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25 marzo 2014 2 25 /03 /marzo /2014 08:03

waitroseC'era una volta...

Cosa? - direte voi!

Ma, sì! Ecco, c'era una volta una bimba che si chiamava Rose.

I suoi genitori erano deisderavano - come tutti - che lei crescesse sana e robusta e non avrebbero mai voluto che potesse farsi male con qualche gesto avventato...

Erano delle persone prudenti e caute.

Il loro motto era: "Non fare mai subito una cosa che ti salta in mente. Aspetta (wait)!

E così tutto il loro sforzo educativo fu dedicato ad inculcare questo  principio basilare nella piccola Rose.

Erano questi i dialoghi che si svolgevano tra i due genitori e la loro bimba, che secondo le attese cresceva sana e robusta.

R.: Mami, I wish an icecream! 

Mummy: Wait Rose! Wait!

R.: Papi, I need to go to the loo!

Papi: Wait Rose! Wait! Think and stay! I regali di natale rimanevano ben incartati sino al Natale successivo, perchè i genitori le dicevano, quando lei entusiastia dei doni ricevuti da Santa Klaus avrebbe subito voluto aprirli, "Wait, Rose, wait! Ci sarà il un momento migliore per farlo!".

Sicché alla fine non ci fu più bisogno di preparare nuovi regali, c'erano sempre quelli dell'anno precedente già pronti e che sarebbero poi stati tramandati all'anno successivo.In questo campo, bastava l'idea dei regali dei Natali che erano divenuti una pura astrazione: e che in qualche misura erano dei doni totipotenti: nella fantasia di Rose che nel frattempo cresceva potevano essere qualsiasi cosa lei volesse. 

Insomma, i due genitori cercavano di inculcare nella piccola Rose il principio che qualsiasi azione dovesse essere ponderata, che prima di decidere di agire ci dovesse essere un lungo processo di riflessione lenta e attenta ed anche che l aspontanietà dell'azione potesse essere pericolosa e foriera di grandi malanni.

La piccola Rose che tutti cominciarono a chiamare Wait-Rose, cosa che lei accettava di buon grado perchè lei stessa aveva imparato ad associare indissolubilmente al suo nome l'ingiunzione "Wait", crebbe sino a diventare una giovane donna adulta, ma del tutto inconcludente. Era anche magra come uno stecco, perchè di rado iniziava a mangiare quando un pasto era pronto: anche in quest'ambito aveva imparato ad aspettare, la piccola Rose.

 

Non si può dire che fosse felice: infatti, non riusciva a decidere niente, non poteva essere quasi mai volitiva.

Ma - a suo modo - nello stesso tempo lo era, perchè si uniformava alle ingiunzioni dei suoi genitori che si erano saldamente insediate nella sua mente. 

Ogni volta che avrebbe potuto fare qualcosa, risuonava dentro di lei l'ingiunzione che i genitori con infinita pazienza e determinazione tante volte le avevano propinato: Wait, Rose! Wait! 

Un bel giorno si trovò davanti alla possibilità di dar vita ad un bel supermercato: dopo tanta inconcludenza e dopo tante attese, l'impresa si presentava come un affare promettente che avrebbe potuto dare una svolta alla sua breve vita infelice.

In un primo momento, pensò di rimandare qualsiasi decisione ai giorni successivi (Wait, Rose! Wait!).

Nella sua mente frullava sempre il dubbio: Sì, no, sì no! Lo faccio o non lo faccio, sì lo faccio, no, non lo faccio, attendo!

Del resto, la canzone che le piaceva di più, perchè rifletteva i suoi continui dilemmi era "Should I stay or should I go". 

Ma poi Rose ebbe un guizzo improvviso, un barlume si aprì nella sua mente e disse a se stessa: "Per questa volta non voglio aspettare. Farò di testa mia!"

E avviò la sua impresa.

Che nome le darò? - si chiese.

Non ci volle molto a trovare una risposta immediatamente: "Ma certo! E' evidente! Battezzerò il mio bel supermercato 'WaitRose! In fondo, è questo il modo con cui mi chiamavano i miei genitori e, se non avessi aspettato tutte quelle altre volte in passato, non sarei giunta oggi a questo importante punto di svolta. Però da oggi, basta aspettare, adesso devo soltanto agire. Però il Wait rimarrà sempre nel nome della mia impresa commerciale..."

Wait-Rose... Waitrose...

E fu così che nacque Waitrose: proprio dall'infelicità di una piccola bimba di nome Rose, costretta sempre ad "aspettare"...
I suoi genitori avevano avuto ragione ad imporle sempre l'attesa: dopo tanto aspettare, Rosie è riuscita a realizzare una cosa rimarchevole e durevole nel tempo... 

 

 


Che posso dire? E' proprio una stupidata! Un discorso nato così appunto durante l'attesa del verde ad un semaforo con un grande Waitrose dove, a volte, facciamo la spesa poco distante, per ingannare il tempo e per ridacchiare un po': è un esempio, su come, a partire da un niente si può imbastire una storiella, tanto per divertirsi e suscettible - se raccontata a voce - di infiniti e divertenti sviluppi (perchè può entrare in scena un'essenziale recitazione e un tentativo di costruzione dei principali personaggi della storia. E, inoltre, le storie raccontate hanno un loro motore di sviluppo che è relazionale, dal momento che si costruiscono in uno spazio condiviso tra un narratore e un ascoltatore.
Insomma, come dice Natalie Godman, la scrittura può avere delle sue vie infinite vie per manifestarsi, anche quando uno scrive delle autentiche cagate.
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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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