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17 luglio 2011 7 17 /07 /luglio /2011 23:36
DSC04731.JPG  DSC04736

 

Ombrello cinese ondeggia
lungo la strada assolata

Un tocco tutto orientale
nella luce accecante
dell'ora meridiana

Un tocco di gentilezza
nel deserto cementificato
del sabato mattina

Passo oltre
sotto l'ombrellino gentile
c'è una signora obesa
Non ha i tratti orientali
ma quelli nostrani
che di più non si può

Arranca traballando
sui suoi piedi tondi,
eppure questo vezzo
tutto orientale dell'ombrellino

che ogni tanto ruota con vezzo

la ingentilisce e me la rende simpatica

E poi: Ma dove starà mai andando nella calura?

Più avanti, nel lungo viale
ombreggiato di platani
e rivestito d'uno spesso tappeto
di foglie secche e accartocciate
in strane forme tridimensionali
una figuretta avanza piano,
biancovestita

Gorssi occhiali da sole
le ricoprono il viso
Non che sia particolarmente attraente
ma tutta vestita di bianco com'è

e nella scenografia della strada vuota e solitaria

è un piccolo colpo d'occhio,

in qualche misura estetico

- da film forse -

e uno che passa sul motorino
si ferma a molestarla
con frasi sconce e volgari inviti

Poi, fatta la sua parte
di pessimo macho latino,

il gaglioffo se ne va
lasciando la figuretta sola
che continua impertubabile ad avanzare

Una grossa signora obesa
avanza faticosamente sullo stesso marciapiedi,
solcando le foglie

con grossi piedi che ciabattano

e intanto s'appoggia,
a mo' di bastone, ad un grazioso ombrellino
rosso, avvolto e chiuso

Un senso di estraniamento mi prende

nell'osservarla.
Sarà la stessa di prima?

No, no! Quella di prima
aveva un ombrellino rosa, cinese.
Questo è chiuso e non si può dire se sia cinese...
Eppure, la forma dell'obesità è identica,
identico quell'incedere oscillante ed incerto,

eppure deciso.

PIù avanti, in là nello spazio e nel tempo

- ormai s'è fatta notte e l'aria s'è fatta fresca -

nella villa comunale da dove passo ogni giorno

extracomunitari tamil (così pare),

in un piccolo slargo arredato con panche di pietra

hanno allestito un tavolo quadrato con tanto di tovaglia bianca

che hanno portato da casa assieme ad alcune sedie,

e, attorno a questo arredo improvvisato

indugiano a desinare e a chiacchierare,

godendosi la frescura e il dolce abbraccio della notte.

Sono di tutte le età: almeno tre generazioni presenti

in una scena domestica che s'articola in uno spazio pubblico

e ricrea consuetudini antiche...

C'è da commuoversi a guardare questa scenetta

 

La strada, per me, è vuota e deserta

 

Il caldo ha svuotato la città

e il silenzio frusciante di foglie e di cartacce spostaste dalla brezza

è gravido di premonizioni

 

E l'inquietudine non è dissipata

dalla rievocazione del quieto consesso familiare di prima

che sembrerebbe contraddire

il postulato della fondamentale solitudine dell'uomo del XXI secolo

 

Più tardi, nella notte,

sono molestato da un sogno in cui

sono in visita da un uomo anziano,

dall'incarnato di un bianco spettrale

e, mentre parliamo, la pelle del suo volto

comincia a desquamarsi e a creparsi

e le carni del suo volto ad essicarsi.

Lui continua a parlare come se niente fosse,

ignaro della metamorfosi.

Vorrei chiedere aiuto,

ma dalla mia bocca non esce suono alcuno
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1 luglio 2011 5 01 /07 /luglio /2011 16:38

 

All'alba, a dieci chilometri da Siena,

 

scorgo da lontano il profilo di Monteriggioni,

una cinta di mura e di alte torri,

per me familiare e fonte di emozioni

 da quando mi ci imbattei casualmente

in uno dei miei vagabondaggi



 

A quella vista, non ho esitazioni:

abbandono la via principale e, seguendo le tortuosità della strada di campagna,

giungo alla piazzola di parcheggio ai piedi delle mura

A piedi, per la porta d'accesso, mi immetto nel grande piazzale selciato,

 

provando lo stesso fascino e la meraviglia della prima volta



La solitudine è totale: non un'anima viva

  

Mi accolgono il tubare dei piccioni,

una falce di luna ancora alta nel cielo

e le antiche torri della cinta muraria,

erte come sentinelle mute,

 semplici arcate vuote sul lato interno

ma anche la chiesetta di Santa Maria

che, nel corso dei secoli, ha accolto

i pellegrini francigeni di passaggio

 

Io, nomade della vita, vorrei sostare

sotto la pergola addossata alla parte della rustica locanda

  

La citta è domiente,

nulla si muove,

 

a parte il tubare dei piccioni

 

 

e i primi voli frenetici dei rondoni

 

Un gallo canta, un altro risponde

 

 

Ad Est, la placida campagna collinare di vigneti e ulivi

 

s'accende di una lama di sole rosso arancio

 

E mentre il cielo d'Oriente rosseggia

per poi virare al giallo abbacinante

 

c'è l'attivarsi di un brulichio di vite e di suoni

 

Una persiana si apre

e, subito dopo, la porticina della stessa casa

 

si socchiude per fare spazio ad un uomo anziano in canottiera

che, mentre lancia occhiate al cielo che lo sovrasta,

 

si grattuggia con indolenza il ventre prominente

 

 

 

La strada mi richiama, tirannica

Non c'è tempo per ristare ancora per un poco:

 

quell'emozione di rivedere la piccola cittadina turrita sulla cima del colle,

 

quella la porterò con me sino alla prossima volta,

 

ripromettendomi una volta di tornare e risiedere in questo luogo

per alcuni giorni.

 

 

Ma ci riuscirò mai?

  

 

DSC04203.JPG  

 

 

 

Monteriggioni

 

DSC04194.JPG

 

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28 giugno 2011 2 28 /06 /giugno /2011 09:52

 

 DSC03662.JPGViale del lungomare vuoto, illuminato da lampioni gialli.

Case vuote, sbarrate, silenziose.

Ma sarà per poco, perchè la stagione estiva incombe, con la sua folla e la selva di rumori sguaiati a mille decibel.

Poche auto.

La spiaggia è un cantiere, ingombro di cumuli di paratie di legno e le basi rettangolari delle cabine già predisposte a formare simmetrie geometriche.

Mosconi e pedalò quiescenti.

Ombre che si confondono nell'ombra.

Corpi appiattiti al suolo le cui forme confuse si indovinano intrecciate l'una nell'altra.

Sussurri di conversazioni, risate leggere, bisbigli.

Ombre nero-vestite sdraiate o sedute nei coni d'ombra delle cabine smontate o di quelle appena erette.

Quando Umani fatti d'ombra emergono dalle coltri 'ombra in cui sono avvolti, totalmente mimetizzati nel buio, si può solamente sussultare, come di fronte all'improvvisa materializzazione di esseri viventi dal nulla profondo.

BDSC03650isogna camminare con cautela, perchè si potrebbe andare ad inciampare in uno di questi corpi, dormienti o amoranti che siano.

L'andatura non è agevole. La superficie di sabbia, solitamente piana, è stata sconvolta dal passaggio dei muletti per il trasporto dei puzzle di cabine.

Si avverte che, sotto la suola delle scarpe, la sabbia, è sciolta e fresca, si possono immaginare i singoli granelli silicei, anche loro gonfi d'ombra, come se avessero scaricato del tutto l'energia del sole, assorbita durante il giorno.

Più avanti, mentre l'incedere lento ed impacciato sulla sabbia scavata in solchi e fossi mi conduce verso le luci lontane del borgo marinaro che, come oasi luminosa, si riflettono con lame giallo-arancione vivive sul mare buio, si stagliano lunghe file di cabine che, già montate, con la loro geometria soffocano e segmentano la distesa della spiaggia solitamente ampia e uniforme.

Le porte aperte, come tante orbite vuote, spettrali, i colori sbiaditi dalla conservazione invernale in qualche umido magazzino.

Passando da una fila all'altra, è forte l'impressione di aggirarsi all'interno di un villaggio fantasma, frettolosamente abbandonato o mai abitato.

Quelle porte semiaperte sono inquietanti, poichè evocano presenze occulte e misteriose, fantasmi poltergeist.

Ogni scricchiolio del legno che si assesta fa sobbalzare.

Non viene certo voglia di sbirciare all'interno di quegli spazi che appaiono come umide splonche a forma di parallelepipedo.

DSC03654Quando ci si passa davanti, a notte fonda, qualcosa potrebbe ghermirti e divorarti. E' facile pensare che un mostro tentacolare, un incubo lovecraftiano, un colore venuto dallo spazio, potrebbero venir fuori all'improvviso da quelle tenebre e afferrarti, oppure aprire una bocca sbavante, irta di zanne, e pappare la tua testa in un sol colpo.

Si cammina piano, quasi in punta di piedi, sussurrando, per non disturbare quei fantasmi...

E, per fortuna, che proprio vicino, c'è un'imbarcazione rossa, tipo moscone, che porta scritto sulla sua fiancata "Salvataggio".

Ci vuole sempre, a portata di mano un'uscita di salvamento...

I grandi alberi incombono, ma oggi sono solo pini e tamerici e qualche siepe di oleandro, mentre le palme, divorate dal punteruolo, un autentico diavolo rosso tenace, resistente e vorace, sono diventate merce preziosa. I relitti d'alcune di esse rimangano a stagliarsi nel buio come colonne di un antico tempio diruto

La spiaggia dell'Antico Stabilimento dei Bagni è già attrezzata: ombrelloni chiusi, bianchi e ritti come sentinelle o soldatini in armi -lasciati lì ubbidienti a far la guardia - anche loro disposti in rigida geometria militare, sdraio serrate, un custode - anche lui, lì, come una suppelletile da spiaggia - che se ne sta seduto sulla soglia d'una cabina pitturata di bianco, il volto è illuminato dai riflessi colorati cangianti di una piccola televisione accesa.

All'interno di un'altra cabina, si intravede con la sua illuminazione vivace da supermercato, un distributore a monete di bibite e bottiglette d'acqua.

DSC03680.JPGDi fronte, alla spiaggia attrezzata, illuminata - per motivi di sicurezza - da potenti fari che gettano sulla sabbia le ombre lunghissime degli ombrelloni serrati e disposti in file ordinate, c'è la distesa oscura del mare, nero-piceo e buio come un pozzo senza fondo, subito dopo i primi metri di acqua che appare trasparente e chiara e lascia intravedere il fondo sabbioso.

Lontano, oscillanti con i flussi e i riflussi della massa d'acqua, le sagome deboli di alcuni cabinati alla fonda

Luci di posizione accese e qualche altra debole lucina rivela segni di vita a bordo: avventurosi navigatori con il favore di buone condizioni di mare hanno deciso di passare la notte, qui, ormeggiati all'interno della baia, alla fonda.

Lo sciabordio delle piccole onde sulla battiggia è debole, ma continuo.

Il mare parla, ci parla, e confonde la mente, intossicandola con il suo respiro profondo ed eterno che è lo stesso respiro dell'universo.

Poco più in là, uno con un passamontagna calcato sulla testa o forse intabbarato in una sciarpa, uno se ne sta seduto al limitare della battigia a fumare sigarette, una appresso all'altra, come Yanez de Gomera, colto sempre nel momento in cui si accendeva l'ennesima sigaretta.

Richiami, voci lontani, il suono più squillante di brevi risate.

Il mistero della notte e il fascino del mare.

Poi, al ritorno, mi sono ritrovato le scarpe piene di sabbia silicea.

Le ho scotolate per bene, battendone le suole con vigore una contro l'altra.

E poi ho fatto cadere quella sabbia direttamente nel lavandino, sperando che con l'acqua di scarico possa tornare al mare e a quella spiaggia a cui involontariamente l'ho sottratta.

Tutto scorre, tutto si fa e continuamente si disfà, se ne va e poi ritorna.

E quella spiaggia dove ho camminato, con la sua infinità di granelli, non è certamente la stessa del giorno prima e non sarà più la stessa il giorno dopo.

Ed io domani sarò un altro e la vedrò con occhi diversi in un'infinita varietà di ritorni che, pur simili, saranno sempre sottilmente diseguali.

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8 giugno 2011 3 08 /06 /giugno /2011 13:34

albert-einstein1.jpgHo un'intolleranza crescente per tutti quelli, uomini, donne e ragazzi, che parlano nel loro telefono, quando sono in luoghi pubblici e, soprattutto, urlando, come se la conversazione fosse fatta a beneficio di orecchie terze, perchè cosi facendo invadono con noncuranza la privacy altrui con cazzi e mazzi loro (esponendo dunque al contempo e senza pietosi veli la propria intimità), con eventi futili e fatti insignificanti, con bagatelle, beghe e quisquilie di vite quotidiane più o meno squallide di cui non mi garba sapere nulla.

Potrei tollerare, forse, di stare in ascolto d'una conversazione al telefonino condotta da Albert Einstein in persona.

Allora sì che tenderei l'orecchio e mi farei sotto per ascoltare meglio, desideroso di carpire qualche briciola delle Sue intuizioni sulla grandezza dell'Universo! Potrebbe essere euristico stare in ascolto di colui che disse "Do I Dare Disturb the Universe"?.

Ma ciò sarebbe irrealizzabile: se Lui vivesse nei nostri squallidi tempi, sicuramente non parlerebbe coram populo al cellulare. Forse, non ne terrebbe nemmeno uno con sè. La sua grande mente non gli consentirebbe di non essere catturato da simili banalità.

E come sarebbe se tutti, si dessero ad un grande potlach dei telefonini in una follia liberatoria, collettiva e condivisa, frantumando i propri cellulari sotto i piedi, lanciandoli in mare o semplicemente buttandoli via? Chi sa che non avesse proprio questo significato occulto (cioè di avvisaglia della notte dei lunghi coltelli prossima ventura, in cui tutti i telefonini saranno distrutti), la moda invalsa nell'estate del 2009, di praticare come sport (con tanto di demenziali gare) il lancio del telefonino?

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26 maggio 2011 4 26 /05 /maggio /2011 10:24

palloncini-colorati111.jpg

 

Nel cielo della sera, quieto,

spezzato solo dagli ultimi voli dei rondoni,

prima del riposo notturno,

si accende una delicata stria di rosa

Palloncini colorati

di tutti i colori dell'arcobaleno,

ascendono verso l'infinito blu

come tante bolle colorate,

ciascuna delle quali contiene il pezzo di un'anima

E salgono,

salgono,

e, mentre salgono,

si disperdono e si fanno piccini

Noi che li guardiamo vincolati, come siamo, alle catene della Terra

pensiamo che siano partiti verso un viaggio lungo,

che forse non avrà fine

In realtà, ma questo noi da terrra

non potremo mai verificarlo,

ciascun pallocino, man mano che la pressione dell'atmosfera si riduce,

si va dilatando, sino a scoppiare alla fine in un plop!

che, nella rarefazione dell'aria, avviene in un profondo silenzio


L'aria - e i pezzi d'anima -

contenuti all'interno -

si disperderanno nell'etere

e quell'anima, finalmente ricongiunta,

potrà riprenderà il suo viaggio

nello spazio incommensurabile,

per arrivare dove?

Non si sa!

Nessuno da un simile viaggio

è mai tornato indietro a raccontarcelo.

Di sicuro, ai pianeti e alle stelle lontani.

Oltre Saturno e Giove.

Oltre la catena dei pianetini,

ai confini del sistema solare,

Di sicuro verso le Galassie,

nate eoni prima dei primi singulti del nostro pianeta

Partire con il palloncino colorato,

aiuta indubbiamente

a liberarsi prima dalle catene della Terra,

dai suoi vincoli,

a trasformarli in pneuma e respiro

che è tutto ciò che di noi rimane,

dopo che il corpo si è dissolto

 

buddismo-bandiere-di-preghiera.jpg

 

Il palloncino colorato che viaggia verso l'alto

è come le bandiere di preghiera dei templi buddisti

che, a centinaia, sventolano legate in fila a funi,

tese tra l'asse centrale dello stupa e la terra

All'inizio nuove e dai colori brillanti,

poi sempre più logore e sbrindellate,

recano scrito su di una superficie (a volte su entrambe)

le preghiere, scritte in inchiostro nero, in antichi caratteri.

Con lo sventolio e la carezza del vento,

le preghiere d'inchiostro si staccano dalla stoffa

e anche loro si fanno pneuma,

ascendendo verso l'alto

per raggiungere il Supremo,

incommensurabile e saggio,

che ascolta

 

Ma i palloncini colorati sono anche

come le campane di preghiera

che il fedele, dopo aver rivolto al suo dio

una preghiera muta

o appena sussurrata,

scuote traeondone argentini tintinnii,

i quali pure salgono verso il cielo

per giungere all'orecchio del Dio

e attirare sulla nostra modesta prece

- infinitesima rispetto alla grandezza del Cosmo -

la sua attenzione

 

Impigliato nelle spire d'un fuoco

che non può essere placato

e che lo divora ora dall'interno,

così come prima ha divorato le sue cose e la sua casa,

lasciandolo privo di tutto,

anzichè arrendersi alla volontà del Supremo,

alla consapevolezza dell'Impermanenza,

trasformando questo fuoco in energia propulsiva e opportunità,

un uomo chiuso dentro la sua auto

s'è lanciato a tutta velocità verso il mare,

s'è librato leggero in aria

- ma solo per pochi secondi -

e poi la massa di ferro e plastica

avvinta alle catene della gravità

s'è immobilizzato per ricadere con un tonfo greve

sulla liquida superficie,

spezzandone l'immobilità.

L'uomo all'interno dell'auto,

divenuta sarcofago d'acciaio,

ha atteso immobile la sua fine.

Immagino che la sua anima

sia rimasta impigliata in quel relitto

o inghiottita da qualche grosso pesce

Chi sa - forse al prossimo giro della ruota -

allo sventurato sarà dato di partire

a cavallo d'un palloncino colorato

verso il cielo infinito ed oltre

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22 maggio 2011 7 22 /05 /maggio /2011 08:52

gabbiani2a.jpg

 

Grandi nuvole sfioccate

s'inseguono nel cielo

nel pomeriggio grigio e triste

 

Respiro il puzzo di fuochi di gomma e plastica 

e quello di escrementi vecchi di cane,

che giacciono mummificati sul cemento

 

I rondoni s'inseguono in cielo

con continui voli nervosi

 

E' un altro giorno che volge al declino

 

monnezza-e-gabbiani.jpg

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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