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12 dicembre 2015 6 12 /12 /dicembre /2015 07:27
Un cane insegna la fedeltà a un bambino. La nuova favola morale di Luis Sepùlveda

E’ uscito il nuovo romanzo di Luis Sepùlveda, appartenente al filone delle sue favole “morali”, inaugurate da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” (2010) e proseguito poi con “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico” (2012) e con “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza” (2013) .
Il titolo di questa nuova prova che contiene elementi biografici dell’infanzia cilena dell’autore è “Storia di un cane che insegnò ad un bambino la fedeltà (Guanda, 2015).

 

(Dal risguardo di copertina) È dura per un cane lupo vivere alla catena, nel rimpianto della felice libertà conosciuta da cucciolo e nella nostalgia per tutto quel che ha perduto. Uomini spregevoli lo hanno separato dal suo compagno Aukamañ, il bambino indio che è stato per lui come un fratello. Per un cane cresciuto insieme ai mapuche, la Gente della Terra, è odioso il comportamento di chi non rispetta la natura e tutte le sue creature. Ora la sua missione – quella che gli hanno assegnato gli uomini del branco – è dare la caccia a un misterioso fuggitivo, che si nasconde al di là del fiume. Dove lo porterà la caccia? Il destino è scritto nel nome, e questo cane ha un nome importante, che significa fedeltà: alla vita che non si può mai tradire e anche ai legami d’affetto che il tempo non può spezzare.

(La recensione di IBS) La nuova favola di Luis Sepúlveda ci accompagna nel Sud del Cile per raccontarci la storia di un’amicizia, quella tra un bambino e il suo cane. Quella piccola fibra di lana sa di legna secca, di farina, di latte e miele, di tutto quel che ho perduto. Allora, seduto sulle zampe posteriori, ululo con tutte le mie forze, ululo perché Aukamañ sappia che sono vicino e che sto andando da lui. Ululo perché la voce del dolore non si dimentica mai. Il dolore silenzioso che urla attraverso gli occhi degli animali è a volte più espressivo di qualunque gemito umano. E nessun autore meglio di Luis Sepúlveda, lo scrittore dell’impegno politico e civile, riesce a trasporlo così candidamente in una favola dolce e amara, che raccoglie a sé un pubblico eterogeneo, dai più piccini ai più grandi. La natura è da sempre la protagonista dello scrittore cileno: ogni suo personaggio è legato profondamente alla terra umida, alle montagne e ai cieli della sua terra natale. Storie di vite selvagge e primordiali, di popoli umili organizzati in società attraverso la scansione dei cicli del sole e della luna, dei rituali di sacralità del cibo, del rispetto per gli anziani e per la loro autorevole saggezza. Aufman significa “leale e fedele” nella lingua della Gente della Terra; è un cucciolo di cane che è stato accolto da una tribù di indios mapuche e cresciuto dal piccolo Aukamañ, il bambino indio che è per lui come un fratello. Un giorno, un popolo spregevole e violento, attacca la tribù degli indios spargendo sangue e distruzione e portando via con sé il cane lupo. Aufman è destinato a vivere al seguito di questi uomini crudeli e violenti, irrispettosi della terra nella quale vivono e dei popoli con cui condividono il territorio. Viene privato della sua libertà, del cibo e dell’affetto ed è costretto a dare la caccia a un uomo, un indio nemico, un misterioso fuggitivo. Ma per Aufman questa caccia all’uomo si rivelerà diversa dalle altre perché è ancora ignaro di essere sulle tracce del suo destino, un destino grande e importante quanto il suo nome. Con una poetica delicata e il piacevole scorrere della narrazione fiabesca, Luis Sepúlveda prosegue, dopo la storia di una gabbianella, la storia di un gatto e del topo e la storia di una lumaca, con un nuovo racconto con protagonista un animale e il suo grande insegnamento. Una storia densa di riferimenti popolari e ricca di rimandi alla tradizione favolistica del sud del Cile. La storia di un’amicizia incondizionata e del gesto d’amore più grande che lega l’uomo alle creature della natura: la fedeltà.

La prima pagina del libro

Kitie — Uno
​Il branco di uomini ha paura. Lo so perché sono un cane e fiuto l'odore acido della paura. La paura ha sempre lo stesso odore e non importa se la prova un uomo spaventato dal buio della notte o se la prova waren, il topo che mangia finché il suo peso diventa una zavorra, quandowigna, il gatto delle montagne, si muove guardingo fra gli arbusti. Il fetore della paura negli uomini è così forte da guastare gli aromi della terra umida, degli alberi e delle piante, delle bacche, dei funghi e del muschio che il vento mi porta dal folto del bosco. L'aria mi porta anche, molto leggero, l'odore del fuggiasco, ma quello sa d'altro, sa di legna secca, di farina e di mele, sa di tutto quel che ho perduto. «L'indio si nasconde di là dal fiume. Non dovremmo slegare il cane?» domanda uno degli uomini. « No, è molto buio. Lo sleghiamo alle prime luci dell'alba » risponde l'uomo che comanda il branco. Il branco di uomini è diviso in due: quelli seduti intorno al fuoco, che hanno acceso maledicendo la legna umida, e quelli che con le loro armi per uccidere in mano guardano verso il buio del bosco, senza vedere altro che ombre. Anche io mi accuccio sulle zampe, tenendomi a distanza. Mi piacerebbe stare al caldo, ma evito il fuoco che hanno acceso perché il fumo mi annebbierebbe gli occhi e mi impedirebbe di fiutare i mutevoli odori. Il fuoco è stato acceso male e si spegnerà presto. Gli uomini di questo branco non sanno che lemu, il bosco, dà buona legna secca, basta chiederla dicendo mamull, mamull, e allora il bosco capisce che l'uomo ha freddo e lo autorizza ad accendere un fuoco. Mi arriva alle orecchie il gracidio di llungki, la rana, nascosta frai sassi sull'altra riva dileufu, il fiume che scende dalle montagne. A tratti konkon, il gufo, imita il vento dalla cima degli alberi epinuyke, il pipistrello, sbatte le ali volando mentre divora gli insetti notturni. Il branco di uomini teme i rumori del bosco. Si muovono inquieti e io sento il fetore penetrante della paura che non li lascia riposare. Cerco di allontanarmi un po' da loro, ma la catena che ho al collo, assicurata a un tronco, me lo impedisce. « Diamo qualcosa da mangiare al cane? » domanda uno degli uomini. «No. Un cane caccia meglio quando è affamato» risponde il capobranco. Chiudo gli occhi, ho fame e sete, ma non mi importa. Non mi importa di essere solo il cane per quel branco di uomini e da loro non mi aspetto altro che frustate. Non mi importa, perché dal buio mi arriva il lieve aroma di quel che ho perduto.

 

Nota su Luis Sepulveda. «La letteratura è il modo migliore per cancellare le frontiere, per dimenticarle e far sì che l’essere umano si muova liberamente nel territorio dell’immaginazione, in quel territorio che non conosce né limiti né patrie.»
A un ideale di letteratura come missione – in difesa dei deboli, dei dimenticati, della terra ferita – si è sempre ispirato Luis Sepúlveda, considerato l’autore di riferimento della nuova narrativa sudamericana.
Nato in Cile nel 1949, Sepúlveda ha lasciato il suo Paese al termine di un’intensa stagione di attività politica, conclusasi drammaticamente con l’incarcerazione da parte del regime del generale Pinochet. Ha viaggiato a lungo in America Latina e poi nel resto del mondo, anche al seguito degli equipaggi di Greenpeace. Dopo aver risieduto ad Amburgo e a Parigi, vive attualmente in Spagna, nelle Asturie.
Autore di libri di poesia, «radioromanzi» e racconti, ha conquistato la scena letteraria con il suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, apparso per la prima volta in Spagna nel 1989, e in Italia nel 1993. Amatissimo dal suo pubblico, e in particolare dai lettori italiani, ha pubblicato da allora numerosi altri romanzi, raccolte di racconti e libri di viaggio, tra i quali spicca la Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, uno dei libri più letti degli ultimi anni.

Il Booktrailer

Un'intervista a Luis Sepulveda

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10 dicembre 2015 4 10 /12 /dicembre /2015 10:24
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film

E’ sempre in piena fioritura la produzione di "apocrifi" holmesiani.
In alcuni casi, il nuovo apocrifo a comparire nella scena editoriale si discosta dal “canone” e viene collocato in periodi della vita di Sherlock Holmes che non sono coperti dagli oltre 60 racconti e dai 4 romanzi di Conan Doyle. Altre volte si tratta di storie che si discostano del tutto dal "canone" in cui il personaggio "Sherlock Holmes" viene reinventato, includendo nella storia elementi caratteriali e di personalità che sono sono quelli fissati dalla tradizione costruita attorno al nucleo di racconti di Sir Arthur Conan Doyle.
Appartiene indubbiamente a questa seconda categoria il romanzo di recente pubblicazione per i tipi diNeri Pozza, scritto da Mitch Cullin, Mr Holmes. Il Mistero del Caso Irrisolto (titolo originale "A Slight Trick of the Mind", Collana “I Neri”, 2015) nel quale viene presentato uno Sherlock Holmes ormai anziano (novantatreenne), nel pieno quindi della II Guerra Mondiale che, da tempo, si è ritirato a vivere - come Cincinnato il quale, deposti i panni di temporaneo dittatore e risolutore di problemi della Roma repubblicana, tornò a vivere nella pace agreste - in un cottage nella quieta campagna inglese, divenendo apicultore.
E' un po' svanito: a tratti la lucidità mentale lo abbandona e si intravedono dunque i segni di un incipiente senilità per quanto tardiva, ma nello stesso tempo è arricchito da un inusitato bagaglio di saggezza e di capacità empatiche.
Nella pace agreste e avendo come interlocutore il figlio della sua governante, dalla mente agile e acuta, nelle ore di pausa dal lavoro manuale, riprende ad interessarsi di un caso rimasrto insoluto, ai tempi delle sue indagini.
E, a un certo punto, mette mano alla penna e comincia a scrivere la memoria di questo mistero: divenendo in ciò, in una sorta di capovolgimento di ruolo, il suo Watson, da anni uscito di scena, a causa di una morte prematura.

Mitch Cullin, Mr Holmes e il Caso del Mistero Irrisolto, Neri Pozza, 2015(Dal risguardo di copertina) Sono trascorsi quarantaquattro anni da quando Sherlock Holmes ha abbandonato il suo appartamento in Baker Street e si è trasferito in un cottage sul versante meridionale delle colline del Sussex. Aveva quarantanove anni allora, e il trambusto delle strade di Londra, così come gli intricati pantani architettati dalle menti criminali, all’improvviso non lo attirarono più. Ora è un novantreenne con i capelli candidi, folti e lunghi e la pelle che sembra un velo sottile di carta di riso sopra un fragile scheletro. A volte si fruga in tasca alla ricerca di un sigaro o di un cerino introvabile; a volte dimentica volti e fatti, visti e accaduti giusto qualche istante prima. A dispetto, però, di questi imperscrutabili cedimenti della memoria, è ancora agile di corpo e di mente e il suo sguardo conserva una luce che gli anni non hanno smorzato. 
La vita nel Sussex va, dunque, oltre il semplice appagamento. 
Holmes trascorre la maggior parte delle sue ore di veglia nella serena solitudine del suo studio oppure tra le creature che costituiscono l’oggetto delle sue cure da quarantaquattro anni a questa parte: le api. 
Roger, il figlio sveglio di Mrs Munro, la governante di casa, lo aiuta agli alveari. E sebbene non apprezzi molto la compagnia dei bambini, Holmes non può negare che quel ragazzo, così appassionato nell’apprendere i fondamenti dell’apicultura e così entusiasta del regalo delle api giapponesi da lui portate dal faticoso viaggio nel paese del Sol Levante, susciti in lui autentiche emozioni paterne. 
Un detective è però un detective, soprattutto se reca il leggendario nome di Sherlock Holmes. 
Accade così che, nel chiuso del suo studio, Holmes prenda i panni di Watson, il braccio destro scomparso da un po’, e ricostruisca per iscritto una vicenda accaduta tempo addietro: il bizzarro e irrisolto caso di una giovane donna che, dopo aver appreso a suonare un’armonica a vetro – uno strumento i cui toni acuti e penetranti avevano per molti poteri diabolici o divini, a seconda dei punti di vista –, va incontro a un tragico destino. 
Mr Holmes è un libro brillante sulla vita, sull’amore e sugli scherzi che la memoria può giocare anche al più logico degli investigatori. Un romanzo avvincente, che segna il ritorno di uno dei personaggi più celebri della letteratura e più amati dal pubblico.

L’opera ha avuto una trasposizione cinematografica (dal titolo omonimo, USA, 2015, per la regia di Bil Condon), accolta con entusiasmo dalla critica al Festival di Berlino (ma poco apprezzata da alcuni critici italiani), un film in cui il ruolo dell’anziano Sherlock Holmes è magistralmente interpretato da Ian McKellen (che possiamo ricordare, ad esempio, ne Il Codice da Vinci).

Mitch CullinHanno detto: «Mitch Cullin ha concepito un romanzo ambizioso e scritto meravigliosamente, in cui Holmes è alle prese con l’avanzare degli anni» (Publishers Weekly);
«Con mano sicura Cullin trasforma l’investigatore brillante e abile, che tutti conosciamo, in un uomo che si guarda indietro anche con un po’ di nostalgia, rendendocelo sorprendentemente umano» (Booklist);
«Straordinario! Il nostro eroe non è mai stato così eroico e, allo stesso tempo, umano» (The Village Voice);
«Bellissimo. Mitch Cullin è un insolito osservatore della natura umana» (The New York Times Book Review).

Mitch Cullin è nato a Santa Fé, nel New Mexico nel 1968. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo Whompyjawed, seguito da Branches, una narrazione in versi, e daTideland (2000), diventato un film con Jeff Bridges, diretto da Terry Gilliam. I suoi libri sono tradotti in più di dieci lingue.

 

Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
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7 dicembre 2015 1 07 /12 /dicembre /2015 12:00
Tokyo Noir. La complicata storia di un ladro, con risvolti noir anticonvenzionali, di Fuminori Nakamura

(Maurizio Crispi) E' raro leggere storie di "ladri" e Tokyo Noir il romanzo di Fuminori Nakamura (Mondadori Strade Blu, Narrativa, Gialli e Thriller, 2015) appartiene a questo ristretto ambito.
In teoria, la vita di Nishimura, ladro provetto, non dovrebbe avere dei risvolti noir, regolata com'è da continue attenzione, da un atteggiamento costruito negli anni di consapevolezza ambientale e prudenza, mescolata ad ardimento).
Cosa fa in fondo? Solo rubare con destrezza, portafogli e qualche volta orologi di pregio, ma non c'è limite in fondo alle sue capacità dal momento che possiede l'arte di far danzare le mani e di creare situazioni ingannevoli, esattamente come un abile prestidigitatore: con queste arti, dopo aver localizzato il suo "bersaglio", potrebbe in teoria rubare qualsiasi cosa.
La sua vita, per quanto votata alla solitudine (c'è alla sue spalle la relazione con la bella Saeko, conclusasi dolorosamente, con l'abbandono di lei), è sicura e protetta grazie all'anonimato in cui si avvolge (un ladro-borseggiatore deve essere il più possibile anonima, né dare nell'occhio). Ma - all'improvviso - qualcosa cambia: il desiderio di proteggere un giovane ladruncolo, istigato dalla madre a rubare, ma soprattutto il fatto forse di avere rubato il portafoglio sbagliato, a qualcuno troppo potente per farla franca; il fatto infine di venire ingaggiato da un astuto e potente personaggio che lo costringe a mettere al proprio servizio le sue abilità.
E' il Destino che crea per lui questa situazione in cui tutto precipita? Oppure è questo Kizaki, con la sua mania di essere un manipolatore di vite, a rappresentare la Nemesi per tutto ciò che Nishimura ha fatto, vivendo ai margini?
Nella conclusione del libro si ritroverà un finale tragico e assurdo, senza soluzioni falsamente consolatorie: su tutto incombe una gigantesca e metafisica torre, lontana ed irraggiungibile che a Nishimura morente non potrà svelare la sua vera natura (torre che, peraltro, come rivela lo stesso autore nell'interessante postfazione, fa parte delle sue personali visioni ed ossessioni sin da quando era bambino: la Torre è in sé un'enigma inattingibile e inspiegabile che rende il romanzo - per il fatto stesso di comparirvi con tutta la sua carica di mistero - lievemente metafisico e surreale. Ed è anche per questo motivo che l'Autore ammette di avere scritto queste pagine, sentendosi particolarmente ispirato, come se la Torre potesse assurgere al rango di oggetto psichico, potente e denso di significati.
Le pagine di Fuminori Nakamura, considerato dala critica un vero enfant prodige della Letteratura giapponese contemporanea, sono scritte in una prosa nitida ed introspettiva, senza sbavature e rappresentano la metafora dell'Uomo che ritiene di essere libero, ma che è dominato prima e poi stritolato da forze più grandi di lui.

(Dal risguardo di copertina) Nishimura è un ladro. Passa le giornate camminando solitario per le strade di Tokyo senza che nessuno si accorga della sua presenza. Con la grazia di un ballerino compie la sua danza tra i corpi dei passanti. Una danza durante la quale la sua mano leggera sfila dalle tasche delle prede portafogli e preziosi. Le sceglie con cura, le sue vittime. Ha imparato a distinguere con un'occhiata i più ricchi tra la folla, quelli che possono permettersi di essere derubati. Vive solo, senza famiglia, con poche parole, lasciandosi trasportare dalla corrente dei giorni, distante da tutto, come se attraversasse le atmosfere ovattate di un sogno. Ma due incontri stanno per cambiare la sua vita. Il primo è con un ragazzino che scopre a rubare maldestramente del cibo in un supermarket. Lo specchio di un tempo lontano della sua vita. Un incontro che gli farà riscoprire la possibilità di avere un legame, segnando la nascita di un'amicizia strana e profonda tra il miglior borseggiatore di Tokyo e un bambino troppo solo. Il secondo incontro è quello con Kizaki, uno dei più grandi criminali giapponesi, il quale lo coinvolgerà in una serie di rapine, che sveleranno a poco a poco un disegno crudele e geniale, assolutamente imprevisto e imprevedibile. Nakamura Fuminori, nuovo enfant prodige della letteratura giapponese, debutta in Italia con un noir appassionante e sorprendente, capace di tenere il lettore incollato alla pagina, bilanciando alla perfezione le atmosfere metropolitane e misteriose di Tokyo, una trama avvincente piena di colpi di scena e personaggi che parlano al cuore.

Fuminori NakamuraUn libro che ha avuto un'accoglienza entusiastica tanto in patria, dove ha venduto centinaia di migliaia di copie e si è meritato importanti elogi, tra cui quelli del Premio Nobel Kenzaburo Oe (che ha conferito a Tokyo noir il premio letterario a lui dedicato), quanto negli Stati Uniti, dove è stato scelto tra i libri dell'anno dal "Los Angeles Times" e dal "Wall Street Journal".

Nakamura Fuminori è nato nella prefettura di Aichi, nel Giappone centrale, nel 1977. Nel 2002 ha esordito con il racconto lungo Ju ('La pistola') che gli è valso il Premio Schinzo, il primo di una serie di riconoscimenti, tra cui il Premio Akutagawa nel 2005 per il romanzo Tsuchi no Naka no Kodomo ('I bambini della Terra') e, nel 2010, il Premio Kenzaburo Oe per Tokyo noir, che, tradotto in inglese, è stato finalista al Los Angeles Times Book Prize nel 2012.

Seguendo il link puoi leggere il primo capitolo

 

 

 

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2 dicembre 2015 3 02 /12 /dicembre /2015 07:48
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro

Il volume di Beatrice Mortillaro, Da Garibaldi a Che Guevara. Storie della mia famiglia, di recente pubblicato da Navarra Editore (2015) è stato presentato, giovedì 26 novembre 2015, all'Università di Roma Tre negli spazi di Biblioteche di Studi politici e dell'area Umanistica.

Tra il pubblico, docenti, rappresentanti di associazioni, studenti e studentesse del corso di Scienze Politiche e Lettere.

Presenti tra i relatori, oltre all'autrice Beatrice Mortillaro Salatiello, Francesco Guida (direttore del Dipartimento di Scienze Politiche) e Maria Rosaria Stabili, docente di Storia dell'America Latina, con il professore Siclari, vicedirettore del dipartimento di Scienze Politiche e Daniele Pompejano, che ha scritto la prefazione del volume. Nel corso della presentazione vi è stato anche spazio per la testimonianza di Tania Mortillaro (oggi avvocato in Italia), mentre Enrica Rosso ha interpretato brani del libro.

Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro
Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro

(...) Le tredici vittime della Gancia dovevano essere quattordici, perchè lo zio Giuseppe, quell'alba del 4 aprile, nel campanile del Monastero, nella sanguinosa confusione, riuscì a svincolarsi dalla presa del poliziotto borbone e rifugiarsi nel nascosto magazzino di Francesco Riso, dove il nonno Filippo tentava ancora di montare i pezzi di cannone con le mani... (pag. 13)

Dal volume

Da Garibaldi a Che Guevara. Un percorso di memorie familiari tracciato da Beatrice Mortillaro

(dal risguardo di copertina) Protagonista di queste pagine è la famiglia siciliana Mortillaro, molto nota a Palermo per un passato imprenditoriale di successo nelle aziende dei Florio, e per la vicinanza con autorevoli intellettuali, fra cui il filosofo Giovanni Gentile. Alla fine dell'Ottocento alcuni membri della famiglia emigrarono in Argentina, diventando attivi sostenitori delle lotte per la democrazia, ed ebbero modo di conoscere i protagonisti della tormentata storia sudamericana, fra cui Ernesto Che Guevara. Beatrice Mortillaro ripercorre i momenti cardine di questo percorso familiare, dalla rivolta garibaldina della Gancia nell'aprile 1860 - che vide protagonisti i suoi avi - all'orrore del secondo conflitto mondiale, per passare poi alla ricerca dei parenti argentini. Le loro vicende private e soprattutto l'indagine sulla tragica vicenda di uno di loro, desaparecido durante la dittatura di Videla, conquistano il lettore attraverso le testimonianze appassionate dei Mortillaro di Argentina e di Cuba. In un avvincente susseguirsi di vicende storiche e di personaggi leggendari, Beatrice Mortillaro, esponente del ramo della famiglia rimasto in Sicilia, condivide la scoperta della sua seconda patria, l'America latina, di una famiglia lontana che è insieme uguale e differente, con cui ha in comune un corredo di valori senza confini, né di luogo né di tempo. Prefazione di Daniele Pompejano (Università di Messina).

Di seguito la prefazione al volume di Daniele Pompejano.

Macondo di acque e di terre, di sangue e di memorie... (Prefazione al libro di Daniele Pompejano, Università di Messina)

La voglia di raccontare erompe in Bice Mortillaro da una notizia casualmente letta sulla stampa: riferiva del processo ai generali argentini – celebrato in Italia nell’anno 2000 – responsabili fra l’altro del sequestro del nipote Ariel Mortillaro a Buenos Aires il 21 maggio 1977. Di Ariel non si avranno più notizie. Verosimilmente l’urgenza di raccontare Bice la sentiva da tempo, da quando nel 1989 perdeva il suo Gabriele, giovane ambientalista, antimilitarista e obiettore di coscienza, astrofisico prossimo alla laurea, vittima di una disgrazia nelle acque del Simeto. Dal dolore materno erompe il desiderio di riparare all’assenza ritessendo la memoria lunga della propria famiglia oltre la barriera di acqua e di oblii dell’oceano. Giacché “con la memoria non ci si sente più soli”, annota in una memoria la sorella di Ariel che Bice incontra in uno dei suoi viaggi in Argentina alla ricerca di una storia perduta. Il filo rosso è costituito dal Macondo dei valori condivisi e vissuti di generazione in generazione sul modello dell’avo Filippo Mortillaro, protagonista della rivoluzione della Gancia a Palermo, fortunosamente sfuggito alla cattura e all’esecuzione dei suoi compagni il 13 aprile del 1860. Valori che i discendenti di Filippo – al di qua e al di là dell’oceano – coltiveranno lasciandoli in eredità sino ai discendenti attuali. Bice ne ricostruisce le esistenze segnate da peregrinazioni geografiche e politiche fra l’Italia e l’America Latina, l’Argentina in particolare, ma poi anche Cuba, Ecuador e Perù. Un filo rosso che si riannoda circolarmente allorché Bice scopre che l’ultimo dei Mortillaro argentini porta “forse per caso” il nome di Gabriele, giusto il nome del proprio figlio. Nel racconto rivivono le memorie di Francesco – il padre di Bice – che, come un cantastorie, raccontava le vicende della famiglia con una vivacità che solo l’oralità consente, in un uditorio avido di notizie costituito dai figli raccolti nell’ascolto. Ma, oralità a parte, i 3 4 diari e le lettere gelosamente custodite e trasferite da Bice nei suoi viaggi atlantici fra il 2000 e il 2004, hanno consentito la ricostruzione di una memoria e di un’identità collettiva che oggi istituzioni come l’Archivio Nazionale dei Diari di Pieve santo Stefano o la Libera Università dell’autobiografia ad Anghiari con perizia e amore custodiscono, ricostruiscono e valorizzano. Quali sono, dunque, i valori costanti della stirpe dei Mortillaro e attraverso quali tappe si rinnovano: gli ideali per così dire religiosi di Gabriele – di una totalità armonica del cosmo che non gli consentiva di “spezzare” neanche un fiore dal campo, di accarezzarlo e osservarlo compiaciuto, piuttosto – sono rievocati in contrappunto con quelli del nipote di Bice nato e vissuto in Argentina e vittima del sequestro a opera dei militari: Ariel, appunto. Il suo nome evoca l’Arielismo latinoamericano di inizi Novecento, cioè una cultura imbevuta di spiritualismo, opposta all’utilitarismo e al positivismo anglosassoni, incerto nel suo progetto politico – è vero – ma plasmato nella cultura dei Mortillaro dall’innesto sul ceppo della fede socialista e garibaldina originarie. Fra i due estremi cronologici e generazionali si snodano esistenze al di qua e al di là dell’oceano. Un’emigrazione politica soprattutto, quella dei Mortillaro, il disincanto verso lo Stato unitario e l’Argentina terra promessa agli albori di una moderna società di massa in cui eminenti intellettuali siciliani – come gli Ingegneros – erano protagonisti nel socialismo e nella cultura argentini. Sino a grandi spartiacque, la Cuba rivoluzionaria soprattutto: è lì che approda da Buenos Aires il cugino primo di Bice: Gaspar, e con lui il figlio Ariel. Gaspar – che nel 1920 aveva giurato di voler “morire per il comunismo” – si trasferisce da Buenos Aires a L’Avana subito dopo la rivoluzione per contribuire alla costruzione dell’hombre nuevo, ideale e tesoro aviti. Cerca risposte a una domanda tanto banale quanto rivelatrice: perché a Cuba, grande produttrice di zucchero, “le caramelle sono tutte importate dagli Stati Uniti o dall’Italia?”. Contribuisce alla rivoluzione confermando la sua fama di letterato ed editorialista politico, lavora all’agenzia Prensa Latina e presiede il prestigioso “Instituto Julio A. Mella”, frequenta un altro argentino, Ernesto “Che” Guevara, con cui viene ritratto in fotografie che la famiglia orgogliosamente custodisce. Di pas- 5 saggio al largo della Sicilia Ariel commenta a un compagno di navigazione verso il Mar Nero e l’URSS: “È la terra di mio nonno”. La microstoria dei Mortillaro si intreccia, fra pubblico e privato, con la storia grande, italiana e latinoamericana. E come la casa palermitana era stata crocevia dei rivoluzionari della Gancia ai tempi del bisnonno Filippo, la casa di Gaspar a Buenos Aires è porto di rifugio affettuoso per protagonisti di primo piano della storia politica di quel continente: dal portoricano Carlos Padilla, che ne sposa la figlia Freya, a Manuel Galich, illustre intellettuale e politico guatemalteco, esule dopo il colpo di Stato del 1954. È una storia che cementa un sentimento di solidarietà internazionalista e una fraternità che va ben al di là dei vincoli di sangue. E che fa scrivere all’autrice: “Adesso ho due patrie e due famiglie”. Ed è una storia a specchio, contrappuntata dall’attivismo politico e dalla rivendicazione di diritti politici e di genere di Bice in Italia, fra gli anni ’70 e ’80, e dei nipoti nel clima autoritario del peronismo, di cui proprio Ariel patisce la persecuzione e il carcere, e più tardi la desaparición al ritorno da Cuba. C’è poi nel racconto di Bice una sorta di spirito magico-realista. Scrive: “C’è una magia in quanto mi accadde” allorché si mise sulle tracce dei parenti argentini fortunosamente rintracciati attraverso un vecchissimo indirizzo risalente al 1946, dopo un’interruzione nelle comunicazioni di oltre dieci anni. E la continuità nel vissuto della stirpe rivela nel racconto una percezione quasi metafisica di legami che nessun evento traumatico della storia grande e di quella piccola famigliare è riuscita a spezzare, né le guerre né i lutti. Continuità e circolarità, ancora: è un caso che tanto Gabriele che Ariel siano stati strenui difensori tanto dei diritti umani e politici che dell’ambiente? E che la vedova di Ariel, custode della memoria di una vita rimasta in sospeso, si sia trasferita con la sua bambina per salvarla in una isolata e bella cittadina sull’Oceano atlantico a sud di Buenos Aires dove si guadagna da vivere curando dei giardini e portando il cibo a tutti i gatti e cani randagi nei pressi della casa dove abita?

 

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30 novembre 2015 1 30 /11 /novembre /2015 01:49
Labirinto Blu. Con il recente romanzo targato Preston/Child continua la saga dell'agente FBI Pendergast e dei suoi comprimari

(Maurizio Crispi) Immancabile per gli appassionati l'appuntamento annuale con il nuovo romanzo della premiata ditta Douglas Preston e Lincoln Child e questa volta si è trattato di "Labirinto Blu. Un nuovo caso dell'agente Pendergast" (titolo originale inglese: Blue Labyrinth, nella traduzione di Barbara Porteri), Rizzoli, 2015

I romanzi di Douglas Preston e Lincoln Child si leggono sempre con piacere. Ma se, all'inizio, i due sono riusciti a dar vita ad una fertile vena horror mescolata con il thriller, con il passare del tempo sono scivolati sempre di più nella letteratura d'appendice e nel feuilleton. Io sarei piuttosto propenso a etichettare i loro romanzi nell'ambito dell'avventura, con qualche risvolto poliziesco, una miscela tipica del mistery d'appendice..
Infatti, i temi del grande romanzo d'appendice ci sono tutti: inseguimenti, sparatorie, veleni rari e avvelenamenti, vendette trans-generazionali, verità contenute in antichi libri polverosi, tutti elementi che hanno come epicentro i sotterranei labirintici del Museum of Natural History di New York: ma potrebbe anche trattarsi dei sotterranei del Louvre o di quelli di Palermo, se è per questo. La location è soltanto un pretesto per dispiegare un'avventura, uno scenario che viene messo in piedi e rappresentato ma senza un effettivo contatto con la realtà.
Da qui la tendenza, tipica di tutti i romanzi d'appendice ottocenteschi (vedi ad esempio "I Misteri di Parigi" di Eugène Sue, oppure "I Beati Paoli" del nostro William Galt, pseudonimo di Luigi Natoli, all'enfatizzazione e alla massima drammatizzazione dell'azione e dei suoi effetti.
Occorre ammettere che Preston e Child sono degli ottimi cuochi e preparano ogni volta delle buone pietanze, ma sempre utilizzando - dopo un sapiente rimescolamento - gli stessi ingredienti che assumono nel processo nuove configurazioni (mentre degli stessi personaggi vengono fornite, di volta in volta, inedite sfaccettature che li rendono più complessi, in un lavoro di continuo cesello)..
E' quello che accade nell'ormai interminabile saga dell'agente speciale FBI Aloysius Pendergast che, in questa nuova avventura, si libera alla fine della pesante legacy della sua famiglia, che è macchiata di sangue e compromessa da azioni immorali compiute da alcuni suoi avi.
Con Pendergast ed i suoi numerosi comprimari, e con i cattivi di turno che lo vogliono far fuori per dar corso a faide secolari, Preston e Child hanno creato - e continuano alimentare - una vera e propria saga, abbandonando altri temi che all'inizio del loro sodalizio avevano esplorato, e, preferendo al novum e alla meraviglia, l'intrigo che si ripropone ogni volta con volti nuovi ed inattesi.

(Dal risguardo di copertina) La sera in cui trova il cadavere del figlio sulla soglia di casa, l’agente dell’FBI Aloysius Pendergast non ha idea di chi possa celarsi dietro quell’omicidio. Sa soltanto che il messaggio è diretto senza dubbio a lui. Per cercare il suo nemico, Pendergast si concentra sulla gemma rarissima rinvenuta nello stomaco della vittima durante l’autopsia; ma nei luoghi bui della miniera abbandonata dove la pista lo conduce sarà obbligato a fare i conti con un sinistro segreto di famiglia che credeva sepolto. È dunque la vendetta a perseguitarlo? Nella fitta trama in cui l’abile aguzzino stringe Pendergast, sembra intrecciarsi anche l’omicidio di un tecnico di laboratorio del Museo di Storia Naturale sul quale sta indagando il suo amico Vincent D’Agosta, tenente della polizia di New York. E mentre l’agente dell’FBI comincia a soccombere al peso del passato e la sua mente è trascinata in un mondo onirico da incubo, il compito di scoprire quale sia la connessione tra la gemma e i resti umani sui quali stava lavorando il tecnico del museo toccherà alla sua prediletta Constance e alla scienziata Margo. Ma l’enigma non potrà dirsi risolto finché l’ultimo e più importante elemento non avrà preso posto sulla scacchiera. Invischiato in un complotto crudelmente geniale, Pendergast giungerà a verità che mai avrebbe immaginato.

Gli autori. Douglas Preston, giornalista del “New Yorker”, e Lincoln Child, editor e saggista, sono una delle coppie più collaudate di autori di thriller. Oltre a Sotto copertura, i due autori hanno scritto insieme i bestseller Relic (da cui è stato tratto il film omonimo), Dossier Brimstone, La danza della morte, Il libro dei morti, La ruota del buio, Il sotterraneo dei vivi, La mano tagliata e L’isola della follia, tutti pubblicati in Italia da Rizzoli.

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29 novembre 2015 7 29 /11 /novembre /2015 20:18
Sex di Luca Beatrice. Una carrellata sugli erotismi nell'arte da Courbet a youporn e oltre
Sex di Luca Beatrice. Una carrellata sugli erotismi nell'arte da Courbet a youporn e oltre
Sex di Luca Beatrice. Una carrellata sugli erotismi nell'arte da Courbet a youporn e oltre
Sex di Luca Beatrice. Una carrellata sugli erotismi nell'arte da Courbet a youporn e oltre

E' un saggio complesso ed esaustivo quello del critico d'arte Luca Beatrice dal titolo, Sex. Erotismi nell’Arte da Courbet a YouPorn (Rizzoli Editore, 2013, collana Arte e Saggi).
Il tema è - come dice il titolo -"erotismi nell'Arte", ma - in verità - Luca Beatrice parlando di Arte traccia un'evoluzione della società occidentale in funzione della trasformazione degli atteggiamenti e delle rappresentazioni della sessualità.
D'altra parte, ciò che emerge è indubbiamente che il sesso e l'Eros sono due delle molle fondamentali di ogni comportamento umano e, di conseguenza, è giustificato ipotizzare che - senza timore di smentite - si possa tracciare una storia dell'Occidente attraverso la sessualità.
Il saggio di Luca Beatrice é ad ampio raggio poichè egli - soprattutto man mano che ci avviciniamo alla modernità e ai convulsi due primi decenni del nuovo secolo - non tralascia nulla, prendendo in considerazione non solo le opere d'arte più acclarate, ma anche quelle discutibili e ancora collocate in un confine incerto tra Arte e mera rappresentazione pornografica.

D'altra parte l'Arte si evolve di continuo, in sintonia con i tempi e, del pari, anche il Porno si evolve ed ambedue si muovono sempre di più alla conquista di territori sconosciuti e/o prima proibiti. Ciò che prima era "proibito", bandito, considerato inaccettabile, viene "normalizzato" ed entra a far parte del "realm" delle conoscenze/esperienze fruibili ed accessibili e diventa oggetto di discorso. Compito dell'Arte tuttavia è sempre quello di esplorare ciò che sta ai confini e di osare - con coraggio - la rappresentazione di ciò che rimane al di fuori del campo dell'esperienza comune e ordinaria o di mostrare lati nascosti delle cose e di metterle in luce.
La sessualità, i comportamenti sessuali nel corso degli ultimi due secoli sono venuti alla luce, passando dalla condizioni di segretezza e di censura ad una di esposizione senza veli e pudore.
I concetti di "arte espansa" e di "porno espanso" si fanno, quindi, in questo particolare ambito praticamente sovrapponibili e inistinguibili uno dall'altro.
E tutto può essere piegato a questa rappresentazione che è animata in fondo da una grande ossessione: non a caso il discorso di Luca Beatrice prende le mosse dalla contestata opera di Gustave Courbet, L'Origine du Monde.
L'artista, spinto da questa ossessione, si muove applicando gli strumenti di rappresentazione che la sua epoca gli mette a disposizione e nello stesso tempo è fortemente influenzato dai temi dominanti del suo tempo, così come è permeabile ai molteplici stimoli che gli arrivano attraversano i media e gli strumenti espressivi tipici dell'intrattenimento. Ed è così che il percorso di Luca Beatrice arriva a prendere in cosniderazione persino la recente evoluzione della rappresentazione pronografica attraverso strumenti virtualiquali youporn, attraverso cui - in teoria - chiunque potrebbe varare il proprio capolavoro che metta al centro della sua rappresentazione la sessualità e farlo diventare "viral".

L'Arte si fa "installazione", tableaux vivant, spettacolo e lo stesso Artista si chiama direttamente in causa: non è più un interprete distaccato, ma si mette direttamente in gioco, divenendo lui stesso protagonista delle sue opere, come Andrea Fraser, ad esempio, oppure mettendo in gioco la sua vita e offrendo dei modelli di comportamento in cui ogni segreto sulla vita intima e sulle abitudini sessuali è bandito.

Arte e comportamenti sociali si contaminano a vicenda e si amplificano e chiunque potrebbe, in teoria, generare un'opera d'arte (a condizione che ci sia qualcuno che la validi in quanto tale e che attivi attorno ad essa il circuito cirtuoso del consenso).
L'artista americano Jeff Koons volle fare della pornostar Cicciolina (al secolo Ilona Staller) la sua opera d'arte e la immortalò in molteplici sculture kitsch (in cui llui stesso compariva assieme a lei), esplicite nella rappresentazione della sessualità: ma - tuttavia - fece un errore di valutazione, poichè - credendo di essere creativo - in realtà egli si trovò a copiare ciò che era già stato varato come opera d'arte. Cicciolina prima di diventare soggetto delle rappresentazioni visulai, pittoriche, fotografiche e scultoree di Koons, era stata infatti l'opera d'arte vivente di Riccardo Schicchi, il suo vero ed unico Pigmalione.
Questo è uno dei casi più emblematici tra quelli citati da Luca Beatrice nel suo interessantissimo percorso suggellato,da alcune opere assunte come pietre miliari e punti di svolta, di cui viene fornita prima del testo vero e proprio una carrellata di immagini.
Ed è emblematico anche che, nella scelta di immagini, il percorso inizi con il famoso quadro di Courbet per terminare con la stessa opera rivisitata da Galliano.

(Dal risguardo di copertina) Dalle raffigurazioni più allusive a quelle più esplicite, fin dall'antichità l'arte ha sempre mantenuto forti legami con la rappresentazione del sesso. Nell'iconografia classica esiste una lunga lista di opere scandalose, tenute nascoste o custodite gelosamente per pochi, capolavori considerati oltraggio al pudore e banditi per il loro contenuto, ma è solo attraverso l'interazione con i mass media e con i moderni strumenti di diffusione che nasce il concetto di oscenità. In questo nuovo saggio Luca Beatrice, critico d'arte ironico e aperto alle molteplici sollecitazioni visive dell'arte contemporanea, esplora un tema “hot” che da Courbet a Picasso, da Man Ray a Mapplethorpe arriva alle performance di Vanessa Beecroft e Jeff Koons, agli spettacoli di Madonna fino a YouPorn, ultima frontiera dell'intrattenimento erotico.

Una donna sdraiata, a gambe generosamente aperte, il sesso femminile in primo piano, assieme alla gambe e al ventre. Nascosta sotto il lenzuolo, s’intravede una porzione del seno destro, mentre il volto è al di là della cornice, precluso alla vista. È L’origine du monde, la tela che Gustave Courbet, padre del realismo francese, dipinse nel 1866 e che, dopo aver vissuto in clandestinità per oltre un secolo, oggi è in bella vista al Museo d’Orsay di Parigi. Parte da questa immagine Luca Beatrice, critico e docente all’Accademia Albertina di Torino, per raccontare il rapporto fra il sesso e la sua rappresentazione artistica. Nel volume «Sex. Erotismi nell’arte da Courbet a YouPorn», edito da Rizzoli, l’autore riflette sul moderno concetto di oscenità, prendendo le mosse dalla prima opera pornografica della storia («Se, per assurdo, L’origine non fosse conservata in un museo, ma venisse usata come home page di un sito porno, funzionerebbe lo stesso»), per arrivare all’erotismo on demand offerto da Internet.

Che dopo Courbet niente sarebbe stato più come prima, lo testimonia l’elevato numero di dipinti che, direttamente o indirettamente, si sono ispirati alla donna nuda del pittore francese,a cui, tra l’altro, «Paris Match» ha dato di recente un volto.
Da Rodin, che con la statua «Iris messaggera degli dei» (1890) riprende quasi alla lettera, ma in tre dimensioni, il tema dell’Origine, fino a Daniele Galliano che nel 1998 esegue La fin du monde, passando per Pablo Picasso, ossessionato dalle donne, Gustav Klimt, Man Ray, Marcel Duchamp e Salvador Dalì: non si contano gli artisti che, senza moralismi, hanno fatto ricorso a temi erotici.

Dall’arte al cinema, Beatrice individua poi la seconda grande cesura nel rapporto tra arte e sesso in un film: Deep Throat (in Italia «La vera gola profonda», 1972) di Gerard Damiano che per la prima volta affronta l’orgasmo dal punto di vista di lei e sposta la sede del piacere dalla vagina alla bocca. Mentre, alla fine degli anni Ottanta, con l’incontro tra l’artista americano Jeff Koons e la pornostarIlona Staller - Cicciolina, l’atto sessuale esibito entra negli spazi espositivi istituzionali e genera scalpore. Non mancano, nel libro, riferimenti alla fotografia: il nudo glamour di Helmut Newton, «l’omosessualità aspra ed esplicita» di Mapplethorpe, le trasgressioni visive del giapponese Araki.

(da Wikipedia) Curatore d'arte contemporanea tra i più noti del panorama italiano, Luca Beatrice comincia la sua carriera verso la fine degli anni Ottanta con mostre storiche sul Futurismo torinese (Franco Costa, Enrico Allimandi, Alberto Sartoris).
È stato allievo di Enrico Crispolti alla scuola di specializzazione in storia dell'arte dell'Università di Siena.
Ha cominciato a scrivere di arte sulla rivista Tema Celeste e in seguito su Flash Art.
Dagli anni Novanta è stato curatore di numerose mostre legate alla nuova figurazione italiana.
Viene nominato Curatore della Biennale di Praga (2003-2005) e commissario alla sezione Anteprima della XIV Quadriennale di Roma (2004)
Nel 2005 presenta Natale Addamiano nella mostra organizzata al Museo Archeologico di Paestum in suo onore.
Nel 2009 viene scelto come Curatore del Padiglione Italia alla 53ª Biennale d'arte di Venezia. Punto di partenza dell'esposizione, intitolata COLLAUDI, è l'omaggio a Filippo Tommaso Marinetti e al Futurismo, prima e unica avanguardia italiana del '900[1]
È stato docente di storia dell’arte contemporanea presso l'Accademia di belle arti di Palermo e, per oltre dieci anni all'Accademia di belle arti di Brera, Milano. Dall’autunno 2009 insegna all’Accademia Albertina di Torino.
Da luglio 2010 è Presidente del Circolo dei lettori di Torino: spazio pubblico dedicato ai lettori e alla lettura.
In occasione della 25ª edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino (maggio 2012) ha curato la mostra La Città Visibile. Torino 1988-2012 sui 25 oggetti che hanno rappresentato il cambiamento del capoluogo piemontese negli ultimi anni 25 anni.
È curatore delle edizioni del Premio Cairo dal 2010 al 2013 e del Premio Michetti 2012, a Francavilla al Mare (CH)
Oltre ai testi critici su artisti italiani ormai storicizzati, come Mario Schifano e Mimmo Rotella, e su altri appartenenti alle nuove generazioni, è autore di diversi libri il cui tema è la storia dell'arte, con particolare attenzione al suo rapporto con la musica e il cinema.
Proprio sul rapporto tra arti visive e musica ha curato la prima grande rassegna in Italia dedicata all'argomento: Sound&Vision, a Perugia nel 2006.
Collabora con Juventus Channel in qualità di opinionista e tifoso.
Collabora con Il Giornale, scrive inoltre sul settimanale Torino Sette de La Stampa e sulle riviste Arte, Rumore, Raiders e Max.

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27 novembre 2015 5 27 /11 /novembre /2015 07:02
Senza ragione apparente. Una pensosa indagine di Giorgia Cantini sul suicidio di un adolescente

(Maurizio Crispi) Senza ragione apparente (Le indagini di Giorgia Cantini) di Grazia Verasani è comparso nelle librerie relativamente di recente, pubblicato per i tipi di Feltrinelli (collana Narratori), 2015.

Già in passato, mi sono ritrovato a leggere la maggior parte dei romanzi di Grazia Verasani: uno ha tirato l'altro, come le ciliegie. E non appena ho adocchiato in libreria questo nuovo romanzo, l'ho fatto mio, l'ho letto in quattro e quattr'otto, l'ho - per così dire - affondato e archiviato (ma non per dimenticarlo, bensì per ricordarlo e per rifletterci su, perchè è uno di quei polizieschi che lasciano nel lettore una traccia e che offrono uno sguardo su dimensioni inedite della realtà contemporanea).

Non mi ha deluso. I romanzi di Grazia Verasani mi sono sempre piaciuti, anche perché rappresentano un piacevole intermezzo (esistenziale e pensoso, ma anche ricco di sentimenti) rispetto a più corposi thriller, nel confronto con i quali sono indubbiamente una pausa (o anche un'alternativa) di qualità.
Nel mio caso, tanto per citare alcune delle letture in corso, l'ho incastrato tra un romanzo di Donato Carrisi e una delle ultime fatiche di Stephen King, Finders Keepers, che sto leggendo in lingua originale, per non parlare della storia vampiresco-virale, The Strain, scrittsa da Guillermo Del Toro e da Chuck Hogan.
Giorgia Cantini è un'investigatrice privata che opera a Bologna, fondamentalmente introversa e attenta ai sentimenti e tendente ad applicare un'indagine "introspettiva" nei casi che le vengono affidati. In fondo, agisce nello stesso modo in cui opera uno psicoterapeuta che, prima di indagare sulle vite degli altri, deve avere esaminato impietosamente la propria vita segreta, mettendone in luce nodi irrisolti e conflitti e/o essere stato toccato da grandi tragedie della vita.
A rompere la monotonia di indagini su tradimenti coniugali per i quali la sua opera è prevalentemente richiesta, Giorgia Cantini viene interpellata per indagare sul suicidio di uno studente di liceo, suicidio avvenuto a scuola per defenestrazione: è la madre stessa a chiedere queste indagini, poiché il presunto suicidio presenta delle caratteristiche insolite rispetto al carattere del figlio e all'assenza di motivazioni e di condizioni psicopatologiche evidenziate nei giorni precedenti. Non vi è in sostanza "alcuna ragione apparente" che possa avere rappresentato la causa del suicidio.
D'altra parte, occorre precisare che, se il suicidio compiuto dagli adulti, può essere compreso nelle sue motivazioni ed esaminato con relativo distacco, quello di un adolescente che "leva la mano su di sé" provoca sempre intense reazioni emozionali e, il più delle volte, a meno che non avvenga in certi contesti culturali (come il Giappone) che siano fondati sul sentimento della vergogna piuttosto che su quello della colpa, genera reazione di incredulità e di imbarazzo. E, soprattutto, è destabilizzante per gli adulti che ne sono testimoni, perchè in qualche misura esprime un atto di accusa su di un loro fallimento nel loro ruolo di padri e di educatori. Il suicidio di un adolescente colpisce al cuore, istituzione come quella della famiglia e della scuola.
Giorgia Cantini intraprende le sue indagini, in un momento in cui la sua vita è turbata, ma anche resa più interessante e più ricca emozionalmente dall'aver lei iniziato una relazione affettiva con un commissario di Polizia che si è addirittura trasferito a vivere con lei, rompendo con la moglie: e, anche per questo, Giorgia vive un momento speciale tra euforia e pensose incertezze.
Un nuovo suicidio - anche questa "senza ragione apparente" - si verifica, sempre tra gli studenti della stessa scuola, e il ragazzo che leva la mano su di sé fa parte dello stesso piccolo entourage di amici.
Le indagini si approfondiscono e si infittiscono gli interrogatori e i colloqui con tutti coloro che potrebbero essere informati i fatti.
Alla fine, intrecciando insieme frammenti di verità ed intuizioni felici, verrà fuori un affresco inquietante e l'identificazione dei responsabili, quanto meno morali, dei due suicidi, mentre viene portato alla luce un evento impensabile di drammatica crudeltà.
Giorgia Cantini, scalcinata detective privata, profondamente esistenzialista, ha tuttavia una capacità profonda di penetrare nella psicologia delle persone, mettendone a nudo le dinamiche interiori, ma questa capacità dipende dal fatto che lei stessa è sempre intenta ad analizzarsi a puntare un occhio sulle sue dinamiche interiori: e forse, proprio per questo, è capace di entrare in sintonia empatica con le molteplici comparse di drammi nascosti.
Bello, come gli altri precedenti romanzi di Grazia Verasani: e si legge in un battibaleno senza pesantezze di sorta, godendo di una scrittura che è alo stesso tempo leggera e profonda, efficace e mordente e che offre allo stesso tempo un piccolo prezioso documento sociologico sui giovani contemporanei, sottoposti allo stress di famiglie sempre più instabili, a pressioni che li porterebbero ed essere cinici e sprezzanti, ma nello stesso tempo sempre intenti nell'inesausta ricerca del contatto vivificante dei sentimenti e del potere vivificante dell'amore.
Particolarmente azzeccata a questo riguardo è la grafica di copertina.

(Risguardo di copertina) Autunno. Sullo sfondo di una Bologna umida e grigia, Giorgia Cantini lavora al suo nuovo caso. Emilio, studente diciassettenne in un liceo della città, si è suicidato senza ragione apparente, lasciando solo un laconico messaggio: "Sono stanco". A otto mesi dal fatto, la madre di Emilio è decisa a trovare i responsabili morali. Giorgia si immerge così in un universo adolescenziale di serate passate ad ascoltare musica hip hop, fumare canne e chattare, con i primi amori che nascono e l'ansia del futuro. Ed è una stagione decisamente malinconica quella in cui Giorgia si dibatte, perché ci sarà un secondo suicidio sospetto e l'incubo di una notte in cui forse è accaduto qualcosa di irreparabile. Senza contare la confusione degli adulti, il crollo delle facciate dietro cui si nascondevano, la finzione in cui sono calati e di cui i figli sono le vittime predestinate. In uno scenario di precarietà di valori e sentimenti, e in una Bologna specchio di un paese sempre più in crisi, si muove Giorgia. Vicino a lei, la sua surreale assistente Genzianella e il capo della Omicidi Luca Bruni, con il quale convive da pochi mesi, anche se il loro rapporto è ancora un'incognita. E Mattia, il figlio sedicenne di Bruni, che aiuterà Giorgia a capire qualcosa in più di una generazione costretta a muoversi in un mondo sempre più ambiguo, dove le apparenze non sono più salvabili e il senso delle cose è sempre più indecifrabile.

Grazia VerasaniGrazia Verasani (Bologna, 1964) ha esordito giovanissima con alcuni racconti apparsi su “il Manifesto”. Ha pubblicato "L’amore è un bar sempre aperto", "Fuck me mon amour" e "Tracce del tuo passaggio" (Fernandel, 1999, 2001 e 2002); "From Medea" (Sironi, 2004); "Quo vadis, baby?" (Mondadori, 2004; Feltrinelli, 2014), da cui Gabriele Salvatores ha tratto il film omonimo, "Velocemente da nessuna parte" (Mondadori, 2005; Feltrinelli, 2009) e "Vuoto d’aria" (Transeuropa, 2010). Con Feltrinelli ha pubblicato anche "Tutto il freddo che ho preso" (2008), "Cosa sai della notte" (2012) e "Di tutti e di nessuno" (2012).
Grazia Verasani - eclettico personaggio - si diletta anche di musica e ha inciso due album.

Hanno detto (quarta di copertina)
L’investigatrice Giorgia Cantini è un personaggio così riuscito da entrare nell'album di famiglia. Una di noi, verrebbe da dire.” (la Repubblica)
Atmosfere à la Chandler, in una Bologna rock. Un noir teso e ricco di riferimenti.” (Rolling Stone, France)
Nei noir di Grazia Verasani il passato ha una voce sommessa che pian piano finisce per urlare. Le sue storie si leggono tutto d’un fiato.” (IO Donna)
"Pura finzione, tristemente attualissima" (Emanuela Giampaoli, la Repubblica- Bologna)
"La malinconica investigatrice privata ritorna sullo sfondo di una grigia Bologna autunnale" (Il Corriere della Sera - Bologna)

Senza ragione apparente. Una pensosa indagine di Giorgia Cantini sul suicidio di un adolescente
Senza ragione apparente. Una pensosa indagine di Giorgia Cantini sul suicidio di un adolescente
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18 novembre 2015 3 18 /11 /novembre /2015 06:42

Loro Attendono(Maurizio Crispi) A chi sa apprezzare i romanzi di Robert McCammon, potrà piacere Loro attendono (titolo originale: Bethany's Sin, nella traduzione di Carla Meazza), che è metà tra un fantasy e un horror della più pura lega, magistralmente costruito.
Purtroppo il volume pubblicato in traduzione italiana nel 1996 nella meritevole collana Mondadori "I Blues", dieci anni dopo l'edizione in lingua originale, avvenuta nel 1986, ha avuto vita breve e allo stato attuale non è più reperibile (fuori catalogo).
Per leggerlo, dunque, occorre avere la buona sorte di reperirlo in qualche remainder o su qualche bancarella dell'usato.
Bethany's Sin è la "classica" città maledetta, dove una famigliola, lui - Evan -scrittore desideroso di farsi una fama e veterano della guerra in Vietnam perseguitato da incubi ricorrenti, lei - Kay -giovane insegnante e la loro bimba Laurie, decidono di trasferirsi, abbindolati dal buon prezzo di una casa che viene loro offerta, ed iniziare così a costruirsi una nuova vita.
Bethany's Sin E' una città insolitamente tranquilla: sembra che non succeda nulla e invece molte cose accadono. Per non parlare del fatto che, a certi orari, sembri che in giro non ci sia nessuno e che, nottetempo accadano degli eventi misteriosi, o anche del fatto che molti degli uomini dei diversi nuclei familiari siano assenti o invalidi.
Evan coltiva il progetto di scrivere un articolo sulla storia di questa piccola comunità e scoprirà presto molte strane cose o si imbatterà in inspiegabili reticenze: elementi che lo spingeranno ad indagare con maggiore determinazione per rompere il velo di misteri e diffidenze, scontrandosi con muri di diffidenza e di ostilità.
Ma Ethan ha alle spalle l'esperienza di soldato in Vietnam, dove oltre ad essere stato ad esperienzze estreme di resilienza, si è salvato anche grazie ad uno sviluppato senso di "prossimità" ambientale e soprattutto per via delle sue premonizioni e di sogni ricorrenti dai contenuti particolarmente vividi.
La tensione, come in tutte le storie di fantasmi, di case e di villaggi infestati da presenze oscure cresce lentamente, mattone dopo mattone: la verità emergerà a poco, sino a concretizzarsi in un epico scontro finale tra le forze del Bene e del Male.
E Evan, che è un guerriero, giocherà il tutto per tutto per mettere in salvo la sua famiglia.
Viene tirata in ballo la mitica società delle Amazzoni, modello mitologico e leggendario di una spietata società matriarcale, portare di maledizione che dall'antica città dissepolta da un archeologo molti anni prima è tornata a rivivere in una quieta campagna degli USA.
Themyscrisia = Bethany's 
Sin, in altri terrmini.

E a Bethany's Sin non c'è posto per gli uomini.
Il volume di McCannon lo avevo da molti in anni in libreria, in pratica dal tempo della sua uscita: l'ho scovato qualche mese fa, in occasione della risistemazione di alcuni volumi, e ho voluto leggerlo immediatamente.
Un volume che ha atteso a lungo sino a quando l'ho ritrovato...

(Dalla quarta di copertina) Hanno dormito per secoli, il loro grido intrappolato nella montagna che le sovrasta, gli occhi implacabili spalancati nel buio. Hanno portato con sé il loro mistero, l'inestinguibile sete di vendetta delle Amazzoni, l'incendio che ha devastato i corpi di mille guerrieri.
Sono dei mostri. E soltando un uomo può combatterli. Quell'uomo di sta preparando


 

Loro attendono. Un piccolo gioiello su di una città maledetta infestata dalle Amazzoni redivive
Loro attendono. Un piccolo gioiello su di una città maledetta infestata dalle Amazzoni redivive
Loro attendono. Un piccolo gioiello su di una città maledetta infestata dalle Amazzoni redivive

Robert R. McCammon (Birmingham, 11 giugno 1952) è un romanziere statunitense.

Ha debuttato nel 1978 col romanzo Baal, iniziando una prolifica carriera di romanziere che lo ha portato a scrivere un totale di tredici romanzi prima di prendersi un lungo periodo di pausa dal lavoro alla fine del 1992. Recentemente è tornato a pubblicare: nel 2002 si è riaffacciato sul mercato con Speaks the Nightbird e nel 2007 è arrivato l'ultimo The Queen of Bedlam.

In Italia McCammon è stato recentemente riscoperto dalla Gargoyle Books, la casa editrice romana specializzata in narrativa horror, che ha pubblicato nel 2005 Hanno sete. Il bacio oscuro (They Thirst, 1981), nel 2006 L'ora del lupo. Gli artigli della notte (The Wolf's Hour, 1989), nel 2007 La via oscura (Mystery Walk, 1983), nel 2009 La maledizione della casa degli Usher (Usher's Passing 1984), ispirato al racconto Il crollo di Casa Usher di Edgar Allan Poe, e nel 2010 Mary Terror (Mine, 1990).

Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia.  La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno".  L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.
Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia.  La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno".  L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.
Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia.  La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno".  L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.
Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia.  La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno".  L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.
Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia.  La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno".  L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.

Il nome greco Ἀμαζών (amazòn) è di dubbia etimologia. La maggior parte degli autori classici, considerano la Ἀ iniziale un'alfa privativa che rende nullo il successivo nome μαζός, versione ionica di μαστός, che vuol dire "seno": il risultato sarebbe quindi "senza seno". L'etimologia è riferibile al costume tradizionale attestato dalle fonti mitografiche secondo cui le Amazzoni si mutilavano la mammella destra allo scopo di tendere meglio l'arco. Da tutti gli autori viene evidenziata la relazione fra la mutilazione/occultamento degli attributi femminili e il miglioramento delle abilità guerresche reputate qualità chiaramente maschili.

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13 novembre 2015 5 13 /11 /novembre /2015 23:13
Il Bambino. Un thriller insolito che tira in gioco la parapsicologia e la reincarnazione

(Maurizio Crispi) Si presenta con una trama originale ed insolita il romanzo di Sebastian Fitzek, Il Bambino (titolo originale: Das Kind, nella traduzione di Erika Cambini) , Eliot, 2009 e 2015 (ristampa).
Un ragazzino di dieci anni, Simon Sachs, malato terminale seguito dai servizi socio-sanitati, è convinto di essere stato un assassino nella sua precedente vita. Simon è perseguitato da terribili incubi che sembrano diventare reali e che sono collegati a sparizioni misteriose tuttora irrisolte.
La vicenda si sviluppa tutta sulla falsariga di rivelazione che sembrerebbe provenire dal fatto che il piccolo protagonista Simon Sachs abbia vissuto una vita precedente nel corso della quale lui (o qualcuno che adesso vive in lui) ha commesso degli omicidi. L'avvocato Stern e la giovane infermiera Carina (ex amante di Stern) prendono a cuore la sua causa e gli danno credito (Stern non senza perplessità).
Le rivelazioni si susseguono incalzanti e le verifiche danno ogni volta esito positivo. Ad ogni scena di crimini passati il mistero si infittisce e, nello stesso tempo, l'avvocato Stern si ritrova ad essere sospettato di altri fatti criminosi che, invece, si verificano nel presente.
Stern, Carina e il piccolo Sachs, in condizioni cliniche critiche, sono in fuga, spinti dal desiderio di trovare il bandolo della matassa e nello stesso tempo dal bisogno di sfuggire alle pressanti indagini poliziesche. Le cose si complicano quando Simon comincia a parlare di eventi che avverranno nel prossimo futuro e, d'altra parte, Stern viene convinto che, proseguendo nella sua indagine non autorizzata, potrà ritrovare di nuovo (o ancora) in vita il figlioletto morto nella culla dieci anni prima.
E, di più, sembra che vi sia un misterioso "vendicatore" che è sulle tracce di una banda di pedofili e di trafficanti di bambini.
Alla fine, agli aspetti parapsicologici e di ipotizzata metempsicosi e reincarnazione da vite precedenti, verrà data una spiegazione razionale e il caso verrà risolto.
Non senza patemi d'animo per il lettore tutte le pedine andranno ad occupare la loro corretta casella: anche se rimarrà un margine di mistero e di inspiegato, dopo che le spiegazioni razionali su ciò che è veramente accaduto in un'epicrisi finale.
Rimane, al di là delle spiegazioni, l'idea (che viene lasciata insinuarsi nella mente del lettore) che, in fondo, possa esserci del vero nel reame dell'irrazionale.
Il romanzo, fatto di brevi capitoli incalzanti, si legge con piacere e senza mollare la presa, anche se la trama risulta essere a volte confusa e farraginosa (e ciò nondimeno i difetti palesi ed evidenti non ammorbano il piacere della lettura).
leggendo questo romanzo si rimane alquanto scettici sul paragone che alcuni fanno tra Fitzek e Stephen King,

(dal risguardo di copertina) L’avvocato Robert Stern ha acconsentito a un insolito incontro notturno fuori Berlino con la sua ex fidanzata, l’infermiera Carina. Stern non si stupisce quando la vede comparire con qualche minuto di ritardo su un’autoambulanza e quando poi questa gli presenta un suo paziente, un ragazzino di dieci anni che ha bisogno del suo aiuto. Il bambino, Simon Sachs, un malato terminale seguito dai servizi sociali, è convinto di essere stato un assassino nella sua precedente vita. Simon è perseguitato da terribili incubi che sembrano diventare reali e che sono collegati a sparizioni misteriose tuttora irrisolte. Quando Stern e Carina, guidati dal piccolo Simon, scoprono dei resti umani nella cantina di una fabbrica dismessa capiscono che non si tratta solo di una fantasia macabra originata da un disturbo psicologico…
E c’è di più, Stern riceve un misterioso videomessaggio che fa apparire possibile l’impossibile: suo figlio morto in culla potrebbe essere ancora in vita? La voce del videomessaggio invita Stern a seguire le visioni di Simon se vuole sapere cosa ne è stato davvero di suo figlio…

L'autore. Sebastian Fitzek è nato a Berlino nel 1971 ed è autore di numerosi thriller di grandissimo successo tradotti in tutto il mondo, tra cui Il ladro di anime, Il bambino, Schegge e La terapia, tutti usciti in Italia per Elliot Edizioni. Il suo sito internet italiano è www.sebastianfitzek.it.

Il booktrailer

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7 novembre 2015 6 07 /11 /novembre /2015 00:02
Elisabetta II Regina. A Montecitorio la presentazione della biografia di Francesco De Leo

Martedì 10 novembre 2015 nella “Sala della Regina” (a Palazzo Montecitorio), ore 18.30, avrà luogo la presentazione del volume di Francesco De Leo, Elisabetta II Regina d’Inghilterra, che illustra la prima metà del lungo regno di Elisabetta II (Aracne Editrice, 2015), che di recente ha superato la durata del Regno della Regina Vittoria, divenendo di fatto il sovrano più longevo nella storia della Corona d’Inghilterra.

Interverranno, con la moderazione di Stefano Polli, vicedirettore dell’ANSA: Giulio Anselmi, Presidente ANSA; Giancarlo Aragona, Presidente Istituto per gli Studi di Politica Internazionale; Gianni Letta, già Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio; Marco Pannella, Fondatore Partito Radicale; Andrea Romano, Deputato Partito Democratico.
Saranno presenti l’autore Francesco De Leo e l’editore Gioacchino Onorati

È stato invitato all'evento il Presidente emerito Giorgio Napolitano.

La Regina Elisabetta: un regno lungo 50 anni(dal risguardo di copertina) Accanto a più di cinquanta sovrani e una decina di dinastie, in un’epica storia lunga quasi 1200 anni, trova spazio la vicenda di Elisabetta II, attuale Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Questo libro è dedicato alla prima parte della vita di una donna protagonista di un’intensa epoca della storia del Regno Unito, definita una nuova “età elisabettiana”. Nel settembre del 2015 Elisabetta ha superato per numero di giorni il regno della Regina Vittoria, dalla cui stessa casa reale tedesca discende, passando alla storia come il sovrano più longevo della storia della Corona britannica.

L'autore. Francesco De Leo, nato a Bari il 15.01.1964, si occupa da molti anni di politica estera per Radio Radicale per cui ha svolto diversi reportage in giro per il mondo. Cura e conduce la trasmissione serale Spazio transnazionale dedicata all’attualità internazionale. Ha diretto l’«Interprete Internazionale», dorso mensile del quotidiano “Il Riformista” e ha scritto per Italianieuropei nel 2009 il libro L’Onda Verde d’Iran.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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