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29 novembre 2020 7 29 /11 /novembre /2020 08:54
Wear a mask or go to jail

Una lettura particolarmente adatta in questo nostro tempo di Covid è  1918. L'influenza spagnola. La pandemia che cambiò il mondo (Feltrinelli, Universale economica, 2018).
Il saggio storico di Laura Spinney (divulgativo, ma solidamente fondato nelle sue argomentazioni) è del 2017, scritto dunque quasi al ricorrere del centenario della pandemia influenzale del 1918-1919: e, d'altra parte, appartiene ad una folta di altri saggi, storici e non, riguardanti non solo la pandemia influenzale, ma anche - in generale - le diverse malattie virali derivanti dal fenomeno, noto tra gli epidemiologi come spillover, ovvero il travaso di agenti virali da specie animali all'Uomo. E se solo si ha il tempo da dedicare a queste letture ci si potrà accorgere che in tutti loro vi sono anticipazioni circa una nuova possibile pandemia, sostenuta ad un agente virale che si diffonda per via aerea.
E' una di quelle opere che sono utili a raccogliere le idee e a comprendere quanto la nostra memoria storica degli eventi sia corta e dominata da meccanismi di rimozione collettiva.
La "Spagnola" fu, a tutti gli effetti, una delle più grandi catastrofi demografiche mai registrate nella storia dell'Umanità.
Eppure, sembra quasi che noi ce ne siano dimenticati, anche perché non è stato mai fatto alcuno sforzo per tramanda nella memoria, anche semplicemente in forma di doverose commemorazioni.
La nostra memoria corta non ci permette nemmeno di ricordare la pandemia di Encefalite letargica di von Economo (eziologia non ancora nota) che impazzò nel mondo tra il 1916 e il 1925 (dunque in parte sovrapposta alla pandemia influenzale), lasciando dietro di sé una scia di centinaia di migliaia (se non milioni) di vittime e altrettanto numerosi quelli che guarirono, ma con esiti di permanenti disabilità neurologiche, tra le quali si annoverà il Parkinsonismo post-encefalitico.
Nè del pari ci si ricorda più, ammonisce la Spinney, della pandemia influenzale del 1957 (asiatica) che causò forse cinque milioni di morti o di quella suina degli anni Ottanta del '900.
E, dunque, malgrado la storia debba insegnare qualcosa, e benché molti studiosi e divulgatori abbiamo ripetutamente avvertito della possibilità concreta del travaso di organismi virali dal mondo animale agli uomini  l'arrivo del Coronavirus ci ha trovati sostanzialmente impreparati e stupefatti, costretti a ripercorrere gli stessi errori già registrati precedentemente e a sottostimare il rischio.
Anzi, pur in presenza di numeri relativamente più modesti rispetto alla pandemia del 1918-1919, si ha da un lato la percezione  che sia in corso una grande catastrofe, anche se - dall'altro - persiste da parte di molti un atteggiamento di cecità e quasi di cinica indifferenza con una vasta gamma di posizioni a partire da quella dei negazionisti ad oltranza sino ad arrivare agli atteggiamenti incuranti e di arroganza di taluni: il tutto supportato da un elemento che è un grande facilitatore della rimozione collettiva.
Che poi sarebbe il fatto di avere, nel  corso degli anni, sempre di più tecnologizzato la pratica medica, di averla centralizzata in strutture super-specialistiche, avendo - di conseguenza - allontanato la sofferenza, la malattia e la morte dalle case e dall'esperienza comune della gente.
Ai tempi della Spagnola la gente, invece, moriva a grappoli nella case e non vi erano nè strutture di degenza sufficienti per tutti nè tecnologie di assistenza medica ai pazienti sub-comatosi e comatosi.
La malattia e la morte, in altri termini, erano dovunque.
Qui, in fondo, nessuno crede perchè nessuno vede e nessuno sperimenta direttamente. Gli ammalati vengono chiusi nelle case in isolamento fiduciario e se si aggravano vengono portati in ospedale: e chi li vede più?
Mi chiedo se ci sia qualcuno che si trovi a riflettere alle centinaia di migliaia in Italia- e ai diversi milioni di persone nel mondo che sono chiuse in casa in isolamento, perchè trovate positive oppure sintomatiche in attesa di un tampone: e si tratta di una lista che in questa seconda ondata si sta allungando ogni giorno di più.
Ci vorrebbe più coraggio da parte dei media: se, piuttosto che fare ogni giorno la litania dei numeri (nuovi infetti, numero di tamponi effettuati, attualmente positivi, guariti, morti), si soffermassero maggiormente su narrazioni che facciano capire veramente dove sta il problema che è quello, sostanzialmente, di una Sanità al collasso perchè ha troppo investito in tecnologie e poco (o pochissimo) nell'implementazione di personale adeguatamente preparato ad affrontare questo tipo di emergenze sanitarie.
Il saggio della Spinney va letto e meditato perchè offre significativi spunti di riflessioni sull'attualità pandemica del 2020.


(Quarta di copertina) Quando si chiede qual è stato il principale disastro del XX secolo, quasi nessuno risponde l'influenza spagnola. Davvero l'abbiamo dimenticata? Eppure nel 1918 ha letteralmente cambiato il mondo uccidendo in soli due anni milioni di persone. Tra le vittime anche artisti e intellettuali del calibro di Guillaume Apollinaire, Egon Schiele e Max Weber. Nonostante l'entità della tragedia, le conseguenze sono rimaste a lungo offuscate dalla devastazione della Prima guerra mondiale e relegate a un ruolo secondario. Laura Spinney ricostruisce la storia della pandemia seguendone le tracce in tutto il globo, dall'India al Brasile, dalla Persia alla Spagna, dal Sudafrica all'Ucraina. Inquadrandola da un punto di vista scientifico, storico, economico e culturale, l'autrice le restituisce il posto che le spetta nella storia del Novecento quale fattore in grado di dare forma al mondo moderno, influenzando la politica globale e il nostro modo di concepire la medicina, la religione, l'arte. Attraverso queste pagine si legge il passato, ma si può tentare di immaginare il futuro: la prossima pandemia influenzale, le armi a disposizione per combatterla e i potenziali punti deboli dei nostri sistemi sanitari. Arriveremmo preparati ad affrontare un'eventuale emergenza?

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22 marzo 2020 7 22 /03 /marzo /2020 18:29
Miles Gibson, L'uomo della sabbia, Meridiano Zero

Meridianozero ha avuto il coraggio e l'intraprendenza di proporre autori stranieri del noir in traduzione italiana, trascurati il più delle volte dalle case editrici major: coraggio che non èstato ripagato nel lungo termine, poichè in anni recenti la piccola casaeditrice indipendente ha dovuto chiudere i battenti.
Così è stato, anni fa per Miles Gibson e con il suo "L'uomo della sabbia" (titolo originale: The Sandman, nella traduzioone di Alberto Pezzotta, 2000), uno dei suoi primi titoli in catalogo.
Miles Gibson è stato - ed è - giornalista, è negli anni Ottanta ha iniziato un'acclamata carriera di romanziere, con un esordio fortunato proprio con questo romanzo. Molti sono le sue prove narrative in madrelingua, ma l'unico disponibile in traduzione italiana è questo titolo, che racconta la storia - in forma diaristica, quasi fosse un racconto "di formazione" - di un serial killer che agisce nella Londra del dopoguerra e degli anni Sessanta. Willliam Burton è un personaggio totalmente inventato che pratica l'assassinio seriale di donne di qualsiasi età (ed anche di uomini, se occorre) con spietatezza, ma fornendo di continuo a se stesso l'alibi dell'estetica dell'omicidio. Si ritiene infatti un mago dell'assassinio che, rigorosamente, mette in atto, utilizzando dei coltelli da macellaio, e poi fotografando in polaroid le sue vittime.
Il suo racconto autobiografico si dipana dalla sua infanzia ed adolescenza sino a quando decide di uscire di scena, mettendo in atto una mossa azzardata e quasi da illusionista. Non a caso, egli si interessa sin dall'adolescenza di illusionismo e sulla storia di questo tema vorrebbe scrivere un trattato.
Inviolato ed impunito, William Burton è una sorta di Jack lo Squartatore "gentile" che uccide con destrezza le sue vittime - designate solo dal caso - e senza farle soffrire e senza infierire su di esse. Le sue "prede", peraltro, sono sempre come stordite dalla sua spavalda intrusione, non cercano mai di lottare e si lasciano condurre alla morte come animali al macello.
Ovviamente, non si prova per lui la benché minima simpatia, ma solo orrore e terrore, nell'osservare come il Male possa vestire i panni di un uomo comune e assolutamente anonimo nella folla di una grande città. In questo senso William Burton - proprio per via di questa apparente normalità se non addirittura "insignificanza" - può essere un'icona del male ben più spaventosa di quanto non sia un personaggio fiction della levatura dell'Hannibal Lecter de "Il Silenzio degli Innocenti" e degli altri romanzi di quella fortunata saga che ha aperto la via - nella letteratura di evasione - alle storie di fantasia sui serial killer. Ricordiamo qui che il primo romanzo che ha visto Hannibal Lecter, psichiatra deviato, feroce e raffinato assassino, nonchè occasionalmente cannibale - come protagonista e totale icona del Male fu "Il Delitto della Terza Luna" - titolo originale "Red Dragon" - comparso nel 1981, anche se soltanto il 1988 decreta il successo planetario dell'invenzione letteraria di Thomas Harris, con "The Silence of the Lambs". Quindi, possiamo certamente dire che Miles Gibson non ha preso a prestito l'invenzione letteraria di Harris, ma ha creato piuttosto un'antieroe del male che farebbe piuttosto pensare ad un famoso racconto di Edgar Allan Poe, L'uomo nella folla ("The Man on The Crowd").
Sia pure nella rappresentazione dell'estremo non si può che apprezzare la scrittura netta ed incisiva di Gibson.

(soglie del testo) L'Uomo della Sabbia, colui che dà il sonno, il Macellaio pluri-ricercato da polizia e giornali, sceglie le sue vittime tra l'umanità sbandata che popola le strade di Londra, persone stanche di vivere e che senza saperlo non attendono altro che la morte. Vittime che a volte lottano per sopravvivere e molte altre, invece, si abbandonano rassegnate. I suoi omicidi sono semplici, veloci e, per gli inquirenti, senza movente. L'"Uomo della Sabbia" riecheggia fin dal titolo la visione notturna e minacciosa di una demoniaca presenza che, a poco a poco, sgretola le rassicuranti categorie della ragione. William Burton è l'Uomo Nero in fondo alla strada, il babau in paziente attesa, lo spettro oscuro alle spalle di ciascuno. È l'ombra spaventosa di ogni uomo comune. Il tranquillo vicino che ci invita, con la mano guantata, a oltrepassare la soglia buia della sua casa.
"Sono l'Uomo della Sabbia.Sono il Macellaio dai morbidi guanti di gomma. Sono la paura che cova nel buio.Sono il dono del sonno: Gli psicologi scrivono tronfi trattati sul significato dei miei delitti.I medium cercano il mio volto nei loro sogni.I ragazzini discutono sulle torture che corre voce io infligga alle donne. Eppure sono uno sconosciuto. Celebrato ma ignoto.
Tutti mi danno la caccia e nessuno mi viene a trovare. Quando mi siedo al bar i camerieri mi ignorano. Quando cammino in un mercato le massaie mi spintonano. Se sto in mezzo ad una strada, il traffico mi scorre accanto.
"
Come vive chi uccide? William Burton ha ucciso diciotto persone. E' quel che i giornali definiscono un serial killer:lui si definisce un artista, qualcuno che ha scoperto in sé un talento, ha sentito una missione e l'ha seguita.
Con la pacatezza di chi racconta le cose più naturali, ci racconta la sua vita. Scavando nei ricordi e oggettivizzando, con la massima lucidità le proprie sensazioni.
Ne esce il racconto di una vita per molti versi anonima, di un cammino del male che non sembra conoscere altre vie, un ritratto umano del tutto credibile e, proprio per questo, terrorizzante.

Miles Gibson

William Burton è l'Uomo Nero in fondo alla strada, il babau in paziente attesa, lo spettro oscuro alle spalle di ciascuno. E' l'ombra spaventosa di ogni uomo comune. il tranquillo vicino che ci invita, con la mano guantata, a oltrepassare la soglia buia della sua casa.

L'autore. Miles Gibson (1947) è un romanziere, poeta e artista inglese solitario.

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17 febbraio 2020 1 17 /02 /febbraio /2020 09:32
Timur Vernes, Lui è tornato, Bompiani, 2017

Cosa accadrebbe se Adolph Hitler, improvvisamente, si risvegliasse ai nostri giorni, per l'esattezza nella Germania contemporanea, post-unificazione? Ci ha provato a raccontarlo - con efficacia, devo ammettere - il giovane scrittore tedesco Timur Vernes nella sua opera prima Lui è tornato (titolo originale: Er ist wieder da, nella traduzione di Francesca Gabelli che si è trovata ad accogliere una sfida importante sotto il profilo linguistico, come si può approfondire nell'intervista sotto riportata in link), pubblicata in Italia da Bompiani, nel 2017. E, in fondo, Timur Vernes, giocando con il rigore dello storico su questa ipotesi, si chiede, cercando di estrapolare delle possibili conseguenze, se la società tedesca contemporanea possiede dentro di sè degli anticorpi per resistere alle seduzioni della dittatura che si può riciclare seduttivamente con molti volti diversi (esilarante è vedere come Hitler redivivo trovi una sua platea in una trasmissione in diretta di grande successo, come comico ed imitatore in macchietta di se stesso) e che può ritrovarsi a imbarcarsi su carrozzoni politici  che sono pur sempre pronti ad accogliere un messaggio forte, con la complicità dei media contemporanei.

Si tratta di un opera di fiction, ovviamente, ma fondata su di uno studio accurato di fonti importanti, a partire dal testo autografo di Hitler (infamous, direbbero i Britannici) che contiene il suo pensiero, la sua filosofia, le sue concezioni, che trovarono un'infausta applicazione nel Reich, dal 1933 in avanti, cioè dall'anno terribile della sua ascesa al potere, con il conferimento del Cancellierato. Ma, anche, il testo del Mein Kampf (per le cui citazioni, utilizzate nei discorsi di Hitler redivivo è stata utilizzata nella traduzione la riedizione italiana, relativamente recente, per Kaos Edizioni) serve all'autore come fonte di ispirazione per il tipo di linguaggio aulico e retorico utilizzato dall'Hitler redivivo. In più, l'autore si è basato su altre fonti che contengono i resoconti di conversazioni più informali della vita privata di Hitler (spesso in situazioni sociali in cui Hitler più che altro monologava e gli altri, presenti, stavano per la maggior parte del tempo in silenzio ad ascoltare), oltre alle trascrizioni di tutte le conversazioni avvenute all'interno del Bunker di Berlino.

Il volume è corredato da un massiccio apparato di note che, appunto, danno al "revenant" un concreto radicamento storico. Tale corpus di annotazioni in calce al volume, in ogni singolo capitolo, tra l'altro, fa da guida sia al lettore esigente sia a quello chee sia all'asciutto di notizie storiche dettgliate relative a quel periodo.

L'idea che Hitler si svegli ai nostri giorni per motivi assolutamente misteriosi ed inspiegabili ("con il cappotto che puzza di benzina") è geniale, ma ancora più geniale è quella secondo cui egli con la sua follia lucida (cioè all'insegna di un sistema di pensiero in cui tutto sembra essere assolutamente logico e conseguenziale) egli riesca a farsi strada nella Germania contemporanea (i cui elementi di novità egli interpreta sempre alla luce delle sue incrollabili convinzioni e griglie di interpretazione), costruendosi un seguito e ampi consensi prima nel mondo dello spettacolo (dove riprende a pronunciare le sue arringhe come attore comico) e poi in quello della politica, trovando dei varchi attraverso il mondo dei media odierno (a lui prima assolutamente sconosciuto) in cui portare avanti le sue idee (deliranti).
Insomma, attraverso una narrazione che assume il carattere di una satira fantapolitica, Timur Vernes è riuscito a illuminare le debolezze e le idiosincrasie della Germania contemporanea, in cui sembrerebbe che la nostalgia di una guida forte e carismatica non si sia mai del tutto atrofizzata.

(Soglie del testo) Estate 2011: Adolf Hitler si sveglia in uno dei campi incolti e quasi abbandonati del centro di Berlino. Sessantasei anni dopo la sua fine nel bunker, Adolf si trova catapultato in una realtà diversa: la guerra sembra finita, nessuna traccia di truppe e commilitoni, si respira un'aria di pace e al timone del paese c'è una donna. E così, contro ogni previsione, Adolf inizia una nuova carriera, in televisione: non è un imitatore né una controfigura, interpreta se stesso e non fa né dice nulla per nasconderlo. Anzi, è tremendamente reale. Eppure nessuno gli crede: tutti lo prendono per uno straordinario comico, e lo imitano. Farsa, satira, pura comicità, analisi spietata e corrosiva del nostro tempo, il romanzo d'esordio di Timur Vermes è un gioiello di intelligente umorismo, un fenomeno editoriale con pochi precedenti, come ha dimostrato il suo successo in tutto il mondo.
Titolo originale: ''Er ist wieder da'' (2012).

Dal libro è stata prodotta una riduzione cinematografica (Lui è tornato - Er ist wieder da) diretta da David Wnendt, nel 2015.

L'Autore. Timur Vermes, nato nel 1967 da madre tedesca e padre di origini ungheresi, ha studiato Storia e Scienze politiche a Erlangen. Ha scritto per l’“Abendzeitung” e l’“Express” di Colonia e ha collaborato con diversi periodici. Dal 2007 ha pubblicato quattro libri come ghost writer, altri due sono in preparazione. Lui è tornato è stato tradotto in 41 lingue e nel 2015 è diventato un film.

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10 febbraio 2020 1 10 /02 /febbraio /2020 12:30

“Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’‘Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.”

Umberto Eco

Umberto Eco, Il Fascismo Eterno, La Nave di Teseo, 2017

"Il fascismo eterno", proposto nel 2017 da "La Nave di Teseo" che sta ripubblicando le opere di Umberto Eco (alcune delle quali ancora inedite), contiene il testo di un discorso pronunciato in versione inglese ad un simposio organizzato dai Dipartimenti di Italiano e Francese della Columbia University (USA), il 25 aprile 1995 per celebrare - in occasione del Cinquantenario - la liberazione d'Italia e d'Europa dal gioco del Nazifascismo.
Il testo comparve, poi, edito a stampa con il titolo di "Eternal Fascism", su "The New York Review of Books" (22 giugno 1995) ed è stato quindi tradotto in lingua italiana per la pubblicazione su "La Rivista dei Libri (Uscita luglio-agosto 1995), con il titolo di "Totalirismo fuzzy e Ur-Fascismo", con qualche aggiustamento formale reso necessario dalla differente platea cui questo testo era rivolto.
Come osservazione generale, tuttavia, nella nota introduttiva, l'autore tiene a precisare che, in ogni caso, tutto l'insieme della sua lectio era stata pensata per un pubblico di studenti universitari americani, in un momento critico quando la nazione era stata scossa dai fatti dell'attentato di Oklaoma City e dalla rivelazione traumatica - per alcuni - che esistevano negli USA organizzazioni militari di estrema destra. L'audience cui era rivolto il testo spiega perché vi siano a volte riferimenti quasi scolastici su eventi che il lettore italiano dovrebbe conoscere bene.
Ma, in ogni caso, la parte veramente clou di questo breve saggio è l'enumerazione delle caratteristiche basilari che definiscono l'Ur-Fascismo e che consentono di delineare una categoria più ampia nella quale possono confluire le più diverse forme di totalitarismo.
E' uno scritto da leggere e da meditare poiché . come avverte Eco in conclusione - ... Dobbiamo stare attenti che il senso di queste parole non si dimentichi ancora. L'Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. (...) L'Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarle e di puntare l'indice su ognuna delle sue nuove forme - ogni giorno, in ogni parte del mondo" (ib., p.50).
Occorre riflettere e meditare su questo testo ed esercitarsi a verificare costantemente quando le caratteristiche dell'Ur-Fascismo delineate da Eco si adattano ai personaggi emergenti della scena politica italiana, europea, internazionale. E mai abbassare la guardia. Edè anche una lettura che dovrebbe essere proposta nelle scuole, per l'approfondimento su queste tematiche da parte degli studenti più grandi, poichè l'Ur-fascismo, alimentato dalle tematiche sovraniste e dai venditori di paura, è sempre pronto a risorgere.

(Soglie del testo) “Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’‘Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.” (Umberto Eco).

 

Umberto Eco

L'Autore. Umberto Eco (Alessandria 1932 − Milano 2016), filosofo, medievista, semiologo, massmediologo, ha esordito nella narrativa nel 1980 con Il nome della rosa (Premio Strega 1981), seguito da Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004), Il cimitero di Praga (2010) e Numero zero (2015). Tra le sue numerose opere di saggistica (accademica e non) si ricordano: Trattato di semiotica generale (1975), I limiti dell’interpretazione (1990), Kant e l’ornitorinco (1997), Dall’albero al labirinto (2007), Pape Satàn aleppe (2016) e Il fascismo eterno (2018). Ha pubblicato i volumi illustrati Storia della Bellezza (2004), Storia della Bruttezza (2007), Vertigine della lista (2009), Storia delle terre e dei luoghi leggendari (2013) e Sulle spalle dei giganti (2017)

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31 gennaio 2020 5 31 /01 /gennaio /2020 11:56

Un giorno Gabriel mi ha chiesto: Papà, ma tu quando muori?
Sono un po' basito. Farfuglio qualcosa, poi gli dico: Spero non subito...
Replica di Gabriel: Domani? Dopodomani?
Io: Non so... Ma di certo vorrei il più tardi possibile!
Gabriel: Allora, tu morirai tra un milione di anni!

Tutto è connesso. Mi sono ricordato di un frammento di dialogo tra mia madre ultranovantenne e la signora Maria, da oltre 30 anni impiegata presso di noi come governante. 

Mi racconta la signora Maria che un giorno, quando già si era improvvisamente indebolita, la mamma le disse: Eh, Maria! Presto partirò per un lungo viaggio. E, dopo una pausa, aggiunse: E mi devi promettere che quando io sarò partita ti prenderai cura dei miei figli. La signora Maria, per sdrammatizzare, le disse: Ma, signora Irene, un viaggio per dove? Dove se ne vuole andare?

E la mamma replicò: Sarà un viaggio verso un paese molto, molto, lontano.
Ma non aggiunse altro. Fu una dellepoche volte in cui parlò della sua fine. Altre volte ci diceva, quando si rendeva conto che la sua efficienza si andava incrinando (soprattutto nell'essere di supporto a mio fratello) ci diceva che avrebbe essere portata al Polo Nord ed essere lasciata ad addormentarsi fuori nel freddo e al buio, come un tempo usavano fare gli Inuit (Eschimesi) anziani che, quando si rendevano conto che stavano per diventare decrepiti ed incapaci di avere un ruolo attivo nella vita del gruppo familiare, si allontanavano a piedi trai i ghiacci della Groenlandia, dove poi aspettavano la morte4 per assideramento. Aveva letto tanto prima il Romanzo "Il paese delle Ombre lunghe" (deldimenticato, oggi, Hans Ruesch) che io le avevo passato e neera rimasta molto colpita.

Mia mamma, Irene Salatiello Crispi

C'era molta serenità in questi suoi discorsi, una serenità che nulla aveva a che vedere con la sicurezza di ciò che ci attende nell'Aldilà che la Fede cristiana fornisce circa la promessa di una vita eterna. Non entrava mai nel merito del "dopo", anche se sono convinto che la mamma, pur nella laicità della sua visione, avesse comunque la percezione che sarebbe entrata nel "Mistero" (un mistero insondabile, per la verità) e, in questo processo di transizione, non chiedeva mai aiuto a nessuno, confidando esclusivamente in se stessa, così come aveva fatto nella sua vita operosa affrontando tutte le piccole e grandi battaglie quotidiane.

E la notte seguente ho sognato.  
Mi ritrovavo a tentare di estirpare una tenace pianta grassa. Sembrava fosse viva e le sue radici, grosse come arti, si spingevano dentro la terra avviticchiandosi ad altri tronchi vicini.

Con la sua resistenza, manifestava una forte volontà di sopravvivenza.
Poi, quando con uno sforzo estremo riuscivo ad eradicarla, la pianta divelta prendeva a muovere il moncone delle radici come fruste, divincolandosi dalla mia presa. E avevo la sensazione che stesse diventando con questo moto minacciosa, capace di sopraffarmi: una vaga ma crescente sensazione di pericolo, quasi fossi alle prese con una belva.
E questo frenetico movimento continuava fino a che non recidevo quelle grosse radici pulsanti con una forbice da giardinaggio, incontrando una resistenza all'azione delle lame non di certo lignea ma come di carne viva.

 

Oliver Sacks, Gratitudine, Adelphi

Il giorno dopo, al risveglio, ho afferrato da un piccolo cumulo di libri non ancora letti “Gratitudine” di Oliver Sacks e nel giro di poche ore soltanto, grazie alla sua esilità, l’ho letto.
Il piccolo volume raccoglie quattro scritti autobiografici di Sacks composti nel periodo che decorre dal compimento dei suoi ottant'anni, evento seguito quasi immediatamente da quello infausto dell'identificazione di una grossa metastasi epatica di un melanoma all’occhio di cui aveva sofferto anni prima, alla morte.
Si tratta di pagine che disegnano sentieri già da lui già percorsi ma che hanno allo stesso tempo la valenza un commiato dalla vita e di un rapido, intenso, bilancio del suo percorso vitale, in cui ciò che domina, più che la nostalgia per ciò che egli si accinge a lasciare, è il sentimento di gratitudine per ciò che egli ha potuto fare, per le tracce che è riuscito ad imprimere e, soprattutto, per ciò che ha ricevuto dagli altri. Tutte cose per le quali provare un sentimento di gratitudine che, in nessun modo, potrà essere offuscato dal rammarico di fronte alla vita che fugge via.
Sacks scrive dalla vetta dei suoi ottant'anni: è un’età che ancora non mi appartiene e che non so se raggiungerò; in ogni caso. le sue parole mi hanno offerto fecondi spunti di riflessione.

 

Oliver Sacks

Oliver Sacks, nato a Londra in una famiglia di fisici e scienziati - il più giovane di quattro fratelli di una coppia ebrea -, è stato neurologo e scrittore.
In Gran Bretagna frequenta il Queen's College a Oxford dove consegue Bachelor of Arts nel 1954 in fisiologia e biologia. Presso la stessa università, nel 1958, intraprendendo un Master of Arts, ottiene una laurea in medicina e chirurgia, che gli permette di esercitare la professione di medico.
Lascia l’Inghilterra per trasferirsi prima in Canada e poi negli Stati Uniti nel 1965. Professore di Neurologia clinica presso l’Albert Einstein College of Medicine e di Neurologia alla New York University School of Medicine ha iniziato la sua attività di divulgazione scientifica descrivendo le sue esperienze neurologiche con i pazienti negli anni Settanta e pubblicando anche su The New Yorker e The New York Review of Books articoli di carattere medico- scientifico. Il suo libro più conosciuto è Risvegli, dal quale è stato tratto il film con Robin Williams e Robert De Niro, e a cui sono seguiti i racconti altrettanto noti di altri suoi casi clinici Su una gamba sola e L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Tra gli altri suoi libri L’isola dei senza colore, Emicrania, Un antropologo su Marte, Allucinazioni, editi in Italia da Adelphi. Feltrinelli ha pubblicato Diario di Oaxaca nel 2004.
Oliver Sacks è morto a New York il 30 agosto 2015.
"La fortuna mi ha abbandonato" aveva scritto in una lettera a febbraio sul New York Times annunciando il cancro al fegato "Ora spetta a me decidere come vivere i mesi che mi restano. Devo vivere nel modo più ricco, profondo e produttivo che posso".
Tra le sue ultime dichiarazioni:
"E ora, in questo frangente, in cui la morte non è più un concetto astratto, ma una presenza — una presenza fin troppo vicina e a cui non puoi dire di no — mi sto di nuovo circondando, come feci quando ero ragazzo, di metalli e minerali, piccoli emblemi di eternità."
"Qualche settimana fa, in campagna, lontano dalle luci della città, ho visto il cielo intero «spolverato di stelle» (per dirla con Milton); un cielo come questo, pensavo, si può vedere solo su altipiani elevati e desertici, come quello di Atacama in Cile. Questo splendore celeste mi ha fatto improvvisamente capire quanto poco tempo, quanta poca vita, mi siano rimasti. La mia percezione della bellezza del paradiso, dell’eternità, era per me inseparabilmente mescolata con un senso di transitorietà — e di morte. Ho detto ai miei amici, Kate e Allen: «Mi piacerebbe vedere di nuovo un cielo come questo mentre muoio». «Ti porteremo fuori con la sedia a rotelle», mi hanno risposto."

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24 dicembre 2019 2 24 /12 /dicembre /2019 11:53
Angel Heart, Tre Edizioni, 2012

Angel Heart (titolo originale: Falling Angel, nella traduzione di Anna Cascone), Edizioni Tre, 2012 (copertina originale di Otto Dolci) ha avuto una prima edizione nel 1987, oggi praticamente introvabile. Una seconda edizione per Tre Edizioni, nel 2012, ha fatto seguito, ma è stata malamente distribuita.
Vale sicuramente la pena di leggere questo romanzo scritto da William Hjortsberg e pubblicato in lingua originale nellontano 1977.L'edizione peri tipi di Tre Edizioni è fortunatamente ancora in commercio e reperibile attraverso IBS, Amazon etc.
E' un romanzo magistrale, dalle atmosfere cupe. Quello che sembra in superficie è un noir d'investigazione, in cui il detective privato Harry Angel viene ingaggiato per ritrovare un valente musicissta jazz misteriosamente scomparso. di costui, da un momento all'altro, si sono perse le tracce, proprio mentre era all'apice del suo successo.

Ma la narrazione si trasforma con un punto di svolta eclatante e ad effetto in una narrazione sovrannaturale e spaventosa, in cui gioca un ruolo fondamentale un patto con il diavolo, al quale - come è nel cliché - per quanto ci si sforzi ci si sforzi non ci si può più sottrarre, quando il Diavolo si presenta a riscuotere il conto. Ritorna dunque, nella filigrana, ed applicato ad un altro campo, lo scellerato patto faustiano con Mefistole
Il film che ne è stato tratto (Angel Heart - Ascensore per l'Inferno) riesce a rendere un po' l'atmosfera anche se il lungometraggio gioca molto di più su effettacci visivi e ruffianeschi, con l'inserimento - per puri effetti filmografici - dell'immagine dell'ascensore che scende dritto all'inferno. Inoltre, l'ambientazione di Angel Heart è stata spostata a New York, dallasede originaria dellavicenda che è New Orleans, molto più vicina, per sedimentazioni culturali, alla cultura vudù e a riti animistici di importazione africana, oltre che correlata ale radici del Blues, se si pensa ad esempio al Blues come alla "musica del diavolo" e alla storia che riguarda uno dei grandi del Blues, Robert L. Johnson dalla statura leggendaria del quale si dice che, avendo incontrato il Diavolo in persona, ad un incrocio deserto tra strade rurali del Profondo Sud degli States, vendette a costui la sua anima per ottenere il dono dell'ispirazione musicale.


(quarta di copertina) Vudù e magia nera in un thriller soprannaturale. Un detective privato, Harry Angel, assunto dal diabolico Louis Cyphre, scende nell'inferno di New York per rintracciare un famoso cantante scomparso, mettendo a repentaglio non solo la vita ma anche la propria anima. Un romanzo all'ultimo respiro, molto più terrificante dal film che ha ispirato con Robert De Niro e Mickey Rourke.


L'autore. Nato a New York nel 1941, Wlliam Hjortsbergha studiaato a Yale e a Stanford.Oltre a Angel Heart ha scritto un cultt della fantascienza "Gray Matters" e "Nevermore" (Tradotto in Italiano con il titolo di "Mai Più"), un pastiche che mette in scena sir Arthur Conan Doyle, hl grande Houdini, mago ed escapista e il fantasma di Edgar Allan Poe.

Hanno detto:
"Un romanzo straordinario, a metà tra il generre poliziesco e quello esoterico. E' come se "L'esorcista" fosse stato scritto da Raymond Chandler" - Stephen King

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13 dicembre 2019 5 13 /12 /dicembre /2019 08:57
Emilio Salgari. Il Capitano della Fantasia, De Ferrari Editore (Collana Oblò), 2018

Felice Pozzo è uno dei maggiori studiosi salgariani viventi. Editorialista attivissimo nell'ambito della critica salgariana e degli studi biografici sullo scrittore veronese, nonché profondo conoscitore del testo salgariano, nel corso degli anni ha scritto innumerevoli saggi tendenti a rivalutare la figura di Emilio Salgari, troppo facilmente rubricato a scrittore di serie B, esaltandone il ruolo fondamentale nel panorama letterario italiano dei suoi tempi come scrittore di libri di avventure, ma anche di viaggio e di esplorazione. Un ruolo che in altri paesi è stato coperto da scrittori, già celebrati da vivi (si veda ad esempio il caso di Jules Verne) la cui fama è perdurata nel tempo, senza che essi avessero peraltro dover fare i conti con i cascami deteriori dell''estetica crociana. Una delle sue più recenti fatiche, data alle stampe nel 2018, è il volume Emilio Salgari. Il Capitano della Fantasia, per i tipi di De Ferrari Editore (Collana Oblò), 2018
Il sottotitolo di questo volume dà chiarimenti sul suo contenuto: "Genova e i Genovesi (e non solo) nella vita e nell'opera di Emilio Salgari". Si tratta di un volume contenente una serie di spigolature salgariane, relative al periodo in cui egli visse dalle parti di Genova (a Sampierdarena, a Casa Rebora), in stretto contatto con l'editore Donath: anni che furono gravidi di incontri con personaggi di vario tipo, tra i quali alcuni dei suoi più celebri illustratori.
Il volume contiene alcune rivelazioni ancora inedite e si conclude con un breve capitolo alla memoria dello scrittore, con la citazione di due eventi che danno la misura di quanto lo sforzo di appassionati come Felice Pozzo (ma animato al contempo dalla rigorosità del ricercatore di fonti letterarie inedite) abbia contribuito a mantenere viva e di grande statura la figura dello scrittore, malgrada la scarsa attenzione dall'Accademia dei letterati italiani.
1. In occasione del centenario della morte, Emilio Salgari, il 21 novembre 2011 ha ricevuto honoris causa l'attestazione culturale di Diploma di Capitano di Marina, con questa motivazione: "Per la profonda conoscenza dell'arte marinaresca, per aver fatto sognare avventure di terra e di mare a intere generazioni di giovani e per avere suscitato in essi, attraverso la lettura delle sue opere, la passione per i viaggi in paesi lontani, contribuendo a sviluppare in molti la vocazione marittimo nautica".
Ha ricevuto l'onorificenza la signora Anna, vedova di Emilio Salgari Junior ed erano presenti anche altri rappresentati della famiglia.
2. Nel 2007, d'altra parte, Salgari é stato scelto dal Ministero degli Affari Esteri a rappresentare l'Italia durante la Settimana della Lingua Italiana nel mondo e, in quell'occasione, l'Accademia della Crusca ha pubblicato un volume "L'Italiano e il Mare. Percorsi di letture ed immagini" dove alcune pagine de "I Pirati della Malesia" compaiono accanto a pagine dei più grandi navigatori italiani, da Cristoforo Colombo a Amerigo Vespucci.

Il volume è corredato da un ricco apparato di note, da un'ampia bibliografia e da una serie di immagini fuori testo.

(Dal risguardo di copertina) I lupi di mare liguri e in particolare genovesi hanno ottenuto nell'opera di Emilio Salgari (1862-1911) una ammirata e molto particolare attenzione. Questa eloquente circostanza, insieme alla prolifica e fondamentale attività svolta a Genova per l'editore Anton Donath dal romanziere che ha creato in Italia il genere avventuroso; al suo soggiorno a Sampierdarena (1898-1899) in Casa Rebora, accanto al mare, dove è nato suo figlio Romero; alle amicizie e ai rapporti personali nati nel capoluogo ligure, costituisce l'argomento principale di questo libro. Un tema affrontato per la prima volta nel suo complesso, con molte rivelazioni e notizie inedite, perché sia Salgari che Genova sono stati segnati per sempre da questo magico incontro. Impossibile isolare uno o più periodi nella biografia di un autore diventato in Italia un fenomeno di costume oltre che letterario.

L'Autore. Felice Pozzo, considerato il decano degli studiosi salgariani, ha contribuito alla valorizzazione dell'opera di Emilio Salgari. Ha curato numerose edizioni di opere salgariane e pubblicato saggi, articoli e volumi fra cui Emilio Salgari e dintorni (Napoli, 2000); L'officina segreta di Emilio Salgari (Vercelli, 2006); Nella giungla di carta - Itinerari toscani di Emilio Salgari (Pontedera, 2010).   

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6 dicembre 2019 5 06 /12 /dicembre /2019 14:16
Stephen King, The Outsider, Hodder&Stoughton, 2018

(Agosto 2018) Stephen King non finisce  mai di sorprendermi. Questo nuovo romanzo, "The Outsider" (Hodder&Stoughton, 2018) ancora non pubblicato in lingua italiana, è straordinario - a mio avviso - perchè coniuga gli stilemi propri del thriller e del poliziesco - nel filone da lui inaugurato con "Mr Mercedes" -  con altri elementi che gli sono cari e che sconfinano nel paranormale e nell'horror.
La vicenda, che configura un delitto "impossibile", si interseca inoltre proprio con l'agenzia di investigazioni creata da John Hodges, "The Finders Keepers" e da Holly Gibney, sua partner.
La prima parte parte del romanzo si muove secondo le direttive classiche di un poliziesco, con la rapida identificazione, dopo una serrata indagine di polizia, di un colpevole - il rispettabile  Terry Maitland, insegnante nella locale scuola e apprezzato coach della squadra di Baseball, nella cittadina di Flint City (come precisa lo stesso King, "fictional"), Oklahoma, anche se da subito traspaiono degli elementi si dubbio, per quanto confutati da schiaccianti evidenze.
La seconda parte, una volta accettato l'impossibile, si muove secondo le direttive maggiormente care a Stephen King.
Il ritmo narrativo è incalzante. E la lingua originale non mi ha trattenuto dal divorarlo in pochi giorni.
Numerosi sono i colpi di scena, in un arco temporale che si dispiega in un mese circa.
Alla fine del plot, alcune delle cose guaste si rimettono in linea, anche se non è possibile emendare in alcun modo il dolore e i lutti, dovuti ad una strada disseminata di alcune vittime innocenti.
Di più non si può dire, perchè altrimenti si rovinerebbe il gusto della lettura a coloro che vi si accostano.
Sì, indubbiamentequesto romanzo kinghiano mi ha preso molto: e devo dire che, nel mio apprezzamento e coinvolgimento di lettore, ha superato di molto spanne i tre di Finders Keepers che lo hanno preceduto (oltre al citato "Mr Mercedes", "Finders Keepers" e "End of Watch").
La citazione in epigrafe è significativamente dell'eclettico scrittore e saggista Colin Wilson, tra le altre cose infaticabile divulgatore del paranormale. E il titolo stesso è in omaggio ad uno dei suoi saggi fondamentali ("The Outsider", 1956).
Credetemi, scriverei molto di più su questo romanzo, anche per via di certi parallelismi con alcuni classici della letteratura horro, ma non voglio che questa mia recensione diventi uno spoiler.

Stephen King, The Outsider, Hodder&Stoughton, 2018

(dal risguardo di copertina dell'edizione in linga originale) When an eleven-year-old boy is found murdered in a town park, reliable eyewitnesses undeniably point to the town's popular Little League coach, Terry Maitland, as the culprit. DNA evidence and fingerprints confirm the crime was committed by this well-loved family man.

Horrified by the brutal killing, Detective Ralph Anderson, whose own son was once coached by Maitland, orders the suspect to be arrested in a public spectacle. But Maitland has an alibi. And further research confirms he was indeed out of town that day.

As Anderson and the District Attorney trace the clues, the investigation expands from Ohio to Texas. And as horrifying answers begin to emerge, so King's propulsive story of almost unbearable suspense kicks into high gear.

Terry Maitland seems like a nice guy but there is one rock-hard fact, as unassailable as gravity: a man cannot be in two places at the same time. Can he?

Stephen King, The Outsider, edizione italiana Sperling&Kupfer

The Outsider  è stato vincitore del premio Goodreads Choice Awards 2018. Sezione Mistery & Thriller.
Nel 2018, Luca Briasco è risultato terzo nella classifica stilata dalla Lettura per i migliori traduttori italiani.

(Soglie del testo nell'edizione italiana) Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.

La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino. Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav'uomo non può essere l'assassino. Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.

Hanno detto:
«Geniale King: in questo libro convergono le ombre del Processo di Kafka e la concezione del doppio di Dostoevskij. Thriller potente, ingranaggio speculare formidabile e meccanismo che intrappola il lettore come un supplizio seduttivo» - Robinson, La Repubblica

«Fatevi un favore, leggete The Outsider» - Associated Press

«L'It dell'era Trump… notevole e veramente bello» - The AV Club

(6dicembre 2019) Dal romanzo di Stephen King è stata tratta una miniserie in dieci episodi che vedrà il suo debutto il 12 gennaio 2020 su HBO, negli Usa.
La miniserie è stata definita una delle migliori mai tratte da un romanzo di Stephen King e ne è disponibile ora il trailer ufficiale.
Lo stesso Stephen King si è dichiarato soddisfatto del risultato.

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6 dicembre 2019 5 06 /12 /dicembre /2019 10:06
Lawrence d'Arabia e l'Invenzione del Medio Oriente, Feltrinelli 2016

Lawrence d'Arabia e l'invenzione del Medio Oriente, scritto a quattro mani da Fabio Amodeo e Mario José Cereghino (Feltrinelli, Collana Storie, 2016) è un saggio storico veramente interessante che si pone il compito di dipanare i fili della verità storica su Lawrence d'Arabia da quelli della fantasia e del mito che è stato costruito attorno a questo controverso personaggio.
Il primo capitolo esordisce con la narrazione del progetto del regista anglo-ungherese Alexander Korda, di realizzare un film su Lawrence d'Arabia, dopo l'acquisto - nel 1935 - dei diritti di riproduzione cinematografica del testo già divenuto cult "I Sette pilastri della saggezza". Il progetto di Korda, tuttavia, non andò a buon fine, poiché la sua realizzazione non ebbe il favore della politica britannica e di quella internazionale, in quanto i fatti storici e i misfatti delle grandi potenze negli anni successivi alla Grande Guerra nell'area del Medio Oriente erano ancora troppo "caldi".
Il libro si conclude con un capitolo dedicato agli aspetti "mitici" (oltre che quasi "leggendari") e mediatici della figura di Lawrence d'Arabia, alla sua opera letteraria e al film che - dopo il fallimento del progetto di Korda - venne finalmente prodotto negli anni Sessanta (1962), con la regia di David Lean.
Ricordo che quando lo vidi, mio padre andò alla sua libreria e prese per me il poderoso volume "I sette pilastri della saggezza", l'opera letteraria di Lawrence, e mi invitò a leggerlo.
Era questo che mi piaceva di papà: per ogni cosa lui era in grado di associare una possibile lettura da fare per approfondire l'argomento e per saperne di più.
Il testo di Amodeo e Cereghino, a metà tra la divulgazione colta e lo studio fondato sul rigoroso controllo delle fonti e dei documenti cerca di sgarbugliare la matassa dei fatti avvenuti negli anni che precedono e seguono la prima guerra mondiale. La "rivolta nel deserto" fu l'evento che finì poi con l'infiammare la fantasia dei più, mentre tutto l'affaire diplomatico che si estese con varie ramificazioni da prima della guerra mondiale agli anni immediatamente successivi e che permeeò gran parte degli accordi di pace risultò essere quasi del tutto invisibile per la memoria collettiva ed anche degli storici, in definitiva.
Mentre si combatteva in Europa e morivano a milioni, in Oriente si combatteva una guerra contro i Turchi meno eclatante forse, sul piano delle vittime, ma di vitale importanza per le due maggiori potenze mondiali del momento (che tali sarebbero stati rimaste ai tavoli di pace che avrebbero ridisegnato il mondo e il suo assetto geopolitico), cioè Francia e Gran Bretagna, a partire dal segretissimo accordo anglo-britannico Sykes-Picot.

 

Lawrence d'Arabia locandina del film di David Lean

La leva principale che spingeva queste due nazioni era il controllo sulle fonti di petrolio, ritenuto di importanza sempre crescente soprattutto per alimentare le navi da guerra (al passaggio del secolo aveva preso piede in maniera sempre diffusa per le navi da guerra la combustione  a gasolio, soppiantando quella a carbone).
Il Medio Oriente non esisteva in quanto tale - come siamo abituati a pensarlo oggi: venne letteralmente "inventato", per poter mettere in atto delle strategie di controllo geopolitico sull'intera zona, con i confini tra i vari stati nazionali appositamente creati per le spartizioni delle sfere di interesse e di controlli, con l'ausilio di un righello sulla carta geografica.
Il saggio mostra chiaramente come molti dei mali che sono cresciuti a dismisura oggi, rendendo questi territori un'instabile polveriera, hanno le loro radici più profonde, nei tratti segreti di allora che portarono alla nascita di stati che Francia e Gran Bretagna avrebbero dovuto controllare (con il sistema dell'' "Indirect Rule" allora prediletto dai Britannici, perchè meno costoso e più sostenibile per le finanze della Gran Bretagna).


(Dal risguardo di copertina) Il Cairo, autunno 1914: l'archeologo Thomas Edward Lawrence entra a lavorare nei servizi d'intelligence britannici. In breve, i comandi militari di stanza in Egitto si accorgono delle sue eccezionali capacità. È l'inizio di una saga che nel giro di qualche anno trasformerà il giovane e sconosciuto sottotenente gallese nell'epica figura di Lawrence d'Arabia. La sua è una missione ai limiti dell'impossibile: avvicinare i capi arabi (a cominciare dall'emiro Feisal) e convincerli a scatenare la guerra per bande contro i turchi nella penisola arabica e nella Mezzaluna fertile. Tra il 1916 e il 1918 la "rivolta nel deserto" si estende a macchia d'olio in tutta l'area, la svolta decisiva che provoca la sconfitta dell'Impero ottomano nel corso del primo conflitto mondiale. Ma Gran Bretagna e Francia, gli imperi coloniali più potenti dell'epoca non puntano affatto all'indipendenza degli arabi. Al contrario, il patto Sykes-Picot (1916) e le conferenze di Sanremo (1920) e del Cairo (1921) assicureranno a Londra e a Parigi nuove forme di dominio politico, militare ed economico. Prende così forma l'"invenzione" del Medio Oriente, ovvero la causa principale del disastro geopolitico a cui assistiamo anche al giorno d'oggi. Grazie ai molti fascicoli raccolti e analizzati negli archivi britannici di Kew Gardens, Amodeo e Cereghino affrontano con stile giornalistico le complesse vicende mediorientali degli anni tra il 1914 e il 1921, e il ruolo non sempre lineare svolto da Lawrence d'Arabia.

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8 novembre 2019 5 08 /11 /novembre /2019 09:55
David Almond, Il Bambino che si arrampicò sino alla luna, Salani Editore, 2012

Con Skellig ho scoperto di recente la narrativa di David Almond: mi è piaciuto davvero tanto e ora sto cercando di leggere tutti i suoi romanzi e racconti.
Il bambino che si arrampicò sino alla luna (titolo originale: The Boy Who Climbed To The Moon, nella traduzione di Giulia Risari), e edito Salani (2012) corredato con le belle illustrazioni di Federico Appel,  non ha di certo deluso le mie aspettative: è ancora una volta un racconto surreale e fantastico, basato sulla deliziosa trasposizione fantastica del tema sul viaggio sino alla Luna e ritorno; una affabulazione che si muove nel pieno rispetto dell'assioma secondo cui nella narrazione favolistica tutto deve essere possibile e di tutto può accadere, se soltanto si sospendono - come è giusto che sia - le leggi della razionalità e della logica.
Anche, in questo racconto, quello che passa (e che può essere molto importante per molti piccoli lettori o per lettori adulti che continuano ad alimentare il proprio sé bambino) è il messaggio che, se si vuole si può andare "oltre" e raggiungere luoghi che sono invisibili e dall'esistenza insospettabile, quando si è sprofondati a vivere nel seminterrato di un altissimo condominio.Un garbata, seppur potente, metafora sul tema dell'evasione attraverso una visione del mondo che, pur ludica, è anche tremendamente seria..
E' la stessa prigione a cui sembra di essere condannati a tramutarsi, se si ha abbastanza spirito d'iniziativa,in trampolino di lancio verso altri mondi: insomma, il vincolo che diventa possibilità visionaria.

(incipit) "Qualche tempo fa c'era un ragazzo piuttosto solitario di nome Paul che abitava in una città del Nord dell'Inghilterra. Viveva sottoterra in un appartamento nel seminterrato di un grande condominio. Sopra la sua testa c'erano piani su piani e famiglie su famiglie.
Questo faceva sembrare il mondo molto pesante e il cielo molto lontano
" (p.7).

(Risguardo di copertina) Il piccolo Paul trascorre malinconicamente la sua esistenza in città, tra le quattro mura dell'appartamento in cui vive con i genitori. Un bel giorno gli viene un'idea: salire all'ultimo piano del palazzo per toccare il cielo. L'ascesa verso l'ultimo piano gli porterà anche nuove conoscenze e nuovi stimoli. Soprattutto incontrerà l'artistica Molly e il suo bizzarro fratello Benjamin. I due aiuteranno Paul a verificare un'altra sua idea: che la luna non sia un pianeta ma un buco nel cielo, da cui filtra una gran luce. Paul si arrampicherà fino all'astro e scoprirà che la sua intuizione era giusta. La luna è effettivamente un buco che porta in un altro mondo tutto bianco dove vive tutto ciò che è sparito in cielo nei tempi passati: palloni aerostatici, pterodattili, elicotteri, aviatori, astronauti...
Età di lettura: da 10 anni.

Hanno detto:
"Non c'è davvero nessuno che sappia scrivere come Almond nellanarrativa per ragazzi o per adulti di oggi" (The Times)
"Una fiaba adatta a tutte le età. Un libro che unisce la profondità di visionee comprensione con una straordinaria delicatezza di tocco. Un classico moderno" (Philip Ardagh, The Guardian)
"Una storiasurreale e solo apparentemente semplice sulla libertà, l'immaginazione e l'amicizia" (The Sunday Times)

David Almond

L'Autore. David Almond è uno scrittore inglese specializzato nella narrativa per ragazzi, i suoi libri sono tradotti in più di quaranta lingue. In Italia ha pubblicato numerosi libri tra cui Skellig (Salani 2009), Argilla (Salani 2010), La storia di Mina (Salani 2011), Il bambino che si arrampicò fino alla luna (Salani 2012), Il grande gioco (Salani 2013), La vera storia del mostro Billy Dean (Salani 2014), Topo, uccello, serpente, lupo (Edizioni BD 2014), Mio papà sa volare (Salani 2017), Il sogno del Nautilus (Orecchio Acerbo 2017), La canzone di Orfeo (Salani 2018), Il ragazzo che nuotava con i piranha (Salani 2019).
Di premi ha fatto incetta, ma il più prestigioso è senza dubbio quello del 2010, l’Hans Christian Andersen.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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