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9 aprile 2024 2 09 /04 /aprile /2024 12:35
Le isole franche della munnizza che mai viene raccolta. Succede a Palermo

La foto che vedete è stata scattata dalle parti di via Ruggerone da Palermo

Ci sono delle zone della città - autentiche zone franche o zone d’ombra o non luoghi -  in cui i raccoglitori latitano per giorni e giorni, mentre la monnezza deborda sino ad invadere la sede stradale in montagne prorompenti.
I cassoni ricolmi e mai svuotate sono delle autentiche cornucopie della munnizza.
Perché continua ad accadere ciò?

Varie possono essere le cause

Mancanza di personale?
Penuria di mezzi?
Incapacità di pianificare e organizzare?
Oppure semplice strafottenza/negligenza?

Può anche darsi che l'incuria/negligenza dipendano da un mix letale di tutte le cause elencate sopra.

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7 ottobre 2023 6 07 /10 /ottobre /2023 06:36
Suzanne Simard, L'albero madre. Alla scoperta del respiro e dell'intelligenza della foresta (Finding the Mother Tree, nella traduzione di S. Albesano), Mondadori (Le Strade Blu), 2022

L'albero madre. Alla scoperta del respiro e dell'intelligenza della foresta (Finding the Mother Tree, nella traduzione di S. Albesano) scritto da Suzanne Simard e pubblicato da Mondadori (Le Strade Blu), nel 2022 è un testo di fondamentale importanza per la comprensione dell'ambiente secondo un paradigma totalmente differente da quello dominante che è fondamentalmente ispirato al pensiero di Darwin, fondata sulla competizione tra specie e sulla sopravvivenza del più adatto e del più forte.
Tale paradigma ci ha indotto a ritenere che, nel mondo animale, vigesse "la legge del più forte" e del più adatto alla sopravvivenza e ci ha spinto a costruire un mondo di relazioni tra esseri viventi basato sulla competizione e sull'accaparramento delle risorse.
Questo pensiero ha del pari permeato il modo di rappresentare il mondo vegetale.
Suzanne Simard con le sue intuizioni e con le sue ricerche pluridecennali (per sostenere le quali ha dovuto duramente lottare contro le idee inamovibili dell'establishment accademico) ha rovesciato questo paradigma, mostrando che gli alberi e le piante (non solo simili, ma anche appartenenti a specie diverse) costruiscono una vasta rete sotterranea in cui i collegamenti avvengono attraverso le terminazioni radicali, ma anche con il supporto di un reticolo di ife fungine (le cosiddette micorrize) che connettono le radici di alberi consimili (o anche appartenenti a specie diverse), facilitando il travaso e la circolazione di principi nutritivi (e non solo: anche di informazioni attraverso sostanze chimiche che possono considerarsi l'equivalenti dei mediatori chimici nel nostro cervello).
Nel corso del tempo, il pensiero della Simard è andato ulteriormente avanti sino ad ipotizzare che gli alberi - visti nel loro insieme - si connettono dando vita ad una sorta di mente collettiva grazie alla quale alcuni alberi sono avvisati tempestivamente (attraverso messaggi chimici veicolati lungo la rete di collegamenti) di noxae che agiscono su di un altro albero-individuo connesso alla rete di radici intercomunicanti con l’intermediazione del reticolo costituito dalle ife fungine, sicché gli altri possano prepararsi producendo enzimi e altre sostanze utili a contrastare l'azione della noxa (in questa specifica circostanza si ha una comunicazione attraverso sostanze chimiche che viaggiano nelle radici inter-connesse).
Sì è sviluppata, pertanto, nel pensiero della Simard l'idea feconda che gli alberi si accudiscano tra di loro e che, in particolar modo, quelli di una stessa specie, possano stabilire tra loro dei rapporti privilegiati mentre con quelli di altre si possono stabilire forme di auto-aiuto sulla base delle diverse peculiarità di ciascuna specie, come - ad esempio - nella interazione tra abete di Douglas e betulla.
Ed è nato così anche il concetto di "Albero Madre" (da cui il titolo del libro) che tiene d'occhio i propri "piccoli", facendoli crescere protetti nel suo cono d'ombra e fornendo alle loro radici nutrienti fondamentali per la loro crescita, sino al punto in cui questi potranno trasformarsi in "madricine" (ovvero "piccole madri"), cominciando a propria volta a dare vita attraverso i primi semi a nuovi alberi.
Il pensiero della Simard s'è sviluppato controcorrente, superando la diffidenza e l'ostilità dei cattedratici arroccati sulla loro idea della competizione darwiniana e della necessità di applicare rigorosamente nei rimboschimenti la tecnica della monocultura.
Le battaglie della Simard sono state portate avanti con intraprendenza e perseverazione e proseguendo nella via di sperimentazioni di lunga durata.
Tutto questo la Simard ci racconta in questo straordinario saggio autobiografico che è, assieme, una pietra miliare in una nuova visone della botanica e nella storia delle idee.
Si legge in modo appassionato anche perché l'autrice non esita a mettere a nudo la sua vita personale e la sua forte determinazione nell'andare avanti.
Il volume è corredato da due inserti di splendide foto a coloro e in bianconero.
Un libro assolutamente da leggere, a mio parere.

Ovviamente leggendo questo testo, è facile fare il collegamento con la teoria esposta da Lovelock e al suo costrutto di Gaia, in cui il nostro pianeta va vissto come un unico e articolato organismo vivente.

Le teorie della Simard hanno profondamente influenzato alcune elaborazioni culturali, nella narrativa come anche nella cinematografia: uno degli esempi più ragguardevoli in questo secondo ambito è il film Avatar, con il suo seguito recente Avatar 2. La via dell'acqua.
 

 

(Soglie del testo) In queste pagine, commoventi e profondamente personali, l'autrice condivide il suo mondo, ricordandoci che la scienza non è un regno separato dalla vita ordinaria, ma profondamente connesso con la nostra umanità.
(risguardo di copertina) Docente alla British Columbia ed ecologista di fama mondiale, Suzanne Simard è una pioniera nel campo della comunicazione e dell'intelligenza delle piante. 
Quando nel 1997 «Nature» pubblicò un suo articolo nel quale dimostrava come gli alberi comunicassero tra loro attraverso un'immensa rete di funghi sottoterra, nessuno poteva immaginare che questa scoperta avrebbe riscritto uno dei paradigmi della teoria evoluzionistica, quello secondo cui è la competizione tra le piante a modellare le foreste. Simard suggeriva infatti che fossero la vicinanza e la collaborazione, la diversità e l'inclusione a garantire la vita, l'ecologia e il benessere dei grandi boschi. Un'intuizione che le indagini condotte nei vent'anni successivi hanno ampiamente confermato. Ora, in queste pagine, commoventi e profondamente personali, l'autrice condivide il suo mondo. Svela i segreti che accompagnano la vita degli alberi come creature sociali, mostrando da vicino come questi modellino il loro comportamento ai bisogni della comunità cui appartengono, come si prendono cura gli uni degli altri. Perché la foresta è un ecosistema dove tutto è connesso, dove le specie si adattano, si sviluppano, crescono, completano il loro ciclo vitale mettendo in comune risorse e informazioni, diffondendo energia, saggezza, protezione. Come un'orchestra impegnata nell'esecuzione di una sinfonia, o come una famiglia che cresce attraverso il dialogo, l'aiuto reciproco, la condivisione di saperi e ricordi. 

Suzanne Simard

Ma soprattutto la Simard racconta come questo intreccio apparentemente miracoloso ruoti attorno a entità potenti e meravigliose, gli Alberi Madre, esemplari più anziani che non solo provvedono al nutrimento degli alberi più giovani, ma come dei veri genitori forniscono loro le «ricette migliori» per mantenersi in salute, contribuendo così, generazione dopo generazione, alla salvaguardia dell'ecosistema. 
L'Albero Madre ci accompagna nel complesso ciclo della vita nella foresta, ricordandoci che la scienza non è un regno separato dalla vita ordinaria, ma profondamente connesso con la nostra umanità.


L’autrice. Suzanne Simard insegna ecologia forestale presso l’Università della British Columbia. Autrice di oltre duecento pubblicazioni scientifiche, dal 2015 è a capo del progetto «Albero Madre». I suoi interventi ai TED Talks sono stati seguiti da più di dieci milioni di persone in tutto il mondo.
La sua è stata una vita di scienziata votata alle ricerche sul campo, nelle quali la Simard ha travasato la sua passione per la natura e le foreste, maturata sin dalla più tenera età

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30 agosto 2023 3 30 /08 /agosto /2023 06:38

Strada nuda sotto il sole
Polvere
Sassi
Carcasse d'auto e animali morti
Il cadavere d'una banana
che tenta di essere gabbiano
Alberi schiantati
Alberi scheletriti
fatti di rami spogli
come braccia e dita
protesi al cielo
in inutile preghiera
Lapidi di gente morta
sul bordo della via
Nuvole di smog 
che ammorbano i polmoni
Cumuli di rifiuti
foglie secche
sterpi
cartacce
in attesa della scintilla
e del fuoco purificatore
Auto e moto in velocità
e guidatori ottusi 
intenti al telefonino

 

Il cielo d'un azzurro intenso
strinato di delicati merletti bianchi
La montagna impervia 
impassibile
immutabile
Più tardi sorgerà la luna
che ci guarda 
beffarda
Il passo è veloce
cadenzato
instancabile
Non c'è luogo 
dove andare
E' solo
una marcia veloce
verso la fine

 

Il cielo
il monte
la luna
sopravvivranno
alle nostre piccole storie senza senso
alle nostre miserie
al nostro vano orgoglio,
intangibili

 


[È il ricordo di una passeggiata (camminata) da Palermo a Mondello in un giorno di fine estate, nel 2012]

La foto: "la buccia di banana che tentò di essere gabbiano"

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10 febbraio 2023 5 10 /02 /febbraio /2023 09:55

Se è andato un vecchio caro amico

Gian Mauro Costa su Facebook

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

Foto condivisa su Fb da Gian Mauro Costa che ha commentato: “Se è andato un vecchio caro amico”.

La grande magnolia abbattuta (foto di Maurizio Crispi)

È crollato un gigante.
È stato come se l’enorme mano d'un gigante invisibile avesse abbattuto un suo pari, dopo una strenua lotta.
Il gigante crollato è l'immensa Magnolia, ubicata all'angolo tra Viale delle Magnolie e via Boris Giuliano (ex Via Piemonte) che - da quando abito in questa zona (e, cioè, dal 1962) - ogni giorno mi sono ritrovato ad ammirare (e a salutare) quando passavo sotto la sua vasta canopia nei miei spostamenti quotidiani.
Tra l'altro, anche adesso, ogni giorno passo da lì, in occasione della mia passeggiata mattutina con il cane. Di solito, percorro viale Lombardia, quindi svolto per via delle Magnolie e passo sul ponticello di metallo, che, nel tempo, è stato parzialmente conglobato nella massa sempre più sviluppata di tronco e radici columnari (cosa che mi piace molto fare). Oggi, al momento di uscire, ho perso del tempo: non trovavo il mio I-phone e mi sono soffermato a scrivere una mail. Probabilmente, se fossi andato senza questi imprevisti mi sarei trovato a passare sotto la magnolia proprio nel momento critico…
Passare da lì, percorrere il ponticello metallico che moltissimi anni addietro l'amministrazione comunale pose per evitare ai passanti di inciampare nell'asperità delle radici emergenti dal suolo e causanti dissesto del marciapiedi, era per me un must. Come pure era un must stare ad osservare le radici pensili che scendevano lungo il tronco e che, anno dopo anno, si andavano ingrossando sino a diventare tronchi che poi si fondevano con quello principale.
Il guaio è che queste magnolie senza la possibilità di gettare radici columnari anche a distanza dal tronco principale e che poi diventano delle vere e proprie colonne portanti della grande fabbrica arborea e senza periodici interventi di alleggerimento finiscono con il diventare instabili, anche perché le radici nel terreno non possono andare dovunque, espandendosi a raggiera, in considerazione della cementificazione.
La grande Magnolia cresciuta a dismisura, con le sue radici interamente su suolo pubblico, è stata sottoposta a manutenzione l'ultima volta circa 10 anni addietro (secondo la testimonianza di uno dei condomini dello stabile ad angolo) e poi nulla più, malgrado le numerose richieste che si sono succedute nel corso degli anni senza che ottenessero nessuna significativa e fattiva risposta.

Ma torniamo al fatto.
Al crollo un’auto di passaggio è rimasta intrappolata. Il tettuccio è stato parzialmente deformato, ma i passeggeri sono stati estratti illesi, per quanto scioccati, grazie all'intervento tempestivo di un buon samaritano e accompagnati all'interno dell'atrio del Tiffany Cityplex, in quel momento aperto per via della presenza del personale adibito alle pulizie. Per loro, solo tanta paura e, ovviamente i danni materiali della vettura schiacciata sotto il peso immane dei rami.
E, per fortuna, il crollo non è avvenuto in ora di punta, quando - spesso e volentieri - le auto in questo tratto di strada sono incolonnate.
Altre auto parcheggiate ai lati della via sono state sepolte sotto le possenti diramazioni del tronco principale.
Come già detto, l’enorme magnolia si trova ubicata all’angolo tra via Boris Giuliano (ex via Piemonte) e viale delle Magnolie, qui a Palermo.
Il crollo è avvenuto con un enorme schianto, attorno alle 7.20: così hanno riferito alcuni condomini della palazzina ad angolo che sono stati a lungo ad osservare gli spasmi dell'albero mentre si apprestava il crollo, quasi avesse ingaggiato una lotta contro un nemico invisibile, prima di soccombere.
Soffiava, nelle ore del cedimento, un forte vento di grecale a raffiche.
Interessante notare che la prima auto della Polizia municipale è arrivata soltanto alle 8,10. Molta tempestività, davvero.
Ma c’è anche da dire che i Vigili Urbani, con maggiore urgenza, sono andati a presidiare l’incrocio tra via Piemonte e via Principe di Paternò. Ovviamente, si è creato subito un ingorgo di immani proporzioni.
Anche i Vigili del Fuoco sono arrivati in leggero ritardo.
Hanno transennato approssimativamente le macerie del grande albero che occupavano l’intera carreggiata e hanno cominciato a sgridare rudemente chi faceva la mossa di avvicinarsi molto: “Adesso che siamo arrivati noi C’é pericolo!” - ha detto qualcuno di loro, con involontaria e inconsapevole ironia.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Poi, dopo qualche tempo, sono arrivate le motoseghe con le loro urla laceranti e il gigante è stato smembrato e fatto a pezzi, in un tempo risibile considerando il tempo che aveva impiegato a crescere e a fortificarsi.
E mentre le motoseghe urlavano, la magnolia lacerata e spaccata piangeva rivoli di sangue bianco.

A poco a poco, a fatica, il grande corpo è stato smembrato, via le braccia, via le gambe, poi tagliato a pezzi, ma il colosso ha resistito a lungo, in una dura lotta con le motoseghe che stridevano e un escavatore enorme che abbatteva i denti di acciaio che guarnivano la sua benna sul tronco principale già scalfito dalle lame della motosega, per completare la loro opera destruente.
Una tristezza infinita, ancora maggiore di quella derivante dal vedere il colosso abbattuto sull'asfalto.
L’agonia è durata sino al tardo pomeriggio, quando già era calato il buio e quando rimanevano soltanto frammenti e detriti; e soltanto le grandi radici tabulari ancora profondamente radicate.
Chi sa se dopo, con calma e meticolosità, gli uomini delle motoseghe e delle ruspe ingaggeranno una battaglia pure contro di loro!
Oso pensare (e desiderare nel profondo del mio cuore) che quelle radici possenti, sporgenti dal terreno come le creste di un dinosauro antico, vengano lasciate lì in segno di rispetto e nella memoria del grande albero, in attesa che magari un giorno possano germogliare di nuovo e rigenerare una pianta vigorosa.
E' solo una fantasia la mia, ovviamente, perché molto realisticamente sono certo che tutto quanto verrà spazzato via, in nome dei "sani" principi della sicurezza e del "mettere tutto in sicurezza" che escludono del tutto il pensare e il sentire poetico ed emozionale.

È stata questa la fine triste di un gigante che mi è stato compagno, anche amico direi, e che, negli anni, ho fotografato, per non parlare delle innumerevoli volte in cui al mio passaggio ne ho sfiorato il tronco sperando che una parte della sua forza entrasse in me.

Un gigante buono e gentile che, anche nel momento del crollo, è riuscito a non far male a nessuno.

Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi
Foto di Maurizio Crispi

Foto di Maurizio Crispi

Ficus, riflessione del giorno dopo: io non conosco chi abita nell’appartamento che gode di un bel giardino utilizzato per parcheggiare l’auto e le motociclette anziché godersi il verde in città, e sicuramente mi renderò impopolare con questo post; ma, dalla fotografia, risulta evidente che il cortiletto cementificato apparteneva per legge di natura al ficus centenario, piantumato anni prima che si decidesse di costruire il palazzo, che si decidesse di fare della curva a valle un asse viario dirimente del traffico cittadino. Altre epoche, altre sensibilità, ma mi piacerebbe sognare un futuro in cui le città diano il giusto respiro agli alberi e alla natura, nostra salvezza.

Maria Adele Cipolla - riflessione del giorno dopo

La Conigliera, storica tenuta dei Florio, doveva essere all’inizio del secolo uno degli spazi verdi più belli della città, un giardino caratterizzato dalle sue geometrie e dalla presenza di una struttura Liberty, ora non più esistente. Di quest’area, travolta dalla speculazione edilizia e distrutta infine da un incendio, oggi rimane soltanto un filare di ficus, che costeggia l’attuale via delle Magnolie.

La conigliera dei Florio, emblema di un altro progresso

La memoria della "Conigliera", in Viale delle Magnolie n.1, a Palermo (foto di Maurizio Crispi)

(Mauro Alessi) Panormos era una città tutta giardino e come una collana (dal greco ὅρμος) cinta dalla Conca d'Oro. In questo Eden le famiglie nobili e quelle venute dall'estero per innovative attività imprenditoriali condividevano il piacere di una vita immersa nella Natura di parchi e ville ricchi di specie botaniche acquistate in paesi esotici o scambiate tra loro, nell'ottica di una competizione nata per stupire ospiti, amici e visitatori. Vincenzo Florio che risiedeva all'Olivuzza, a villa Igiea e alla Casina dei Quattro Pizzi all'Arenella aveva acquistato un appezzamento di terreno dell'enorme giardino del duca Oneto di Sperlinga (firriato di Sperlinga) che si estendeva dalla sua settecentesca villa in via P.pe Palagonia (oggi diventata sede del Tribunale per i minori e del carcere Malaspina) verso la costa. Con la sua passione per la caccia e per la botanica realizzò una "conigliera" con un viale d'accesso costeggiato da sedici Ficus Macrophylla columnaris (denominati anche magnoloides da cui Viale delle Magnolie), figli del primo arrivato 170 anni prima all'Orto botanico di Palermo dall'Australia. Alla fine del viale era stato edificato un cottage (chalet) con torretta d'avvistamento per la cacciagione e al centro della conigliera una grande gebbia per irrigazione di agrumi e specie floreali spesso utilizzata per svaghi balneari e per gite in pedalò come fosse un laghetto.
All'interno del cottage, era predisposta una sala biliardo che permetteva il riposo di figli e consorti durante l'attività venatoria di padri e mariti. Un'altra porzione del 'firriato Sperlinga' era stata acquistata nel 1886 da Joshua Whitaker e dalla moglie Euphrosyne, che risiedevano nella palazzetto in stile gotico-veneziano, oggi sede della Prefettura in via Cavour.
Nel 1952 il sindaco Scaduto stipulò un accordo fra il Comune, i rappresentanti della Società Generale Immobiliare e i proprietari dei terreni autorizzando lottizzazioni di 60.000 
metri quadri a fronte di una cessione di 18.000 mq. come parco pubblico urbano (l'attuale "villa Sperlinga"). La speculazione travolse tutto e i poveri Ficus Macrophylla furono avvolti dal cemento non riuscendo più a trovare appigli per le loro radici aeree (columnari) e incontrando fondazioni edilizie per quelle sotterranee.

Le osservazioni di Mauro Alessi si ispirano ampiamente ad un articolo scritto da Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista che allego qui di seguito in .pdf, scaricabile.

Ecco lo splendido articolo sulla "Conigliera dei Florio di Cassandra Carroll Funsten, architetto paesaggista

Quel che rimane del gigante crollato (foto di Maurizio Crispi)

Magnolia schiantata, ultimo atto

L'altro giorno sono arrivati con motoseghe, ruspe e altri macchinari e hanno rimosso tutto ciò che restava del gigante abbattuto, sino a non lasciare di esso più alcuna traccia.
Questo intervento radicale ha posto fine alla mia fantasia che dai resti delle possenti radici ancorate al suolo potesse rinascere qualcosa e che potesse avere luogo il miracolo della rigenerazione del gigante.
Oppure che quelle radici, per quanto isterilite, venissero lasciate lì a perenne memoria di quella meraviglia arborea di un tempo.
Lo spirito pragmatico ha prevalso, mentre invece nell'approccio a queste cose - secondo il mio modesto parere - ci vorrebbe un po' di fantasia e di un afflato di speranza.
Adesso che è stata fatta piazza pulita, sarebbe bello se l’amministrazione comunale ponesse qui una lapide commemorativa in memoria del gigante arboreo e del suo crollo e, magari anche se, vicino ad essa, piantasse anche un giovane virgulto d'una pianta di lunga crescita che sia compatibile con la costruzione adiacente; magari un cipresso o un olivo, o anche un carrubo.
Ma so che una simile cosa non accadrà mai.
Ai nostri amministratori mancano la voglia di coltivare il ricordo, la cultura e la sensibilità necessarie.

A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
A Palermo è crollato un gigante
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21 settembre 2022 3 21 /09 /settembre /2022 08:05
Era una magnolia possente e vigorosa. Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15 Secondo me, é stato un abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Era una magnolia possente e vigorosa. Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15 Secondo me, é stato un abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Era una magnolia possente e vigorosa.
Lo scempio è stato compiuto in un giardino condominiale a Palermo, in via Principe di Paternò n. 15
Secondo me, si è trattato di un vero e proprio abuso, perché simili alberi hanno un valore inestimabile e di essi non si deve poter disporre liberamente.

Benché la pianta in questione non sia una specie autoctona, essendo una specie di alto fusto e con delle valenze decorative e ambientali dovrebbe essere tutelata, con una doppia attenzione, sia da parte del Servizio Ville e Giardini del Comune di Palermo sia dall'Assessorato alla Tutela dei Beni ambientali. 
Le piante di alto fusto che insistono su terreni e su fondi privati diventano a tutti gli effetti un bene pubblico con tutte le conseguenze del caso.
Quando subentrano delle condizioni della tutela della sicurezza si deve pur procedere a qualche forma di potatura che non sia però la "capitozzatura " integrale che ha subito questa povera Magnolia, senza potersi difendere.

Una capitozzatura integrale di questa portata equivale quasi ad una decapitazione e non vale nulla che qualcuno dica che "la pianta è forte e si riprenderà".

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13 luglio 2022 3 13 /07 /luglio /2022 20:00
Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)

(21 marzo 2022) Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo), scritto a quattro mani da Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi (Nero, 2021) è un testo polimorfo sulla pandemia e sull'ambiente, sul suo degrado, sulle utopie della ecofriendlyness e di altri temi correlati che mi è piaciuto sin da subito, mi ha catturato - direi.

E' stata una lettura complessa, intrigante, a tratti difficile, ma capace di dare ai lettori vertiginose aperture su questioni attualissime e scottanti, dagli scenari pandemici, alle crisi energetiche, all'esaurimento delle risorse, alla retorica della green economy.
Ogni affermazione riportata è documentatissima e non manca alla fine del libro un ampio repertorio bibliografico che per i lettori che vogliano accedere direttamente alle fonti menzionate + una vera e propria miniera. Lo si può considerare una lucida narrazione del disastro prossimo venturo.

Questo scrivono i due autori nella loro premessa:


"Questo libro è una creatura strana. Nasce da una newsletter, 'MEDUSA - Storie dalla fine del mondo', che abbiamo iniziato qualche anno fa, scrivendo ogni due settimane di natura e società, letteratura e ambiente.
Ci sembrava che in Italia, nel nostro panorama culturale, si parlasse troppo poco di crisi ecologica e climatica e che, quando se ne parlava, se ne parlava ricorrendo al linguaggio tecnico, o prescrittivo, oppure ancora  in termini spesso riduttivi. Il numero zero di MEDUSA è dell'ottobre 2017. Da allora è cambiato il mondo; Com'è ovvio, è cambiata anche la sua fine, e le storie della fine. Mentre scrivevamo, abbiamo assistito alla più grande protesta ambientalista di sempre e alla prima pandemia del secolo. Nel frattempo la newsletter ha raccolto una comunità di lettori attenti che ci ha portato a conoscere libri e persone, e ci ha spinto più di una volta a cambiare idea sulle cose.
Dopo quasi cento numeri, ci è sembrato finalmente chiaro che tutto quello che avevamo scritto su questi temi - per MEDUSA e per altri libri e riviste - fosse connesso in un racconto più ampio, una storia che abbiamo provato a ricomporre, e poi completare, qui dentro.
Anche per questo, abbiamo scelto di unire le nostre due scritture in una sola voce e di usare la prima persona singolare: da qui in poi, siamo un io.
" (p. 7)


(Seconda di copertina) I roghi, le alluvioni, l'aria intossicata, le estinzioni di massa, la pandemia. L'emergenza climatica ci sta abituando a disastri ecologici che sono sintomi di una catastrofe già in atto. Mentre l'universo politico discute di green economy e capitalismo sostenibile occorre iniziare a misurarsi con dubbi finora impensabili: siamo davvero sull'orlo dell'estinzione? Com'è possibile sopravvivere su un pianeta che sta esaurendo le sue risorse? Quali legami si possono ancora tessere nel pieno di uno stravolgimento che non è solo ambientale, ma anche filosofico, sociale e morale? Nato dall'omonima newsletter bisettimanale che in quattro anni ha raccolto migliaia di iscritti, "Medusa. Storie dalla fine del mondo (per come lo conosciamo)" è un viaggio che dalla cima del Pirellone vi porterà alla Gola di Xiling, e poi ancora lungo le rive del Mississippi e nelle grotte di Tora Bora, nel verde amazzonico e nel petrolio nigeriano, tentando l'ultimo rito che resta di fronte al disastro: raccontarlo.

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28 giugno 2022 2 28 /06 /giugno /2022 06:33

Il Suo è un atto di civismo e di amore; uno di quei tanti atti che potranno e già possono rendere migliore la nostra città

Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo (1986)

Uno degli alberi del signor Giacomo Minutella, Palermo (foto di Maurizio Crispi)

Vi è un tratto della via Principe di Paternò a Palermo, tra via Veneto e via Lombardia, dove il passante può camminare sotto una volta verde e riparato dai raggi del sole da una fitta e densa ombra
È davvero molto bello questo pezzo di marciapiede che si pone in netto contrasto con quelli a monte e a valle, dove le specie arboree di precedente impianto sono scomparse e perfino le conche che le accoglievano, in successivi lavori di rifacimento del rivestimento di cemento del mariciapiedi, sono state colmate.
L’ombra è data da splendidi esemplari di Ficus (la stessa varietà che forma una meravigliosa volta verde per tutta la lunghezza della “discesa di Valdesi”, tra Palermo e Mondello, trattandosi forse del Ficus Retusa, noto anche come Ficus di Taiwan, ma un tempo denominato impropriamente Ficus Benjamina). Si tratta di sei piante, per la precisione, nella cui fila sono interpolati due esemplari della specie arborea che prima costituiva il filare di alberi di questo tratto di strada e che, nel corso del tempo, si sono schiantati per varie ragioni.
Non tutti sanno che è stato il signor Giacomo Minutella, per decenni laborioso portiere dello stabile in cui vivo, a piantumarli a partire da margotte da lui stesso realizzate dai ficus che formano un filare nel nostro giardinetto condominiale.
Se consideriamo che il signor Giacomo ne ha piantumati altri due esemplari sul marciapiede opposto ed uno più distante, quasi in prossimità dell'incrocio tra via Principe di Paternò e Via Boris Giuliano (ex-Via Piemonte), si è trattato di un’opera davvero memorabile. Questa è una piccola storia paradigmatica che merita di essere ricordata e tramandata.
Sicuramente, in questo tratto di strada, sarebbe bello poter vedere una piccola targa che la racconti.
La nostra città in cui tutto sembra andare allo sfascio - specie oggi - ha bisogno di questo tipo di storie in cui la buona volontà e il senso civico di un singolo cittadino riescono ad abbellire lo spazio pubblico, senza nessun tornaconto personale.
E niente vale nel rendere e mantenere gli spazi pubblici vivibili quanto l'iniziativa di un singolo cittadino dotato di buona volontà (e perchè no?, anche di amore per il bello): se solo si pensa che l'azione virtuosa di un Giacomo Minutella venisse moltiplicata per dieci o per cento in quale tipo di città potrenno ritrovarci? In una città che sia abbellita soltanto dalle iniziative e dalla buona volontà di singoli cittadini! Invece, attraversiamo un tempo in cui tutto sembra dover dipendere da un'amministrazione centrale e questo ci fa vivere con rassegnazione le carenze e le brutture, facendoci dimenticare che potrebbe risiedere nel semplice potere delle nostre mani al lavoro la possibilità di rimediare e di lasciare un nostro segno concreto.

E ciò a prescindere da movimenti come il "Guerilla Gardening" che, in qualche modo, politicizzano questo tipo di intervento e lo fanno diventare una forma di protesta (che però rimane pur sempre relegata nell'ambito della "straordinarietà", piuttosto che appartenere alla normale gestione quotidiana delle cose).
Senza l’azione del signor Giacomo, oggi, quel tratto di strada sarebbe senza alberi e senza ombra alcuna.
Io mi compiaccio sempre a percorrerlo e, ogni volta, penso al nostro signor Giacomo, quando mi mostrava orgoglioso le margotte che stava preparando
Vorrei che molti altri percorrendo questo tratto di strada potessero ricordarsi del signor Giacomo Minutella, dell’uomo che piantava gli alberi (come il John Appleseed che ha rappresentato uno dei miti della saga fondativa degli USA, oppure come Elzéard Bouffier, l'emblematico personaggio allegorico - per quanto ispirato alla realtà - protagonista del meraviglioso racconto di Jean Giono): e  adesso, se vogliamo formulare un pensiero poetico, Giacomo Minutella continua a vivere in essi.
Ci sono molti modi attraverso cui poter tramandare la propria memoria: e piantare gli alberi è sicuramente uno di questi.
Voglio completare questa storia, grazie a due documenti che mi hanno inoltrato i figli del signor Giacomo, quando hanno letto questa mia nota.
Si tratta di due lettere, la prima del compianto professor Giuseppe Genduso, uno dei nostri condomini ed emerito professore di latino e greco in uno dei licei cittadini, la seconda del Sindaco di Palermo.
Nella prima lettera il professor Genduso segnalava al Sindaco di Palermo, allora in carica (Leoluca Orlando), l'esimia opera di Giacomo; nella seconda, indirizzata personalmente al signor Giacomo Minutella, il Sindaco esprimeva parole di elogio nei suoi confronti.

 

(Palermo, il 24 giugno 2022)

Il Professore Giuseppe Genduso inviò al Sindaco di Palermo questa lettera, il 12 dicembre 1986: "... mi permetto di segnalarLe l'iniziativa disinteressata e singolare del portiere del nostro condominio Giacomo Minutella (...). Giacomo è un patito delle piante, cura non solo quelle del nostro spazioso atrio d'ingresso, ma si preoccupa - e si è preoccupato nel passato - di quelle allogate nei marciapiedi di via Principe di Paternò e di via Lombardia. (...) A rimediare a questo scempio [l'azione dei vandali] è intervenuto il nostro Giacomo, che puntualmente ha provveduto a piantare, e a ripiantare nuove piantine, in trepida attesa della loro crescita..."

Il Professore Giuseppe Genduso inviò al Sindaco di Palermo questa lettera, il 12 dicembre 1986: "... mi permetto di segnalarLe l'iniziativa disinteressata e singolare del portiere del nostro condominio Giacomo Minutella (...). Giacomo è un patito delle piante, cura non solo quelle del nostro spazioso atrio d'ingresso, ma si preoccupa - e si è preoccupato nel passato - di quelle allogate nei marciapiedi di via Principe di Paternò e di via Lombardia. (...) A rimediare a questo scempio [l'azione dei vandali] è intervenuto il nostro Giacomo, che puntualmente ha provveduto a piantare, e a ripiantare nuove piantine, in trepida attesa della loro crescita..."

Tempestivamente, dopo pochi giorni appena (il 16 dicembre 1986), è arrivata una lettera del Sindaco Leoluca Orlando, indirizzata personalmente al Signor Giacomo, in cui si legge:  "... Il Suo è un atto di civismo e di amore; uno di quei tanti atti che potranno e già possono rendere migliore la nostra città".

Tempestivamente, dopo pochi giorni appena (il 16 dicembre 1986), è arrivata una lettera del Sindaco Leoluca Orlando, indirizzata personalmente al Signor Giacomo, in cui si legge: "... Il Suo è un atto di civismo e di amore; uno di quei tanti atti che potranno e già possono rendere migliore la nostra città".

Film d'animazione di Frédérick Back tratto dal romanzo di Jean Giono. Vincitore del premio Oscar per il miglior cortometraggio d'animazione nel 1988. Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d'errore, di fronte a una personalità indimenticabile.

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24 giugno 2022 5 24 /06 /giugno /2022 10:50
David Lagerkrantz, Il Cielo sopra l'Everest, Marsilio

David Lagerkrantz con il suo Il Cielo sopra l'Everest (nella traduzione di Carmen Giorgetti Cima), pubblicato da Marsilio nel 2018 (Collana Romanzi e Racconti), s'è ispirato a fatti realmente accaduto, cioè alla grande tragedia della montagna verificatasi nel marzo 1996 e raccontata in "Aria Sottile" con lo stile di una tragica cronaca in soggettiva da Jon Krakauer, presente a quella immane tragedia della montagna, in quanto inviato dalla rivista Outside, ma egli stesso scalatore e sportivo dell'estremo.
Gli eventi narrati da Lagerkrantz sono spostati in avanti, rispetto a quelli reali, e avvengono nel 2000. I personaggi sono tutti di fantasia, ovviamente, e Lagerkrantz - nel delineare le loro personalità nei cui tratti si colgono i fattori scatenanti la tragedia che avrà luogo - riesce a costruire un avvincente e credibile thriller psicologico.
La lettura del romanzo di Lagerkrantz mi ha indotto a riprendere in mano e a sfogliare l'insuperabile racconto di Krakauer.
Tutta la vicenda è costruita con assoluta rigore: alla fine, l'autore riporta anche una bibliografia di testi essenziali sull'Everest.
Sia Aria Sottile che la vicenda narrata da Lagerkrantz hanno visto delle trasposizioni cinematografiche.


(Soglie del testo) «Spesso nei miei pensieri l'Everest diventava qualcosa di diverso da una montagna, un oscuro punto verso cui mi ero diretto, e se avevo cercato di rispondere alla domanda "perché scalare", forse avevo finito per rispondere a qualcos'altro.» – David Lagercrantz
"Aveva lasciato che l'ombra del passato oscurasse le montagne, ben prima che lo facessero le nuvole."
Ispirato a fatti realmente accaduti, un romanzo avvincente e drammatico dall'autore di Millennium 4 e 5. Una magistrale messa in scena di desiderio, rivalità e dolore tra le vette dell'Himalaya.
Nel maggio del 2000, in Nepal, una spedizione organizzata dal ricco e famoso stilista Paulo Villari si appresta a scalare la montagna più alta del mondo. A capo del gruppo composto da alpinisti dilettanti, c'è Giuseppe Cagliari, amico d'infanzia di Villari, riconosciuto come la guida più esperta dell'Everest. Ma Cagliari è sotto pressione e le tensioni all'interno della spedizione sono alle stelle. Nell'aria rarefatta della montagna, la sua capacità di giudizio si appanna e conduce gli alpinisti in vetta troppo tardi. Durante la discesa, il tempo peggiora e la spedizione viene bloccata da una violenta tempesta. Mentre la situazione diventa sempre più disperata, vecchie ferite si riaprono e tra i membri del gruppo cominciano a serpeggiare follia e allucinazioni.

Hanno detto
«È stato un colpo di genio usare l'Everest come sfondo per un thriller accuratamente documentato» (Vagabond)

«Un grandioso racconto su desiderio e pazzia sulla montagna più alta del mondo» (Hemmets Veckotidning)

L'Autore. È un giornalista e autore svedese, conosciuto soprattutto per essere l'autore della biografia di Zlatan Ibrahimovic: Io, Ibra. Ha firmato un contratto in esclusiva con la casa editrice svedese Norstedts per realizzare un quarto libro della saga di Millennium (Quello che non uccide) in occasione del decimo anniversario dell'uscita di Uomini che odiano le donne. A questo è seguito il quinto libro della saga, L'uomo che inseguiva la sua ombra. Tra gli altri suoi libri ricordiamo La caduta di un uomo. Indagine sulla morte di Alan Turing, oltre a Il cielo sopra l'Everest.

 

Jon Krakauer, Aria Sottile, Corbaccio

Aria sottile (titolo originale: Into the air, nellatraduzione dall'inglese di Lidia Perria), pubblicato per la prima volta in traduzione italiana da Corbaccio nel 1998, è un libro-reportage che, pur essendo stato lanciato nel mercato editoriale quasi trent'anni fa é tuttora attuale e non ha perso nulla del suo smalto e della sua tragica grinta.
Qui, Krakauer sulla base di testimonianze raccolte e delle osservazioni da lui effettivamente compiute, poiché - nel marzo 1996 - era proprio sul posto, al campo Base, inviato speciale di "Outside", la rivista per cui lavorava, per scrivere un resoconto sulla sua personale esperienza di scalatore dell'Everest, racconta la tragedia che si consumò ad alta quota, quando per una serie di sfortunate circostanze 13 alpinisti (anche per via del sovraffollamento) morirono in prossimità della vetta più alta del mondo.
Krakauer, dunque, era sul posto non come semplice osservatore, ma come scalatore; e il suo compito era appunto quello di scrivere il resoconto della sua impresa: questo mandato iniziale si trasformò in una scrittura catartica, poiché dei cinque di cui faceva parte la sua spedizione ben quattro morirono durante la scalata, compreso il capo-spedizione e altri nove, appartenenti ad altri gruppi, nelle stesse giornate persero la vita (più altri tre nei mesi successivi). Una vera ecatombe.
Quello che avrebbe docvuto essere un articolo di contenuto sportivo estremo diventò così un libro di denuncia sulla "follia degli ottomila".
Infatti, attraverso il racconto di Krakauer venne fuori a chiare lettere l'insensatezza di queste imprese di "massa", organizzate per consentire a chiunque lo desideri di arrivare (purchè abbia il denaro gli elevatissimi costi per la partecipazione) sulla cima più alta del mondo e la denuncia di una forma distorta di escursionismo di massa, inflazionato per mere esigenze commerciali e di consumismo sportivo.
Krakauer, oltre ad essere spinto dalla necessità di elaborazione di quella grande tragedia della montagna, vissuta in prima persona, cercò di ricostruirne punto per punto la storia degli eventi terminali ma anche di tutti i suoi preoccupanti annunci che nessuno fu in grado di cogliere, tentando di attivare una seria e critica riflessione su questo fenomeno, cercando di togliere via tutti i veli delle retorica che ammantano simili imprese..

Il volume è corredato di una ricca collezione di foto a colori e di interessanti illustrazioni realizzate da Randy Rackliff.

(risguardo di copertina) Il 10 maggio 1996 una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell'Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide. Con questo libro, l'autore, che è uno dei fortunati che riuscirono a ridiscendere "la Montagna", scrive non solo la cronaca di quella tragedia ma intende anche fornire importanti informazioni sulla storia e sulla tecnica delle ascensioni all'Everest. Offre inoltre un esame provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota, nonché una drammatica testimonianza del perché quella tragedia si poteva evitare.

Sull'autore. Jon Krakauer, saggista e alpinista statunitense, conosciuto per i suoi libri riguardanti la vita all'aria aperta e l'alpinismo. Nel 2003 è entrato nel campo del giornalismo investigativo.
Gran parte della popolarità come scrittore è dovuta all'attività di giornalista che svolse presso l'«Outside magazine». Nel novembre 1983, abbandonò il lavoro part time di pescatore e carpentiere per diventare uno scrittore a tempo pieno. La sua attività di giornalista freelance riguarda vari campi.
Il bestseller Nelle terre estreme venne pubblicato nel 1996 e assicurò a Krakauer una reputazione come notevole scrittore di avventure. Nel libro, Krakauer traccia parallelismi tra la sua esperienza e le sue motivazioni e quelle di McCandless.
Da Nelle terre estreme è stato tratto il film Into the Wild - Nelle terre selvagge, diretto da Sean Penn, uscito nelle sale americane nel 2007 e in quelle italiane il 25 gennaio 2008.
Nel 2003, In nome del cielo fa diventare Krakauer il terzo scrittore bestseller della saggistica. Il libro esamina gli estremismi del credo religioso, in particolare i rami cadetti del fondamentalismo mormone.
Dal 2004 è curatore della serie "Esplorazioni" della serie "Modern Library" (della Random House).
Nel 2016 pubblica con Corbaccio Senza Consenso. Nel 2018 per lo stesso editore esce Estremi.

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9 giugno 2022 4 09 /06 /giugno /2022 10:41
Il tratto di marciapiedi che ho ripulito dalle macerie post-mercatino rionale (foto di Maurizio Crispi)

Ho fatto la mia solita passeggiata con il mio cane e, dopo essermi dilettato all’interno di Villa Costa e del Roseto, sono risalito lentamente lungo il marciapiedi di via Brigata Verona.
Oltre che dalle aiuole incolte, sono stato sgradevolmente colpito dalla quantità di rifiuti post-mercatino del giorno prima (che solitamente si svolge di mercoledì) abbandonati sul marciapiedi e sotto. Siccome c’era un grande sacco nero dei rifiuti vuoto, pure abbandonato, spinto da un forte sentimento di indignazione, mi son messo a raccogliere quanto ho potuto: pezzi cartone, fogli pubblicitari, incarti e sacchetti di plastica, bottiglie di vetro e plastica.
Rapidamente ho colmato quasi del tutto quel grande sacco.
L’ho appoggiato ad un paletto, anzi ce l’ho agganciato per evitare che si rovesciasse. Mi chiedo quanti giorni rimarrà lì prima che gli operatori ecologici (alias spazzini, senza offesa) lo rimuovano.
In altre città italiane “civili” la pulizia al termine della giornata di lavoro è a carico degli stessi venditori che poi lasciano i sacchi della monnezza ordinatamente impilati e, a quel punto, subentra il servizio comunale per la loro rimozione e per la pulizia finale della sede stradale.
A Palermo che il nostro sindaco uscente definisce con prosopea città “europea” ciò non accade. I commercianti hanno facoltà di sporcare e di lasciare sporco. E poi gli spazzini non puliscono o, se lo fanno, lo fanno solo in maniera sommaria.
C’è da indignarsi.
Vorrei che il nuovo sindaco (siamo in dirittura di arrivo per le elezioni comunali) agisse concretamente per evitare simili scempi in un città che non è europea ma più degnamente inquadrabile in altri contesti, in cui sporcizia e degrado sono la norma.

 

Il sacco di monnezza raccolto da me medesimo (foto di Maurizio Crispi)

Un buon sindaco dovrebbe essere capace di occuparsi di cose concrete e di risolvere i problemi materiali, trovando soluzioni, correggendo malgoverni incancreniti.
Il "buon" amministratore di una città, dovrebbe avere le stesse attitudini di un buon padre di famiglia, insomma, utilizzando una formula definitoria che ritengo sempre valida, anche se, quando ne lessi la prima volta, mi fece un po' ridere.
Sarà mai possibile avere al governo della nostra città un simile personaggio che non sia alla mercé dei venti e dei litigi della politica e che sappia imporre con mano ferma e autorevole delle linee-guida e degli orientamenti etici al sottobosco amministrativo, vincendo il suo immobilismo e la sua insipienza?
Oppure saremo costretti a subire l'ennesimo personaggio che se ne starà arroccato nella stanza del suo Palazzo, senza alcun contatto reale con i cittadini e senza alcuna conoscenza delle loro esigenze?
Sono molto pessimista al riguardo, lo ammetto
Tuttavia penso che azioni come quella mia di oggi (e mi rendo conto che la mia - da sola - rimane solo una goccia nel mare) se raccolte e riverberate da altri, alla lunga, possano fare la differenza, poiché potrebbero rappresentare (ma solo attraverso la ripetizione e la condivisione) un antidoto all’indifferenza che attanaglia con il suo greve peso tutti quanti.

 

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24 marzo 2022 4 24 /03 /marzo /2022 11:26
dal web

Non sopporto quelli che portano a spasso i propri cani e intanto parlano al telefono e fumano una sigaretta e magari usano dei guinzagli allungabili, così da non aver alcun controllo delle proprie bestie. Perché non si godono piuttosto la passeggiata con i loro amici a quattro zampe? La mia idea è che portare a spasso i propri cani sia per costoro una scusa per uscire di casa e fare altro, senza dover dover spiegazioni

Non sopporto quelli che non raccolgono le cacate dei propri cani

Non sopporto quelli che, negli spazi pubblici, non tengono i propri cani al guinzaglio e si adirano se quelli che, invece, li tengono al guinzaglio

Non sopporto quelli che camminano, parlando nel proprio telefonino ad alta voce - se non urlando - e ti assordano con le loro chiacchiere

Non sopporto quelli che vanno in monopattino elettrico e che se ne fottono di qualsiasi regola scritta nel codice della strada e dettata dal buon senso

Non sopporto quelli che posteggiano in seconda fila e abbandonano lì la propria auto, fottendosene del fatto che alle spalle della loro macchina si crea un ingorgo bestiale

Non sopporto che quelli che ti suonano alle spalle con il clacson ad un tuo minimo rallentamento, a volte solo dettato dalla prudenza o dalla necessità di rispettare le regole

Non sopporto quelli che superano le auto incolonnate, imboccando la corsia di emergenza

Non sopporto quelli che, con motociclette e scooter e motorini, sfrecciano sui marciapiedi come se fossero delle piste riservate al loro uso e consumo

Non sopporto quelli che lanciano le loro sozzure e i loro scarti per terra

Non sopporto quelle facce sorridenti e apparentemente benevole - sempre le stesse - che cominciano ad infestare le nostre strade, quando si fanno imminenti le elezioni politiche o amministrative. Sembrano sempre gli stessi di sempre, topi di fogna, pantegane, sciacalli o lupi o squali che siano

Non sopporto i cafoni, gli ignoranti, gli intolleranti, i presuntuosi, coloro che non sanno ascoltare...

Non sopporto _____________________________________________________

E invito chi mi ha letto sino a questo punto a continuare l'elenco... io stesso continuerò ad implementarlo, man mano che mi vengono in mente delle cose detestabili che siamo costretti a subire dal nostro prossimo (in verità, molto lontano e molto poco affine) ...
 

NB - Il mio "non sopporto" è benevolo ed innocuo. Non vuole essere un invito al linciaggio morale, all'ostracismo o a chi sa cosa.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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