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31 agosto 2017 4 31 /08 /agosto /2017 10:15
Smarrito

Smarrito in una città che mi è sconosciuta

Vicoli stretti selciati di lastre di pietra ferrigna
che si aprono su grandi piazze ariose
dominate da edifici baroccheggianti
dalle facciate di tufo grezzo di una calda tonalità marrone

Le strade vanno su e giù i pendii di colli vicini

Durante uno di questi saliscendi, quasi sulla sommità di uno di essi
intravedo uno skyline mozzafiato
quinte fatte di campanili torreggianti,
cupole imponenti
e ancora facciate barocche...

Cammino e cammino per le strade,
attraverso piazze spaziose
ma più vado avanti
più mi è chiaro di essermi perso e di non avere idea alcuna
di cosa dovrei fare per tornare indietro, sino ad un luogo familiare
Sì, ricordo perfettamente di essermi allontanato da una casa
dove stavo supervisionando il lavoro d’un idraulico
che poi identificavo in un mio vecchio conoscente
e con cui intavolavo una conversazione sui bei vecchi tempi andati

Concluso il lavoro e congedato l’operaio,
ma ancora pieno di questa conversazione
e delle reminiscenze recuperate dall’oblio
muovevo i primi passi per ritornare verso il portone di casa,

Giravo l'angolo ed ecco che di nuovo mi ero smarrito
Al di là, tutto mi appariva ignoto
Tutto nuovo, tutto diverso

Non c'era nessuno a cui chiedere...
Solo radi passanti che alle mie richieste rispondevano spicci
con una scrollata di spalle e, abbassando la testa, tiravano via dritto
L’unico appiglio avrebbe potuto essere il mio cellulare
Avrei potuto usarlo per mettermi in contatto con mia madre e mio fratello
rimasti indietro in quella casa - questo pensavo,
mentre lo maneggiavo con un senso di straniamento
Sì, indubbiamente, questa era una mia certezza

Solo che quello che tenevo in mano non era il mio cellulare
Era un telefono sconosciuto e di cui ignoravo password e funzioni
e c'era di che dubitare che avesse in memoria la mia rubrica
Senza quel cellulare (la batteria, con una sola tacca, era lì lì per scaricarsi)
avevo in mano solo un inutile pezzo di plastica e circuiti stampati
E oggi non siamo più capaci come nel tempo pre-digitale
di tenere a mente i numeri di telofono più importanti
Siamo tutti un po' smemorati
Mi veniva voglia di scaraventare quell'inutile smartphone
assai poco smart
contro il muro
rompendolo in mille pezzi

Non ricordavo nemmeno il nome della via da cui mi ero allontanato:
quindi non avrei nemmeno potuto chiedere ad un taxi
di riaccompagnarmi da dov'ero venuto
Tentando di ricostruire il mio percorso sino a lì,
e di capire, così rinculando, quali fossero stati i miei primi passi,
facevo giri su giri, ma insensibilmente tentativo dopo tentativo
mi allontanavo vieppiù dal punto focale della mia ricerca

Avevo la sensazione che si stesse facendo tardi,
lo vedevo nei sottili cambiamenti nella qualità della luce
e nell'allungarsi delle ombre,
mentre il cielo si affollava di strie chimiche rosate
Eppure, continuavo a cercare e a girare,
inanellando percorsi insensati,
come un uomo che si sia sperduto in una foresta oscura
o come un demente che brancola nel buio della sua mente
Ogni tanto avevo la sensazione di riconoscere un certo angolo
a partire da dettagli come
un cornicione rotto
una facciata barocca
un pacchetto di sigarette vuoto e accartocciato
piccoli elementi,
ma poi tutto si faceva di nuovo confuso ed indistinto

Mi sentivo esausto, dopo tanto cercare
senza poter venire a capo di nulla

Poi, di colpo mi sono svegliato,
il mio cellulare era lì, a vista, sempre quello

Mi sono rasserenato forse,
sono nella casa dove stavano mio fratello e mia madre,
e molti anni prima anche mio padre...
Di loro, sono l'unico sopravvissuto,
forse sono una sentinella
a guardia di un mausoleo o di un cenotafio,
sicuramente sono il custode delle memorie familiari,
secondo alcuni nulla più di un museo polveroso.
per me luogo sacro

ma fino a quando?

 

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7 luglio 2017 5 07 /07 /luglio /2017 09:06
Leggere

Leggere
Leggere
Leggere
Libro a colazione
Libro a pranzo
Libro di notte
Libro al cesso (ma sì!)
Libro in tutti gli intervalli
Libri diversi per momenti diversi
Bookwiches e libro-spuntini
Libri che per curiose coincidenze possiedono
titoli e contenuti assonanti/consononanti

La vita è un libro
fatto di innumerevoli stratificazioni
di affabulazioni e narrazioni
costruzioni e decostruzioni
e, soprattutto, di silenzio
non nel senso di assenza di musica
(ogni libro può avere un a sua colonna sonora)
ma di quel silenzio vibrante che riconduce a se stessi
Rumore-silenzio
che poi si fa Silenzio
per ritornare ad essere Silenzio-rumore
e così via, in un'infinita ricorsività

A volte, anche se si è in solitudine,
si legge ad alta voce,
ogni parola un acino d'uva da assaporare,
altre volte si legge in silenzio,
solo seguendo il testo che scorre
riga dopo riga
e pagina dopo pagina
con gli occhi,
altre volte ancora ci si limita
ad articolare lievemente le parole
con un sommesso movimento delle labbra,
quasi recitando una preghiera

Nella lettura possiamo sentire il nostro respiro
e il battito del nostro cuore
ed è sublime quando musicalità e ritmo
della pagina e del respirare coincidono

Leggere con dedizione
Leggere con impegno
Leggere con la meraviglia
di veder scorrere davanti a noi
molte altre vite
che arricchiscono quella che ci è stata data
e di andare in luoghi che forse
non avremo mai modo di visitare,
di luoghi esistenti e di luoghi fantastici,
viaggiando pur rimanendo chiusi nella nostra piccola stanza
e dentro i confini angusti che costituiscono il nostro piccolo mondo

Leggere è poter conoscere il brivido dell'infinito,
svoltando nei corridoi sena fine della Biblioteca borgesiana
e erodendo di continuo i confini di ciò che è ignoto-ignoto,
traghettando alla nostra esistenza cognitiva
ciò che per noi non era esistente

 

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23 giugno 2017 5 23 /06 /giugno /2017 16:45
(foto di Maurizio Crispi)

(foto di Maurizio Crispi)

E' un giorno afoso,
ma vibrante di vento

Nella calura abbacinante del primo meriggio
Un piccione giace privo di vita

sulla nuda terra
rossastra polverosa
in una chiazza di densa ombra

E' scomposto il piccione
caduto o forse avvelenato

Dall'albero sovrastante un piccione
si leva in volo

Planando, atterra con precisione
accanto al compagno morto
ci si muove attorno
inscenando una danza apotropaica
spinge la carcassa con la testa
torna a girargli attorno
Infine si ferma vigile,
a far da sentinella

Poi, dopo un po',
avendo adempito il rito funebre, vola via
emettendo indecifrabili richiami
per fermarsi su di un ramo in alto,
ma a poca distanza

In questo giorno vibrante di vento,
ma di totale solitudine,
la scena è stata in sé un piccolo miracolo:
piena di sentimento,
ma anche celebrazione di un lutto
e rappresentazione consolatoria
di una sua possibile elaborazione

Un essere vivente (e senziente)
non è morto da solo
e un'altra creatura congenere,
In maniera puramente istintiva,
ha avvertito una mancanza
e avrebbe voluto annullarne l'ineluttabilità
E già l'aver tentato un'impossibile
rianimazione è tanto
Semplice antropomorfismo?
Forse no: nelle cose c'è sempre più Mistero
di quanto non si possa immaginare

Il parco è totalmente deserto,
se non per qualche figuretta lontana
che si muove come fantasma
lungo i viali calcinati dal sole
Ma nuvole di polvere si alzano
e le inghiottono

Ombre presto saremo

 

The grievious pigeon - Il piccione in lutto
The grievious pigeon - Il piccione in lutto
The grievious pigeon - Il piccione in lutto
The grievious pigeon - Il piccione in lutto
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31 maggio 2017 3 31 /05 /maggio /2017 08:31

Santa Rita da Cascia(Maurizio Crispi) Possiedo indubbiamente un forma di religiosità laica e non confessionale che mi spinge a raccogliere da terra le immaginette sacre nelle quali mi imbatto.
Capita sovente di incontrarne buttate sui marciapiedi e sull'asfalto. La maggior parte delle persone passano avanti, calpestandole. Forse (e lo dico qui a loro discarico) non se ne accorgono nemmeno.
Io, invece, cammino dando sempre un'occhiata in giro e davanti a me, senza alcuna intenzionalità con lo stato d'animo del cercatore che cerca senza alcuna intenzionalità consapevole. Ed è così che trovo le cose più disparate, talvolta anche preziose (orologini da polso, braccialetti, orecchini spaiati).
Se vedo un santino più volte calpestato, lo raccolgo quasi con sentimento devozionale, lo alliscio, lo spolvero e lo porto a casa: qui, lo inserisco in un grande album a tasche trasparenti dedicato alle immagini sacre. Alcuni li infilo tra le pagine di un libro che sto leggendo al momento. Altri li metto nel portafoglio.

Come mi gira, insomma. Ma sempre questi santini li salvo dal loro martirio "pedonale".
Mi sembrerebbe quasi sacrilego lasciare queste immaginette sacre (figura sul davanti, preghiera sul retro) abbandonate sulla pubblica via: e questo è certamente uno dei modi in cui io vivo la mia religiosità laica e selvaggia, del tutto aconfessionale.
In questi tempi di campagna elettorale, c'è profusione di ben altri santini, abbandonati per le strade.
Quelli che recano le facce dei "candidati", volti fissate in uno sberleffo sorridente, occhi freddi, sorriso di circostanza: questi li calpesto volentieri e con piacere. Se il mio cane fa la cacca, non disdegno di prenderli e di usarli con sottile piacere per nettare il marciapiedi dalla merda del mio cane, che il più delle volte è molto più pregiata di quelle facce ipocrite e false, fasulle e laide.
Non per nulla, d'altronde, tali figurine di propaganda vengono sparse a piene mani proprio per terra, l'unico posto degno per accoglierle.

Santa Rita da Cascia, da me salvata dal suo martirio pedonale... Le irregolarità sulla superficie dell'immagine sacra sono state causate dal ripetuto calpestio da parte di passanti disattenti.

Santa Rita da Cascia, da me salvata dal suo martirio pedonale... Le irregolarità sulla superficie dell'immagine sacra sono state causate dal ripetuto calpestio da parte di passanti disattenti.

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22 maggio 2017 1 22 /05 /maggio /2017 08:29
Una domenica così, senza parole

Domenica
giorno fatto di nulla
esci a passeggio con il cane
lavi stoviglie sporche
fai la marmellata
lavi gli utensili che hai usato
riesci per una lunga passeggiata con il cane
e già che ci sei compri anche il pane
e dei dolcetti

Al ritorno, fai merenda
bevi un caffe
fumi una sigaretta
nel sottofondo sonoro continuo
dei programmi di RAI3
prepari il condimento della pasta
e intanto leggi,
spiluccando da un libro e dall'altro

mangi
e, nel mentre, guardi il notiziario,
annoiato di sentire sempre le stesse notizie,
eguali anche se sembrano diverse,
ma le cose sostanziali mai vengono dette

rigoverni
spazzi per terra
poi, spossato dal tanto non far nulla
vai a distenderti sul divano
leggi
dormi
sogni
leggi
dormi
sogni

esci a far passeggiare il tuo cane,
evitando con accortezza
i crocchi di padroni di cani
guardi gli insulsi manifesti elettorali

low cost
che decorano le strade
fai il verso ad alcune di quelle facce
falsamente sorridenti
calpesti con un sottile piacere
i numerosi santini di propaganda
sparsi per terra
ti senti spossato
al pensiero che nulla mai cambierà
di questo ordinario squallore

cala la sera
le rondini intrecciano voli
i gabbiani stridono
mentre planano maestosi
oppure si impennano
verso l'alto cielo
striato degli ultimi colori del giorno

E ci sono altre letture
ingurgiti altro cinema in TV
e altro cibo

E finalmente arriva il tempo del sonno
con altre letture

Leggi
leggi
e infine ti addormenti
con un rassicurante libro sulla faccia
sogni, forse

Una domenica
senza aver detto una parola
all day long

Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
Una domenica così, senza parole
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16 maggio 2017 2 16 /05 /maggio /2017 18:00
Dovere civico e feci da asporto: piglia, incarta e porta a casa

Uscire con il proprio cane a passeggio comporta il dovere civico di rimuovere le sue inevitabili deiezioni ( a meno che lui/lei non abbia già provveduto a liberarsi dentro casa, magari su di un tappeto pregiato).
A tal uopo, svolgono una funzione davvero encomiabile le numerose cartacce di "pubblicità condominiali" che arricchiscono (anzi stipano) gli appositi contenitori all'entrata delle nostre dimore.

Uscendo per la rituale passeggiata con il nostro amico a quattro zampe, conviene sempre arraffarne una, giusto per non essere sprovvisti in caso di bisogno (o, per dirla in altri termini, al manifestarsi di "quell'ineludibile bisogno") di un prezioso strumento di rimozione del malfatto.
Ma se si dimentica il foglio della pubblicità condominiale, poco male, la strada è provvista di simili fogli che svolazzano in giro e, in tempi di campagna elettorale, di stampati a singolo foglio oppure in format pieghevole, in cui gli eligendi con foto patinati, il più delle volte fallaci a causa del massiccio lavoro di photoshop altre volte assolutamente grottesche, promuovono se stessi.
E quindi, nel rimuovere la cacca dei nosti amici cani, rendiamo anche un servigioa lla cittadino rimuovendo la spazzatura svolazzante in giro per le strade.

L'altro giorno, ad esempio, ho avuto l'onore di mettere la faccia di uno dei candidati al ruolo di sindaco (e non dirò di chi si tratti), in lizza nelle prossime elezioni amministrative della nostra città nella civica bisogna di rimuovere la cacca del mio cane: e devo dire senza reticenze che l'ho fatto con un malizioso piacere.
Io espleto tale dovere con solenne consapevolezza e gonfio di orgoglio, mettendomi di molti gradini più in alto di coloro che - sprezzantemente - continuano a non farlo, e ai quali si devono ascrivere le numerose deiezioni canine che ancora punteggiano le nostre strade (ma se non ci fossero costoro, come potrebbe essere messo in atto il "Trattamento Ridarelli"?).
Poi, dopo aver effettuato la raccolta, continuo a camminare - senza ombra di imbarazzo - con l'involto di carta pubblicitaria o di propaganda elettorale ben cummighiatu, sino al prossimo cestino dei rifiuti.
A volte, incontro persone conosciute, mentre ho ancora quell'odoroso pacchetto tra le mani e mi fermo a salutare e a chiaccherare, badando di tenerlo a doverosa distanza dai miei interlocutori, ma vedo che essi se ne stanno sulle loro, alquanto sulle spine, quasi che temessero che io - in un improvviso accesso di follia e di malacreanza - potessi contaminarli con il contenuto del pregiato pacchetto (e, in ogni caso, osservando in essi espliciti segni di imbarazzo anzichè di compiacimento nell'aver incontrato un esemplare umano ligio al civico dovere di asportare le feci canine: reazione che  me pare quasi paradossale...).
Ma io li rassicuro, dicendo loro che essi sono perfettamente al sicuro e che non c'è pericolo alcuno: non dovranno rimuovere da sé macro- o microscopici frammenti fecali al loro ritorno a casa.
Oggi, procedendo alla consueta operazione, ho pensato che in fondo la migliore descrizione del civico gesto possa essere la sicula frase: "Pigghia, 'ntruscia e porta a casa"... E che dunque noi solerti cittadini ci ritroviamo ad essere latori di una specie concettuale prima impensabile che è quella delle "feci da asporto"...

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2 maggio 2017 2 02 /05 /maggio /2017 20:19
(Empty room by Edward Hopper)

(Empty room by Edward Hopper)

Stanze vuote,
spoglie
tutto pare provvisorio e sciatto

Nessuna traccia dell'opulenza di prima

Una essenzialità quasi monacale
pervade ogni spazio

Non più tracce di memoria,
ridondanti e onnipresenti,
ma solo un vuoto esausto
che non potrà più essere riempito

Il lavoro della pietra e del fuoco
è l'unica risorsa,
come anche arare, zappare, potare
in una ciclicità senza fine

E lì in quelle fatiganti attività
si crea nlla mente il vuoto zen
l'assenza di desiderio e di memoria
Come perdersi nella composizione di puzzle infinito

Momenti che rimangono sospesi in un tempo senza tempo,
un tempo in cui la battuta successiva del metronomo
non arriva mai

Solo,
fuori rondoni intrecciano voli
frenetici
e i loro piccoli annidati nei cassoni
pigolano chiedendo cibo e ancora cibo


Un cane tenuto nel recinto
abbaia la sua reclusione

Arriva la sera,
tutto si ingrigisce nel silenzio
ed è l'oblio della notte

Il sonno giunge benevolo
i sogni che sognerò saranno beffardi

Immagini di "giardini zen"

Immagini di "giardini zen"

Tracce
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4 aprile 2017 2 04 /04 /aprile /2017 10:27
Fantasma di primavera

Oggi, avvento della primavera
Cinguettii pacati
nell'aria tiepida del primo mattino
e il profumo intenso, eppure lieve,
del primo glicine in fiore
(in anticipo rispetto al solito)
- è la primavera che, senza pioggia e freddo,
brucia le tappe quest'anno -

 

A parte questo,
non rimane granché,
il mondo va avanti,
il tempo si restringe,
nulla veramente accade,
se non una ripetitiva quotidianità

 

Disamore,
se non addirittura odio

 

Atti utili,
ma ripetuti sino ad essere insulsi e senza senso,
come nel gioco infantile di articolare
a gran velocità
la stessa parola
sino a che di quel suono
si smarrisce il significato originario

 

Ogni giorno
si esaurisce in una grande attesa
vacua

 

La vacuità che si fa costante di vita
e di assenza
E poi viene
con il sonno
il momento dell'oblio
per quanto transitorio

 

Qualche volta
giunge anche un sogno consolatorio
che lascia intravedere
scenari dimenticati
di un mondo perduto
o di infiniti altri mondi potenziali
e in essere

E nella menzogna del sogno
a volte si nasconde la Speranza

(foto di Maurizio Crispi, Carini, Grotta di Carburangeli, 2017)

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24 gennaio 2017 2 24 /01 /gennaio /2017 10:03
A testa alta alla meta

La mamma un giorno mi disse...
In uno dei suoi ultimi giorni la Mamma mi chiese scusa.
"Scusa per cosa?" - le chiesi.
"Ti chiedo scusa - replicò - per tutte le volte che ti ho trascurato per occuparmi di più di tuo fratello, per tutte le volte che non ti ho ascoltato quando avresti voluto parlarmi...".
Io, conciliante, le dissi: "Ma no, mamma! Cosa dici! Non ti devi scusare di nulla. Hai fatto sempre il meglio e Salvatore ha sempre avuto più bisogno di me di cure e di attenzioni".
Dissi così, anche se in cuor mio sapevo - e so - che a causa di mio fratello portavo dentro di me di una grande ferita emozionale, che nel corso degli anni mi era stato possibile lenire, ma mai far guarire del tutto. Quanto volte ero entrato con entusiasmo a casa loro per raccontare una cosa bella che mi era appena accaduta e mi ero dovuto ritrarre accigliato e affranto, perchè erano occupati a fare qualcosa di importante: una delle tante cose di cui mio fratello si occupava con assoluta dedizione e in cui trascinava mia madre, sempre accanto a lui!
Ma alla mamma non dissi nulla, perchè non volevo che dovesse portare negli ultimi giorni il fardello del mio scontento e della mia delusione.
A questo punto la mamma continuò: "Con tuo padre abbiamo tentato diverse strade. All'inizio avevamo deciso che avremmo fatto soltato quello che potevamo fare tutti assieme.
Ma, man mano che Salvatore cresceva e aumentavano le difficoltà nel gestire la sua disabilità, ci siamo anche resi conto che avremmo dovuto escludere troppe cose e che, quindi, tu ne avresti sofferto, ne saresti stato troppo penalizzato. Quindi, abbiamo cominciato a decidere di fare delle cose appositamente misurate per te. Ed è così che è cominciato la stagione dei nostri viaggi assieme: Papà rimaneva a casa con Salvatore e noi due partivamo assieme, o viceversa
" (anche se le occasioni in cui sono partito con papà. io e lui da soli sono state rarissime, forse giusto un paio).
"Ma per il resto, dovevate avere le stesse cose - aggiunse - libri giornaletti, giochi, ognuno secondo le proprie preferenze, ma sempre in modo egualitario".

La mamma mi chiese scusa, quella volta: e forse sarei dovuto essere io a chiedere scusa per tutte le volte che, una volta cresciuto, ero fuggiro e mi ero appartato da loro, seguendo le mie vie.
Nino Salvaneschi, Breviario della Felicità, Corbaccio, 1940

Mettendo ordine nella stanza della mamma e riorganizzandola, ho trovato di recente proprio in uno scomparto del suo comodino due piccoli volumi: uno era un'edizione di Siddharta di Hermann Hesse, l'atro un esile libricino di Nino Salvaneschi, dal titolo "Breviario della Felicità" (Casa editrice Corbaccio, 1940). Quest'ultimo, in particolare, si presentava usurato da una lettura costante e assidua, alcuni passaggi segnati con tratti di matita.

Sfogliandolo, ho pensato che queto volumetto avesse potuto essere per la mamma una sorta di guida spirituale.
Le date sono importanti. Salvatore nacque nel 1947 e solo dopo qualche mese dalla nascità papà e mamma ebbero contezza del problema neurologico di mio fratello; forse la mamma possedeva già quel volume, oppure si trovo a comprarlo successivamente alla nascita di mio fratello, quando brancolava alla ricerca di un appiglio per potere sostenere il dolore di avere un figlio con una malattia (e la speranza di una cura - e di una possibile guarigione - animò a lungo entrambi i miei genitori che intrapresero viaggi alla volta di santuari dove agivano i luminari della neurologia di quel tempo e lunghe permanenze alla ricerca di un'impossibile cura).
Ho provato diverse volte ad immaginare lo stato d'animo dei miei genitori di fronte al deficit neurologico di mio fratello e alla constatazione che malgrado tutti i tentativi non ci sarebbe stata una cura possibile, considerando i miei di stati d'animo relativi a mio fratello (intrisi di dolore, di costernazione per l'impossibilità per lui di avere una vita normale e di desideri e sogni impossibili: spesso mi ritrovavo da solo chiuso in bagno (o in un altro luogo appartato di casa) a piangere per lui - sì, lo dico senza vergorgnamene - e riflettevo costantemente sul fatto che loro non s'erano mai piegati, nemmeno per un istante, affrontando tutte le difficoltà e la cattiva sorte a testa alta, come se - quasi in un rovesciamento paradossale del senso comune - avessero ricevuto un dono che li avrebbe indotti al cimento e a dare il meglio di se stessi, ad essere migliori.
Ambedue accettavano il loro fardello e non si sono mai piegati sotto il suo peso, mantenendo sempre un'attitudine positiva.
Mia madre, poi, sino all'ultimo.
Quando stavamo in una casa senza ascensore, sino ai miei 12 anni, quando si trattava di uscire, mio padre semplicemente si caricava mio fratello sulle spalle e lo portava giù sino all'auto: e non accettava l'aiuto di nessuno. Era suo quel fardello, non di altri. Ma c'era della gioia in quello che faceva, come se portare il fardello fosse un dono ricevuto e uno stimolo ad essere migliore, più forte.
Ma nello stesso tempo, i miei genitori mi hanno insegnato che in una situazione simile il fardello da portare con gioia e senza alcun senso di costrizione è di tutti, deve essere condiviso - e non può che essere così.

Nino Salvaneschi (1886-1968), giornalista di una certa fama nell'immediato dopoguerra, per alcuni scritti soprattutto quelli elaborati nel corso di una lunga malattia e quelli scaturiti dalla successiva esperienza di una cecità sopraggiunta, divenne - senza volerlo - un maestro spirituale a metà tra il cristianesimo e il buddhismo che cercava di insegnare la ricerca della felicità in mezzo alle difficoltà, ai tormenti, alla malattia.
E credo che la mamma abbia trovato in questo libretto di pensieri ed aforismi una guida e un supporto nei primi anni della costituzione della sua nuova famiglia e di vita di mio fratello, ma anche un aiuto per lenire il forte dolore di fronte alla consapevolezza ineludibile della malattia di mio fratello.
Voglio citare qui i paragrafi finali del libro; secondo molto significativi per comprendere a fondo la vita e le opere di mia madre:


"Credo che nella traversata della vita le sventure siano le isole alle quali temiamo di approdare; ma se vi siamo sospinti dal vento del destino e se sappiamo, nella nostra lieve sfortuna, vedere un pallido riflesso del dolore rigeneratore del mondo, le isole della sventura saranno le isole azzurre del nostro breve viaggio.
(...)
Forse la felicità è ancora un peccato d'orgoglio, ma chiunque tu sia, a qualunque punto della tua vita tu sia giunto, qualsiasi cosa costi, questo solo conviene rammentare: bisogna giungere a fronte alta alla propria meta
" (ib., p.110).

 

Credo che la mamma abbia sempre cercato di conformarsi a questo positivo orientamento, quello di volgere le sventure in piccole isole di azzurro e in approdi nei quali comunque si potea trovare la felicità, a testa alta, senza auto-commiserazioni.

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24 gennaio 2017 2 24 /01 /gennaio /2017 08:48
La Strada

Tutti muoiono,
prima o poi

Pietra su pietra,
sotto il sole
o sotto la pioggia,
si edificano muri;
armati di zappa e di piccone
si scavano fossi
per mettervi a dimora giovani alberi;
oppure si scrivono libri
o si tracciano oscuri scarabocchi

augurandosi che muri e alberi
libri e scarabocchi
sopravvivano all’oblio

Ho sognato di essere su di una lunga strada
distesa a perdita d’occhio

Camminavo e camminavo
senza sentire la fatica

Non sapevo quando il mio andare fosse iniziato
né dove avrebbe avuto termine
C’era soltanto quella strada infinita
tracciata attraverso una vasta pianura
di cui non potevo mai vedere la fine
irraggiungibile come l'orizzonte lontano
I giorni si succedevano ai giorni
e nulla cambiava

C’era solo il cammino
e la successione misurata dei miei passi,
mentre sospingevo innanzi un carrello della spesa
con tutti i miei averi dentro
e le ruote cigolanti

Da dove venivo?
Dove andavo?
Non so

Soltanto questo so:
che quella strada è la vita

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Mi Presento

  • : Frammenti e pensieri sparsi
  • : Una raccolta di recensioni cinematografiche, di approfondimenti sulle letture fatte, note diaristiche e sogni, reportage e viaggi
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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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