino si fosse accompagnato a lui e al padre per sua insistenza in quella che sembrava una banale uscita nella brughiera.
Questa tragedia ha segnato l’intera sua vita, tanto da indurlo ad interessarsi in modo quasi ossessivo ai casi di persone scomparse, ancor di più da quando si trovò ad intraprendere la carriera di poliziotto.
Mentre - durante questo non canonico periodo di ferie - si aggira nei luoghi della sua infanzia alla ricerca di qualche traccia del fratello scomparso (e sarà proprio qui che un cacciatore di volpi, tale Boas, che lui incontra nella brughiera, gli darà delle dritte, illuminandolo - per così dire - sulle "abitudini delle volpi"), si imbatte nel caso di una donna pure lei scomparsa misteriosamente nel corso di quella memorabile tempesta di neve nel lontano 1942 (proprio nelle stesse circostanze in cui si erano perse le tracce del fratellino di Erlendur, Bergur)
Come un segugio, Erlendur si mette sulle tracce di questa donna, Matildur, per disvelare il mistero della sua scomparsa, attivato da voci e dicerie che sente mormorare con molta riservatezza e circospezione da alcuni anziani abitanti del posto che va via via incontrando. E cerca di capire cosa sia veramente successo: così facendo, con la sua testardaggine, evoca i fantasmi del passato, sentendo che sia sua dovere morale portare luce in quel mistero. E nello stesso tempo arriverà ad una qualche conclusione circa la scomparso del fratello che, in un certo senso, potrà riposare in pace.
E’ un romanzo di grandi rimpianti e di grandi solitudini, ma anche di grandi inquietudini.
Indriðason, prima ancora che uno scrittore di storie "crime" è uno scrittore (ed anche cantore) a tutto tondo dello spirito dell’Islanda.
Di quando in quando prendo uno dei suoi romanzi, ancora non letti, che attendono nello scaffale a lui riservato (li ho tutti), e lo leggo, immergendomi di nuovo nelle atmosfere dell’Islanda che ho avuto modo di visitare e percorrere in due diverse occasioni.

 

(Dal risguardo di copertina) L’ispettore Erlendur è tornato nei luoghi della sua infanzia. Trascorrerà qualche tempo nel piccolo villaggio sulle rive di un fiordo dell’Islanda orientale, deciso ad affrontare una volta per tutte l’ossessione che lo perseguita fin da quando era bambino: la scomparsa del fratello minore Bergur durante una bufera di neve. Di notte, solo nel rudere abbandonato della sua casa, attende che l’oscurità, il gelo e il vento gli riportino i fantasmi della tragica esperienza che distrusse per sempre la sua famiglia; di giorno, vaga per i boschi e la brughiera alla disperata ricerca di indizi. E proprio qui si imbatte per caso in una vicenda per molti versi simile a quella di Bergur: la sparizione di una giovane donna, in una notte di tormenta, nel gennaio del 1942. Una storia non ancora dimenticata, ma che molti preferirebbero lasciare sepolta sotto decenni di segreti e sensi di colpa. Immerso in un paesaggio aspro, in cui una modernità disordinata e invadente si scontra con una natura ancora capace di sconvolgere, Erlendur si lascia trasportare in un’indagine al confine tra realtà e allucinazione, travolto da un’insaziabile sete di risposte che lo costringerà a scavare ostinatamente dentro ferite mai curate, a riportare in luce antiche suggestioni, a riesumare tormenti inconfessabili. «Ho già letto almeno cinque libri con protagonista il commissario Erlendur Sveinsson: sono ben scritti...» Andrea Camilleri «L’Islanda ha trovato il suo Mankell... Assolutamente nordico, un narratore che rappresenta un marchio di grande qualità. Erlendur è un personaggio meraviglioso.

 

Hanno detto:
«Erlendur, poliziotto disilluso che fa luce laddove l’Islanda pare immersa in una notte infinita. Insomma, un grande.» Anna
«Un autore da seguire e da amare. Uno scrittore di noir costruiti con intelligenza e capacità letterarie non comuni.» Il Giornale
«Indriðason si conferma abile a indagare passioni e sentimenti (anche i più morbosi) senza cedere al buonismo.» Corriere della Sera

 

Arnaldur Indridason

L'autore. Arnaldur Indriðason è uno scrittore islandese di romanzi polizieschi che hanno come protagonista il personaggio di Erlendur Sveinsson. Ha lavorato come giornalista indipendente e come critico cinematografico. Laureato in storia, ha scritto il suo primo romanzo nel 1997. Ha vinto numerosi premi fra i quali il Glasnyckeln e Gold Dagger. Tra i suoi romanzi pubblicati da Guanda: Sotto la città (2005), La signora in verde (2006), La voce (2008), Un corpo nel lago (2009), Un grande gelo (2010), Un caso archiviato (2010), Un doppio sospetto (2011), Cielo Nero (2012), Le abitudini delle volpi (2013), Sfida cruciale (2013), Le Notti di Reykjavík (2014), Una traccia nel buio (2015), Un delitto da dimenticare (2016), Il commesso viaggiatore (2017), La ragazza della nave (2018), Quel che sa la notte (2019) e I figli della polvere (2021).

Non puntava a vendicarsi. Non puntava a riempire le carceri di disgraziati. Puntava solo a scoprire la verità, caso per caso. Era l'unico principio che aveva seguito negli anni in polizia, trovare risposte alle domande che lo assillavano. Scoprire verità che si erano perdute, erano state dimenticate e non sarebbero mai state ritrovate.

Le abitudini delle volpi, p. 229

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20 luglio 2022 3 20 /07 /luglio /2022 07:16

Scritto alcuni anni fa su Facebook e mai pubblicato qui nel blog. Un ripescaggio che ripropongo con qualche perfezionamento.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

Esistono libri "illegibili" oppure siamo noi lettori transitoriamente incompatibili con un certo libro?

Lo spunto per pormi un simile interrogativo viene da una piccola nota che ho rinvenuto postata su Facebook, questa mattina.

Marco Pomilio, Il Cane sull'Etna, Rusconi

Dice, infatti, una Elena Cifali (runner, lettrice e mio contatto su FB): Il cane sull'Etna (1978) di Marco Pomilio  [che, nato ad Orsogna il 14 gennaio 1921  e morto a Napoli il 3 aprile 1990, è stato scrittore, saggista e giornalista] raccoglie cinque racconti che, in un primo momento, avrebbero dovuto essere inseriti in un romanzo organico. Dei cinque non sono riuscita a leggerne più di due.
Il libro non mi è piaciuto e interromperne la lettura l’ho trovato indispensabile.
Non mi ha appassionato, il linguaggio ricercato fa piacere e arricchisce, ma l’esagerazione nella ricerca dei termini e dei sinonimi mi risulta estenuante.
Troppo caldo e troppa poca concentrazione per poterne godere.
Al momento mi accontento di riporlo nello scaffale tra gli “illeggibili”.
Pazienza, ogni tanto capita anche a me di non riuscire a portare a termine un’opera!

L'idea che in una biblioteca personale possa esserci uno scaffale dedicato ai libri "illegibili" è stimolante, per alcuni versi: ma, nello stesso tempo, evoca l'idea che vi possa essere una sorta di ghetto dei libri, dove stanno quei volumi condannati alla condizione di "illegibilità" (o etichettati tali).

Un Aganteo Volloca (altro mio contatto su FB, nome fake, che è in realtà, l'anagramma del vero nome e cognome), leggendo la nota di Elena Cifali, ha soggiunto: Il reparto "illeggibili", se posso permettermi, ha un che di provvisorio; il mio è ben dotato ma, di tanto in tanto, qualcuno di questi libri in quarantena mi chiama e ... puff! scopro che nel frattempo è diventato un altro libro.

Ecco una profonda verità! Un libro può essere molti libri, presentarsi a noi con molti volti diversi, o meglio offrirci di sè solo quelle caratteristiche che, in un certo momento storico possiamo vedere, quelle e non altre.

Un libro non è mai illeggibile al 100%, bensì sei tu lettore che, in quel momento e in quelle circostanze, non lo puoi leggere. Al libro che, ad un primo tentativo di lettura, è parso "illeggibile", occorre fare ritorno. Occorre lascialo a sedimentare nella quiete dello scaffale su cui è stato riposto, ma anche ogni tanto occorre sfogliarlo, leggere qualche paragrafo qua e là, annusarlo, soppesarlo. Con il libro non ancora letto in modo completo perchè reputato "illegibile" dovrebbe attivarsi una schermaglia, un gioco in punta di fioretto, in attesa di tempi migliori.

I libri "illeggibili" possono essere una sfida con il lettore, perchè lo sottopongono ad un cimento, con il loro essere "challenging"!

A volte sono loro che ti chiamano e ammiccano, forse non cessano mai di farlo: i libri riposti attendono il momento in cui potranno prendere vita nella mente del lettore, introducendolo a cose ancora mai viste.

Mi è capitato diverse volte di poter leggere con fluidità e grandissimo interesse un'opera che, a un primo approccio, mi era parsa ostico.

La sfida, inoltre, è anche saper trarre delle cose buone da qualcosa che, in sé, di primo acchitto, ti pare cattiva.

Ma è anche ovvio che, nel mare magnum di ciò che viene continuamente sfornato dalle case editrici che, per motivi di gestione, devono continuamente produrre nuovi libri, anche se poi non li vendono (per destinarli poi al macero oppure al circuito delle vendite sottocosto), non è tutto oro ciò che viene pubblicato: qualche volta - o spesso - capita che vengano pubblicate cose che meriterebero piuttosto di essere scartate ancora in bozza, prima che dalla loro incubazione vengano fuori farfalle incapaci di volare. Specialmente oggi, quando tutti, incoraggiati dall'uso dei social si ritrovano all'improvviso con la vocazione dello scrittore...).

Ma, parlando di produzioni letterarie che siano mediamente di buona fattura, può anche capitare che vi debba essere una totale incompatibilità tra lettore e singolo libro.

A volte ciò succede perchè le "soglie" del testo ci traggono in inganno, promettendoci cose mirabolanti, oppure stimolando la nostra curiosità e le nostre voglie,  oppure perchè la visione del mondo dello scrittore è radicalmente differente dalla nostra, oppure perchè si tratta di elucubrazioni mentali e di controcimenti intellettuali che non hanno nulla da insegnarci: insomma, cose così.

Ma anche in questo caso: il libro che ti capita tra le mani e che abbiamo acquistato decisi a farlo nostro, deve essere comunque letto oppure anche se non letto integralmente almeno "saggiato".

Magari non una lettura approfondita: soltanto una lettura rapida, in croce, scorrendo le pagine velocemente con gli occhi, lasciando che la nostra attenzione venga catturata da singole parole e da frasi isolate qua e là e raccolte come acini d'uva da un grappolo ancora acerbo.

Ancora, leggendo, se ci sono, le soglie al testo, epigrafi, dediche, prefazioni, introduzioni, postfazioni e la pagina dei ringraziamenti che sempre ha tanto da insegnarci sullo scrittore e sulle sue piccole - o grandi - idiosincrasie.

E, detto tra noi, spesso, un libro che non ci è piaciuto, rimane più impresso nella nostra mente di uno che ci è piaciuto e che ci ha fatto andare letteralmente in estasi.

Quello che ho imparato scrivendo recensioni per libri e per romanzi, è che anzichè lanciarsi in una selvaggia critica destruente, bisogna sempre valorizzare le cose che ti sono piaciute, che hanno arricchito le proprie conoscenze, che hanno stimolato a pensare sia pure in direzioni divergenti da quelle praticate dall'autore, e soltanto dopo esporre le critiche, senza però cadere nei luoghi comuni della critica formale.

Per completezza, il libro cui la nostra Elena Cifali si riferisce è Il Cane sull'Etna. Frammenti di una enciclopedia del dissesto (Rusconi, Milano, 1978), di cui - secondo notize raccolte da internet, è stata pubblicata - postuma - un'edizione aggiornata ed ampliata nel 2014.

 

I libri "illegibili" per antonomasia sono piuttosto quelli "inventati" con piglio provocatorio e dissacrante da Bruno Munari: e sono quelli che tendono ad una rinuncia della scrittura testuale e che dovrebbero sollecitare il lettore ad altre modalità di approccio al libro, in quanto "oggetto", tra le quali venga valorizzato soprattutto quella "estetica".
Nel 1949 Munari progettò per la prima volta una serie di “libri illeggibili”, in base a questo assunto. Non più semplicemente supporto per il testo, la carta comunica un messaggio attraverso il formato, il colore, i tagli e la loro alternanza. Si omettono gli elementi che costituiscono il libro tradizionale, come il colophon e il frontespizio, e la lettura diventa lo svolgersi cadenzato di una composizione musicale, con timbri sempre diversi nell’alternarsi delle pagine.
Nel segno della rarefazione visiva e della sperimentazione dei materiali, la produzione di “libri illeggibili” continua per Munari lungo tutto l’arco della propria vita. Nel 1955 alcuni libri "illeggibili" furono esposti al MoMA di New York, nella cui Design Collection ne sono tuttora conservati 9 esemplari.

Il Libro illeggibile MN 1 (riprodotto in alto) è stato progettato da Bruno Munari per la Casa editrice Corraini nel 1984 e, nell’immediata profondità dei suoi colori, è ora arrivato alla sua settima edizione.

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18 luglio 2022 1 18 /07 /luglio /2022 11:54
L'ultimo volo di Sylvain Estibal

(16 luglio 2015) L'ultimo volo (titolo originale: Le dernier vol de Lancaster, trad. di Orietta Mori), scritto dal francese Sylvain Estibal e pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie (2004), racconta la storia di Bill Lancaster (nato il 14 febbraio 1898, a Birmingham, e deceduto nel Deserto del Sahara il 20 aprile del 1933), ex-Ufficiale della RAF, e pioniere dell'aviazione civile, uno di quelli che furono poi definiti "i temerari sulle macchine volanti". Nel volume viene proposta in forma di memoir narrativo il diario di Bill Lancaster, quando agonizzante attende nel pieno del deserto del Sahara dei soccorsi che mai arriveranno.
Questo volume l'ho acquistato tempo addietro in un remainder e, finalmente, una volta che nel rimescolamento degli strati archeologici della mia libreria di casa, è venuto alla luce, non ho resistito alla tentazione di leggerlo. Ed é stata una lettura davvero emozionante.
Come dicevo, Bill Lancaster fu un pioniere dell'aviazione e durante la guerra fu arruolato nella RAF. Successivamente, compì delle imprese ragguardevoli tra le quali la traversata in coppia (con la fidanzata Chubbie Miller) da Londra all'Australia.
Dopo di esse, si ritrovò al centro di una vicenda di cronaca nera, quando fu implicato nell'omicidio di un giornalista che, un po' pesantemente, aveva corteggiato la sua Chubby. Al termine del procedimento penale, tuttavia, da che era stato considerato come il principale indiziato venne dichiarato innocente, ma ciò nonostante la stima di cui godeva sino a prima del fatto venne ad essere pesantemente intaccata.
Decise, nel 1933, di acquistare un aereo - con il supporto dei suoi familiari - e di partire alla ricerca di un nuovo record: la trasvolata da Londra a Città del Capo nel tempo più breve.
Poco dopo la sosta ad Orano (Algera) dove si presentò con un certo ritardo rispetto alla tabella di marcia, avendo ripreso il volo - forse affrettatamente e senza aver fatto tutti i dovuti controlli, qualcosa andò storto e di lui si persero le tracce.
Vennero intraprese delle azioni di soccorso e di recupero, ma non con la dovuta tempestività, forse. In parte perchè le sue tracce si erano perse durante l'attraversamento di una delle zone più inospitali del Sahara (il deserto del Tanezroufts), ma anche perchè il suo nome a causa del precedente giudiziario non era ben visto. E, per lo stesso motivo, la fidanzata, dopo aver bussato a molte porte, non riuscì ad ottenere che uno solo sponsor, dei molti operanti già allora nel campo delle aziende produttrici di aeroplani, le affidasse un aereo per volare alla sua ricerca: una ricerca che, comunque, senza alcuna indicazione sulla posizione dell’atterraggio di fortuna - anche solo approssimativa -, sarebbe stata difficilissima e di esito incerto, se non impossibile come quella di un ago in un pagliaio.
Solo 30 anni dopo, un drappello di militari meharisti francesi, in ricognizione, in quella zona desertica, rilevó in distanza un punto nero che, ad un sopralluogo ravvicinato, fu identificato proprio come la carcassa di un aereo di vecchia costruzione. Accanto all'ombra di un ala ridotta ad una mera intelaiatura, giaceva il corpo mummificato di Bill Lancaster. Appeso all'ala, inoltre, venne rinvenuto un involto nel quale era contenuto il diario, puntualmente tenuto da Lancaster, nel quale egli aveva annotato tutti i momenti della sua lenta agonia, durata ben otto giorni, dai momenti iniziali in cui grande era ancora la speranza di essere tratto in salvo, agli ultimi giorni in cui dominavano lo sconforto e la disperazione, quando i segni della disidratazione si andavano facendo sempre più evidenti ed incalzanti.
Il libro, costruito come un memoir-collàge,  si basa su proprio su quei diari che, dopo gli esami medico legali, vennero pubblicati integralmente. Ad ogni nota diaristica fanno da contrappunto articoli di giornale, lettere scritte da Chubbie Miller illustranti i suoi disperati tentativi di ottrenere un aereo per partire alla ricerca del suo amato, altre missive scritte da un ufficiale fracese meharista di stanza in un avamposto francese, non distante dal lugo dell'incidente.
E' una lettura struggente che parla di una caparbia lotta per la sopravvivenza sino all'accettazione del fatto ineludibile di dover soccombere, lasciando tuttavia una traccia indelebile della propria lotta.
Seguiamo la sua agonia giorno per giorno e, in contemporanea, l'autore con licenza letteraria, ma con aderenza ai fatti storici ricostruisce lo scenario nel mondo circostanze, le ricerche che non furono mai condotte con vera determinazione, la storia d'amore tra Chubbie Miller e il pilota britannica sino allo sfortunato evento giudiziario che gettò un'ombra su di lui e creò uno stigma dal quale dipese in gran parte la tepidezza dei soccorsi.
Il corpo mummificato di Bill Lancaster venne ritrovato a distanza di 30 anni dall'incidente fatale (nel 1962) da una pattuglia francese in perlustrazione nel micidiale deserto del Tanezfouts, accanto alla carcassa del suo aereo e, appeso a ciò che restava di una delle ali, in un involto accuratamente racchiuso, il diario dei suoi ultimi giorni.
Una storia tragica, che è anche una palpitante storia d'amore.
Le deroghe alla storia reale sono poche e servono soltanto ad accrescere il pathos della vicenda, soprattutto quando Sylvain Estibal immagina che Chubbie sia riuscita ad ottenere un aereo scalcagnato e che giunga direttamente sul posto per tentare di portare le richerche da sola: ed è anche frutto di fantasia l'estremo tentativo di Chubbie di andare ala ricerca del suo Bill a dorso di cammello, perlustrando il deserto con l'aiuto del meharista Chauvet invaghitosi di lei.
La verità assoluta è nei diari di Bill Lancaster che furono pubblicati integralmente poco dopo il loro rinvenimento da Paris Match e, successivamente, nella biografia su di lui, scritta da Ralph Barker.
Del pari reali sono certi articoli di giornali, il cui testo viene riportato, mentre tutto il resto lettere ed epistolari di vario genere sono frutto interamente della fantasia dell'autore, per quanto assolutamente verosimili e coerenti con la vigenti.
La narrazione procede con la scansione temporale dei diari e, ogni giorno trascorso nel deserto, costituisce un capitolo: ogni capitolo presenta in epigrafe delle strofe struggenti tratte da canti tuareg.
(Dal risguardo di copertina) Nel febbraio 1962, in pieno Sahara algerino, una squadra dell'esercito francese scopre la carcassa di un aereo da turismo precipitato nel 1933 e mai ritrovato. Il pilota Bill Lancaster era partito da Lympne, in Inghilterra, diretto a Città del Capo, per tentare di battere il record di volo, stabilito su quel percorso. Appena diffusa la notizia dell'incidente, inizia una corsa contro il tempo che ha per protagonista la fidanzata di Lancaster, anche essa aviatrice, immediatamente partita per le ricerche e lo stesso pilota, attraverso le pagine del suo diario. Un libro d'avventura e d'amore, ma soprattutto un'ode al deserto, amato e odiato, che affascina e disorienta cambiando per sempre le vite di coloro che lo affrontano.



Bill Lancaster, ex-Ufficiale della RAF, pioniere dell'aviazione
Data di nascita: 14 febbraio 1898, Birmingham, Regno Unito
Data di morte: 20 aprile 1933, Deserto del Sahara

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13 luglio 2022 3 13 /07 /luglio /2022 20:00
Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)

(21 marzo 2022) Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo), scritto a quattro mani da Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi (Nero, 2021) è un testo polimorfo sulla pandemia e sull'ambiente, sul suo degrado, sulle utopie della ecofriendlyness e di altri temi correlati che mi è piaciuto sin da subito, mi ha catturato - direi.

E' stata una lettura complessa, intrigante, a tratti difficile, ma capace di dare ai lettori vertiginose aperture su questioni attualissime e scottanti, dagli scenari pandemici, alle crisi energetiche, all'esaurimento delle risorse, alla retorica della green economy.
Ogni affermazione riportata è documentatissima e non manca alla fine del libro un ampio repertorio bibliografico che per i lettori che vogliano accedere direttamente alle fonti menzionate + una vera e propria miniera. Lo si può considerare una lucida narrazione del disastro prossimo venturo.

Questo scrivono i due autori nella loro premessa:


"Questo libro è una creatura strana. Nasce da una newsletter, 'MEDUSA - Storie dalla fine del mondo', che abbiamo iniziato qualche anno fa, scrivendo ogni due settimane di natura e società, letteratura e ambiente.
Ci sembrava che in Italia, nel nostro panorama culturale, si parlasse troppo poco di crisi ecologica e climatica e che, quando se ne parlava, se ne parlava ricorrendo al linguaggio tecnico, o prescrittivo, oppure ancora  in termini spesso riduttivi. Il numero zero di MEDUSA è dell'ottobre 2017. Da allora è cambiato il mondo; Com'è ovvio, è cambiata anche la sua fine, e le storie della fine. Mentre scrivevamo, abbiamo assistito alla più grande protesta ambientalista di sempre e alla prima pandemia del secolo. Nel frattempo la newsletter ha raccolto una comunità di lettori attenti che ci ha portato a conoscere libri e persone, e ci ha spinto più di una volta a cambiare idea sulle cose.
Dopo quasi cento numeri, ci è sembrato finalmente chiaro che tutto quello che avevamo scritto su questi temi - per MEDUSA e per altri libri e riviste - fosse connesso in un racconto più ampio, una storia che abbiamo provato a ricomporre, e poi completare, qui dentro.
Anche per questo, abbiamo scelto di unire le nostre due scritture in una sola voce e di usare la prima persona singolare: da qui in poi, siamo un io.
" (p. 7)


(Seconda di copertina) I roghi, le alluvioni, l'aria intossicata, le estinzioni di massa, la pandemia. L'emergenza climatica ci sta abituando a disastri ecologici che sono sintomi di una catastrofe già in atto. Mentre l'universo politico discute di green economy e capitalismo sostenibile occorre iniziare a misurarsi con dubbi finora impensabili: siamo davvero sull'orlo dell'estinzione? Com'è possibile sopravvivere su un pianeta che sta esaurendo le sue risorse? Quali legami si possono ancora tessere nel pieno di uno stravolgimento che non è solo ambientale, ma anche filosofico, sociale e morale? Nato dall'omonima newsletter bisettimanale che in quattro anni ha raccolto migliaia di iscritti, "Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)" è un viaggio che dalla cima del Pirellone vi porterà alla Gola di Xiling, e poi ancora lungo le rive del Mississippi e nelle grotte di Tora Bora, nel verde amazzonico e nel petrolio nigeriano, tentando l'ultimo rito che resta di fronte al disastro: raccontarlo.

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4 luglio 2022 1 04 /07 /luglio /2022 06:43
L'ultima missione di Gwendy

L'ultima missione di Gwendy (titolo originale: Gwendy's Final Task, nella traduzione di Luca Briasco), scritto a quattro mani da Stephen King e Richard Chizmar e edito neel 2022 da Sperling&Kupfer (Collana Pandora), é il terzo ed ultimo volume della saga di Gwendy, facendo seguito a "La scatola dei bottoni di Gwendy" e a "La piuma magica di Gwendy".
Gwendy è stata nominata custode della magica "scatola dei bottoni" da un certo (e misterioso) Mr Farris, per la prima volta quando aveva appena dieci anni e, successivamente, quando già si affacciava ad una carriera di scrittrice di successo.
La scatola dei bottoni regola in qualche modo il destino del mondo: premere i suoi diversi bottoni (di colore differente, uno per ciascun continente) puoi causare in parti diverse del mondo disastri e tragedie immani (che - chi sa come - accadono in base alle visualizzazioni di colui che preme il bottone). Ma vi è anche un bottone, quello rosso, che potrebbe realizzare i desideri più malvagi di colui che lo preme, mentre quello nero, se pressato, potrebbe causare la distruzione della Terra e forse perfino dell'intero Universo.
In qualche modo perverso, la scatola dei bottoni è uno strumento che potrebbe assecondare i desideri di colui che la ha in custodia.
La scatola, inoltre esercita, un potere su chi la tiene con sé e, sottilmente, potrebbe condurlo a premere il bottone sbagliato.
Ma, nello stesso tempo, è dotata di due dispositivi per alleviare la tensione del suo custode e per gratificarlo.
Si tratta di due levette: premendo una di esse esce dalla scatola un cassettino che dispensa un cioccolatino buonissimo con le fattezze di un animale via via diverso, mentre azionando l'altra si ottiene un dollaro d'argento di antico conio.
Farris di tanto in tanto ha bisogno di reclutare un aiutante, quando il peso di tenere con sé la scatola dei bottoni si fa per lui eccessivo. E' così che Gwendy viene reclutata la prima volta, perchè egli - dopo averla a lungo osservata - ritiene che - malgrado la giovane età - abbia la saggezza necessaria per poterla gestire.
Ora che Gwendy ha raggiunto quasi i 65 anni (siamo nel 2026) ed è senatrice al congresso degli USA, Farris si manifesta nuovamente, per la terza volta. E' vecchio e stanco, deperito. E affida a Gwendy per la terza volta il pericoloso oggetto, dicendole che i custodi precedenti sono tutti morti, poichè la scatola aveva assunto troppo potere nei loro confronti, inducendoli a fare delle cose che non avrebbero dovuto (premendo i bottoni che non andrebbero mai toccati). Le dice anche che qualcosa è cambiato e che delle forze contrarie vogliono impadronirisi della scatola per alterare l'equilibrio dell'Universo.
Gwendy, controvoglia, viene ingaggiata per la sua ultima missione: in fondo, sente il forte richiamo del dovere, malgrado il peso di aver tenuto la scatola dei bottoni, la prima volta, per ben dieci anni di seguito. Ma forse, proprio per questo, Farris si è rivolto a lei.
Si tratta di portare la scatola dei bottoni nello spazio e distruggerla irrevocabilmente.
E qui comincia il racconto di quest'ultimo capitolo della saga di Gwendy.
La sua partecipazione, da civile, all'impresa spaziale si alterna al racconto della sua vita precedente sino al terzo incontro con Farris.
La sua impresa non sarà semplice, anche perchè Gwendy deve combattere con i sintomi incipienti di un Alzheimer che possono essere soltanto temporaneamente rallentati dai cioccolatini magici dispensati dalla scatola (non sempre, però, soltanto quando la scatola lo decide) ed anche con forze oscure che si oppongono alla sua missione.
Non dico altro, per non rovinare il piacere della lettura, ma come sempre nelle narrazioni kinghiane la parte fascinosa è l'affabulazione, la capacità di tessere storie che si agganciano alla trama principale.
In ogni caso, qui, riemergono molteplici temi di Stephen King, l'universo di Derry e quello di Castle Rock (due cittadine immaginarie del Maine) dove sono ambientate molte sue storie, ma anche quello dei malefici uomini in giallo (che - se non ricordo male - compaiono in "Cuori in Atlantide": "The low men in yellow coats") e gli elementi della saga della Torre Nera e del Re Rosso che costantemente attenta all'equilibrio dei mondi: insomma, per quanto in maniera sintetica, si dispiega nella narrazione tutta la cosmogonia kinghiana. E da questo punto di vista, essendo in gioco i massimi sistemi coinvolti nell'eterna lotta tra il Bene e il male, il mantenimento dell'equilibrio dell'intero Universo è pur sempre transitoria, poichè è prevedibile che possano esservi altri - e più subdoli - attacchi alla sua integrità.
Devo dire che le immagini finali del romanzo (non le descriverò) sono bellissime e commoventi e che mi è dispiaciuto commiatarmi da Gwendy, così come mi è accaduto con la scomparsa di scena del protagonista di "Elevation", uno dei più recenti (e brillanti) romanzi brevi di Stephen King.
Questa trilogia (soprattutto i suoi due primi capitoli) mi ha accompagnato nei primi due anni della pandemia.
Ah! Aggiungo qui che, nella narrativa di King e Chizmar, anche la attuale pandemia sarebbe stata causata da uno dei custodi "deboli" della scatola che avrebbe premuto sconsideratamente il tasto con il colore dell'Asia.
Il presente volume - come i due precedenti della "saga di Gwendy" - sono abbelliti da numerose illustrazioni. In questo caso quelle di Bob Baldwin e di Keith Minnion.

 

(Risguardo di copertina) Gwendy Peterson è tornata, e l'esito della battaglia tra Bene e Male è nelle sue mani.
Quando Gwendy Peterson aveva dodici anni, uno sconosciuto chiamato Richard Farris le consegnò una misteriosa scatola di mogano, da custodire con cura. Quell'oggetto dispensava dolcetti e vecchie monete, ma era molto pericoloso: premere uno dei suoi sette bottoni colorati poteva portare morte e distruzione. La scatola dei bottoni è ricomparsa a più riprese nella vita di Gwendy: diventata una scrittrice di successo e una figura politica in ascesa, ha dovuto di nuovo fare i conti con la tentazione costituita da quell'oggetto inquietante. Ora è il 2026, Gwendy Peterson ha sessantaquattro anni e a breve sarà il primo senatore in carica degli Stati Uniti a viaggiare su un razzo fino a una stazione spaziale. Il suo incarico, sulla carta, consiste nel monitoraggio climatico. Ma a nessuno sfugge la valigetta bianca con sopra la scritta materiale top secret che tiene ben stretta a sé. Il vero motivo del suo viaggio è lì dentro: una scatola di mogano che, ancora una volta, Gwendy deve proteggere a ogni costo dalle oscure forze del male che cercano di impossessarsene. È giunto il momento di portare a compimento la sua missione più importante e più segreta: salvare il mondo. E, forse, tutti i mondi possibili.
Stephen King e Richard Chizmar firmano l'atto finale della trilogia iniziata con La scatola dei bottoni di Gwendy e La piuma magica di Gwendy, un'avventura che tocca alcuni dei luoghi più iconici dell'immaginario kinghiano, da Castle Rock a Derry, e ne espande i confini oltre il pianeta terra.

 

Gli autori

Stephen King

Stephen King è autore di romanzi e racconti best seller che attingono ai filoni dell’orrore, del fantastico e della fantascienza, ed è considerato un maestro nel trasformare le normali situazioni conflittuali della vita – rivalità fra coetanei, tensioni e infedeltà coniugali – in momenti di terrore. Quando è ancora piccolo, sua madre deve far fronte a grandi difficoltà, perché il padre uscito di casa per fare una passeggiata non fa più ritorno. Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School e comincia a spedire i suoi racconti a vari editori di riviste, senza però alcun successo concreto. Conclusi gli studi superiori entra all'Università del Maine ad Orono, dove gestisce per un paio d'anni una rubrica all'interno del giornale universitario. Nel 1967 termina un primo racconto breve a cui fa seguito, qualche mese dopo, il romanzo La lunga marcia che riceve giudizi lusinghieri. Sottopone Carrie alla casa editrice Doubleday e ottiene un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione del romanzo.
A maggio arriva la notizia che la Doubleday ha venduto i diritti dell'opera alla New American Library per 400.000 dollari, metà dei quali spettano di diritto all'autore. Così, a ventisei anni, Stephen King lascia l'insegnamento per dedicarsi alla professione di scrittore. Da quel momento la sua carriera non avrà più interruzioni. Nel 1971 si sposerà con Tabitha, conosciuta due anni prima lavorando nella biblioteca dell'Università. Con un'operazione innovativa, il 14 marzo 2000 diffonderà esclusivamente su Internet il racconto Riding the Bullet. Nell'autunno dello stesso anno pubblicherà On writing: autobiografia di un mestiere, un'autobiografia e una serie di riflessioni su come nasca la scrittura. Tra i suoi libri più noti si ricordano Shining (1976; il film, del 1980, venne diretto da Stanley Kubrick); La zona morta (1979; versione cinematografica del 1983, per la regia di David Cronenberg); Christine la macchina infernale (1983; il film, dello stesso anno, è di John Carpenter); It (1986, il film è del 1990); Misery (1987; noto in Italia con il titolo Misery non deve morire, la pellicola è stata realizzata da Rob Reiner nel 1990), Mr Mercedes (2014). Tra gli altri ricordiamo: Cuori in Atlantide (2000), La casa del buio (2002), Notte buia, niente stelle (2010), Chi perde paga (2015), Fine turno (2016), The Outsider (2018), Elevation (2019), L'istituto (2019) e Later (2021). È del 2016 la nuova edizione aggiornata di Danse macabre, pubblicato da Frassinelli con l'introduzione e cura di Giovanni Arduino. A Stephen King è stata assegnata nel 2003 la National Book Foundation Medal per il contributo alal letteratura americana, e nel 2007 l'Associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award.

Richard Chizmar

 

Richard Chizmar è editore della casa editrice Cemetery Dance e redattore dell'omonima rivista, specializzata in particolare nel genere horror. Oltre a scrivere racconti, sceneggiature e a insegnare scrittura creativa, collabora da tempo con Stephen King ad alcune edizioni speciali dei suoi libri. Nel 2018 Sperling & Kupfer ha pubblicato il breve romanzo La scatola dei bottoni di Gwendy, scritto a quattro mani con Stephen King. Nel 2020 esce La piuma magica di Gwendy (Sperling & Kupfer).

La scatola dei bottoni di Gwendy

(risguardo di copertina) Gwendy Peterson ha dodici anni e vive a Castle Rock, una cittadina piccola e timorata di Dio. È cicciottella e per questo vittima del bullo della scuola, che è riuscito a farla prendere in giro da metà dei compagni. Per sfuggire alla persecuzione, Gwendy corre tutte le mattine sulla Scala del Suicidio (un promontorio sopraelevato che prende il nome da un tragico evento avvenuto anni prima), a costo di arrivare in cima senza fiato. Ha un piano per l'estate: correre tanto da diventare così magra che l'odioso stronzetto non le darà più fastidio. Un giorno, mentre boccheggia per riprendere il respiro, Gwendy è sorpresa da una presenza inaspettata: un singolare uomo in nero. Alto, gli occhi azzurri, un lungo pastrano che fa a pugni con la temperatura canicolare, l'uomo si presenta educatamente: è Mr. Farris, e la osserva da un pezzo. Come tutti i bambini, Gwendy si è sentita mille volte dire di non dare confidenza agli sconosciuti, ma questo sembra davvero speciale, dolce e convincente. E ha un regalo per lei, che è una ragazza tanto coscienziosa e responsabile. Una scatola, la sua scatola. Un bell'oggetto di mogano antico e solido, coperto da una serie di bottoni colorati. Che cosa ottenere premendoli dipende solo da Gwendy. Nel bene e nel male.

«Gwendy ci sta a cuore. A dire il vero, io in un certo senso me ne sono innamorato, e mi fa davvero piacere che sia tornata per una nuova avventura»

Stephen King

La piuma magica di Gwendy

(dal risguardo di copertina) Dopo il successo della Scatola dei bottoni di Gwendy, scritto a quattro mani con Stephen King, Richard Chizmar ci riporta a Castle Rock – patria d'elezione dell'immaginario kinghiano – per raccontarne il seguito. Una storia mozzafiato che ci interroga sul peso del fato e delle nostre decisioni, e sul prezzo che dobbiamo pagare per quelle stesse scelte quando ci portano a realizzare i nostri desideri più profondi.

Bentornati nella città degli incubi. Dopo una bufera di neve, la piccola città di Castle Rock si risveglia all'improvviso dal suo torpore: due adolescenti sono scomparse nel nulla. Lo sceriffo e la sua squadra danno subito il via alle ricerche, in una drammatica corsa contro il tempo. A Washington, Gwendy Peterson ha iniziato una nuova vita, conquistando la fama come scrittrice e come politica. Si è lasciata alle spalle l'infanzia trascorsa a Castle Rock e il ricordo dell'estate in cui un uomo misterioso le aveva dato in custodia una scatola dotata di bottoni colorati e di ambigui poteri. Tornato a riprendersela, lo sconosciuto le aveva promesso che non l'avrebbe rivista mai più. E invece, ora, ecco ricomparire quella scatola, senza motivo e senza istruzioni. Proprio mentre da Castle Rock le giunge la notizia delle ragazze scomparse. Gwendy ha sempre pensato di essere l'unica artefice del proprio successo, frutto di tenacia e duro lavoro. Ma forse il suo destino è legato a doppio filo a quella misteriosa scatola. Forse la missione che le era stata affidata non è ancora del tutto compiuta. Forse la attendono nuovi incubi da scongiurare prima di poter dormire sonni tranquilli.

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29 giugno 2022 3 29 /06 /giugno /2022 12:41
John Case, Sindrome, Marco tropea Editore

Sindrome (titolo originale: The Syndrome, nella traduzione di G. Carlotti) di John Case, pubblicato da Marco Tropea Edizioni (Collana I Marlin) nel 2002, mi ha preso molto, così come mi era piaciuto leggere, di John Case (in realtà una premiata ditta costituita da due scrittori, marito e moglie), L'Ombra del Cavaliere. Si tratta di un romanzo "complottista" in cui i cattivi tramano per ottenere il controllo delle menti di alcuni soggetti manovrabili e all'occorrenza anche sacrificabili.
Il tema sviluppato è lo stesso - fatte le debite differenze - de "Il Candidato della Manciuria", ad esempio ed è lo stesso tema quello che pervade il saggio d'inchiesta "Capre di Guerra" o anche "L'Uomo che fissa le Capre" (tradotto in un bel film nel 2009) o anche il recente romanzo di Stephen King "The Institute" per arrivare alla recentissima tetralogia elaborata da Dean Koontz che ha avuto esordio con "Il silenzio uccide", per non parlare del romanzo di quest'ultimo "Falsa memoria", di molti anni antecedente.
Il controllo delle menti altrui: un tema caro ai complottisti che, in tempo di pandemia, é ritornata in versione modificata, quando alcune frange estremiste dei no-vax hanno preso a sostenere l'idea che la vaccinazione di massa fosse solo un pretesto per realizzare - attraverso l'inserimento sottocutaneo di un microchip - il controllo globale dei cittadini del mondo, tematica peraltro discussa in modo intelligente e dialettico dagli esperti in "biopolitica" in cui uno degli assi portanti è il fatto che la politica contemporanea tenda sempre di più a realizzare attraverso l'enfatizzazione delle misure di controllo e di regolamentazione delle misure sanitarie un estensivo controllo dei corpi dei cittadini e, di conseguenza, una subordinazione delle loro menti.
Qui, vi è ovviamente di più, perché vi viene ventilata l'ipotesi di pochi che si assumono il ruolo di demiurghi onnipotenti e di "spazzini" della diversità e del dissenso, in modo tale da poter governare le sorti del mondo verso direzioni che siano conformi alle proprie vedute personali.
Lo sviluppo della trama di questo romanzo che, in qualche misura ricade nel genere del "medical thriller", è efficace ed incalzante. Io che solitamente passo con facilità e per il gusto del cambiamento da una lettura all'altra nel corso della stessa giornata sono stato polarizzato da questa narrazione.
Come spesso capita con molti di questi romanzi, un ampio spazio è dedicato all'intrigo, mentre il finale rimane sfumato e forse frettoloso: quello che conta è il tragitto che si compie non il raggiungimento di una soluzione finale.
In ogni caso, traspare evidente da questa narrazione che non vi sono né vincitori né vinti e che, mentre i due protagonisti, Jeff Duran e Adrienne, riescono ad avere salva la loro vita, i loschi affari dei "cattivi" guidati da una mentalità distorta potranno proseguire in forme mutate e pur sempre occulte.
Tutto passa nel dimenticatoio; nessuna inchiesta ufficiale verrà mai avviata. E, sicuramente, il mostro tentacolare da qualche parte è pronto a risorgere.

Ho acquistato questo volume molti anni fa come occasione remainder, e mi sono ritrovato a leggerlo, solo ora, sicuramente a distanza di più di 15 anni. Anche questo è bello, ritrovarsi a pescare - di quando in quando - dalla propria riserva di libri una lettura che ci soprende o che ci appassiona, spinti dalla curiosità e dall'estro e ritrovarsi a leggere con passione.

 

#lemieletture #thriller #medicalthriller

 

(soglie del testo) Florida 2000. Nico è una giovane di trent'anni, soffre di forti crisi depressive ed è in cura da uno psicologo, Jeff Duran. Nel corso di una vacanza, uccide inspiegabilmente un anziano signore sulla sedia a rotelle. Passano poche settimane, e si toglie la vita. Adrienne, la sorella, vuole capire cosa abbia portato alla morte Nico. Convinta che Duran sia il responsabile, comincia a indagare su di lui con l'aiuto di un investigatore. E scopre che anche lo psicologo ha una mente molto instabile, e una doppia identità. Ma quello che non avrebbe mai potuto immaginare è che l'uomo e la sorella erano assidui visitatori di un misterioso sito internet, legato a una diabolica macchinazione.

 

(Risguardo di copertina) A Jeff Duran non piace uscire, e ogni volta che si allontana dal suo appartamento dove esercita la professione di psicologo sente crescere il panico. A volte gli vengono in mente frasi in lingue straniere che non dovrebbe conoscere, oppure ricorda all'improvviso odori e suon.
Ma queste sensazioni scompaiono velocemente, senza lasciare traccia, e lo restituiscono allo scorrere monotono e tranquillo della sua vita. Finché un evento, il suicidio di Nico, una sua paziente, si abbatte su di lui come un incubo. Nico ha una sorella, Adrienne, che è convinta che lo psicologo sia responsabile della tragedia ed è perciò decisa ad indagare su di lui. Ciò che emerge dalle sue ricerche è sconvolgente: Duran non ha frequentato l'università, non ha titoli per esercitare la professione, ed è stato addirittura dichiarato deceduto parecchi anni prima.
Ma chi è davvero Jeff Duran? La ragazza non ha il tempo di soffermarsi su questa domanda: come Jeff anche lei è finita nel mirino di qualcuno che li vuole morti, qualcuno che rappresenta una minaccia per il mondo intero. L'oscuro passato di Jeff e il suicidio di Nico fanno parte del piano apocalittico di un'organizzazione che, attraverso l'ipnosi e la neurochirurgia, ha trasformato persone inconsapevoli in pedine sacrificabili, programmate per eseguire ordini, perfino sentenze di morte. E ora Jeff e Adrienne sono gli unici a poter fermare tutto ciò; ma per farlo dovranno lottare non solo contro l'organizzazione ma anche contro la mente e i ricordi di Jeff; un territorio in cui nulla è come sembra e dove potrebbe annidarsi il loro vero nemico.

 


L'autore. John Case è lo pseudonimo di Jim Hougan e Carolyn Hougan, marito e moglie nella vita, ambedue scrittori affermati con delle opere proprie.
Jim Hougan è anche un giornalista d'inchiesta e autore di broadcast. Vive ad Afton in Virginia. La scrittura a due di Jim e Carolyn si è fermata a seguito della morte di Carolyn Hougan per carcinoma nel 2007.
La coppia ha firmato sei romanzi sotto pseudonimo (di cui solo due sono stati tradotti in Italiano) e precisamente:
The Genesis Code (1997)
The First Horseman, tradotto con il titolo "L'Ombra del Cavaliere" (1998)
The Syndrome (2001; pubblicato con il titolo Trance State in the UK e Sindrome, in Italia)
The Eighth Day (2002)
The Murder Artist (2004)
Ghost Dancer (2006; published as The Dance of Death in the UK)

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24 giugno 2022 5 24 /06 /giugno /2022 10:50
David Lagerkrantz, Il Cielo sopra l'Everest, Marsilio

David Lagerkrantz con il suo Il Cielo sopra l'Everest (nella traduzione di Carmen Giorgetti Cima), pubblicato da Marsilio nel 2018 (Collana Romanzi e Racconti), s'è ispirato a fatti realmente accaduto, cioè alla grande tragedia della montagna verificatasi nel marzo 1996 e raccontata in "Aria Sottile" con lo stile di una tragica cronaca in soggettiva da Jon Krakauer, presente a quella immane tragedia della montagna, in quanto inviato dalla rivista Outside, ma egli stesso scalatore e sportivo dell'estremo.
Gli eventi narrati da Lagerkrantz sono spostati in avanti, rispetto a quelli reali, e avvengono nel 2000. I personaggi sono tutti di fantasia, ovviamente, e Lagerkrantz - nel delineare le loro personalità nei cui tratti si colgono i fattori scatenanti la tragedia che avrà luogo - riesce a costruire un avvincente e credibile thriller psicologico.
La lettura del romanzo di Lagerkrantz mi ha indotto a riprendere in mano e a sfogliare l'insuperabile racconto di Krakauer.
Tutta la vicenda è costruita con assoluta rigore: alla fine, l'autore riporta anche una bibliografia di testi essenziali sull'Everest.
Sia Aria Sottile che la vicenda narrata da Lagerkrantz hanno visto delle trasposizioni cinematografiche.


(Soglie del testo) «Spesso nei miei pensieri l'Everest diventava qualcosa di diverso da una montagna, un oscuro punto verso cui mi ero diretto, e se avevo cercato di rispondere alla domanda "perché scalare", forse avevo finito per rispondere a qualcos'altro.» – David Lagercrantz
"Aveva lasciato che l'ombra del passato oscurasse le montagne, ben prima che lo facessero le nuvole."
Ispirato a fatti realmente accaduti, un romanzo avvincente e drammatico dall'autore di Millennium 4 e 5. Una magistrale messa in scena di desiderio, rivalità e dolore tra le vette dell'Himalaya.
Nel maggio del 2000, in Nepal, una spedizione organizzata dal ricco e famoso stilista Paulo Villari si appresta a scalare la montagna più alta del mondo. A capo del gruppo composto da alpinisti dilettanti, c'è Giuseppe Cagliari, amico d'infanzia di Villari, riconosciuto come la guida più esperta dell'Everest. Ma Cagliari è sotto pressione e le tensioni all'interno della spedizione sono alle stelle. Nell'aria rarefatta della montagna, la sua capacità di giudizio si appanna e conduce gli alpinisti in vetta troppo tardi. Durante la discesa, il tempo peggiora e la spedizione viene bloccata da una violenta tempesta. Mentre la situazione diventa sempre più disperata, vecchie ferite si riaprono e tra i membri del gruppo cominciano a serpeggiare follia e allucinazioni.

Hanno detto
«È stato un colpo di genio usare l'Everest come sfondo per un thriller accuratamente documentato» (Vagabond)

«Un grandioso racconto su desiderio e pazzia sulla montagna più alta del mondo» (Hemmets Veckotidning)

L'Autore. È un giornalista e autore svedese, conosciuto soprattutto per essere l'autore della biografia di Zlatan Ibrahimovic: Io, Ibra. Ha firmato un contratto in esclusiva con la casa editrice svedese Norstedts per realizzare un quarto libro della saga di Millennium (Quello che non uccide) in occasione del decimo anniversario dell'uscita di Uomini che odiano le donne. A questo è seguito il quinto libro della saga, L'uomo che inseguiva la sua ombra. Tra gli altri suoi libri ricordiamo La caduta di un uomo. Indagine sulla morte di Alan Turing, oltre a Il cielo sopra l'Everest.

 

Jon Krakauer, Aria Sottile, Corbaccio

Aria sottile (titolo originale: Into the air, nellatraduzione dall'inglese di Lidia Perria), pubblicato per la prima volta in traduzione italiana da Corbaccio nel 1998, è un libro-reportage che, pur essendo stato lanciato nel mercato editoriale quasi trent'anni fa é tuttora attuale e non ha perso nulla del suo smalto e della sua tragica grinta.
Qui, Krakauer sulla base di testimonianze raccolte e delle osservazioni da lui effettivamente compiute, poiché - nel marzo 1996 - era proprio sul posto, al campo Base, inviato speciale di "Outside", la rivista per cui lavorava, per scrivere un resoconto sulla sua personale esperienza di scalatore dell'Everest, racconta la tragedia che si consumò ad alta quota, quando per una serie di sfortunate circostanze 13 alpinisti (anche per via del sovraffollamento) morirono in prossimità della vetta più alta del mondo.
Krakauer, dunque, era sul posto non come semplice osservatore, ma come scalatore; e il suo compito era appunto quello di scrivere il resoconto della sua impresa: questo mandato iniziale si trasformò in una scrittura catartica, poiché dei cinque di cui faceva parte la sua spedizione ben quattro morirono durante la scalata, compreso il capo-spedizione e altri nove, appartenenti ad altri gruppi, nelle stesse giornate persero la vita (più altri tre nei mesi successivi). Una vera ecatombe.
Quello che avrebbe docvuto essere un articolo di contenuto sportivo estremo diventò così un libro di denuncia sulla "follia degli ottomila".
Infatti, attraverso il racconto di Krakauer venne fuori a chiare lettere l'insensatezza di queste imprese di "massa", organizzate per consentire a chiunque lo desideri di arrivare (purchè abbia il denaro gli elevatissimi costi per la partecipazione) sulla cima più alta del mondo e la denuncia di una forma distorta di escursionismo di massa, inflazionato per mere esigenze commerciali e di consumismo sportivo.
Krakauer, oltre ad essere spinto dalla necessità di elaborazione di quella grande tragedia della montagna, vissuta in prima persona, cercò di ricostruirne punto per punto la storia degli eventi terminali ma anche di tutti i suoi preoccupanti annunci che nessuno fu in grado di cogliere, tentando di attivare una seria e critica riflessione su questo fenomeno, cercando di togliere via tutti i veli delle retorica che ammantano simili imprese..

Il volume è corredato di una ricca collezione di foto a colori e di interessanti illustrazioni realizzate da Randy Rackliff.

(risguardo di copertina) Il 10 maggio 1996 una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell'Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide. Con questo libro, l'autore, che è uno dei fortunati che riuscirono a ridiscendere "la Montagna", scrive non solo la cronaca di quella tragedia ma intende anche fornire importanti informazioni sulla storia e sulla tecnica delle ascensioni all'Everest. Offre inoltre un esame provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota, nonché una drammatica testimonianza del perché quella tragedia si poteva evitare.

Sull'autore. Jon Krakauer, saggista e alpinista statunitense, conosciuto per i suoi libri riguardanti la vita all'aria aperta e l'alpinismo. Nel 2003 è entrato nel campo del giornalismo investigativo.
Gran parte della popolarità come scrittore è dovuta all'attività di giornalista che svolse presso l'«Outside magazine». Nel novembre 1983, abbandonò il lavoro part time di pescatore e carpentiere per diventare uno scrittore a tempo pieno. La sua attività di giornalista freelance riguarda vari campi.
Il bestseller Nelle terre estreme venne pubblicato nel 1996 e assicurò a Krakauer una reputazione come notevole scrittore di avventure. Nel libro, Krakauer traccia parallelismi tra la sua esperienza e le sue motivazioni e quelle di McCandless.
Da Nelle terre estreme è stato tratto il film Into the Wild - Nelle terre selvagge, diretto da Sean Penn, uscito nelle sale americane nel 2007 e in quelle italiane il 25 gennaio 2008.
Nel 2003, In nome del cielo fa diventare Krakauer il terzo scrittore bestseller della saggistica. Il libro esamina gli estremismi del credo religioso, in particolare i rami cadetti del fondamentalismo mormone.
Dal 2004 è curatore della serie "Esplorazioni" della serie "Modern Library" (della Random House).
Nel 2016 pubblica con Corbaccio Senza Consenso. Nel 2018 per lo stesso editore esce Estremi.

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22 giugno 2022 3 22 /06 /giugno /2022 14:38

E' una lettura che ho completato nel corso del 2021, con grande piacere, centellinandone ogni singolo capitolo

Per sentirsi a casa non sempre bisogna oltrepassare la soglia di una porta affacciata su un marciapiede.
A volte ci sentiamo a casa in un vasto spazio che coincide con la volta celeste, uno spazio fatto
dell'acqua che beviamo e del cibo che ci indurisce le ossa. A volte è l'insieme delle esperienze e dei ricordi a farci da casa, e a volte siamo a casa dovunque ci troviamo, purché ci stia accanto la persona giusta.




Lynn Schooler, L'orso azzurro (The Blue Bear, nella traduzione di Federica Oddera), Guanda (I Narratori della fenice), 2002

L'Orso Azzurro, Lynn Schooler

L'orso azzurro. Breve storia di una fotografia (The Blue Bear, nella traduzione di Federica Oddera) di Lynn Schooler, pubblicato da Guanda nel 2002 nella Collana I Narratori della Fenice, è stato per me una bella lettura, per quanto con un lungo periodo di gestazione.
E' il resoconto - appassionante, ma anche filosofico, se vogliamo - di una caccia fotografica durata anni e che è anche la storia di un percorso di vita. L'agognata preda fotografica - ovvero l'Orso Azzurro di cui sono stati registrati soltanto pochissimi avvistamenti nel cuore delle lande più sperdute dell'Alaska - viene inseguita da Lynn Schooler assieme al fotografo naturalista Michio Hoshino.
Anzi è quest'ultimo ad essere per Lynn fonte di ispirazione e di perseverazione.
La cosa importante non è tanto raggiungere lo scopo, quanto piuttosto il poter compiere nel frattempo un percorso, fatto di acquisizione di conoscenze ma anche di crescita interiore.
Il libro racconta anche dell'intensa amicizia che si sviluppa nel corso degli anni durante innumerevoli spedizioni sul campo, in luoghi remoti e bellissimi nel bel mezzo di una natura inospitale e nello stesso meravigliosa, tra l'autore e il fotografo giapponese, morto precocemente proprio in un incidente di "caccia fotografica" (venne tragicamente sbranato da uno degli orsi che popolavano una riserva nella penisola della Kamchatka e che si era recato a fotografare).
E' indubbiamente una storia capace di attrarre chi ama i resoconti di viaggio e le avventure naturalistiche nel cuore della natura selvaggia ma è anche la rappresentazione (o narrazione) d'un intenso percorso di formazione.

Lynn Schooler

(Risguardo di copertina) Juneau, Alaska: un piccolo centro isolato dal resto del mondo, neppure una strada, solo montagne immense, foreste e ghiacciai che incombono sul piccolo porto, e poi chilometri di costa scoscesa, di isole disabitate, di profonde insenature e di fiordi scavati nel corso dei millenni dalla forza primordiale del ghiaccio e dalla violenza del vento. È questo il luogo inospitale in cui Lynn Schooler ha scelto di vivere, rintanato nella barca con cui svolge il suo mestiere di guida per fotografi alla ricerca di orsi e balene, ed è da Juneau, dall'interno di quella barca ancorata al porto, che Lynn ci scrive dell'Alaska, con gli occhi fissi sulla sua fotografia più misteriosa e preziosa, l'immagine sfocata dell'orso azzurro, il plantigrado dei ghiacciai che spesso neppure in una vita di esplorazioni e di ricerche si ha la fortuna di avvistare e che lui, in dieci anni di viaggi,  ha potuto avvicinare una volta, al tramonto, quando ormai tutto pareva suggerirgli di abbandonare le speranze. La storia che Schooler ci racconta è insieme la dichiarazione di un legame indissolubile con una terra ancora intatta e selvaggia, a volte crudele nella violenza delle sue tempeste, accecante nella bellezza dei suoi paesaggi, e la ricerca lunga e appassionata dell'animale mitico. Ma prima ancora c'è l'amicizia, la fratellanza, il senso di comunione che, avventura dopo avventura, lega sempre di piùil narratore a Michio Hoshino, fotografo naturalista giapponese che trasmette a Lynn il desiderio di fotografare l'orso azzurro.
Ripercorrendo le storie avvincenti di una terra splendida e selvaggia Schooler ci conduce in un viaggio che è anche un percorso di formazione, ricordando incontri e addii, speranzee delusioni, fino all'appuntamento con il misterioso orso azzurro dei ghiacciai.

 

"Scrivendo queste pagine mi è capitato di soffermarmi a guardare l'istantanea fissata con il nastro adesivo alla paratia adiacente alla cuccetta dove sono seduto...
"Ha un grande valore per me non perché ritrae un orso dei ghiacciai, né perché spero di diventare ricco e famoso grazie alla sua rarità... Ma è stato necessario quasi un decennio di ricerche perchè potesse scattasse l'otturatore e, prima ancora, mi ci è voluta una vita intera per arrivare nel luogo dove le ricerche sarebbero potute cominciare.
"E, soprattutto, nell'attimo in cui l'otturatore si è chiuso e ha fissato e ha fissato i contorni dell'orso, nel giro di quella breve frazione di secondo, si sono conclusi dieci anni di amicizia con un uomo del tutto fuori dal comune.

"La fotografia contiene l'intera storia."

Lynn Schooler

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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