A Palazzo Adriano. L'altro giorno, mi trovavo a passeggiare nella piazza del paese (quella piazza di basolato che ha resistito intatto alla modernità, resa famosa dalle scene di "Nuovo Cinema paradiso".
E ho visto camminare un signore del paese, armato di ombrello, perchè il tempo era incerto e a intermittenza aveva piovuto per tutta la mattina. Ho pensato che si stesse facendo una camminatina salutista per prendere aria (Avrà appena pranzato - ho pensato - forse è il tempo di un po' di sano movimento per smuovere la digestione).
L'ho seguito con lo sguardo.
Ha attraversato la piazza e poi ha imboccato la lunga via che un tempo rappresentava il punto in cui terminava la strada proveniente da Prizzi (mentre adesso si esce dall'altro lato del paese e si può proseguire verso Bisacquino)
Dopo aver percorso tutto il rettifilo (lì, negli anni passati, era anche ubicata la stazione dove arrivava un tempo il trenino a vapore), si è seduto su una panchina solitaria posta proprio nel punto in cui la strada dritta, fiancheggiata da grandi alberi, curva decisa verso sinistra, addentrandosi in piena campagna (oltre 10 km di "deserto", prima di raggiungere le prime propaggini di Prizzi).
E lì si è fermato a lungo con fare meditativo, tenendo ambedue le mani poggiate al manico dell'ombrello puntellato tra le gambe, lo sguardo perso verso l'esterno, nella stessa direzione da dove un tewmpo arrivava sbuffando il treno a vapore a portare notizie e e innovazioni.
Una persona antica, d'altri tempi, mi è sembrata.
Ho riflettuto che lo sconosciuto forse ogni giorno indulge nel compimento di questo rituale, portandosi al limitare estremo del suo paese, come se quel punto fosse per lui il confine del mondo conosciuto... una sorta di Finisterre della mente (ma, nello stesso tempo, molto reale e concreto)...
Un tempo, ho continuaro a pensare tra me e me, i paesi, i villaggi, le piccole cittadine erano proprio questo: piccole isole di luce, di calore e di sicurezza, rispetto ad un vasto mondo sconosciuto e pieno di pericoli (che tuttavia poteva essere contemplato dall'estremo confine della propria certezza)...
Il mondo sconosciuto che un tempo veniva indicato dai cartografi antichi con la frase "Hic sunt leones" ("Qui ci sono le belve (e i mostri").
In quest'epoca di modernizzazione, in cui il segno del cambiamento è dato dal fatto che i paesani per fare i 500 metri da casa alla piazza salgono in automobile, questo signore è rimasto come ai tempi antichi.
Forse c'è da chiedersi perchè...
Può darsi che non possegga del tutto il bene dell'intelletto: è possibile, guardando alla foto con l'occhio clinico dello psichiatra.
Ma non è questo quello che conta.
Sia come sia, lui è rimasto e continua ad affacciarsi alle soglie del "nulla" per scrutarne l'insondabilità che non ha mai conosciuto e non ha mai nemmeno tentato di esplorare...
Mio padre da giovane passava lunghe estati qui a Palazzo Adriano e avev un carissimo amico d'infanzia e di adolescenza, tale "Peppinello".
Peppinello nacque e visse per tutta la sua vita a Palazzo Adriano, ci visse e ci morì, facendo il falegname e probabilmente finendo da morto in una cassa che lui stesso aveva costruito.
Mio padre e Peppinello erano grandi amici: ogni volta che mio padre tornava, c'erano grandi rimpatriate e abbracci calorosi.
Per Peppinello, mio padre era quello che aveva esplorato il mondo e che poteva raccontarglielo.