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2 dicembre 2020 3 02 /12 /dicembre /2020 06:54
foto di Eleonora Belitende, da rosalioblog

E siamo a dicembre
...
Un inizio davvero moscio
Mi sento spossato,
ciò nondimeno pronto a tirare la carretta
Come sempre,
con i miei costanti andirivieni e
i miei lavoretti campagnoli

In fondo, tirare la carretta
è qualcosa che contraddistingue
la nostra vicenda umana
(fatta salva, forse,
l'isola felice dell'infanzia)
giorno per giorno, sino alla fine
Oggi però è meglio,
mi sento più in forze
E, intanto, si dibatte accanitamente
sul "natalino" che ci attende
Che stupidate!

Stamane il cielo era grigio,
con nuvole incombenti
gonfie di pioggia
Ma i primi raggi di sole
si sono infiltrati tra di esse
e, sulla città affaccendata,
si è disteso un magnifico arcobaleno

iridescente


(foto di Eleonora Belitende, da rosalioblog)

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29 novembre 2020 7 29 /11 /novembre /2020 08:54
Wear a mask or go to jail

Una lettura particolarmente adatta in questo nostro tempo di Covid è  1918. L'influenza spagnola. La pandemia che cambiò il mondo (Feltrinelli, Universale economica, 2018).
Il saggio storico di Laura Spinney (divulgativo, ma solidamente fondato nelle sue argomentazioni) è del 2017, scritto dunque quasi al ricorrere del centenario della pandemia influenzale del 1918-1919: e, d'altra parte, appartiene ad una folta di altri saggi, storici e non, riguardanti non solo la pandemia influenzale, ma anche - in generale - le diverse malattie virali derivanti dal fenomeno, noto tra gli epidemiologi come spillover, ovvero il travaso di agenti virali da specie animali all'Uomo. E se solo si ha il tempo da dedicare a queste letture ci si potrà accorgere che in tutti loro vi sono anticipazioni circa una nuova possibile pandemia, sostenuta ad un agente virale che si diffonda per via aerea.
E' una di quelle opere che sono utili a raccogliere le idee e a comprendere quanto la nostra memoria storica degli eventi sia corta e dominata da meccanismi di rimozione collettiva.
La "Spagnola" fu, a tutti gli effetti, una delle più grandi catastrofi demografiche mai registrate nella storia dell'Umanità.
Eppure, sembra quasi che noi ce ne siano dimenticati, anche perché non è stato mai fatto alcuno sforzo per tramanda nella memoria, anche semplicemente in forma di doverose commemorazioni.
La nostra memoria corta non ci permette nemmeno di ricordare la pandemia di Encefalite letargica di von Economo (eziologia non ancora nota) che impazzò nel mondo tra il 1916 e il 1925 (dunque in parte sovrapposta alla pandemia influenzale), lasciando dietro di sé una scia di centinaia di migliaia (se non milioni) di vittime e altrettanto numerosi quelli che guarirono, ma con esiti di permanenti disabilità neurologiche, tra le quali si annoverà il Parkinsonismo post-encefalitico.
Nè del pari ci si ricorda più, ammonisce la Spinney, della pandemia influenzale del 1957 (asiatica) che causò forse cinque milioni di morti o di quella suina degli anni Ottanta del '900.
E, dunque, malgrado la storia debba insegnare qualcosa, e benché molti studiosi e divulgatori abbiamo ripetutamente avvertito della possibilità concreta del travaso di organismi virali dal mondo animale agli uomini  l'arrivo del Coronavirus ci ha trovati sostanzialmente impreparati e stupefatti, costretti a ripercorrere gli stessi errori già registrati precedentemente e a sottostimare il rischio.
Anzi, pur in presenza di numeri relativamente più modesti rispetto alla pandemia del 1918-1919, si ha da un lato la percezione  che sia in corso una grande catastrofe, anche se - dall'altro - persiste da parte di molti un atteggiamento di cecità e quasi di cinica indifferenza con una vasta gamma di posizioni a partire da quella dei negazionisti ad oltranza sino ad arrivare agli atteggiamenti incuranti e di arroganza di taluni: il tutto supportato da un elemento che è un grande facilitatore della rimozione collettiva.
Che poi sarebbe il fatto di avere, nel  corso degli anni, sempre di più tecnologizzato la pratica medica, di averla centralizzata in strutture super-specialistiche, avendo - di conseguenza - allontanato la sofferenza, la malattia e la morte dalle case e dall'esperienza comune della gente.
Ai tempi della Spagnola la gente, invece, moriva a grappoli nella case e non vi erano nè strutture di degenza sufficienti per tutti nè tecnologie di assistenza medica ai pazienti sub-comatosi e comatosi.
La malattia e la morte, in altri termini, erano dovunque.
Qui, in fondo, nessuno crede perchè nessuno vede e nessuno sperimenta direttamente. Gli ammalati vengono chiusi nelle case in isolamento fiduciario e se si aggravano vengono portati in ospedale: e chi li vede più?
Mi chiedo se ci sia qualcuno che si trovi a riflettere alle centinaia di migliaia in Italia- e ai diversi milioni di persone nel mondo che sono chiuse in casa in isolamento, perchè trovate positive oppure sintomatiche in attesa di un tampone: e si tratta di una lista che in questa seconda ondata si sta allungando ogni giorno di più.
Ci vorrebbe più coraggio da parte dei media: se, piuttosto che fare ogni giorno la litania dei numeri (nuovi infetti, numero di tamponi effettuati, attualmente positivi, guariti, morti), si soffermassero maggiormente su narrazioni che facciano capire veramente dove sta il problema che è quello, sostanzialmente, di una Sanità al collasso perchè ha troppo investito in tecnologie e poco (o pochissimo) nell'implementazione di personale adeguatamente preparato ad affrontare questo tipo di emergenze sanitarie.
Il saggio della Spinney va letto e meditato perchè offre significativi spunti di riflessioni sull'attualità pandemica del 2020.


(Quarta di copertina) Quando si chiede qual è stato il principale disastro del XX secolo, quasi nessuno risponde l'influenza spagnola. Davvero l'abbiamo dimenticata? Eppure nel 1918 ha letteralmente cambiato il mondo uccidendo in soli due anni milioni di persone. Tra le vittime anche artisti e intellettuali del calibro di Guillaume Apollinaire, Egon Schiele e Max Weber. Nonostante l'entità della tragedia, le conseguenze sono rimaste a lungo offuscate dalla devastazione della Prima guerra mondiale e relegate a un ruolo secondario. Laura Spinney ricostruisce la storia della pandemia seguendone le tracce in tutto il globo, dall'India al Brasile, dalla Persia alla Spagna, dal Sudafrica all'Ucraina. Inquadrandola da un punto di vista scientifico, storico, economico e culturale, l'autrice le restituisce il posto che le spetta nella storia del Novecento quale fattore in grado di dare forma al mondo moderno, influenzando la politica globale e il nostro modo di concepire la medicina, la religione, l'arte. Attraverso queste pagine si legge il passato, ma si può tentare di immaginare il futuro: la prossima pandemia influenzale, le armi a disposizione per combatterla e i potenziali punti deboli dei nostri sistemi sanitari. Arriveremmo preparati ad affrontare un'eventuale emergenza?

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12 novembre 2020 4 12 /11 /novembre /2020 20:48

Non so
La vena si è esaurita, forse
Terra sterile, aria avvelenata
Non ho voglia
Non riesco
Dove sono andati i fiori e le stelle?
Cammino in un deserto
tutto è uniforme,
grigio e senza colore
anche quando splende il sole
Provare, provare e riprovare
Non smettere, sino all'ultimo respiro
La radio va sempre
bla bla bla
musica
bla bla bla
professionisti della chiacchiera,
intrattenitori ciarlieri ed invadenti, sino all'ultimo
La pandemia colpisce forte e duro
Quanto sta penetrando il virus nell'immaginario,
nelle menti individuali?
Ancora una volta non so
Ma quello che vedo è che siamo tutti isolati
il nemico invisibile ha creato barriere invisibili
molto più forti  di quelle statuite per decreto
il deserto dei senza colore e dei senza emozione
Ognuno nel suo cubicolo invisibile
qualcuno osa salire sul pulpito dell'arroganza e predicare
parole inutili, parole sprecate
che vengono fuori dagli ego  inflazionati di alcuni
Ci dicono che il Natale potrà essere un buon Natale,
se seguiamo le regole
Ho pensato di cucinare un pollo ripieno, alé!
Ho pensato a mia madre che non è più qui,
che è nata nell'anno dell'epidemia influenzale
di un secolo fa.
Penso al suo sorriso e alla sua forza

Aspettiamo Godot, come sempre

 

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9 novembre 2020 1 09 /11 /novembre /2020 13:56
Coronavirus

(primi di Novembre 2020) Questa volta non mi sono impressionato più di tanto, all'annuncio di un forte giro di vite nelle misure anticovid e, poco dopo, alla loro messa in opera.

Tutto era già stato collaudato precedentemente.

L'importante -a questo secondo giro di boa - è sapersi adattare alle regole e trovare i margini di movimento possibili.

Ma la maggior parte delle attività commerciali sono rimaste aperte, anche quelle che erogano beni non essenziali. E questo fa la differenza.
Quindi, nemmeno la città mi sembra tanto spettrale come mi era apparsa la prima volta.

C'è più gente in giro, forse perché tante attività sono rimaste aperte (grazie a Dio!) e perchè le scuole primarie le prime medie sono ancora aperte e funzionanti.

Tutti con le mascherine al chiuso e all'aperto, nei luoghi pubblici, talvolta anche in auto, e sempre sui mezzi pubblici: tutti, in massima parte, più adattati e disponibili all'uso di questo dispositivo fondamentale. I riottosi e gli arroganti, quelli che continuano a starsene con il naso di fuori o che non la indossano proprio, sono pochi fortunatamente.

Ci sono nuove consuetudini e nuove fobie: quando, camminando per strada, si incrocia un altro che cammina, si devia dal proprio percorso per non passare troppo vicino. Del pari si comporta l'altro che procede nella nostra direzione.

C'è, latente, l'idea che qualunque sconosciuto possa essere un potenziale "untore", non per sua colpa, per carità.

Il virus circola ed è insidioso: questo dato di fatto s’è inculcato nelle nostre menti e sta plasmando inevitabilmente i nostri comportamenti.

Viviamo una situazione perturbante, comunque, che agisce in profondità nell'inconscio di ciascuno, io credo. Sappiamo che, anche nelle regioni che durante la prima ondata sono rimaste relativamente indenni, il virus circola e si diffonde.
E il meccanismo della trasmissione per via aerea lo rende un nemico invisibile.

E’ chiaro che una simile contingenza non può che alimentare le nostre fantasie più profonde... e, dunque, viviamo in tempi tristanzuoli sia guardando fuori di noi, cioè alla realtà che ci circonda, sia volgendo lo sguardo al nostro mondo interno.

Forse, oggi, staremmo meglio, se nel periodo precedente non ci fossero stati tanti negazionisti a spandere il loro verbo o tanti altri, stupidi o leggeri che fossero, i quali predicavano: “Qua covviddi non ce n’è”.

Ma a parte le macchiette negazioniste c'è sempre in atto una grande rimozione collettiva, anche se attorno a noi il cerchio si va stringendo e ilnegare o il rimuovere servono sempre di meno.

Solo il negazionista protervo (e quasi delirante), ammalatosi di Covvid e in punto di morte, potrebbe ancora chiedere al medico assorto al suo capezzale: "Dottore ma di quale malattia sto morendo [visto che il Coronavirusnon esiste ed è solo una grande menzogna]?".

 

 

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2 novembre 2020 1 02 /11 /novembre /2020 07:02
Medici della peste

Non sopporto, dico proprio NON sopporto tutti quelli che se ne stanno in situazioni di non possibile distanziamento (non dico “sociale”, perché l’accoppiamento dei due termini mi fa antipatia) portando la mascherina calata sino al mento oppure - peggio ancora - con il naso che incombe sopra la “face protection” come un’oscena proboscide.


Questa semplice misura -per non dire attenzione- dovrebbe essere alla portata della comprensione di tutti perché è necessario indossare la mascherina e, soprattutto indossarla correttamente. Per ciò, basta essere di intelligenza media: e anche i bambini sopra i sette anni si stanno adattando velocemente alle nuove regole. E loro lo fanno con facilità e senza sforzo, da quel che si può vedere.
Perchè?
Ma perchè la loro mente non è ancora stata inquinata dall’arroganza, dalla strafottenza e dalla “furbizia” di alcune esecrabili categorie di persone, tra le quali includerei - fatte salve alcune eccezioni - quella dei VIP e di certi personaggi politici di grido che, al contrario, proprio nei confronti della loro audience di riferimento in quanto "influencer" dovrebbero essere di esempio nel non indulgere in comportamenti di rischio in questi tempi tristanzuoli).

 

Due i casi: o gli esibizionisti sono gli arroganti, i furbi, gli strafottenti, oppure sono degli scaccolatori impenitenti che vogliono sempre mantenere una via d’accesso delle loro dita alle nari, per goduriosi lavori di scavo: non mi sembra che l’alternativa sia molto lusinghiera, in ogni caso.

 

Ho sentito dire alla radio che, se in una situazione di non distanziamento due persone, di cui una positiva asintomatica, indossano entrambe la mascherina il rischio di contagio per il non positivo si riduce al 7%, cosa indubbiamente significativa.

 


Quindi, indossare correttamente la mascherina è primariamente una forma di rispetto nei confronti del nostro prossimo: e ne discende che la misura primaria che abbiamo a disposizione per mitigare la diffusione del Coronavirus è appunto l’uso corretto della mascherina, come espressione di un senso forte di responsabilità individuale e di consapevolezza della propria efficacia nel promuovere strategie di contenimento (“io posso fare qualcosa”) e del senso di appartenenza ad una comunità.

 


Purtroppo, alcuni si sentono al disopra di tutto e di tutti e se ne fottono sia delle regole, sia delle buone norme sia, infine, del rispetto nei confronti dei propri simili e del senso di comunità: io ritengo che, in generale, non si debbano subire in silenzio simili oltraggi ma sempre si debba esprimere a voce alta il proprio dissenso, anche a costo di dover ricevere in contraccambio ingiurie e attacchi verbali da parte di coloro che girano con la loro proboscide nasale esposta...

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28 maggio 2020 4 28 /05 /maggio /2020 12:50

Boh...
Boh..
.
Non ho scritto più granchè negli ultimi tempi, dopo un inizio alacre con il proposito di buttare giù un diario dei giorni del Covid 19.
Perchè? Innanzitutto, perchè ho avuto una pessima, connessione ad internet e, quindi, per lanciare in rete il benchè mininimo scritto dovevo stare davanti al PC per ore.
Poi, perchè mi sono assestato in una routine di lavori manuali in campagna e di attività all'aria aperta.

In verità,sotto il profilo meteo, non ci sono state cattive giornate  che mi spingessero a stare a lungo a casa.
Ma so che queste non sono valide giustificazioni.
Il fatto vero è che mi sono mancate l'ispirazione, la verve e la voglia di scrivere.
Per farlo devi avere anche degli interlocutori e devi poter sviluppare una connessione con molteplici soggetti con i quali intrattenere conversazioni feconde di spunti (specialmente nella vita reale, dei contatti social in rete ne abbiamo a iosa e anche su quelle conviene ogni tanto spegnere i riflettori).

Ho avuto a che fare invece con una tonnellata di libri, ma dei quali contrariamente alle mie abitudini non ho scritto alcuna osservazione/riflessione.
Del pari a rilento sono andato (forse, a dirla tutta, addirittura fermato) con i miei scritti sulla corsa nel mio magazine, ma quello è un campo di osservazione che ho ormai abbandonato da tempo.

Anzi, devo dire che la corsa e tutto ciò che vi è correlato, mi fa quasi antipatia. Sento che parlare di corsa di questi tempi è futile e fuor di luogo e non comprendo coloro che si ostinano a desiderare che tutto sia esattamente come prima. Certo è chei grandi eventi di corsa, quelli che vedono l'adunata di migliaia di personesaranno per un bel po' di tempo impraticabili.
Eventi che, nel frattempo, forse diventeranno desueti per lasciare posto a manifestazioni più di nicchia.

Sono quasi contento di questa forzata pausa, che per un attimo spegnerà le voci degli arroganti e degli arrivisti,di tutti quelli che del running hanno fatto un business. Sarà una pausa che, secondo me, potrebbe riportare indietro alla purezza delle origini della corsa amatoriale.

E, nel frattempo, tutti in pausa quanto meno rispetto agli eventi agonistici e agli assembramenti/happening. E fine anche dell'estrema retorica della corsa,spenti i microfoni e gli altoparlanti di speaker ufficiali prezzolati che inneggiano alla competitività

 


Sogni tantissimi, confusi e caotici, ma non li ho appuntati una sola volta e, in ogni caso, sono rapidamente svaniti, lasciandomi soltanto vaghe ipressioni, impossibili da tradurre in parole

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6 maggio 2020 3 06 /05 /maggio /2020 08:42
Ai tempi della pandemia influenzale 1918-1919

L'allarme di un appartamento suona ossessivo
E' come un trapano che penetra nel cervello
smette per un istante e poi ricomincia sempre eguale
qualcuno batte un tappeto.
il sole splende, annunciando il caldo che verrà
La pioggia è soltanto un lontano ricordo
I rondoni ancora non sono arrivati,
ma, in compenso, i cieli sopra Palermo
sono percorsi da miriadi di gabbiani
alla ricerca di cibo
ieri ho visto assembramenti
soprattutto giovani adolescenti
con la mascherina messa per finta

calata sotto il mento
oppure infilata al polso come un braccialetto
senza il rispetto della giusta distanza
per garantirsi dal possibile contagio
a respirarsi addosso l'un l'altro
ma anche famigliole e bambini sciamare festosi nei parchi cittadini
a celebrare la fine del confinamento,
ma senza alcun senso di responsabilità
la fine della reclusione forzata

Ma quale celebrazione
Il disastro incombe

 

Io cammino preoccupato
cercando di mantenere le distanze,
scantonando se qualcuno punta alla mia direzione
e minaccia di passarmi troppo vicino

I tempi di Covid non sono ancora passati
Covid c’è, c’è

 

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20 aprile 2020 1 20 /04 /aprile /2020 09:03
Fioritura del siliquastro (foto di Maurizio Crispi)

Aggiornamenti abbandonati...
Ed eccomi a fare un salto a ben due terzi di aprile, passata la Pasqua e la Pasquetta, blindati.
Me ne sono stato in campagna senza muovermi per niente.
Non so perché non ho scritto nulla, benché ci fossero numerose cose da dire e diversi spunti.
Forse perché, dopo un po', quella che sembrava una situazione eccezionale é diventata vita quotidiana e ordinaria.
Ci si adatta, insomma e finita la straordinarietà ci si appiattisce come le sogliole sul fondo sabbioso.
E ci parlano adesso della fase due, ipotetica e nebulosa. Tutti scalpitano e vorrebbero già essere nella fase quattro e cinque ancora non configurate.
Teorie complottiste continuano ad agitarsi inesauste.
Altri inneggiano alla ripresa della vita produttiva.
Altri invece dicono che non sarà concepibile vivere come prima dell'epidemia del coronavirus e sottolineano l'importanza delle misure di distanziamento sociale. E che brutta frase è questa!
Vagheggiano una vita prossima che verrà senza abbracci e senza strette di mano. C''è tutto un gran parlare di questo; e cosa dire della prossimità e della contiguità dei corpi? Secondo questi predittori di sventura quali dovrebbero essere gli scenari dell'intimità tra le persone?

Secondo costoro ci dovrebbero spettare scelte quantomeno monastiche...
Non so cosa dire.
Mi sento un po' frastornato.
Quali saranno in definitiva le verità ultime?
Ho mangiate favuzze e fave in questi giorni, visto che il campo ne è stato prodigo, senza che per questa volta interferisse la feroce e ingorda Lupa in modo destruente...

 

Ho sognato alcune notti fa di essere in un luogo affollato. Vi ero andato per accompagnare mio fratello che avrebbe dovuto essere lì per presenziare una riunione.
Arrivavamo sulla Tatamobile, io alla guida.
Ma non c'erano posti per parcheggiare, nemmeno di quelli riservati alle auto dei disabili.
Mi dicevano che, per forza, avrei dovuto fermarmi nel parcheggio a pagamento e che per la sosta avrei dovuto pagare 12.50 euro, anticipati.
Guardavo nel portafoglio ma non avevo soldi contati con me e nemmeno banconote. Non potevo in alcun modo pagare. Che fare?
Decidevo di andare a cercare un parcheggio libero più distante, possibilmente.
Mi mettevo alla ricerca dell'auto che non riuscivo più a nutrire (a trovare)
Mi trovavo in una specie di cittadella universitaria. Dovunque frotte di studenti, intenti a conversare, altri a studiare prima dell'esame, altri a fare colazione con merende al sacco improvvisate.
Un'atmosfera variopinta e colorata, ciarliera.
Ero basito.
Dell'auto nessuna traccia.
Arrivava l'uomo addetto alla verifica dei biglietti e mi diceva di non preoccuparmi più: l'auto l'aveva spostata lui in un parcheggio sicuro.
Dissolvenza.

 

Giornate ad Altavilla, diviso tra lavoretti campagnoli e altri di manutenzione.
E' venuto il contadino e assieme abbiamo fatto un campo con il sistema di irrigazione per paiantare delle piantine di pomodoro.

Staremo a vedere.
Le letture procedono a tutto spiano, mentre sono stato poco attento a ciò che accade nei social (ma lo sono mai stato?).
Sto leggendo (rileggendo) alcuni racconti di P. K. Dick, i primi da lui scritti, nel 1954, prima che diventasse famoso con il suo primo romanzo Lotteria spaziale.
Sono dei racconti davvero potenti e godibilissmi tutt'ora, dopo circa 70 anni.
Dick è veramente un maestro della Science Fiction.

Pomeriggi trascorsi invece sul divano, a guardare film su Netflix e a leggere.
Ogni tanto una passeggiata con la Flash, lunge le vie deserte di Santa Fe.

Santa Flavia e Via Consolare deserta (foto di Maurizio Crispi)

 

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29 marzo 2020 7 29 /03 /marzo /2020 09:07
Radioso risveglio ad Altavilla (Foto di Maurizio Crispi)

(29 marzo 2020) Avverto oggi, al risveglio, una certa stanchezza.
Ma bisogna abituarsi.
Non vedo sprazzi di luce in fondo al tunnel.
A livello mondiale, stiamo diventando un popolo di reclusi, avviati mestamente verso un collasso globale senza precedenti, per quanto si possa capire.
Non mi pesano la reclusione forzata, nè tantomeno la solitudine sociale (fatta salva la possibilità di vivere in contatto con i miei cari), ma ciò che maggiormente mi logora è l'incertezza: sì, avete ragione nel dirmi adesso che mi sto contraddicendo con quanto ho scritto qualche giorno fa a proposito della necessità di vivere alla giornata, applicando la filosofia degli AA.
Ma perfino gli AA per poter seguire questa loro visione del mondo salvifica hanno bisogno di un gruppo di altri AA, propri pari nel problema che cercano di risolvere, con cui riunirsi e con cui condividere la propria filosofia del condurre la propria battaglia "giorno dopo giorno".
Per il resto, in questo momento mi piace pensare ad una delle mie letture giovanili di riferimento e di formazione, che fu Walden ovvero la vita nei boschi di Thoreau, alla base di ogni forma di anarchismo libertario e di ritorno alla semplicità/essenzialità del rapporto diretto e non mediato con la Natura.
Oggi, non mi sento ottimista, se non si era ancora capito. Vorrei poter guardare al bicchiere mezzo pieno. Ma non ci riesco.

L'invasione degli ultracorpi (The Body Snatchers, 1954) - locandina originale

L'impensabile si sta verificando. New York è sotto assedio da parte del Covid-19, anzi è stata già invasa, in un'inedita "invasione degli ultracorpi" che, in molti modi diversi, ha sempreossessionato gli Americani (ancora una citazione letteraria e si tratta di "The Body Snatchers" di Jack Finney, più volte trasposto in film). Ho sentito dire in un notiziario che il ritmo delle morti nella Grande Mela, calcolato ieri, è stato di una ogni 6 minuti. E si deve aggiungere che chi ha redatto questa notizia ha anche chiosato  che forse questa stima al momento della divulgazione del testo era già mutata.
Trump adesso, dopo essere stato troppo a lungo coronavirus-scettico parla di mettere sotto quarantena stretta lo stato di NY e i due stati confinanti, il Connecticut e il New Jersey.
Quello che era stato raccontato nella narrativa d'anticipazione si sta dunque verificando.
E in Italia  si è mestamente sorpassato il livello 10.000 quanto ai morti. Altre campane a morto, troppe.
Oggi, non mi sento di dire altro, se non che - nel corso della notte - mi sonosvegliato diverse angustiato e in sofferenza.

Ho sognato che mi recavo in ospedale per andare a visitare qualcuno ammalato di mia conoscenza. Impossiile avvicinarsi con l'auto ad una distanza ragionevole, poichè le strade erano nel caos. Mi sono dunque incamminato assieme agli altri con cui mi trovavo per raggiungere a piedi il nosocomio.
Qui, abbiamo trovato il cancello presidiato da infermieri in divisa verde da sala operatoria, i quali formavano un vero e proprio cordone umano.
Ci hanno detto che non si poteva entrare senza preavviso e che la visita ai propri cari degenti andava prenotata prima per telefono. Senza, nessun ingresso sarebbe stata consentito.
Interdetti, io e gli altri rimanevano a ciondolare davanti al cancello e, ad un certo punto, riuscivamo a sgattaiolare all'interno, per ritrovarci in una specie di ampio bar-refettorio-caffeteria dove il personale ospedaliero, visibilmente esausto, si ristorava e mangiava velocemente prima di tornare al lavoro. Visto che c'ero, anch'io ordinavo qualcosa da mettere sotto i denti
Poi, uscendo e immergendomi in una folla assorta e indaffarata, vedevo avvicinarsi a me il primario della Divisione di Neurologia dove ho lavorato all'inizio della mia carriera. Mi facevo incontro per salutarlo, ma lui mi evitava deliberatamente rivolgendomi un veloce cenno con gli occhi, come a dire: "Cerca di capire, non è il momento di salutarsi e di fare rimpatriate". E si scansava per dissuadermi dal fare qualsiasi gesto di ulterior saluto.

Segnali dal futuro (Knowing, 2009) - locandina

La seconda parte del mio piccolo scenario onirico mi ha portato a ricordare che ieri sono andato a fare la spesa, al piccolo supermercato di San Nicola l'Arena, trovando una coda all'esterno piuttosto lunga, poichè l'indomani, domenica, l'esercizio commerciale sarebbe stato chiuso, come tutti gli altri, del resto. Pioveva, ed eravamo in molti sotto la pioggia. Altri cercavano riparo sotto una striminzita tettoia. Mi sentivo infastidito, quando qualcuno mi veniva troppo vicino e allora facevo un passo indietro o di lato, all'interno, quando le traiettorie degli utenti contingentati si incrociavano, inevitabilmente. A questo siamo arrivati!

Poi, nel pomeriggio di ieri, ho guardato due film su Netflix. Entrambi già visti in passato, in particolare il secondo è stato "Knowing" (in italiano, "Segnali dal futuro", del 2009) che racconta di un'ipotetica fine dell'umanità e del mondo intero. Giusto per stare allegri, anche se il film ruota attorno alla possibilità di un nuovo inizio, per il quale soltanto pochi, prescelti da un misterioso popolo extraterrestre di "angeli custodi", verranno messi in salvo per dare vita ad un un nuovo biblico inizio.

E con questo confortante scenario, mi congedo per oggi.

Aggiungo qui il link ad un articolo che mi pare davvero interessante e utile ad una riflessione comune.

Qui di seguito, invece un link ed un video youtube che illustrano le possibili correlazioni tra la diffusione del Covid-19 e l'attivazione a livello planetario del sistema 5G.

La veduta di Monte San Calagero, dalla mia campagna (foto di Maurizio Crispi)

(30 marzo 2020) Notte di sogni inquieti. Dormo sempre di più tuttavia e la mia disciplina quotidiana, fatta di risveglio precoce per potere sfruttare al meglio le ore del giorno, si sta sgretolando davanti all'assenza di prospettive. Per fortuna che, essendo in campagna, c'è sempre del lavoro da fare per creare da sé una specie di regola minimale.
Qui il lavoro non manca mai: spietrare il terreno, utilizzare le pietre più grandi per costruire dei nuovi muretti a secco di contenimento laddove ce ne sia bisogno e quelle piccole come riempimento, un po' di lavoro con il cemento, bruciare frasche e ramaglie secche.
Ma oggi al mio risveglio piove e quindi niente lavoro manuale.  Ieri, invece, è stata una grande giornata piena di soddisfazioni.
Non pensavo che avrei scritto qualcosa, ma poi mi sono messo davanti al laptop e le parole hanno cominciato a fluire.

Bla bla bla bla, dunque.
Si sente sempre più parlare di economia di guerra: è un dato di fatto. Bisogna fare i conti anche con tutte quelle forme di economia sommersa che l'ordine di restare a casa ha improvvisamente stoppato. Oltre a tutte quelle forme di lavoro nero  dipendenti da datori di lavoro che non pagano i contributi e che non mettono in regola: anche in questo caso, chi lavorava in esercizi commerciali di cui è stata decretata la chiusura sono rimasti a casa senza alcuna tutela, mentre chi ancora lavora, peggiorando le cose, non potrà usufruire di alcuna forma di ammortizzatore.
Si affaccia la possibilità di distribuire agli indigenti delle somme di denaro per potere provvedere alle necessità vitali e ritorna quindi (non si sa in quale forma, ancora) la "carta annonaria" dei tempi della II guerra mondiale, quando quantità stabilite di ogni genere alimentare venivano distribuite a chi la presentasse. Tra i racconti di guerra di mia mamma c'era anche questo: erano narrazioni che mi affascinavano e io le dicevo sempre, di questo o di quello, "Mamma raccontamelo di nuovo!".
Stanotte, ho sognato di essere in ospedale (dimensione onirica ricorrente, evidentemente), ma non ricordo i dettagli, se non che avevo la sensazione che il sogno riprendesse immutato dopo ogni mio risveglio, come se fossi bloccato all'interno di un loop onirico. Invariabilmente ripiombavo nello stesso scenario, anche se ad ogni risveglio mi ripetevo sollevato: "E' soltanto un sogno".
Imperversano in questi giorni le teorie complottiste. anche se, ad onor del vero, alcune sembrano essere suggestive e danno l'idea di essere fondate su di un'ideazione complessa.

Lettura (foto di Maurizio Crispi)

Come quella, ad esempio, che attribuisce il dilagare del Covid-19 all'attivazione su scala planetaria del sistema 5G. Io non so: non mi sento di prendere posizione a favore di una tesi oppure dell'altra, ma ritengo - come fece Freud a proposito del soprannaturale - di dover umilmente sospendere il giudizio, rimanendo in attesa di evidenze più esaustive ed incrollabili a qualsiasi critica.
In ogni caso, non so se ci avete fatto caso. chi parla più di migranti e di barconi? E chi invece fa riferimento ai diversi scenari di guerra e di guerriglia nel mondo? La pandemia da Covid-19 è diventata un'enorme nuvola - una cortina fumogena - che sta nascondendo al nostro sguardo tutto il resto, così come - lavorando sulla paura individuale e sociale - impedisce di riflettere all'enormità della sospensione delle libertà civili e al suo protrarsi per un tempo indefinito.
Basta così per oggi...

 

Altavilla Milicia, Piano Aci (foto di Maurizio Crispi)

(1° aprile 2020) Ieri non ho scritto nulla. Il sole brillava e il cielo era azzurro. Ho preferito sin da subito dedicarmi al lavoro all'aperto, anziché ad una session davanti al laptop.
Quindi all'aperto, qui in campagna.

Poi di notte ho sognato.
Mi sono svegliato e ho preso una copia della Bibbia che tengo vicino al letto, anche se non ne sono un lettore assiduo e l'ho aperta a caso.
Ecco i versetti che hanno attirato la mia attenzione e che ho letto, prima di rimettermi a dormire:


(Sapienza 3, 1-5) Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro dipartita da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
In cambio di una breve pena
riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé;
(...)

 

Poi, ho sognato nuovamente.
E questa volta, quando mi sono risvegliato, ho ricordato.
Ero in un grande giardino e mi occupavo delle piante che vi crescevano rigogliose, innaffiandole con attenzione per evitare che l'acqua si spandesse inutilmente e che ogni goccia ricadesse all'interno delle caselle fatte con le vanga (per le piante in piena terra) e dentro i vasi.
Arrivava la mamma di un compagno di scuola di Gabriel e mi chiedeva se potevo occuparmi anche delle loro piante, visto che c'ero.
All'inizio non me ne davo per inteso e continuavo ad occuparmi delle mie piante, quelle di cui sentivo di avere la piena responsabilità.
Poi, però, mi ricredevo, sentendomi uno stronzo per non essermi mostrato disponibile e, quindi, trascinando con me il tubo dell'acqua, andavo ad abbeverare le piante del loro giardino.
Poi, il giardino si trasformava nel chiostro di un convento (o forse un monastero). Anche qui mi dedicavo con scrupolo a dar acqua alle piante, senza trascurarne neppure una.
Su di un lato del giardino c'era una grande fossa oblunga piena d'acqua, dalle sponde erbosa e decorata con papiri ed altre piante acquatiche. Posso immaginare che in quelle acque scure navigassero delle carpe e che nascoste tra l'erba più giovane e tenere al limite della specchio d'acqua tranquillo si raccogliessero rane e ranocchi.
Nello svolgimento dei miei compiti entravo anche nella chiesa (o comunque di un luogo di culto), anch'essa decorato con grandi piante in vaso e continuavo ad abbeverare con attenzione e, direi quasi, con amore.
Mentre così facevo, cominciavano entrare inn ordine sparso delle suore, in abito bianco, e man mano che affluivano si disponevano sui banchi di preghiera.
Io continuavo nel mio lavoro.
Improvvisamente, l'acqua cessava di scorrere. Il tubo si afflosciava senza più vibrazioni sotto la mano che lo reggeva.
Entrava un'ultima suora che mi fissava stizzita e con un'aria di rimprovero: e dio capivo che era stata lei a chiudere il rubinetto. La sua espressione mi diceva chiaramente che aveva ritenuto il mio comportamento irrispettoso e che dunque aveva deciso di porvi termine in modo drastico.
Uscivo in punta di piedi, mortificato, poiché non ritenevo di aver fatto torto a nessuno né di aver mancato di rispetto alla sacralità del luogo.
Riavvolgevo il tubo di gomma, prendevo la mia cassetta degli attrezzi e me ne andavo.
Vedevo che bambini e ragazzi di età variabile avevano prso a usare il piccolo laghetto artificiale come piscina: facevano salti, si tuffavano, schiamazzavano, si spruzzavano a vicenda e, soprattutto, intorbidavano l'acqua.
Li rimproveravo con veemenza, facendo loro notare che quel laghetto non era una piscina e che, così facendo, avrebbero disturbato il delicato equilibrio tra specie animali e vegetali.
Non se ne davano per inteso e continuavano a sguazzare, imperturbati.
Anzi mi sembrava che mi irridessero per il mio zelo.
La cosa che mi dispiaceva di più era che, tra loro, vi era anche mio figlio Francesco e che, almeno da lui, io mi sarei aspettato di ricevere una qualche forma di comprensione, se non proprio di di cooperazione.
Giravo le spalle e proseguivo mesto per la mia strada.
C'e anche un altro frammento di sogno e non mi ricordo se si sviluppasse prima o dopo quello del giardino.
Qui ero con quattro amici e eravamo appena arrivati in un grande sito marino di vacanza.
Da una hostess ci venivano assegnati i nostri alloggi e quindi ci venivano distribuite delle schede di affiliazione al Club, allo scopo di poter usufruire di tutte le facilitazioni esistenti nel resort.
Poi scoprivo in una nicchia nella parte un'attrezzatura super-tecnologica per la connessione internet e mi davo da fare per attivarla [benché io nella vita ordinaria sia assolutamente una schiappa per quanto concerne queste cose]. Ma era davvero super, super, super.
Quindi, dopo tutti questi rituali, mi spogliavo e mi avviavo per andare alla spiaggia.
Uno dei miei amici mi faceva notare che ero tutto nudo, senza nulla addosso, nemmeno uno slip minimale. E io gli rispondevo: "Qual'è il problema? Questo è un sito naturista! E poi qui non c'è nessun altro oltre a noi".  I miei interlocutori mi hanno guardato sgomento, come a dire: "Ma allora che vacanza è?".
Oggi, il cielo è coperto e di notte ha piovuto, ma non mi sono mai accorto che piovesse, durante i miei risvegli.

Ho seguito tanti dibattiti ieri.
Uno relativo a quello dell'impossibilità di comprare articoli di cancelleria, giocattoli, biancheria intima nei supermercati; in quanto non "generi di prima necessità".
E poi a quello sul permesso in deroga al precedente decreto di accompagnare i bambini, uno alla volta e un solo genitore alla volta, a fare una breve passeggiata: non monopattini, no biciclette, niente attività ludiche e motorie.
Come dire che ai bimbi viene accordata una sorta di ora d'aria, ma molto restrittiva.
Per alcune cose stiamo assistendo a effetti davvero molto grotteschi.
Le misure limitative dei sistemi complessi come è la nostra organizzazione societaria portano a questo tipo di effetti. Nel senso che nel dare delle limitazioni generali, di rado si pensa alle ricadute che esse potranno avere sugli aspetti più minuziosi della vita quotidiana.
Chi governa dovrebbe avere la situazione monitorata da un team di esperti, includendo anche sociologi e psicologi, in modo da poter ricalibrare costantemente le misure adottate, ma senza tanti intralci burocratici. Perché altrimenti ii rimedi proposti rischiano di di ingenerare effetti peggiori del male che si intende allontanare o deformare grottescamente e surrealmente le nostre vite.

Al Confine (foto di Maurizio Crispi)

(2 aprile 2020) E' passato il giorno del pesce d'Aprile e da giorni ormai l'equinozio di primavera ce lo siamo lasciati alle spalle. C'è anche stato il cambiamento annuale dell'ora legale, lo scorso week end. Abbiamo guadagnato un'ora di luce: ma di queste giornate più lunghe, con la promessa di una temperatura mite e di pomeriggi assolati, per il momento non ne potremo godere. Ieri è stato decretato il prolungamento dell'#iorestoacasa sino a Pasqua.
Intanto, dopo le recenti piogge, la vegetazione è in pieno rigoglio e le strade sono fiancheggiate da macchie colorate: il glicine già fiorito precocemente, il siliquastro, i susini, la zagara delle piante di agrumi con il loro profumo sontuoso. Un tripudio. Ma in giro non c'è nessuno che possa godere di questa festa di colori e di odori.
Il mare lontano appare una superficie primigenia non solcata da natanti.
Anche questa notte, in uno dei miei risvegli, ho preso la Bibbia. Proseguendo nel mio esperimento, questa volta, la ricerca casuale l'ho fatta al buio: aprendo il volume a caso, sfogliando poi delle pagine in avanti e indietro comefa il mazziere quando rimescola le carte, e poi, alla fine di questa procedura, ho puntato il dito su di un rigo. Solo a questo punto ho acceso la luce e ho letto:

Dice il Signore Dio:
Distruggerò gli idoli
e farò sparire gli dei da Menfi.
Non ci sarà più principe nel paese d'Egitto,
vi spanderò il terrore,
devasterò Patros, darò fuoco a Tanis,
farò giustizia su Tebe

(Ezechiele 30, 12-13)

Quindi mi sono riaddormentato e ho sognato.
Ero con mio fratello. Lui con il suo badante. Eravamo seduti ad un desco ed io facevo  avanti ed indietro da un cucinotto dove stavo approntando una pietanza appositamente per lui, sperando che ne mangiasse, anziché limitarsi a bere vino e a fumare una sigaretta appresso all'altra.
Poi la scena si spostava.
Ero in un ristorante, altri avventori seduti ai tavoli. Io da solo, ma circondato da persone.
Mangiavo, ma anche qui ero inquieto, mi alzavo di frequente come se avessi cose più urgenti da fare.
Quando tornavo da un'assenza più prolungata trovavo degli sconosciuti seduti al mio tavolo: e fumavano spavaldamente, facendola da padroni. Loro! Al mio tavolo! Ma cose da pazzi!.
Protestavo vivacemente, gli indicavo la pietanza ancora nel piatto, non finita, e gli dicevo che desideravo poter continuare il mio pasto.
Mi lanciavano un'occhiata aggressiva e poi uno dei due diceva: "Qui c'è posto per tutti, ci pare!"
Io:  "Sì, non lo metto in dubbio, ma per poter mangiare io ho bisogno della mia privacy,  quindi vi prego di lasciarmi spazio".
Prima che la conversazione degenerasse i vicini di tavolo intervenivano a mio favore, siimprovvisavano pacieri e, con bonomia, invitavano gli intrusi ad allontanarsi.
Si avvicinava una donna che faceva da cameriera ai tavoli con un taccuino in mano e mi chiedeva la comanda per il secondo. Non ricordo affatto cosa avessi scelto per primo.
Mi diceva che c'era, e molto buono (da non perdere assolutamente), l'"orso" e io non capivo: lei allora cominciava a decantare le qualità di questa pietanza, fatta di ortaggi, una specie di sformato vegetariano, mi sembrava di capire.
Il mio sguardo vagava per il locale e veniva catturato dall'immagine di un orso tricolore rampante, fatto come un dipinto di Arcimboldi: infatti, si intravedevano nella trama della sua sagoma carote, piselli, cavoletti di Bruxelles, rape, broccoli ed altro. La combinazione dei diversi colori creava, in effetti, l'effetto cromatico del nostro tricolore.
Io le chiedevo: "E' questo?"
"Sì, è buonissimo, salutare e per giunta patriottico!", faceva lei.
"Vada per questo, allora!"
[L'orso vegetariano mi faceva pensare al pesce finto fatto di tonno e patate impastati assieme che, a volte, si fa in casa e se all'impasto ci si aggiungono anche un po' di capperi, il sapore è la fine del mondo!]

E la cameriera si allontanava impettita.
In una scena successiva arrivavo in una località dove era annunciata una conferenza sul Coronavirus. Si trattava di una cittadina dall'aspetto medievaleggiante. Ed era in corso, in concomitanza, una manifestazione che metteva in scena la ricostruzione di una battaglia, in cui la cittadina con le sue alte mura turrite era messa sotto assedio da un esercito invasore. E quindi si vedevano cavalieri armati di tutto punto, arcieri, guerrieri a piedi con le armature di ferro, con elmi con la celata, con spadoni e alabarde, mazze ferrate, asce bipenni, e tutto il corredo di catapulte, torri di legno mobili di quelle usate negli assedi delle città per avvicinarsi riparati e poter dare la scalata alle mura e di altre macchine da guerra ingegnose.
La cittadella era circondata da un fossato pieno di piccole imbarcazioni fortificate, dotate di ripari per arcieri e frombolieri, ed anche qui erano in corso dei combattimenti simulati nella variante "navale".
Ero incantato da queste scene e dalla precisione filologica della loro ricostruzione.
Intanto nel grande salone in cui si sarebbe dovuta svolgere la conferenza c'erano alcuni, ragazzi e ragazze, che predisponevano i materiali per i relatori, i cavalieri(non quelli del combattimento di prima...), penne e matite, piccole carpette con le alette e intanto qualcuno provava anche i microfoni e l'impianto di amplificazione: "Pronto, pronto, uno, due, tre, prova, prova".
Ma dei relatori ancora nessuna traccia.
Poi, all'improvviso, arrivava una mia vecchia conoscenza, accompagnato dalla moglie. Ero sorpreso nel vederlo, perchè pensavo che di questi tempi avrebbe preferito rimanere a casa al riparo.
Lo salutavo calorosamente: "Buongiorno, Professore!"
Chiacchieravamo del più e del meno, e ci ritrovavamo seduti a tavola, di nuovo a pranzare. Per un attimo c'era anche mia moglie; io che stavo parlando in Italiano con il mio interlocutore le dicevo che avrei tradotto per lei in Inglese, ma nel frattempo lei, sentendosi esclusa, si alzava dicendo che doveva andare d'urgenza in farmacia.
Scoprivo, parlando con il Professore, che proprio lui avrebbe dovuto essere il relatore.

 

Tintin

Assieme a loro era comparsa un'altra signora corpulenta e sussiegosa che si scopriva essere una cantante lirica: infatti, senza esserne stata richiesta, si esibiva in arie e gorgheggi d'una potenza inaudita  da far incrinare i cristalli e, mentre lei si esibiva, mi accorgevo che le pareti della grande sala erano costellate di sue gigantografie, intenta in performance varie della sua scoppietante carriera. Mi faceva pensare alla cantante lirica dell'episodio di Tintin (Tintin and the Castafiore Emerald, in Italiano "Tintin e i gioielli della Castafiore"), insomma quel tipo lì.
Spendevo qualche parola su di lei e sulla sua abilità di cantante: ma le mie parole si rivelavano essere irrimediabilmente banali e scontate. Non me ne poteva fregar di meno.
Si avvicinava l'ora della conferenza e il Professore si sedeva al tavolo dei relatori, ma dei partecipanti non v'era traccia. C'ero solo io come uditore.
Infatti, gli organizzatori prendevano tempo, probabilmente in attesa che qualche spettatore prima o poi arrivasse, per quanto in ritardo.
Vedevo un'angusta porticina e mi affacciavo ad essa: uscivo e mi ritrovavo su di un piccolo terrazzo lastricato di pietre rese scivolose dalla pioggia. Di fronte a me, scorgevo la cittadella turrita mentre era in corso ancora la finta battaglia. Mi sporgevo per guardare meglio e mi accorgevo che questo piccolo terrazzo, senza parapetto peraltro, era aggettante dalla sommità di un dirupo con una caduta verticale di oltre cento metri.
Ero preso da un attacco subitaneo di vertigini e, in preda alla paura di cadere giù o addirittura di lanciarmi nel vuoto spinto da un improvviso raptus, perdevo di lucidità e di coordinamento, incespicando mentre cercavo di guadagnare una via di uscita. Praticamente strisciando e sudando freddo, rientravo  - con il respiro accelerato e il battito cardiaco a mille - nel salone delle conferenze, ritornando a guardare le variegate scene di battaglia attraverso il vetro di una finestra appanato e imperlato di gocce di pioggia.
La promessa conferenza sul Covid-9 intanto era andata in dissolvenza e, all'interno di quel salone, mi ritrovavo completamente solo.

L'ultima immagine che ricordo era quella di una di una figuretta con il volto appiccicato al vetro della finestra in un salone completamente e desolatamente spoglio e vuoto.

(03.04.2020)

Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.
Gli idoli dei popoli sono d'argento e d'oro,
opera delle mani dell'uomo.
Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
non c'è respiro nella loro bocca.
Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.

(Salmi, 134, 14-19)

Prosegue il mio esperimento di lettura a caso della Bibbia, notte dopo notte.
Il caso (o la necessità?) mi hanno portato stavolta a questi versetti dei Salmi.
Rimango sempre impressionato, così come mi capitava quando consultavo un altro libro sapienziale, ma della tradizione orientale, cioè l'I-King.
In fondo, e non vorrei che nessuno si offendesse, a parte lo specifico discorso della Fede (e delle attitudini interiori che vi sono connesse) la Bibbia è anche in primo luogo un libro (o meglio una racoltadi libri, una "biblioteca") sapienziale e che, possedendo q    uesta qualità, ha molto da dire e da far riflettere.
Le parole della Bibbia hanno il più delle volte una forza d'impatto enorme. In questi primi tre giorni di esperimento i brani che ho trovato alla cieca li ho trovati accomunati da un filo comune e li ho sentiti molto legati in qualche modo alla situazione attuale.

Alba sul mare (foto di Maurizio crispi)

(05.04.2020) Al mattino del sabato, ci sono nuvole a chiazze nel cielo, poi spunta il sole tra un aureale di nubi e i suoi raggi piovono in basso verso la distesa del mare tranquillo come una colata di oro fuso.
Viene voglia di nuotare sino a quella distesa scintillante e magari raccogliere con un cucchiaio qualche goccia di quell'oro scintillante.
Wow!
Rientro in città dopo quasi tre settimane di assenza.
Viaggio spettrale. Nessuna auto davanti a me. Nessuna dietro.
Qualche sciabolata di luce alle mie spalle che presto svanisce inghiottita dal buio.
Silenzio.
Se abbandonassi la razionalità, potrei pensare di essere l'unico rimasto sulla faccia della Terra, come capita in alcune storie di anticipazione o che sia avvenuta un'improvvisa dislocazione in una dimensione parallela dove la storia è andata diversamente.
Sia come sia, arrivo a casa sano e salvo, nella sera di sabato.
Domani sarò a Palermo, bloccato.
Lunedì mattina sbrigherò delle cose improrogabili e, dopo, il più presto possibile, farò ritorno alla mia dimensione campagnola.
Il rientro in casa è ancora più strano: mi sembra di far ritorno dopo un lungo periodo di malattia altrove o anche dopo un lungo viaggio, iniziato senza che ciò fosse previsto e dove tutto denuncia un improvviso abbandono.
Dormo nel mio letto di sempre, trovandovi conforto, con i miei libri quelli che stavo leggendo tre settimana fa. Ne riprendo le fila, senza fare alcuna fatica. Anche se è passato molto tempo, mi ricordo sempre della trama e del punto in cui ho lasciato.
Dormo nel mio solito modo.
Ogni tanto leggendo. Ogni tanto sveglio, riflettendo.
Consulto, sempre a caso, la Bibbia e questa volta il mio indice punta un paragrafo di Geremia.

Geremia nella rappresentazione di Michelangelo Buonarroti

Ecco la parola che fu rivolta a Geremia da parte del Signore: «Alzati, scendi in casa del vasaio, e là ti farò udire le mie parole».
Allora io scesi in casa del vasaio, ed ecco egli stava lavorando alla ruota;
il vaso che faceva si guastò, come succede all'argilla in mano del vasaio; da capo ne fece un altro
come a lui parve bene di farlo.
La parola del Signore mi fu rivolta in questi termini:
«Casa d'Israele, non posso io fare di voi quello che fa questo vasaio?»,
dice il Signore.
«Ecco, quel che l'argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, casa d'Israele!
A un dato momento io parlo riguardo a una nazione, riguardo a un regno,
di sradicare, di abbattere, di distruggere; ma, se quella nazione contro la quale ho parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle.
In un altro momento io parlo riguardo a una nazione, a un regno, di costruire e di piantare;
ma, se quella nazione fa ciò che è male ai miei occhi senza dare ascolto alla mia voce,
io mi pento del bene di cui avevo parlato di colmarla.
«Ora parla agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme, e di':
"Così parla il Signore: Ecco, io preparo contro di voi del male, e formo contro di voi un disegno.
Si converta ora ciascuno di voi dalla sua malvagità, cambiate le vostre vie e le vostre azioni!"
Ma costoro dicono: "È inutile; noi vogliamo camminare seguendo i nostri pensieri, vogliamo agire ciascuno seguendo la caparbietà del nostro cuore malvagio"».
Perciò, così parla il Signore: «Chiedete dunque fra le nazioni chi ha udito tali cose!
La vergine d'Israele ha fatto una cosa orribile, enorme.
La neve del Libano scompare mai dalle rocce che dominano la campagna?
O le acque che vengono di lontano, fresche, correnti, si asciugano mai?
Eppure il mio popolo mi ha dimenticato, offre profumi agli idoli vani;
lo hanno fatto inciampare nelle sue vie, che erano i sentieri antichi,
per seguire sentieri laterali, una via non appianata, e per far così del loro paese una desolazione, un oggetto di continuo scherno; talché tutti quelli che vi passano rimangono stupiti e scuotono il capo.
Io li disperderò davanti al nemico, come fa il vento orientale;
io volterò loro le spalle e non la faccia nel giorno della loro calamità». (Geremia 18, 1-17)

Al mattino passeggiata nella città silente.
Incrocio tanti padroni di cani, ma tanti.
Si potrebbe pensare che, ormai, dei cittadini di un tempo ci siano soltanto padroni di cani, e questo non soltanto negli orari mattutini (quelli delle uscite canoniche e più regolari), ma a tutte le ore del giorno.

 

Il parco di Villa Sperlinga (Pa) deserto ai tempi del Covid-19 (foto di Maurizio Crispi)

Magari c'è stata un'improvvisa corsa al procacciamento di cani, per avere un salvacondotto alle uscite più frequenti (risata).
Presto anche i cani indosseranno la mascherina e forse anche i gatti (risata).
Avvisto un gabbiano acquattato sul marciapiedi. Non si muove. Soltanto quando Flash comincia a latrare eccitata, il gabbiano cerca di scostarsi a fatica. Ma non prende il volo maestoso, come farebbe in circostanze normali. SI muove a fatica e si capisce chiaramente che ha un ala malconcia.
Vorrei aiutarlo, ma non ho i mezzi per farlo. E poi dove trovare oggi un veterinario che se ne possa occupare, e poi - in ogni caso - come fare a gestire un volatile così grande e maestosa e dotato per di più di un becco così grande e minaccioso?
La primavera è in pieno rigoglio. Ci sono intere pareti di glicine fiorito che emanano un profumo sontuoso ed inebriante. Le Jacarande sono già in piena fioritura (in anticipo, quest'anno, come il glicine) e già un tappeto viola comincia a formarsi ai loro piedi.
Altri profumi percorrono l'aria, molto più intensi del normale, poiché non c'è l'inquinamento dei gas tossici dei fumi di scarico a fare da cortina olfattiva.
Rientro a casa, alla fine.
Quanto durerà la segregazione?
#ioresto a casa.
Restate a casa! E questa la frase che viene ripetuta come un mantra, nelle scritte, nelle affissioni murali, nei notiziari e negli spot "educational". Più tardi, durante la seconda passeggiata canina, la mia attenzione è improvvisamente captata da un frastuono che mi sgomenta.
Cosa succede? E' arrivato il circo? C'è una catastrofe imminente? Guardo nella direzione da cui sento provenire il rombo nel quale si cominciano a distinguere parole e frasi roboanti.
Ecco c'è un camion piuttosto grosso sul quale è montato un sound system di tutto rispetto dal quale fluisce una voce stentorea che, mentre il camion incede a passo d'uomo seguito da un'auto della Polizia municipale, esorta i cittadini a restare a casa, dando loro tutte le coordinate cui rivolgersi in caso di perplessità.
Non avrei mai creduto che si potesse arrivare a questo. Come se fosse annunciato un terremoto oppure un'imminente catastrofe naturale, come un improvviso riscaldamento globale dell'atmosfera, o l'arrivo di un missile nucleare, e le autorità non sapendo quali altre misure prendere invitano i cittadini a chiudersi a casa.
Questa scena mi ha sconfortato perché mi ha fatto pensare ad una fine del mondo imminente. Intanto il conto dei morti aumenta e così quello dei contagiati che ha già superato, nel mondo, il milione. Ma questo milione è soltanto la punta dell'iceberg, poichè è soltanto in funzione del numero di individui che sono stati sottoposti al tampone.
Alcuni hanno detto che si dovrà fare una stima di gran lunga superiore, tenendo conto di tutti i contagiati asintomatici che, senza misure di restrizione della mobilità individuale, hanno portanto e continuano a portare in giro per il mondo il virus. Che tutto questo sia opera di un Dio-vasaio, come nella parabola di Geremia?

 

Foto di Maurizio Crispi

(07.04.2022) Una giornata calda e assolata, come ieri del resto. Vari piccoli lavori. Brucio ramaglie e ricavo quelle parti dei rami buone per accendere il fuoco nel camino e nella stufa. Come esperimento, metto a dimora quattro piantine di pomodoro.

Raccolta di fave ancora giovani e tenere e di punte di asparagi: saranno utili per cucinare qualcosa per il pranzo.

A sera, la luna si leva nel cielo, quasi piena. Un disco argentato che sorge dal mare e che accende un lungo riflesso sulla sua superficie immota.

In lontananza, in una visione incantata scintillano le luci di Termini Imerese e di Trabia.

L'aria è fresca e umida. Si sente un sentore forte di terra bagnata.

Un altro giorno è andato, con poche iniziative da parte mia a parte il lavoro mattutino nel campo.

Ho sentito di un'iniziativa collettiva da parte di alcuni artisti a Palermo che, iniziata il 30 marzo scorso, consiste nel proiettare sulle facciate delle case e sui balconi l'immagine di Santa Rosalia con   una mascherina a coprirle il volto, come a dire: Io farò il miracolo e vi salverò dalla pestilenza, ma voi fate i bravi e come faccio io indossate la mascherina.

Ex Voto collettivo di artisti a Palermo

 

 

 

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21 marzo 2020 6 21 /03 /marzo /2020 07:59
Palermo ai tempi del Coronavirus (foto di Maurizio Crispi)

Siamo a poco più di mese dall'arrivo del CoVid-19 in Italia, con il primo caso a Codogno e con l'identificazione della prima zona rossa.

Da quel momento, quello che ritenevamo impensabile è accaduto: e il Coronavirus ha cominciato a dilagare, sopratutto nelle Regioni del Nord.

L'impensabile: quello di cui finora avemo letto soltanto nei libri di fiction o nei film di scenari apocalittici cupi.

In Sicilia stiamo ancora vedendo ben poco... ma con i due successivi decreti del governo Conte che hanno determinato un giro di vite sulla libera mobilità delle persone il panorama è cambiato anche nel Sud, mentre - fatto salvi alcuni persistenti comportamenti irresponsabili - la paura ha cominciato a guadagnare terreno, grazie anche al martellamento H24 di notizie sul progredire dell'infezione che si susseguono come bollettini di guerra.

Le strade a Palermo già semivuote - se non vuote del tutto - in orari in cui usualmente sono caratterizzate da un traffico caotico, con gli ulteriori giri di vite si sono svuotate ulteriormente.

Il cielo è più limpido, però; l'aria meno inquinata. I volatili continuano indifferenti le loro attività. I gabbiani volteggiano alti nel cielo, stridono, scendono planando alla ricerca ddi cibo nei rifiuti abbandonati.

Tutti a casa, auspicabilmente. I radi passanti che si incrociano compiono manovre di evitamento e cercano di modificare la propria traiettoria, per evitare il contatto ravvicinato con i propri simili che vengono visti come potenziali appestati.

La città non è più nostra, ma un territorio desolato e ostile.

La sensazione è quella di essere prigionieri, in prigioni senza sbarre, attanagliati dalla paura, anche quando si cerca di rimanere ottimisti e minimizzare.

Ma sentendo le notizie delle morti, a centinaia, adesso, ogni giorno, viene davvero difficile minimizzare.

Ho sempre letto i libri di anticipazione catastrofisti e post-catastrofisti con interesse: tutte storie in cui l'Umanità si trova davanti ad un dilagante evento catastrofico e alle sue conseguenze, libri in cui con vividi tratti è rappresentata la fase della distruzione e del crollo totale dell'organizzazione societaria umana e poi quella della ricostruzione (laddove ciò sia possibile).

Grandioso,per esempio, "Il Giorno dei Trifidi" di John Wyndham, oppure "Io sono leggenda" di Richard Matheson (1954), ma al culmine di tutto porrei le prime 100 pagine - o giù di lì - del magistrale "L'ombra dello Scorpione" di Stephen King (The Stand, 1978), in cui si racconta di un epidemia simil-influenza sfuggita ad un laboratorio di armio biologiche e rapidamente diffusa a livello planetario.

Qui, la storia inizia con la morte di quasi tutta la popolazione dell'America settentrionale (e, presumibilmente, del mondo) in seguito alla dispersione di un'arma batteriologica sfuggita al controllo dell'uomo: un virus conosciuto con il nome formale di Progetto Azzurro (e in gergo come "Capitan Trips") mutazione letale dell'agente eziologico dell'influenza, caratterizzato da un tasso di infettività del 99,4% ed un tasso di mortalità per gli infetti del 100%. La prima sezione del libro, intitolata appunto "Capitan Trips", si svolge in un lasso di tempo di 19 giorni e racconta del quasi totale sterminio della specie umana ad opera del virus stesso. L'edizione completa del libro inizia con un prologo intitolato "Il cerchio si apre" che spiega come la super influenza sia sfuggita dal laboratorio in cui era stata creata (da wikipedia).


Viene delineato in questa narrazione uno scenario cupo e terribile che King utilizza ai fini dell'emergere di una spietata lotta tra il Bene e il Male (impersonato dal tristo personaggio Randall Flagg) che coinvolge i pochi sopravvissuti. Ma si può certamente dire che "Il Re" sia stato capace di predire un simile evento catastrofica con la forza narrativa che è il suo segno maggiore.

Lo scenario del Coronavirus in confronto è morbido, ma non meno terribile, visto che a seconda dei calcoli e delle stime si parla di una mortalità tra lo 0,6 e l'1% della popolazione, salvo che non vengano messe in atto contromisure efficaci (come l'isolamento degli individui e la riduzione marcata della liberà mobilità). Ma in ogni caso, si possono ipotizzare milioni di contagiati: e ancora non abbiamo visto niente. Poichè siamo appena all'inizio,non certamente alla fine.

Quello che è successo in Cina (estinzione dei nuovi casi) lascerebbe ben sperare: ma lì - anche se in ritardo - sono state messe in atto misure davvero drastiche ed eccezionali.

Così si avverte nella vita quotidiana, dopo poco più di un mese dallo sbarco del CoVid-19 in Italia?

Ci sente isolati e soli.

Ci si sente in pericolo, ovviamente.

Si è a repentaglio, sì. Uscendo, ci si espone, ma si espongono anche altri alla nostra presenza e chi è senza peccato (senza infezione) scagli la prima pietra.

Cosa fare? nessuno lo sa, se non lo stare a casa, mentre l'economia scricchiola sempre di più.

Si può immaginare di starsene tranquilli a leggere - chi ha il gusto della lettura - tutti quei libri che non si èancora mai avuto il tempo di leggere, oppure rileggere quelli che ci sono piaciuti di più.

Si può scrivere, come sto facendo io adesso, per convogliare pensieri ed emozioni.

Quelli che hanno il dono della fede possono pregare, naturalmente.

E poi non rimane altro da fare che meditare e riflettere, mentre una ridda di opinioni diverse si accavallano sui perchè e sui per come, sulla prevedibilità di ciò che sta accadendo, sulle eventuali - criminali - responsabilità, sul caso e sulla necessità e sul fatto che sicuramente, dopo, il mondo non sarà più lo stesso.

E qui mi fermo, per proseguire nei prossimi giorni con ulteriori aggiornamenti, quando mi sentirò di farlo.

 

Palermo, prima del Coronavirus (Foto di Maurizio Crispi)

(23 marzo 2020) Sono nella casetta in campagna. Ho sentito l'esigenza di ritirarmi qui anzichè fare avanti e indietro con la città, cosa che è diventata sempre più difficile ed aleatoria. Qui mi sento più libero, con la possibilità di entrare ed uscire all'aperto quando mi pare. Attorno non c'è nessuno: la casa è davvero molto isolata. Posso lavorare all'aperto quanto mi pare e occuparmi delle solite faccende: e questo dà una continuità al tempo di prima.

Sì, in effetti, questo è quello che sento: c'è un tempo di prima e un tempo di dopo: noi siamo in questo momento in una specie di terra di mezzo e ancora non sappiamo quando arriverà il tempo di dopo e come sarà.

Dormo come un ghiro: vado a letto presto e dormo più a lungo di quanto non accadesse nel tempo di prima.

Sogno tanto. Sogni a volte confusi e affastellati, a volte invece chiari e precisi.

Un tratto comune di questi sogni è che, in essi, incontro sempre una quantità di persone: vivo una vita sociale intensa e variegata sia con perfetti sconosciuti sia con persone che non vedo da tanto tempo.

E' come se i sogni mi garantissero una vita sociale, anche quella vita sociale fatta di contatti sporadici e di chiacchierate occasionali con le persone più disparate che si incontrano per strada, che adesso non posso più avere.

Qualche giorno fa, quando ancora ero a palermo, mi sono incrociato con una che portava a spasso il suo cane. Ed io il mio.

I due cani senza alcuna preoccupazione hanno voluto socializzare e mentre loro lo facevano dispiegando tutti i segni del loro linguaggio canino e gli inviti al gioco, io e la tizia - mantenendo la debita distanza - abbiamo chiacchierato del più e del meno. Niente di che, le solite informazioni che ci si scambiano tra padroni di cani quando si incontrano, solo qualche tangenziale riferimento alla situazione ma senza esserne oberati.

Poi, alla fine, ci siamo congedati ed io, andando via, le ho detto: "Grazie della piacevole conversazione!"

Di questi tempi, anche una banale conversazione si fa sempre più difficile anche tra persone che si incontrano occasionalmente, poichè - in linea generale - ciò che prevale è un atteggiamento di sospetto (come se tu, sconosciuto, fossi un potenziale untore-propagatore di virus), ma soprattutto una disastrosa perdita della leggerezza e del senso dell'ironia. Se si fa una battuta scherzosa, nel tentativo di alleggerire la tensione le persone ti guardano ottusamente, come se non capissero o non volessero capire.

Vorrei che, per qualche istante, i giornalisti non ci parlassero più nei notiziari dei calciatori che, in contravvenzione alle norme che valgono per i cittadini normali, vengono testati alla ricerca di un'eventuale positività anche quando non sono sintomatici. Vorrei che su queste notizie assolutamente irrilevanti si stendesse un velo di silenzio. Detto molto francamente dei calciatori non me ne frega nulla, se non in quanto esseri umani: che se stiano a casa e che vengano testati con il tampone soltanto se diventano sintomatici, come tutti.

Ecco, mi piacerebbe che in un ipotetico tempo di dopo, il Calcio professionistico venisse ad essere fortemente ridimensionato senza essere come il centro dell vita di tutti e che si possa ritornare a modelli di vita più semplici e più francescani.

E intanto arrivano notizie di terremoti, come quello che ha colpito Zagabria, fortunatamente, a quanto pare senza vittime.

In questo accavallarsi di notizie negative, è come se si potesse intravedere un preannuncio di Gaia (ricordate James Lovelock? Sì, penso di sì!) che si riscuote per cercare di ridurre l'eccessiva pressione e il tormento che il genere umano le infligge da decenni.

E per oggi è tutto.

 

Festa di carnevale a scuola (foto di Maurizio Crispi)

(24.03.2020) Un altro giorno è andato...

Vivo (viviamo) giorno per giorno, in attesa,

Siamo tutti locked down, a livello planetario.
Mi fa davvero antipatia questa parola: dopo che è stata usata da quel puzzolone di Boris Johnson (che, personalmente, non posso sopportare), tutti i giornalisti italiani, da bravi imitatori linguistici anglofili non fanno che usare questa parola: ma abbiamo molti altri termini italiani che si potrebbero usare per dire la stessa cosa...
E poi, questa parola mi fa pensare ad una drammatica sindrome neurologica che è la Locked-in Syndrome (anche nota come "Pseudocoma"), immortalata in un bellissimo film "Lo Scafandro e la farfalla". Chi l'ha visto ricorderà. Finiremo con l'essere tutti come degli zombie locked-in?

Ieri, sono passato dal piccolo supermercato di San Nicola l'Arena. Si entrava uno alla volta, ogni volta che all'interno "si liberava un posto". Uno entra e uno esce. ma qui sono tranquilli. Non c'è un eccessivo allarme. Tutti con la mascherina, alcuni anche i guanti usa e getta, di tutti i tipi.

Mentre aspetto il mio turno all'esterno, uno si affaccia al balconcino al primo piano sovrastante il supermarket. L'inferriata del balconcino è tutta tappezzata con una stoffa bianca (è un'usanza delle nostre parti, di vecchia data, pensata in origine per impedire a sguardi indiscreti di penetrare dal basso sotto le gonne delle donne di casa, ma di solito si utilizzano dei drappi vivacemente colorati). La stoffa bianca mi ha colpito e ha attivato la mia ironia, sicchè ho detto al tipo che con aspetto sonnacchioso guardava in basso verso la strada: "Anche il balcone si è messo la mascherina!" Ma la mia ironia non è stata colta (sigh, sigh). Il tizio ha soltanto bofonchiato qualche parola per dire che si era appena alzato dal letto, del resto dove avrebbe potuto andare? E così, fine dell'interazione.

Nei frangenti drammatici, l'ironia e l'auto-ironia (come anche la capacità di sorridere e di ridere) possono servire se non a cambiare la gravità delle cose a ridurne l'impatto emotivo... Ricordiamoci del film di Benigni "La vita è bella"...

Ho scoperto ieri sera che esisteva già un decreto dal governo pubblicato sulla gazzetta ufficiale che decretava a partire dal 30 gennaio lo stato di emergenza nazionale.

Questa, molto francamente mi era sfuggita, per difetto di informazione da parte mia probabilmente.

Anche stanotte ho fatto una quantità di sogni sempre pieni di persone e di incontri caleidoscopici, ma non avendoli appuntati al momento del risveglio notturno, li ho dimenticati del tutto.

Mi chiedo - e di questo si dibatte alla radio - potremo stare chiusi in casa (con misure via via più strette) per un altro mese oppure per due o tre o forse anche quattro mesi. E che ne sarà dell'istruzione dei nostri bambini?

E cosa dire dell'organizzazione della nostra società e del nostro assetto democratico?
Ancora una volta mi vengono in mente i molti romanzi catastrofisti che ho letto e che sono stati scritti dai loro autori per dare vita ad una sorta di test a tavolino per esercitarsi a pensare - e ad ipotizzare - il dopo catastrofe, quando in tempi veloci o lenti si verifica il crollo dell'organizzazione societaria.

E qui mi viene in mente uno straordinario romanzo di Philip K. Dick, La penultima verità, di cui magari parlerò un'altra volta.

Mentre scrivo queste parole, fuori piove ed è grigio, ma all'orizzonte intravedo il profilo lontano ed inconfondibile di Alicudi.

Ed intanto sento i gabbiani onnipresenti che stridono.

E so per certo che da qualche parte, fermi al riparo, ci sono l'upupa e la poiana, in attesa di riprendere i lori voli.

Anche le tortore, solitamente molto rumorose, oggi hanno spento il loro richiamo.

Voglio inserire qui di seguito la Favola del Colibrì che tanti commenti ha suscitato.

LA FAVOLA DEL COLIBRÍ
Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio. Di fronte all'avanzare delle fiamme, tutti gli animali scapparono
terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa senza pietà.
Leoni, zebre, elefanti, rinoceronti, gazzelle e tanti altri animali cercarono rifugio nelle acque del grande fiume, ma ormai l'incendio stava per arrivare anche lì.

 

Colibrì (fonte web)

Mentre tutti discutevano animatamente sul da farsi, un piccolissimo colibrì si tuffò nelle acque del fiume e, dopo aver preso nel becco una goccia d'acqua, incurante del gran caldo, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo. Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento.
Il colibrì, però, non si perse d'animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d'acqua che lasciava cadere sulle fiamme.
La cosa non passò inosservata e ad un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: "Cosa stai facendo?".
L'uccellino gli rispose: "Cerco di spegnere l'incendio!".
Il leone si mise a ridere: "Tu così piccolo pretendi di fermare le fiamme?" e assieme a tutti gli altri animali incominciò a prenderlo in giro. Ma l'uccellino, incurante delle risate e delle critiche, si gettò nuovamente nel fiume per raccogliere un'altra goccia d'acqua.
A quella vista un elefantino, che fino a quel momento era rimasto al riparo tra le zampe della madre, immerse la sua proboscide nel fiume e, dopo aver aspirato quanta più acqua possibile, la spruzzò su un cespuglio che stava ormai per essere divorato dal fuoco. Anche un giovane pellicano, lasciati i suoi genitori al centro del fiume, si riempì il grande becco d'acqua e, preso il volo, la lasciò cadere come una cascata su di un albero minacciato dalle fiamme.
Contagiati da quegli esempi, tutti i cuccioli d'animale si prodigarono insieme per spegnere l'incendio che ormai aveva raggiunto le rive del fiume. Dimenticando vecchi rancori e divisioni millenarie, il cucciolo del leone e dell'antilope, quello della scimmia e del leopardo, quello dell'aquila dal collo bianco e della lepre lottarono fianco a fianco per fermare la corsa del fuoco.
A quella vista gli adulti smisero di deriderli e, pieni di vergogna, incominciarono a dar manforte ai loro figli.
Con l'arrivo di forze fresche, bene organizzate dal re leone, quando le ombre della sera calarono sulla savana, l'incendio poteva dirsi ormai domato.
Sporchi e stanchi, ma salvi, tutti gli animali si radunarono per festeggiare insieme la vittoria sul fuoco.
Il leone chiamò il piccolo colibrì e gli disse: "Oggi abbiamo imparato che la cosa più importante non è essere grandi e forti ma pieni di coraggio e di generosità. Oggi tu ci hai insegnato che anche una goccia d'acqua può essere importante e che «insieme si può» spegnere un grande incendio. D'ora in poi tu diventerai il simbolo del nostro impegno acostruire un mondo migliore, dove ci sia posto per tutti, la violenza sia bandita, la parola guerra cancellata, la morte per fame solo un brutto ricordo".

Anche il balcone indossa la mascherina (San Nicola l'Arena, Trabia, PA) - Foto di Maurizio Crispi

Anche il balcone indossa la mascherina (San Nicola l'Arena, Trabia, PA) - Foto di Maurizio Crispi

Davanti ad una casa di riposo per anziani di Santa Flavia (Foto di Maurizio Crispi)

(25 marzo 2020) Si accavallano i provvedimentio e si va verso ulteriori giri di vite. Le vittime tornano a vrescere, anche si nota in alcune zone una deflessione della curva dei contagi. Nello stesso tempo si comincia ad ipotizzare che i contagiati possano essere molti di più (una cifra non quantificabile), a causa delfenomeno sommerso che non può essere monitarato, poichè allo stato attuale si fanno i tamponi solo ai contatti degli individui risultati sintomatici e testati.

Si parla di proseguire con le misure eccezionali sino al 31 luglio che è il termine previsto, allo stato attuale, per lo stato di emergenza nazionale decretato il 30 gennaio scorso.

I lavoratori del settore dei carburanti minacciano una serrata.

Cosa accadrà se dovessero andare in tilt internet e la telefonia mobile?

Non sono certo scenari allegri: se poi si amplia l'orizzonte dello sguardo al panorama internazionale c'è ancora meno da stare ottimisti. A New York, ad esempio, l'infezione dilaga rapidamente. In Europa, la Spagna è in corsa (si fa per dire) per raggiungere il primato delle vittime.

Per fortuna, non ho più sentito parlare di calciatori e il tormentone Olimpiadi è stato in qualche modo accantonato con la decisione ultima da parte del Comitato olimpico di rimandarle a tempi più allegri.

Concentriamoci su noi stessi, dunque.

Ritorniamo a noi e alle nostre piccole cose quotidiane.

Ma non è tanto semplice.

Io mi sento a disagio, per non dire inquieto.

Il mio senso dell'ironia e dell'autoironia, qui, oggi è miseramente fallito: ma spero soltanto per poco. Spero che il mio ottimismo potrà riprendere il sopravvento o almeno fare da elemento equilibratore.

Piove fitto questa mattina. E me ne sto confinato a casa.

La notte è stata agitata, con molti sogni che adesso non ricordo più., ma mi sono svegliato di frequente con lunghi periodi di veglia ansiosa.

Rimangono sempre i conforti della lettura e della scrittura.

Ci sono tre zone dichiarate rosse in Sicilia, una a Villafrati, non distante da Palermo, dove il contagio è stato portato da una donna avventata e imprudente che, tornata dal Nord Italia (con la fuga di massa concomitante al Decreto Conte sulla prima stretta) ha pensato bene di andare a salutare il nonno degente in una casa di riposo per anziani, con il risultato di 69 contagiati e di una vittima. Pensate un po'.

 


Ieri parlavo del romanzo di quel grande visionario che è stato Philip K. Dick, "La Penultima verità".
Perchè mi veniva in mente?

Il romanzo è piuttosto complesso e dirò soltanto la parte della trama che qui mi interessa per il suo impatto allegorico: in un mondo futuribile si è combattuta con armi nucleari devastanti la Terza Guerra Mondiale e i sopravvissuti si sono ritirati a vivere sottoterra in enormi formicai sotterranei.I dittatori della popolazione che se ne sta sottoterra, con lo scopo di mantenere ordine e disciplina nella cornice di una ferrea condizione di emergenza, fanno in modo che i cittadini del mondo sotterraneo continuino a credere che la guerra sia ancora in corso, mandando in onda nei notiziari finte riprese video, in modo tale da distoglierli dal desiderio di risalire alla superficie per ricostruire una società fondata sulle regole della democrazia.

Ognuno tragga da questa metafora le conclusioni che preferisce.

Io penso che in questo contesto che ci ritroviamo a vivere potrebbero verificarsi grandi rivolgimenti, senza che nessuno abbia modo di accorgersene.

Una cena frugale (foto di Maurizio Crispi)

(26.03.2020) ieri, dove mi trovo, come nel resto della Sicilia credo, ha piovuto fitto tutto il giorno. Bassa la temperatura percepita. Una pioggia necessaria all'agricoltura, ma tale da intristire.
Ma del resto si deve stare a casa: quindi, con la pioggia continua, c'è un ottimo motivo per stare dentro e ci si sente alleggeriti.

Dopo una lunga lotta, derivante dal fatto che mi ero incaponito a usare della legna tagliata di fresco, sono riuscito ad avviare la stufa e ho potuto godere dentro casa di un piacevole tepore, portando la temperatura interna sino alla meraviglia di 16°.

Poi nel corso della notte notte la pioggia è cessata ed è subentrato il vento, a raffiche.

Durante i miei risvegli, mi sembrava di essere su di un bastimento a vela, sballottato e scricchiolante.

Ho sognato vividamente e dei sogni di questa notte ricordo bene un frammento in cui io, in abiti talari bianchi e con una candida papalina sul capo, mi ritrovavo a ricevere Papa Francesco che arrivava con numerosi prelati al suo seguito. Ero alquanto imbarazzato alla sua presenza e mi sentivo goffo ed incapace di gestire adeguatamente il mio corpo in tali solenni circostanze. L'unico pensiero cosciente che mi attraversava la mente era che avrei dovuto levarmi quello zucchetto come se fosse un qualsiasi copricapo che uno alza dalla testa in segno di saluto oppure fare una riverenza e un baciamano. Ma rimanevo lì impalato come un ebete.

Che il sogno volesse dirmi che in questo frangente occorre rientrare nell'alveo consolatorio della fede? O che occorra lasciare entrare nel proprio cuore una figura salvifica e taumaturgica? Oppure ero io stesso che, nel sogno, mi facevo papa per guarire me stesso dalla paura?

Le notizie si accavallano, tutti dibattono.Sono tante le cose che si sentono dire, in testa a tutti le teorie complottiste. Certo è che - a sentire gli economisti - dalle ceneri del mondo percorso dal Coronavirus potrebbe nascere nuove configurazioni. Delrestoalcune delle grandi pestilenze nella storia dell'Umanità hanno cambiato letteralmente il corso della Storia.

Poi ci sono quelli che invocano l'arrivo di un vaccino efficace, costi quel costi (anche senza la necessaria sperimentazione, quindi come farmaco "eroico), altri che lo paventano.

Ci sono quelli che vorrebbero utilizzare farmaci di dubbia efficacia ancora e dai probabili effetti tossici (non ancora adeguatamente testati) da somministrare agli individui risultati infetti e/o ammalati.

Tutto e il contrario di tutto. E questo certamente non giova.

E' vero sicuramente che in questa situazione di dèbacle economica su scala mondiale ci saranno delle aziende che, se puntano sul cavallo giusto, si arricchiranno (vedi il caso dell'Avigan di cui tanto si discute adesso), come anche potranno trarne vantaggio i broker poichè - a seconda delle notizie circolanti - alcune azioni andranno giù e altre saliranno alle stelle (anche sulla base di fake news).

E questo è quanto.

Comincia un nuovo giorno e staremo a vedere.

Mi sono ricordato adesso (in realtà me lo sono ricordato mentre leggevo "Il velo dipinto" che ho finito ieri) che una volta, in Spagna, mi ritrovai nel bel mezzo di un'epidemia di colera.

Era il 1971 ed ero ancora studente di medicina. Allora non esistevano gli Erasmus, ma erano da poco stati avviati degli "scambi" tra studenti universitari. Avevo partecipato alle selezioni ed ero stato assegnato ad un piccolo ospedale spagnolo nella piccola cittadina di Palencia. Ero partito conla mia gloriosa 500 Fiat ed ero stato prima per oltre un mese in UK. Da lì mi spostai con un mio collega sino alla Spagna. Anche lui ci andava per lo stesso motivo, ma era destinato ad un'altra città. Quando arrivammo in prossimità della frontiera (eravamo in era pre-Schengen) avemmo (da una telefonata con i nostri familiari) la notizia dell'epidemia. Cercammo dunque un posto dove farci vaccinare (poichè era disponibile il vaccino) e ottenemmo la vaccinazione. Ci dissero che nei giorni successivi avremmo avuto qualche linea di febbre, ma che si sarebbe trattato di una normale reazione: "Quindi non preoccupatevi", aggiunsero. In realtà, questo ospedaletto a cui ero assegnato non era proprio a Palencia, ma in una cittadina limitrofa di cui non ricordo il nome: ricordo soltanto nei pressi della struttura sanitaria, un castello turrito cupo e tenebroso (che, tra l'altro, non era visitabile). Mi assegnarono una stanza spoglia, quasi monacale, con un lettino di metallo smaltato. niente alle pareti per allietare lo sguardo.

Nessuno si interessò a me, non mi venne dato alcun compito. Passai lì, i primi due giorni febbricitante, chiuso tra quelle quattro mura: i pasti me li portavano in camera. Mi sentivo come un recluso.

Quando stiedi meglio cominciai ad uscire per brevi passeggiate nei dintorrni. Dopo una settimana la mia resistenza si frantumò: decisi di andarmene e di partire per un tour attraverso la Spagna con una mia cugina  ed un un altro collega del nostro corso, anche loro profughi da analoghe situazioni. E quel viaggio fu memorabile.Ma questa è tutta un'altra storia.

 

Esercizio commerciale di Palermo che ha chiuso anzitempo per mancanza di clienti (Foto di Maurizio Crispi)

Il mio aggiornamento di oggi

(27.03.2020) Seguendo i notiziari e gli aggiornamenti si constata che le cose peggiorano a vista d'occhio nel dilagare dell'infezione da Covid-19. E' giusto tenersi informati, ovviamente.
Ma l'interesse ossessivo per gli ultimi notiziari non giova all'umore generale, questo è certo!
Vogliamo poter vedere degli spiragli, delle possibili aperture. Si gioisce, per esempio, se si osserva una lieve deflessione del numero dei nuovi casi registrati o dei morti. Ma è sollievo di poco conto poter constatare questo, perché poi i numeri riprendono a lievitare: ed in ogni caso bisogna tenere d'occhio il quadro globale,ciò che avviene nel mondo intero.
E siamo appena all'inizio.
Certo è che, leggendo con attenzione alcune fonti attendibili, che non sarà cosa breve. Alcuni parlano di tutto il 2020 e forse anche del 2021, con numeri molto alti di infetti e di morti nel mondo intero.
Ci sarà da preoccuparsi quando l'infezione prenderà piede in India, dove le misure di lockdown, già disposte peraltro, non potranno essere attuate, perché lì molta parte della popolazione non ha semplicemente una casa dove richiudersi.
In uno dei miei risvegli notturno riflettevo che bisogna cessare di desiderare spasmodicamente la fine di tutto questo, da un giorno all'altro, come per miracolo.
Quando si desidera spasmodicamente una cosa, sistematicamente il nostro desiderio rimane deluso.
Occorre smettere di desiderare e concentrarsi piuttosto sul momento presente.
La filosofia di vita degli Alcolisti Anonimi può tornarci utile.
Smettere di pensare al domani, concentrandoci unicamente all'oggi.
La nostra preoccupazione primaria è concentrare le nostre forze nell'oggi, non sono quelle fisiche, ma anche quelle mentali e spirituali.
Domani è un altro giorno, di là da venire. Domani si vedrà.
Quello che conta è transitare bene in ciascun giorno, senza chiedersi come sarà tra sei mesi e un anno. Questo ci aiuterà sicuramente a vivere meglio.
Ricordo che quando facevo le gare podistiche di 100 km, soprattutto all'inizio di quell'esperienza, scoprii che per essere resiliente, dovevo rinunciare a pensare al traguardo finale, concentrandomi piuttosto su quello - più pensabile - del successivo posto di ristoro a 5 km di distanza.
Questo atteggiamento mentale ti porta anche a concentrarti sul singolo passo che ti trovi a compiere, e così vai avanti, un passo dopo l'altro, sino a compiere i centomila passi dell'intera distanza (o giù di lì, un po' più o un po' meno, a seconda della velocità della tua traslazione nello spazio).
Mi ha anche colpito il fatto che dopo aver sognato due notti fa di incontrare il Papa, io stesso essendo vestito in abito talare, oggi Il Papa affacciandosi sul sagrato di una Piazza di San Pietro totalmente e surrealmente vuota impartirà una benedizione solenne Urbi et Orbi: e basta pensare in questo caso al potere dell'energia psichica messa in movimento dal fatto che decine di milioni di persone si ritroveranno a pregare contemporaneamente.
E, ritornando alla filosofia AA c'è da dire che questa consente anche a chi non è credente di affidarsi ad una forza superiore, un'Entità X che nei dodici punti AA mai viene nominata poiché ognuno deve costruirsela dentro di sé e con essa autonomamente dialogare, senza alcuna mediazione.
Il segreto degli AA è quello di una resa ad un potere superiore e l'accettazione della propria piccolezza, il che implica l'abbandono della hubrys che tanti danni fa a livello individuale e planetario.
Ieri ho anche ascoltato un'intervista ad Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose, che ha parlato a lungo del dramma delle centinaia e centinaia di persone che muoiono da sole senza il conforto dei propri familiari e senza il conforto dei riti della fede che aiutano il trapasso.
Dobbiamo riflettere a quei morti, nel momento in cui - come dicono le testimonianze - nelle cittadine del Nord le campane suonano a morto con una frequenza inaudita: come John Donne recita nel suo poema, quelle campane a morto ci riguardano, esse suonano anche per noi.

Intanto, si ridisegnano le mappe della prossemica. Ieri sono stato al piccolo supermercato dove mi servo abitualmente. E qui sono rimasto infastidito dal fatto che alcuni avventori (sempre ammessi all'interno in modo contingentato) mi venivano troppo vicini. Si instaurava tra me e costoro una specie di danza in cui io cercavo sempre di fare un passo indietro o di lato per mantenermi a distanza di sicurezza. Ho notato che un mio vecchio articolo sulla prossemica, pubblicato in questo blog, è stato all'improvviso attenzionato da molti lettori. aperto da molti lettori
Non è bello che ciò accada, ma tant'è.

Papà Francesco sul sagrato della Basilica di san Pietro, ill 27 marzo 2020 (fonte web)

(28 marzo 2020) Ieri ho avuto modo di scorrere un ottimo articolo di Raffaele Alberto Ventura su "La società iatrogena" che merita di essere letto e meditato. Il suo autore si dilunga sul fatto che questa pandemia sia l'autentica "tempesta perfetta" che nasce dall'incontro tra il piccolo virus Covid-19 e i meccanismi globalizzati del mondo del XXI secolo, quali rapidità dei trasporti, interconnessioni, delocalizzazioni, sovraffollamento etc.
In un certo senso - sostiene Ventura in modo documentato ed argomentando ampiamente - siamo noi stessi ad aver creato le condizioni necessarie per la diffusione del virus, in quanto è il nostro modo di vivere che ne facilità la diffusione su scala planetaria.
Mi è molto piaciuto che Ventura, nel contesto della sua dissertazione, abbia inserito un ampio riferimento a Ivan Illich e ad uno dei suoi testi più acclamati, "Nemesi Medica" che io ebbi modo di leggere quando ero ancora studente di medicina e che mi pose in una posizione utilmente critica nei confronti di certe prassi mediche super-tecnologiche.

Ciò che accade a noi oggi andrebbe, del resto, inquadrato in un contesto ben più ampio che è quello del progressivo ed inarrestabile degrado del nostro pianeta, a causa delle innumerevoli azioni di inquinamento e depredamento delle risorse, prima del tutto (o quasi) inconsapevoli, ma oggi sempre più condotte cinicamente sulla base della logica del profitto.

Questo libro è stato scritto dalla francese Fred Vargas, pseudonimo letterario di una ricercatrice in archeozoologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche e autrice di una serie di poziesca che ha come protagonista il commisssario Adamsberg.

Si tratta di un saggio che esamina in modo documentatissimo (alla faccia dei cosiddetti climato-scettici, guidati dai tracotanti Trump e Bolsonaro) le attuali condizioni di degrado inarrestabile delle condizioni climatiche e di esaurimento di alcune delle risorse chimiche fondamentali per il mantenimento della vita sul nostro pianeta. 
Il titolo del volume è "L'umanità in pericolo. Facciamo qualcosa subito" (Einaudi, 2020). non c'è davvero molto di che stare allegri.  Vi esorto a leggerlo, anche se di questi tempi, si tratta di lettura che non fa certamente sollevare il nostro umore.

Fred Vargas, L'umanità in pericolo. Facciamo qualcosa subito, Einaudi, 2020

(dal risguardo di copertina) Per anni, le élite politiche e finanziarie hanno nascosto la verità. Senza una drastica riduzione delle emissioni di CO2, entro il 2100 fino al 75% degli abitanti del pianeta potrebbe essere annientata da ondate di calore. Cambiare non è solo auspicabile, spiega Fred Vargas, ma necessario. Dobbiamo modificare la nostra dieta per incidere sempre meno sul cambiamento climatico; ridurre drasticamente la produzione di rifiuti e passare all’energia pulita. Lavorando insieme, riflettendo e immaginando soluzioni, l’umanità può ancora cambiare rotta e salvare sé stessa e il pianeta.

Se si colloca quanto sta accadendo con il Covid-19 in questo contesto, ci si renderà conto che siamo di fronte ad un tassello soltanto di una catastrofe di ben più ampie proporzioni e che ci stiamo avvicinando rapidamente al punto di non ritorno.

Ma non venitemi a che ciò che capita "sta semplicemente succedendo" e che noi lo subiamo come povere vittime innocenti. Non ci sono i quattro cavalieri dell'Apocalisse inviati da un dio irato a punirci, ma siamo noi stessi (in quanto uomini) i responsabili del disastro imminente.
A nostra discarica possiamo soltanto dire che noi siamo ostaggi delle lobby e di poteri occulti che manovrano soltanto per il proprio profitto: ma questa non è una giustificazione sufficiente, poichè noi - pur esecrandolo a parole - siamo i primi ad usufruire di tutti i vantaggi offerti da quel sistema di consumismo globale che sta rovinando il nostro pianeta e che ha creato le premesse per quanto sta accadendo con l'attuale pandemia. Sarebbe ora che quanto stia accadendo potesse essere colto come il segno per ridisegnare le mappe di un possibile sviluppo e di attivare nuove tecnologie, oppure affrontare coraggiosamente la necessità di tornare a condizioni di vita meno tecnologiche. Pensiamo, ad esempio, alla comunità degli Amish (che, pur con diverse variegatur,e continua a vivere come i primi pellegrini di più di due secoli addietro, rifiutando in maniera radical-fondamentalista qualsiasi nuova tecnologia).

Continuo ad essere assillato dalle narrazioni post-catastrofiste che ho assorbito nel corso degli anni: e si presentano segni indicativi del fatto che la realtà potrebbe superare i reami della fiction. Mi ha colpito sicuramente la notizia che un grande centro commerciale di Palermo (un grande Liddle, per l'esattezza) è stato preso d'assalto da "cittadini" che pretendevano di portarsi a casa i carrelli pieni senza pagare (accampando che non avevano più soldi per far fronte alle necessità quotidiane). Un singolo episodio che lascia presagire scenari cupi.
O anche la notizia altrettanto preoccupante del rialzo dei prezzi al dettaglio nel campo alimentari, con - in alcuni casi - ilraddoppio del costo di alcuni articoli. Per non parlare poi deelricarico astronomico praticato senza scrupoli su alcuni presidi anti-contagio, quali mascherine e guanti.
Fatti che sono intimamente correlati l'un con l'altro quasi due facce della stessa medaglia, poichè il rialzo predatorio dei prezzi (che in alcuni casi può ritornare ad accendere fantami del passato, come quello dei borsaneristi del tempo della II Guerra Mondiale) trova il suo correlato nei comportamenti altrettanto predatori di altri che ritengono di non potere più pagare simili prezzi inflazionati e che è venuto il momento di servirsi da soli (oppure perchè non ci sono più soldi per poter sopravvivere: basti pensare a tutti quelli che lavoravano nel'economia sommersa e che non potendo più giustificare i propri spostamenti sono costretti a stare a casa).
Di fronte a questi fenomeni si aprono due strade possibili: o il rinforzo delle misure di polizia che limiterebbe ulteriormente le libertà civili oppure l'attivazione di uno stato di guerriglia sociale.

Non è un caso che, negli Stati Uniti, dove l'allargarsi dell'epidemia procede ad un ritmo galoppante, ad essere presi d'assalto non sono stati i supermercati e i templi del consumismo commerciale, ma i negozi d'armi.

A fronte di tutto questo mi ha colpito la solenne immagine di papa Francesco che, al cospetto di una Piazza di San Pietro totalmente vuota ha impartito una solenne benedizione Urbi et Orbi, con indulgenza plenaria per tutti.
 

Pandemic gioco da tavolo

 

E intanto per esorcizzare la paura e il disagio ecco che è stato diffuso un gioco da tavolo che si chiama Pandemic e che serve ai giocatori costretti a casa ad esorcizzare la paura e a provare l'ebbrezza di tentare di sconfiggere con un lancio di dadi e con abili mosse il dilagare pandemico. Ma non è certo un gioco ciò che ci salverà.

 

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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