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6 gennaio 2017 5 06 /01 /gennaio /2017 14:22

(Maurizio Crispi) E' uscito in questi giorni, sul finire del 2016, un piccolo libro illustrato per l'infanzia di Giuseppe Carli (testo) e, Mariella Cusumano (illustrazioni), sulla storia della "Santuzza", cioè di Santa Rosalia, patrona e protrettrice della Città di palermo, dal titolo: Rosalia dai capelli d’oro (edizione cartacea in italiano), per i tipi di Glifo Edizioni, Palermo.

Ovviamente, tanto è stato scritto e detto su Santa Rosalia, la cui vicenda è intrecciata di fatti storici e di leggenda e che si svolge in due tempi. il periodo in cui visse e operà Rosalia de' Sinibaldi (nel XII secolo) e il 1624 in ci avvenné il miracolo della fine della peste dilagante a Palermo.
Tra le tante cose che sono state scritte al riguardo, citiamo ad esempio un'opera relativamente recente che si deve a Umberto Santino, con il titolo "I Giorni della Peste. Il Festino di Santa Rosalia tra Mito e Spettacolo", Di Girolamo Editore, Palermo (2006), in cui si studia la connessione tra la proclamazione di Rosalia Santa, la fine della pestilenza del 1624 e l'avvio - dal 1625 - della tradizione del Festino che si celebra ogni anno a Palermo tra il 14 e il 15 luglio, ma con una serie di eventi anticipatori che si estendono di fatto per un'intera settimana, coinvolgente sia il potere e la comunità religiosi sia il potere civile e amministrativo in una kermesse che ancora oggi continua a presentarsi indubbiamente con un sigillo barocco, come rileva Santino. E' fatto risaputo che il notabile alla guida della Città - oggi il Sindaco con tanto di fascia tricolore - nella grande processione celebrativa sale anch'egli sopra al carro che trasporta l'effigie della Santa e punteggia la processione con invocazioni che fanno "Viva Palermo e Santa Rosalia!".
E, in uno sforzo esegetico, Santino cerca di spiegare - alla luce delle fonti disponibili, tra le quali il poema di Petru Fudduni, La Rosalia, in 3856 versi, per quale motivo Rosalia sia stata proclamata Santa e Patrona della Città, molto più tardi rispetto al ritrovamento delle sue presunte reliquie che pure coincise con la fine di una pestilenza.

Umberto Santino(dal risguardo di copertina dell'opera di Umberto Santino) Dal primo festino, nel 1625, ad oggi sono passati trecentottant'anni [ad oggi sono già 390 gli anni] e Palermo è sempre puntuale all'appuntamento con la sua Santa Patrona. Ma è una santa che si festeggia o la città rende omaggio a se stessa, o ai potenti che l'hanno calpestata, illusa e disillusa, dai tempi del viceré a oggi? Uno scritto a metà strada tra pamphlet e saggio storico, con sapide digressioni sulle pesti reali o immaginarie raccontate da scrittori famosi, da Boccaccia a Manzoni, da Defoe a Camus, e una ricostruzione del culto di Santa Rosalia, dal poema di Petru Fudduni alle recenti spettacolarizzazioni. Nel XVII secolo Santa Rosalia spodestò le sante patrone di Palermo [Agata, Cristina, Ninfa e Oliva] e ora all'alba del terzo millennio, al suo fianco è riapparso San Benedetto il Moro. Ma per liberarsi delle pesti del nostro tempo basteranno le intercessioni dei patroni celestiali e le deleghe ai miracolatori terreni?

In questo libro per l'infanzia, la storia della "Santuzza" è trasposta in una favola lieve per i più piccini, tralasciando gli aspetti macabri e più morbosi, quali, ad esempio, il rinvenimento delle ossa e il loro trasporto a Palermo, in processione, e corredata di magnifiche illustrazioni policrome a piena pagina, ma tuttavia - pur nella sua semplificazione estrema - gli autori si sono attenuti alla vulgata nei dettagli, come ad esempio il primo periodo anacoretico di Rosalia in un luogo sperduto dalla parti di Bivona, sottolineando nella vicenda di Rosalia, una scelta francescana, dal momento che come Francesco lei fanciulla di nobili origini rinunciò a tutto per seguire la sua vocazione in un percorso di sempre maggiore rinuncia al mondanesimo e di preghiera estatica.

(Presentazione del volume, nel sito della casa editrice) Ecco l’affascinante storia di Rosalia dai capelli d’oro, una bellissima fanciulla dall’animo buono, nata e cresciuta in una famiglia nobile e ricca.

Peccato che per lei non sia abbastanza, non perché voglia possedere altro, ma perché, al contrario, desidera una vita più pacata e lontana dagli sfarzi di corte.

I vivaci colori delle illustrazioni ci prendono per mano e ci conducono all'importante scelta di Rosalia: abbandonare ogni ricchezza per rifugiarsi nella natura alla ricerca di pace e serenità.

Il finale è un tripudio di colori, la festa è tutta per lei.

 

Santa Rosalia(La storia di Santa Rosalia e del suo culto, da wikipedia) Rosalia de' Sinibaldi (o di Sinibaldo) nasce a Palermo nel Medioevo, nella prima metà del XII secolo, intorno al 1130. La tradizione narra che nel 1128, mentre osservava il tramonto dal Palazzo Reale con sua moglie, la contessa Elvira, una figura apparve al signore normanno di Sicilia Ruggero II d'Altavilla dicendogli: «Ruggero, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine».
Per questo motivo pare che, poco tempo dopo, quando nacque, la bambina venne chiamata Rosalia (da un'etimologia popolare latina secondo cui il nome Rosalia sarebbe composto da rosa e lilium, ovvero rosa e giglio). Esiste un'altra tradizione che vede spettatori della visione Guglielmo I e sua moglie Margherita, ma ciò non sarebbe possibile: il 1130, presunta data di nascita di Rosalia, non coincide col regno di Guglielmo, che va dalla morte del padre Ruggero II nel 1154 alla propria nel 1166. Nel 1128 siamo a due anni dell'incoronazione di Ruggero II, la Sicilia è ancora una Contea e Palermo sta per diventare capitale del Regno Normanno dell'Italia meridionale.
Suo padre, il conte Sinibaldo de' Sinibaldi, signore della Quisquina e del monte delle Rose (attuali territori di Santo Stefano di Quisquina e Bivona, siti in provincia di Agrigento), faceva discendere la sua famiglia da Carlo Magno e dai Conti Marsi. Sua madre, Maria Guiscardi, era a sua volta di nobili origini e imparentata con la corte normanna (alcuni pensano che Maria fosse nipote dello stesso Ruggero II). Da giovane Rosalia visse in ricchezza presso la corte di Ruggero II, ma anche presso la villa paterna, che doveva trovarsi nell'attuale quartiere dell'Olivella. Rosalia, educata a corte, per la sua bellezza e gentilezza divenne anche damigella d'onore della regina Sibilla (seconda moglie di Ruggero). Un giorno il conte (o secondo altri principe) Baldovino (erroneamente identificato con Baldovino III di Gerusalemme) salvò il re Ruggero da un animale selvaggio, un leone secondo la leggenda, che lo stava attaccando; il re allora volle ricambiarlo con un dono e Baldovino chiese in sposa Rosalia.

Santa RosaliaIl giorno antecedente le nozze, Rosalia, mentre si specchiava, vide riflessa nello specchio l'effige di Gesù Cristo. La ragazza, il giorno seguente, si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate declinando l'offerta e preferì abbracciare la fede, cui si era già dedicata da fanciulla. A quindici anni abbandonò quindi il Palazzo Reale, il ruolo di damigella e la casa paterna e si rifugiò presso il monastero basiliano del SS. Salvatore a Palermo, ma ben presto anche quel luogo fu troppo stretto a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento. Dopo aver scritto una lettera in greco e aver lasciato una croce di legno e averli dati alle monache, decise quindi di trovare rifugio presso una grotta nei possedimenti del padre, che aveva visitato da fanciulla, presso Bivona. La sua fama intanto si diffuse presto e la grotta divenne luogo di pellegrinaggio. All'ingresso della grotta Rosalia scrisse un'epigrafe in latino prima di fuggire. Un giorno la grotta fu trovata vuota e successivamente si venne a sapere che aveva deciso di tornare a Palermo occupando un'altra grotta, dove cominciarono le continue tentazioni da parte del demonio. Il 4 di Settembre 1170 morì in pace e solitudine, dormendo.
Nel 1624 la Santa salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, esautorando, difatti, gli altri patroni della città, tra cui Cristina, Oliva, Ninfa e Agata. Mentre infuriava una terribile epidemia arrivata in città da una nave proveniente da Tunisi (antica "Barbaria"), la Santa apparve a un povero 'saponaro', Vincenzo Bonelli (abitante dell'antico quartiere della "Panneria"), che viveva barattando mobili vecchi. Bonelli, avendo perso la giovane consorte quindicenne a causa della peste nera, era salito sul Monte Pellegrino sul far della sera con l'intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare (zona Addaura) per farla finita, non riuscendo a venire a capo della disperazione per la prematura scomparsa della giovane moglie.
Al momento di mettere in atto il suo triste intento, gli apparve innanzi una splendida figura di giovane donna pellegrina, bella e di grande splendore, che lo dissuase dal suo proposito, portandolo giù con sé al fine di mostrargli la sua grotta; infatti, lo condusse nei pressi dell'antica Chiesa di S. Rosolea, già allora esistente e dove la si venerava da antica data, nei pressi della famosa grotta che ella gli indicò come la sua "cella pellegrina".
Santa RosaliaScese con lui dalla cosiddetta "Valle del Porco" verso la città, esortandolo a pentirsi; lo invitò a informare, dopo aver fatto ciò, il Cardinale Giannettino Doria, Arcivescovo della città di Palermo, che le ossa già in precedenza rinvenute dalla giovane Girolama La Gattuta grazie a un'apparizione in quella grotta incastonate nella roccia e che si presumeva potessero essere della Santa eremita (di cui si coltivava in quel luogo la memoria) ma delle quali non era certa l'origine e che erano già state raccolte e venivano custodite nella cappella personale del Cardinale, erano veramente sue; inoltre, che non si facessero più "dispute e dubbii" e che, infine, venissero portate in processione per Palermo, poiché lei, Rosalia, aveva già ottenuto la certezza, dalla gloriosa Vergine Madre di Dio, che, al passaggio delle sue ossa e al momento preciso del canto del Te Deum Laudamus, la peste si sarebbe fermata.
Rosalia gli disse inoltre: "E per segno della verità, tu, in arrivare a Palermo, cascherai ammalato di questa infermità [la peste] e ne morrai, dopo aver riferito tutto ciò al Cardinale: da ciò egli trarrà fede a quanto gli riferirai".
Tutto questo il povero "saponaro" Bonelli lo raccontò al suo confessore, padre Don Pietro Lo Monaco, parroco della Chiesa monumentale di Sant'Ippolito Martire al Capo, che glielo fece riferire subito al Cardinale di Palermo, il quale - constatando che realmente il Bonelli si era improvvisamente ammalato di peste e ne stava di lì a breve morendo - gli diede credito ed eseguì ciò che dallo stesso gli era stato fatto sapere, liberando immediatamente durante la processione delle sante reliquie di Rosalia la città di Palermo dalla peste.
Il culto della Santa è tuttavia attestato da documenti (Codice di Costanza d'Altavilla depositato presso la Biblioteca Regionale di Palermo e antica tavola lignea del XIII secolo che la rappresenta in veste di monaca basiliana e oggi custodita presso il Museo Diocesano di Palermo) a partire dal 1196, ed era diffuso già nel XIII secolo (antichissimo altare a lei dedicato nella vecchia cattedrale rogeriana).

Il Carro di Santa Rosalia, allestito per il Festino di alcuni anni fa... Il carro è sovente in forma di barcaLa si pregava inoltre con la frase "Sancta Rosalia ora pro nobis", le erano state costruite due chiese, o cappelle, a Palermo: una sul Monte Pellegrino, chiamata di "Chiesa di S. Rosolea", vicino o davanti la grotta stessa, l'altra nell'attuale quartiere dell'Olivella, dove sorgeva la casa del padre di Rosalia, Sinibaldo; della suddetta casa oggi rimane solo l'antico pozzo, internato nel pavimento del cortile del seicentesco Oratorio di Santa Caterina d'Alessandria all'Olivella, che a sua volta sorge dove vi era l'antica chiesa di Rosalia.
Vi sono anche numerosissimi dipinti medievali che la raffigurano insieme ad altri santi oppure come soggetto unico, una statua marmorea di Antonello Gagini, una volta posta all'interno della Tribuna della Cattedrale, realizzata dallo stesso Antonello, e oggi denominata "Santa Caterina da Bologna", e infine una statuetta reliquiaria cinquecentesca di Scuola Gaginiana che la raffigura in abiti francescani (anche se la Santa non appartenne al suddetto ordine - successivo alla sua morte - ma bensì all'antico ordine che seguiva la Regola di San Basilio Magno, appunto basiliano), che oggi si trova al Palazzo Abatellis.
Poiché la memoria della Santa palermitana nel 1600 lasciava ancora qualche residuo nelle litànie (si narra infatti che, durante una delle processioni che invocavano i vari santi per liberare la città dal contagio, due diaconi pronunciassero il nome di Santa Rosalia contemporaneamente, segno che fece riaffiorare l'interesse in città per il suo culto "sòpito"), la riscoperta del suo corpo glorioso sul Monte Pellegrino incastonato in un involucro di roccia cristallina (che poco dopo si scoprì essere calcarenite) e la successiva rivelazione al Card. Doria del racconto del povero Bonelli con la conseguente liberazione della città dall'epidemia, ne sancì il definitivo e popolare patrocinio, ratificato a Roma sotto il pontificato di Papa Urbano VIII Barberini.
Il culto è particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale "Festino" che culmina nello spettacolo pirotecnico del 14 notte e nella processione in suo onore il 15. Il 4 settembre invece la tradizionale acchianata ("salita" in lingua siciliana) a Monte Pellegrino conduce i devoti al Santuario in circa un'ora di scalata a piedi. Nella città metropolitana di Palermo il culto è presente a Campofelice di Roccella, in quanto importato dal principe palermitano fondatore dell'abitato attuale nel 1699, mentre in altri centri delle Madonie se ne trovano invece solo scarse tracce. A Bisacquino, feudo dell'arcivescovo di Monreale, Il Carro di Santa Rosaliail culto deriva da una reliquia della santa donata nel 1626 dall'Arcivescovo di Palermo.
In Sicilia il culto è attestato inoltre a Bivona e Santo Stefano Quisquina, dove secondo la tradizione la santa visse per dodici anni in eremitaggio e dove esso fu probabilmente introdotto dai Chiaramonte, signori feudali delle due località nella seconda metà del XIV secolo.
A Bivona le prime notizie documentate della chiesa e della confraternita di Santa Rosalia risalgono al 1494. La santa era particolarmente invocata, insieme a San Rocco, contro la peste: durante le epidemie del 1575 e del 1624 i bambini battezzati coi nomi dei due santi furono la quasi totalità dei nati, come risulta documentato nei registri di battesimo.
Inoltre in Sicilia è venerata ad Alia (PA), Novara di Sicilia, Mazara del Vallo (TP), Capaci (PA) e quasi in tutta l'isola. Santa Rosalia è patrona anche di Santa Margherita Belice. Alessandro I Filangeri, signore di Santa Margherita, fece costruire la chiesa madre nella seconda metà del XVII secolo, dedicandola alla vergine Rosalia. Negli ultimi anni viene portato in processione, il 4 settembre, un busto della santa in argento con reliquiario, appartenente alla chiesa madre. Inoltre è Patrona di Lentiscosa (SA), Delia (CL), Gravina di Catania, Santa Croce Camerina (RG) e Rina di Savoca (ME).
Un bassorilievo di Santa Rosalia si trova anche in Repubblica Ceca, a Praga, al n° 3 della centralissima Via Karlova (Casa Al Pozzo d'oro), in piena città vecchia, a poca distanza dal Ponte Carlo e dalla Staroměstské náměstí. Fu installata nella facciata del bel palazzo di un'antica famiglia, i coniugi Wesser i quali, colpiti dalla peste, vollero così esprimere la loro gratitudine alla Santa di Palermo, la cui fama era arrivata sin laggiù, per averne favorito la guarigione.

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1 gennaio 2017 7 01 /01 /gennaio /2017 15:46

Stephen King, Fine Turno (End of Watch), Sperling & Kupfe, 2016(Maurizio Crispi) Vado forse controcorrente se affermo che "Fine Turno" (End of Watch) di Stephen King (Sperling&Kupfer, 2016) mi è piaciuto, come mi sono piaciuti i due volumi precedenti della trilogia che ha come protagonista il detective in pensione Billy Hodges (e i suoi due comprimari) nel confronto/duello con il malvagio Brady Hartfield che, dalla sua stanza d'ospedale, riesce ad architettare un piano diabolico per portare a termine ciò che era rimasto incompiuto.
Stephen King "non" è uno scrittore di genere, per quanto alcuni lo vogliano inchiodare a questa etichetta. Nel corso del tempo "il re" si è cimentato in varie direzioni, esplorandone le potenzialità con risultati diversi, ovviamente, e non sempre condivisibili. Ma, come per tutti gli scrittori che abbiano il coraggio di non rimanere legati ad un unico stereotipo narrativo il giudizio d'un lettore attento deve tenere d'occhio l'opera narrativa nel suo complesso, con tutte le divagazioni, le sperimentazioni, i percorsi (compresi i vicoli ciechi) che l'Autore ha voluto seguire.
La trilogia di Hodges e dell'agenzia investigativa "Finders Keepers" va appunto collocata in questa luce. E, di volta in volta, le opere di Stephen King vanno lette facendo attenzione alle soglie del testo e alle epigrafi. Come Revival era dedicato ad alcuni dei maestri dell'Horror e sopra a tutti a H. P. Lovecraft, indiscusso pilastro del Gotico, la trilogia di Mr Mercedes trova i suoi ispiratori in alcuni scrittori del genere poliziesco e, in particolare, è dedicata nel suo incipit a Ed McBaine al poliziesco metropolitano.
Detto questo, ciò che più affascina nell'opera narrativa di King è la capacità affabulatoria che si distende in lunghi percorsi in cui i personaggi vengono magistralmente costruiti e fatti vivere.
Non a caso Stephen King si paragona sovente a Charles Dickens, gigante della letteratura del Novecento e non certo di genere.
Fine Turno, come i due romanzi che lo hanno preceduto si legge bene e appassiona, anche se non c'è suspense, dal momento che il montaggio degli eventi è predisposto dallo sguardo onnisciente del narratore.
Ma ciò che piace è il dispiegarsi della narrazione, appunto: ed è questa la qualità che fa di Stephen King un grande scrittore.

Stephen King, End of Watch, (Edizione UK)(dal risguardo di copertina) Dopo Mr. Mercedes e Chi perde paga, King ha scritto l'atteso capitolo conclusivo della sua trilogia poliziesca, nella quale l'autore, come ci ha ormai abituato, combina il suo impareggiabile senso della suspense con uno sguardo lucidissimo sulla fragilità umana.
In un gelido lunedì di gennaio, Bill Hodges si è alzato presto per andare dal medico. Il dolore lo assilla da un po' e ha deciso di sapere da dove viene. Ma evidentemente non è ancora arrivato il momento: mentre aspetta pazientemente il suo turno, infatti, Bill riceve la telefonata di un vecchio collega che chiede il suo aiuto, e quello della socia Holly Gibney. Ha pensato a loro perché l'apparente caso di omicidio-suicidio che si è trovato per le mani ha qualcosa di sconvolgente: le due vittime sono Martine Stover e sua madre. Martine era rimasta completamente paralizzata nel massacro della Mercedes del 2009. Il killer, Brady Hartsfield, sembra voler finire il lavoro iniziato sette anni prima dalla camera 217 dell'ospedale dove tutti pensavano che sopravvivesse in stato vegetativo. Mentre invece la diabolica mente dell'Assassino della Mercedes non solo è vigile, ma ha acquisito poteri inimmaginabili, tanto distruttivi da mettere in pericolo l'intera città. Ancora una volta, Bill Hodges e Holly Gibney devono trovare un modo per fermare il mostro dotato di forza sovrannaturale. E a Hodges non basteranno l'intelligenza e il cuore. In gioco, c'è la sua anima. Dopo "Mr. Mercedes" e "Chi perde paga", King ha scritto il capitolo conclusivo della sua trilogia poliziesca, nella quale l'autore, come ci ha ormai abituato, combina il suo senso della suspense con uno sguardo lucidissimo sulla fragilità umana.
Stephen KingDalla trilogia di Bill Hodges sarà tratta una miniserie TV diretta da Jack Bender.

Di Fine turno è stato detto:
«Per le legioni dei suoi fan, Fine turno, combinazione tutta kinghiana di horror e mystery, è il finale perfetto della trilogia di Bill Hodges» - Publishers Weekly
«Il re non delude» – Andrea Vitali, Il Venerdì di Repubblica
«Di uno scrittore come King, che è sulla cresta dell'onda da molti decenni, si potrebbe pensare che è a corto di idee. E invece eccolo servirci uno dei thriller più originali degli ultimi tempi: un libro spettacolare, emozionante, avvincente» - Library Journal
«King riesce ancora splendidamente a fare la sua magia.» - The Associated Press
«King è abilissimo nell'imbastire il suo nuovo romanzo horror, che tocca argomenti sensibili come quello della depressione e del suicidio» - Luca Crovi, il Giornale.it

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29 dicembre 2016 4 29 /12 /dicembre /2016 07:48

Il segreto di Gotham (Seven for a Secret)(Maurizio Crispi) E' un fatto indubbio che la letteratura fiction, mentre intrattiene ammaestra, conduce il lettore a porsi degli interrogativi e a desiderare degli approfondimenti. Attraverso la lettura dei romanzi, si ha la possibilità di viaggiare in lungo e in largo nel Tempo e nello Spazio: e ciò spiega perché alcuni siano degli impenitenti lettori "multipli", inebriati dalla possibilità di essere la mattina nella Los Angeles del XXI secolo e, poche ore dopo altrove, per esempio nella New York del XIX secolo.
A differenza di saggi tematici che hanno l'esplicito compito di ammaestrare, le opere fiction fanno ciò in modo ellittico, attraverso la creazione di un racconto con una trama complessa e articolata. E attraverso di esso, che è collocato in un "dove" e in un "quando", si impara (e si viaggia).
Il Segreto di Gotham (titolo originale: Seven for a Secret, nella traduzione di Norman Gobetti; Einaudi Stile Libero 2016), secondo romanzo di Lyndsay Faye (dopo "Il Dio di Gotham", 2012) si colloca nella caotica New York del 1847, già metropolitana nel suo sviluppo, e alla prese con l'intensa emigrazione degli Irlandesi. Già si è delineata la scissione tra gli Stati del Nord e quelli del Sud sulle tematiche abolizioniste, lungo quel discrimine virtuale (e geografico) tra Pensilvanya e Maryland controverso battezzato come "Linea Mason-Dixon", dal nomi dell'astronomo e dell'agrimensore che la tracciarono. Ancora siamo lontani dalla Guerra Civile, ma questa divergenza di vedute in merito all'abolizionismo sta già creando dei problemi: poiché se è vero che con apposite leggi è stato posto un freno alla Tratta degli Schiavi, mettendola fuori legge, è anche vero che il bisogno vorace di mano d'opera fresca da parte dei possidenti terrieri del Sud aveva cominciato ad alimentare una tratta interna, con la ricattura di Neri affrancati nel Nord e ricondotti in schiavitù al Sud (al prezzo di sofferenze atroci degli indivisdui ricatturati e delle loro famiglie spezzate), come nel caso raccontato da Solomon Northup nelle sue memorie (pubblicate in Italia con il titolo "Dodici anni da schiavo", in concomitanza con l'uscita del bel film che da questa vicenda è stato tratto). Thimothy Wilde, investigatore nella nascente polizia metropolitana di NY, ubicata nel lugubre edificio di recente costruzione, detto "Le Tombe", è alle prese con un caso di questo tipo: cioè la scomparsa della famiglia di una donna nera libera, Lucy Adams.
Wilde - affiancato dal fratello Valentine che occupa una posizione superiore nei quadri del neonato corpo di Polizia, ma che è anche intricato nella politica - prende ad indagare per scontrarsi con un intreccio di eventi in cui è - come sempre - la politica a dettare legge e a tingere dei suoi colori la verità.
Di lettura appassionante (sino all'ultimo rigo dell'ultimo capitolo), in cui ai fatti, incalzanti, si alternano sprazzi sull'interiorità di Timothy Wilde e degli altri personaggi trattati - specie quelli femminili - con una rara sensibilità, nllo stesso tempo lascia emergere una potente riflessione sulle tematiche dell'abolizionismo che, a lungo, anche dopo la promulgazione del XIII emendamento, voluto da Lincoln, e la fine della Guerra Civile, rimarrà più come idea (ed empito idealistico) che come realtà fattuale universalmente condivisa (vedi, ad esempio, al riguardo il recentissimo film "Free State of Jones").
Dietro alle pagine sapientemente costruite da Lindsay Faye si intravede un poderoso sforzo di documentazione, come rivelano la breve - ma succosa - postfazione che correda il volume e le epigrafi che precedono ogni capitolo tratti da testi da lei consultati o da documenti d'archivio che trattano di questo tema.

 

Lyndsay Faye(Le soglie del testo) Una città feroce e in fermento, un corpo di polizia che sta muovendo i primi passi e un detective alle prese con un caso che lo trascinerà in uno dei vicoli piú bui della storia americana. Questa è New York, nel 1846.
«Il giorno in cui le accadde il peggio - e con "peggio" intendo quella tragedia, quell'atrocità oltre ogni limite di sopportazione che per impedirla moriresti, per impedirla uccideresti - Lucy Adams stava lavorando in un negozio di fiori, e sistemava rose di serra scarlatte e arancioni i cui colori avrebbero fatto sfigurare un tramonto di mezza estate. Quanto poco venni a sapere di lei, quando la conobbi. Drammaticamente poco. I dettagli sarebbero venuti in seguito. Molto dopo la volta che le dissi che io, Timothy Wilde, stella di rame numero 107 e difensore di chiunque diavolo mi paresse, avrei rimesso tutto a posto.»
Quando Lucy Adams piomba nelle "Tombe", la centrale della polizia newyorkese, per denunciare la sparizione della sorella e del figlio, il detective Timothy Wilde non può lontanamente immaginare che cosa con quel caso andrà a scoperchiare. Setacciando i bassifondi della città, invasi in quegli anni da torme di immigrati irlandesi ridotti alla fame, e infilandosi nei salotti degli affari e della grande politica, Timothy e il fratello Valentine scopriranno un'orribile tratta di persone, e un inestricabile intreccio di corruzione, violenza e razzismo.

 

Hanno detto:
«Un romanzo spettacolare» (Gillian Flynn)

L'Autrice. Lyndsay Faye vive a New York con il marito e due gatti. Il segreto di Gotham (2016) è il secondo romanzo della serie dedicata alle indagini di Timothy Wilde, già protagonista de "Il dio di Gotham", pubblicato da Einaudi Stile Libero nel 2012.

 

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27 dicembre 2016 2 27 /12 /dicembre /2016 05:34
Angels Flight (Il Ragno): uno dei più magistrali romanzi di Michael Connelly

(Maurizio Crispi) Essendo in viaggio e trovandomi a corto di libri, nella casa in cui ero ospite ho adocchiato una copia in lingua originale di un romanzo di Michael Connelly in edizione economica, dal titolo "Angels Flight".
Non orientandomi sul titolo, ho subito cominciato a leggerlo, incantato dal ritmo serrato dei dialoghi sin dalle prime battute, per scoprire poche pagine dopo di conoscerlo già in traduzione italiana (ovviamente, perché di Connelly non me ne sono mai perso uno). Ho appreso dopo, da una ricerca in internet che Angels Flight era stato lanciato in Italia con il titolo alquanto difforme di "Il Ragno" (pubblicatocome tutti gli altri da Piemme).
Malgrado l'improvvisa agnizione, ho tuttavia continuato ad andare avanti nella lettura, calamitato dalla vicenda che si dipana ad un ritmo serrato nell'arco di tempo di poco più di 72 ore.
Angels Flight é un grande romanzo, decisamente uno dei migliori scaturiti dalla fertile penna di Connelly che vede Harry Bosch impegnato in una delicata indagine  sull'omicidio di Howard Elias, avvocato nero che ha costruito la sua fama perseguendo poliziotti corrotti e abusanti nei confronti di cittadini inermi.
L'omicidio crea nella metropoli una marea di malcontento e di proteste che sembrano essere sul punto di sfociare in sommovimenti e rivolte come quelle che, nel 1992, fecero seguito al pestaggio del tassista afro-americano Rodney King da parte di poliziotti del LAPD.
Dietro all'indagine frenetica, in lotta contro il tempo, si muovono i giochi di potere, per cui la verità ufficiale non deve mai essere la verità dei fatti accaduti, per ragioni di opportunità politica e di governo della città.
Come sempre Bosch, che - se uno dovesse figurarselo o disegnarlo - lo rappresenterebbe con una mescolanza di tratti (sia interiori, sia nellafisicità) di Philip Marlowe, il detective creato da Raymond Chandler (ammirato da Connelly) e del Clint Eastwood nei panni dell'Ispettore Harry Callaghan (per quanto quest'ultimo operi nei ranghi della Polizia di San Francisco), lotta alla ricerca della Verità e della giustizia, cercando strenuamente di evitare compromessi in nome del quieto vivere, mentre nello stesso tempo è alle prese con una crisi esistenziale.In questalotta cerca sempre di tenere alto i valori della Giustizia e del Dirittto, anche se in alcuni casi,pur di raggiungere il suo scopo e di attenersi a quello che sente un dovere morale è pronto a prendere vie brevi e scorciatoie, ma sempre ergendosi a paladino nei confronti delle storture del sistema di cui egli stesso fa parte.
Dalla data della sua nascita letteraria, lo abbiamo seguito seguiamo da quasi trent'anni, mentre invecchiamo e lui invecchia con noi, affrontando assieme alle indagini tutti i casi della vita con cui ciascuno di noi deve cimentarsi, facendo lecose giuste e, a volte, sbagliando.
Anche nella velocissima eppure intricata indagineconcernenti le indagini sulla morte di Howard Elias, Bosch andrà avanti testardo, ma coerente con se stesso, regalandoal lettore una seire di indimenticabili colpi di scena, sino ad una conclusione che nella sua crudezza corale è di una potenza tragica quasi shakespeariana.

Michael Connelly (Filadelfia, 21 luglio 1956) è uno scrittore statunitense di thriller: i suoi libri sono stati tradotti in 35 lingue diverse. È stato presidente del Mystery Writers of America dal 2003 al 2004.(Dal risguardo di copertina) Nella cabina della funicolare di Los Angeles un uomo in un elegante abito grigio scuro giace faccia a terra, freddato da un colpo di pistola. E Howard Elias, importante avvocato di colore specializzato in diritti civili. I suoi clienti non si distinguono di certo per onestà e rettitudine, trattandosi perlopiù di farabutti o autentici criminali, ma Elias ha sposato una causa ben precisa: intentare azioni legali contro il Dipartimento di Polizia, facendo leva sul nervo scoperto del razzismo diffuso in città e sui metodi non sempre ortodossi usati dalle forze dell'ordine. Le sue invettive gli hanno procurato grande fama e, inevitabilmente, l'odio feroce di quasi tutti gli agenti. Sullo sfondo di una Los Angeles sconvolta dalla difficile convivenza tra bianchi e neri, le indagini di un caso dì cui nessuno vorrebbe occuparsi sono affidate al detective Harry Bosch, uomo duro e tormentato, solitario per dovere e per necessità. Alle prese con un'umanità cinica ed egoista, è lui che deve scandagliare la vita privata di Elias, addentrarsi nei recessi più sordidi di Internet, alla ricerca di una giustizia "che vede soltanto il colore del sangue".

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26 dicembre 2016 1 26 /12 /dicembre /2016 06:08
Tony&Susan (Animali Notturni). Un thriller non thriller che è una profonda riflessione sulla letteratura

(Maurizio Crispi) Tony&Susan (Nocturnal Animals, nella traduzione di Laura Noulian,  Adelphi, Collana Fabula,, 2011) scritto da Austin Wright, è un pregevole esempio di meta-letteratura e di scrittura allegorica, con un'approfondita messa a nuda sul rapporto che si ingenera tra lo scrittore e il suo lettore, partendo dalla premessa che lo Scrittore scrive per mettere inscena dei suoi fantasmi personali e che, sopratutto, in funzione di ciò, scrive rivolto ad un "Lettore" in particolare, quello che si potrebbe definire l"ur-lettore" , il lettore originario per il quale la storia si dipana. C'è sempre un lettore originarioper il quale un romanzo ha ragione di essere: talvolta,l'ur-lettore è lo stesso scrittore.
E Sudsan Morrow è l'uTony&Susanr-lettore di Edward Sheffield, suo ex marito, Tony protagonista del romanzo "Animali notturni" che Edward le invia per una prima lettura e per un parere (ma non è questo il fine ultimo, non lo è mai) è il doppelganger di Edward.
Susan legge e, superato il primo scetticismo, si appassiona alla lettura: stranamente, poichè non aveva mai scommesso sul futuro letterario dell'ex marito, anzi questa sfiducia - assieme ad altre cose - era stata proprio una delle cause del fallimento delloromatrimonio. Susan vuole leggere e andare avanti e intanto interrogativi si affollano nella sua testa, come anche reminiscenze sulla storia matrimoniale passata che sembravano caduto nell'oblio.
Quindi, in parallelo alla lettura del romanzo, Susan si trova a rivivere la sua relazione con l'ex marito e si affacciano nel suo scenario mentario dubbi, interrogativi ed esami retrospettivi sulla relazione con l'attuale marito.
Si passa, instancabilmente, da una pagina all'altra di questo doppio registro, sicchè i livelli si confondono, quello della realtà e quello finzionale: ma quello finzionale non sarà poi una possibile - alternativa - realtà?
Stimolata dalla lettura del romanzo Susan vorrebbe incontrarsi con Edward, che si trova a passare dalla città in cui vive (come le ha annunciato, contestualmente all'invio del dattiloscritto), ma egli le si nega e l'incontro che sarebbe liberatorio non può avvenire, lasciando Susan frustrata e in uno stato d'inquietudine, con la consapevolezza che la sua vita non potrà più essere la stessa.
Tony &Susan è un raro esempio di scrittura in cui viene mostrato quale può essere il senso della letteratura, al di làdi una sua funzione di puro intrattenimento: la vera Letteraturaè quella che suscita nel lettore degli interrogativi, anche se questi non potrannoavere risposta e porteranno solo ad altri interrogativi.
Comprendo l'irritazione/delusione di alcuni lettori che si sono ritenuti traditi rispetto alle loro aspettative di essere davanti ad un thriller di genere: e,infatti, questo romanzo non va incasselato come trriller, anche se - apparentemente, ve n'è il frame. Ma soprattutto una meditazione sulla letteratura e sulla sua ultima funzione.
Da questo romanzo è stato tratto il film di Tom Ford, Animali notturni che, per quanto ben fatto, tradisce ilromanzo, in quantolscia da parte la complessità dei piani che interagiscono tra loro e soprattutto modifica il finale, facendolo apparire come un incontro mancato tra la lettrice e il suo scrittore, mentrele cose non sono banalizzabili in questi termini.
Ma si sa che la narrazione per immagini ha delle sue logiche differenti e non può condensare tutta la complesità di un testo letterario, ma mostrarne soltanto alcune possibili angolature.

(Dal risguardo di copertina) Confessa, lettore. Se un conoscente ti recapita un manoscritto ingiungendoti di leggerlo entro qualche giorno, quando vorrà incontrarti per un responso, cosa provi? Nervosismo? Fastidio? Imbarazzo? Bene, più o meno quello che prova Susan, anche perché il mittente non è una persona qualsiasi, ma il suo ex marito, e il romanzo che le ha spedito è quello che ha fantasticato di scrivere, senza riuscirci, per tutta la durata del loro matrimonio. Quindi mentre tu, lettore, puoi accampare un qualsiasi pretesto che ti impedisce di fare quanto più desidereresti al mondo, cioè leggere quel benedetto manoscritto, Susan deve sedersi, e cominciare da pagina uno. Dove si racconta di una famiglia che torna a casa nella notte, in aperta campagna. Di un sorpasso e di un controsorpasso con una macchina sconosciuta. Di uno scambio di insulti dai finestrini. Di un agguato, qualche chilometro dopo. Di una moglie e una figlia portate via da tre balordi. Di un uomo rimasto solo, che vaga alla loro ricerca in una notte che, come un incubo perfetto, sembra sempre ricominciare daccapo. Allora, lettore? Se alla fine hai ceduto anche tu, se ormai stai leggendo da sopra le spalle di Susan, devi fermarti, come lei. Fare una pausa. Cercare conforto nei suoi pensieri, nel suo sforzo di capire da dove tutto questo abbia avuto inizio. Prima o poi però, insieme a lei, dovrai ricominciare a leggere. Di alcuni fatti muti, semplici, atroci. E di una lenta, feroce, allucinata vendetta. Vedrai quello che vede lei, intuirai quello che lei intuisce, e soprattutto proverai quello che lei prova: una variante del terrore che fin qui non aveva conosciuto. E neanche tu.
"Un capolavoro" - Saul Bellow

Austin WrightSull'autore. Austin McGiffert Wright (Yonkers, 6 settembre 1922 – Cincinnati, 23 aprile 2003) è stato un romanziere, saggista e critico letterario americano, professore emerito di Inglese all'Università di Cincinnati.
Crebbe a Hastings-on-Hudson, un suburbio di New York, figlio del geografo John Kirtland Wright e di Katharine McGiffert. Suo zio era Austin Tappan Wright, autore del romanzo utopico Islandia.
Si laureò alla Università Harvard nel 1943 e servì nell'esercito americano durante gli anni dal 1943 al 1946.
Nel 1948 conseguì un master's degree all'Università di Chicago, e un Ph.D. nel 1959.
Sposò Sara Hull nel 1950, con cui ebbe tre figli, Joanna Wright (morta nel 2000), Katharine Wright di Berkeley (California), e Margaret Wright, e due nipoti, Madeline Giscombe ed Elizabeth Perkins.
Autore di sette romanzi di cui soltanto Toy&Susan ha ricevuto una traduzione italiana.

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14 settembre 2014 7 14 /09 /settembre /2014 08:02

Falsa Memoria di Koontz. Un romanzo che pone quesiti sulla falsa memoria e sulla possibilità di controllare il comportamento altrui attraverso la creazioni di falsi ricordi(Maurizio Crispi) Falsa Memoria di Dean Koontz (Sperling&Kupfer, 2003) é sicuramente un bel romanzo che merita un buon punteggio trele opere koontziane per il suo contenuto, ma che presenta qualche pecca formale.
Il tema del romanzo è la "falsa memoria" o anche la possibilità di "falsificare ", la memoria di un individuo, introducendo nella sua mente falsi ricordi che, con un meccanismo ad orologeria, possono attivare in determinate circostanze dei comportamenti specifici (sintomatici o anche criminosi).
Cos'è l'autofobia? Cos'è la sindrome della falsa memoria? E' possibile attuare delle condizioni di controllo della mente altrui ed ottenere che un individuo venga "attivato" per compiere azioni del tutto aliene a lui e senza alcun freno inibitorio di tipo morale? Questi sono alcuni degli interrogativi a cui l'autore risponde nel corso della sua narrazione, con un'esemplificazione romanzesca e attraverso la costruzione della figura centrale della vicenda, nella persona del dottor Arihman psicoterapeuta "carismatico", ma nel fondo del suo animo profondamente psicopatico e tendenzialmente un serial killer per interposta persona, con la mania del controllo della mente degli altri, con lo scopo di indurli a fare ciò che egli vuole come un demiurgo onnipotente.
La narrazione che procede serrata e con ritmo incalzante in un crescendo, sino ad una conclusione che - come al solito - nei romanzi di Koontz un po' delude, perchè è nel registro secondo cui "tutto è bene quel che fnisce bene", "I buoni si salvano", "La verità finisce con il trionfare".
Koontz, a differenza di Stephen King non "sfuma" mai, di rado lascia delle zone intermedie di grigi perturbanti e delle questioni aperte sulla transitorietà della vittoria del Bene sul Male e sull'Oscurità.
Le conclusioni a lieto fine di Koontz lasciano in qualche modo interdetti anche se, per ovvi motivi, hanno un ptere fortemente consolatorio.
Koontz è uno scrittore cattivo capace di proporre delle situazioni "cattivissime" le cui conseguenze, tuttavia, non spinge mai sino alle più estreme conseguenze: inoltre, dopo aver lungamente costruito i suoi personaggi "malvagi", finisce con il liquidarli bruscamente, come se lui stesso ne avesse paura; quasi che egli stesso da "fattore" delle sue creature finisse con l'esserne così terrorizzato da doverle cancellare prima che possano assumere una vita propria.
Falsa Memoria - come si diceva - solleva alcune interessanti questioni sul "lavaggio del cervello" e sulle tecniche di condizionamento e di controllo della mente (e, di conseguenza, dei comportamenti) con un omaggio non indifferente ad un romanzo precedente (e al film che, in tempi più recenti ne fu tratto) che, ponendosi  come capostipite del genere,  é "Il Candidato della Manciuria" di Richard Condon, basato su di una tendenza espressa al tempo della Guerra Fredda che fu quella di mettere allo studio delle tecniche di condizionamento profondo della personalità di alcuni individui, per ottenere da loro a distanza di tempo - ed eventualmente anche a distanza - dei comportamenti post-ipnotici portati avanti in uno stato di coscienza secondo e finalizzati ad ottenere determinati risultati strategici.
Parrebbe incredibile: ma tutto ciò è stato successivamente confermato da una bizzarra (e coraggiosa) inchiesta giornalistica esitata nel libro di Jon Ronson, L'uomo che fissa le capre (Einaudi, 2009), a sua volta trasposto in film, poiché dopo l'11 settembre quelle tecniche - con dei loro risvolti esoterici ed approfondimenti verso inattese incursioni nel campo del paranormale - ricevettero nuovo impulso.
La lettura di Falsa Memoria di Koontz riconduce con forza proprio a Il Candidato della Manciuria (Editrice Nord 2002) che, a questo punto, dovrebbe essere letto (e ne vale la pena!).
Peccato che in Italia il volume di Condon non sia più facilmente trovabile (ad eccezione, forse, che in qualche catalogo remainder o direttamente presso la Casa Editrice).


(Dal risguardo di copertina) Martie Rhodes è una giovane donna felicemente sposata e molto affermata come designer di video giochi. Ma un problema l'assilla da tempo: la terribile agorafobia dell'amica Susan, che finalmente ha convinto a sottoporsi a terapia psichiatrica. Tale è il terrore di Susan per gli spazi aperti, che Martie deve accompagnarla a ogni seduta, incontrando direttamente lo psichiatra che l'ha in cura. Dopo qualche tempo Martie inizia ad avere improvvisi e inspiegabili attacchi di euforia, per poi cadere in un angosciante stato di autofobia, la repulsione per se stessa... Intanto, il marito Dusty non sa più di chi fidarsi: il fratello, la moglie e una tra le sue più care amiche cominciano a dare inspiegabili segni di squilibrio mentale. Lui stesso, da qualche tempo, soffre di strani vuoti di memoria che gli cancellano preziose schegge di vita.
Quando però il sangue comincia a scorrere si trova costretto ad affrontare le chimere della psiche e una mente malata, anzi, un'entità del male che va fermata al più presto. Ma prima bisogna individuarla.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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