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29 gennaio 2015 4 29 /01 /gennaio /2015 06:48

Una donna non dimentica mai. Un giallo ben confezionato che va letto come una tela impressionista(Maurizio Crispi) Il romanzo di Jerker Eriksson e Hakan Axlander Sundquist, Una donna non dimentica mai (titolo originale: Hungerelden, Corbaccio, 2012), si inserisce nel filone dei "giallisti" scandinavi, a sentire i quali questi paesi, specialmente la Svezia, sarebbero infiocchettati da un fiorire di turpi delitti, di trame corrotte, di gusti porno-pedofili rigogliosi e frequentati da torme di serial killer.
Se i romanzi si ispirano alla vita reale o la copiano, l'idea che ci si fa dei paesi scandinavi leggendo questi intrecci non è per certo una delle più confortanti..
Come occhiello al titolo, sia nella sovraccoperta, sia nel fronte della copertina cartonata, si trova scritto, a ribadire ulteriomente la lapidaria affermazione che costituisce il titolo: "Il tempo non ha cancellato il ricordo. Il male che ti hanno fatto é cresciuto e brucia dentro di te": dunque viene suggerito sin dalle soglie del testo che si avrà a che fare con qualcosa che merge da un lontano passato.

Il romanzo si fa leggere, questo è il suo pregio, indubbiamente, con i suoi capitoli brevi e scattanti e con un'azione spesso stringente, sia per quanto riguardo l'evolversi dell'indagine poliziesco, sia per quanto concerne il moltiplicarsi di efferati crimini.
Sotto questo profilo i due autori hanno indubbiamente centrato l'obiettivo.
Si va avanti, cercando di capire cosa sta accadendo nel presente e nello stesso tempo cosa sia accaduto in passato e a chi.
Si comprende che c'è una trama la quale, fortemente radicata in un passato lontano, protende le sue ramificazioni nel presente e le infetta.
Le indagini del commissario Jeannette Kihlberg cominciano a fare luce su queste connessioni, mentre nuovi ed atroci delitti vengono compiuti, avvalendosi dei consigli della psicologa Sofia Zetterlund, esperta in criminal profiling, lottando nello stesso tempo con i suoi superiori e con l'ufficio della Procura che tentano di indurla a lasciare che tutto si insabbi e si esaurisca in un nulla di fatto.
Ma Jeannette, pur assillata dalle vaghe minacce, da tentativi di dissuasione (entrambi messi in atto dai suoi suoeriori) e da problemi familiari che intaccano la sua lucidità, va avanti, scoprendo una trama di conoscenze e di relazioni pre-esistenti tra tutti i personaggi implicati
Tuttavia, a fine lettura, rimane un vago senso di insoddisfazione: nel senso che l'affresco complessivo che si è stato progressivamente disvelato, rimane tracciato nella mente del lettore (mi riferisco, ovviamente, alla mia personale esperienza, altri potrebbero dire qualcosa di diverso) in un modo impressionistico e che si ha la sensazione che non tutti i dettagli vadano perfettamente a posto, come nella dimostrazione di un teorema algebrico. Si avrebbe voglia di ricominciare la lettura da capo per capire meglio, con il senno di poi.
Non è nemmeno chiaro ed incontrovertibile se un colpevole verrà catturato e consegnato alla giustizia: un particolare secondario ed irrilevante, dopo che il lettore ha dovuto subire il disvelamento di atrocità perpetrate su persone indifese nel contesto di tessiture sociali e familiari distorte ed anche contaminate da ideologie religiose settarie, come quella del Laestadianismo di cui si parla verso la fine.
Per avere piena soddisfazione, il giallista incallito, per il quale ogni singolo poliziesco dovrebbe svilupparsi come un problema algebrico a molte incognite, in cui tutto a poco a poco va a posto, dando a ciascuna incognita il giusto valore, nel procedere con la lettura di questo romanzo dovrebbe instancabilmente prendere appunti e tracciare schemi: solo così alla fine potrebbe formarsi nella sua mente un quadro coerente da ciò che ha letto, che lo aiuterebbe a tirare le somme con più facilità.
Ma, a parte questo, il romanzo così com'è va bene: la tela impressionista che "suggerisce" più fornire un'immagine analitica di ogni singolo dettaglio, a volte può essere più efficace: come dice uno degli nvestigatori, per "poter vedere il bosco nella sua interezza, bisogna accantonare la percezione dei singoli alberi".
E quindi possiamo archiviare "Una donna non dimentica mai", quasi a pieni voti.

Curiosità. Solitamente, al termine dei romanzi e dei saggi, si trova una pagina di ringraziamenti, rivolti a tutte le persone cui gli autori devono ispirazione o dei cui suggerimenti o del cui supporto si sono avvalsi nel corso della loro fatica.Di solito non mancano, ovviamente, i ringraziamenti indirizzati alle rispettive famiglie, a mogli/mariti e a compagne/i di vita.
Pagina che, peraltro, assieme ad un'eventuale postfazione, il lettore attento e scupoloso dovrebbe esaminare attentamente, così come il cultore di cinema non si aza mai dalla sua poltrona se i titoli di coda non hanno finito di scorrere davanti ai suoi occhi.
I due autori che sono approdati alla letteratura dopo un percorso di vita movimentato che ha incluso il dover fare per sopravvivere i lavori più disparati (a volte anche umili), con il piglio di chi si è fatto da sé e ha affrontato una vita difficile con le sole proprie forze, nella "canonica" pagina, andando controcorrente, affermano con lapidario manifesto di intenti: "GRAZIE a... Proprio a nessuno".

 

(Dal risguardo di copertina) Il commissario della polizia di Stoccolma Jeanette Kihlberg sta indagando sulla morte di alcuni immigrati, quando si trova a dover risolvere un caso più ben più "importante" per la sua risonanza mediatica: l'assassinio brutale di un uomo di affari noto per le sue attività filantropiche. Jeanette si rivolge all'amica Sofia Zetterlund, psicologa e profiler dalla doppia personalità che, mentre collabora con la polizia, tenta disperatamente di liberarsi dei fantasmi del suo passato. Intanto, dalla Svezia alla Danimarca, una serie di omicidi spietati mette in luce un diabolico disegno di vendetta.

Le indagini condotte da Jeannette Kihlberg riportano lentamente alla luce un passato oscuro e in apparenza indecifrabile: chi è davvero Victoria Bergman, e perché é letteralmente scomparsa nel nulla? Cos'é accaduto venticinque anni prima alliceo di Sigtuna, e che ha segnato in modo indelebile la vita di alcune studentesse di allora?E di cosa si occupa la misteriosa fondazione che fa capo all'istituto? Chi sta cercando di coprire il pubblico ministero von Kwist? Come s enon bastasse, il commissario Kihlberg deve affrontarei problemi della vita di tutti i giorni: il divorzio, un figlio difficile, una relazione sentimentalepericolosa. IN bilico tra raffinataintrospezione spicologicae lucida effeatezza, la trama intessuta dal duo Eriksson-Sundquist scandaglia uno dei misteri più cupi e innominabili dell'animo umano: fino a che punto il male e la sofferenza possono sconvolgere la nostra vita?

Gli Autori.

Jerker Eriksson, nato e cresciuto a Gävle, una delle più antiche città svedesi. Prima di scoprire di essere un romanziere, è stato lavapiatti, macchinista teatrale, commesso in un negozio di dischi, magazziniere, ruspista, guardiano, imballatore, produttore musicale, cameraman, bibliotecario. Ha scritto, insieme a Hakan Axlander Sundquist, «La stanza del male», «Una donna non dimentica mai» e «Le regole del buio», thriller originali e duri, destinati a spiccare nel panorama editoriale internazionale.

Håkan Axlander Sundquist, nato a Linköping, cresciuto a Falun, Stoccolma e a Gävle, è stato bibliotecario, condannato per renitenza alla leva, operaio in una fabbrica di birra, guardaboschi, tecnico del suono, imbianchino, muratore, macchinista teatrale, cameraman, webdesigner, gallerista, musicista. Ha scritto, insieme a Hakan Axlander Sundquist, «La stanza del male», «Una donna non dimentica mai» e «Le regole del buio», thriller originali e duri, destinati a spiccare nel panorama editoriale internazionale.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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