Mio figlio mi ha parlato d'un increscioso episodio di violenza (senz'altro rubricabile in senso lato dentro la categoria del "bullismo") accaduto a Palermo, nel periodo delle vacanze pasquali (dunque a fine marzo), anche se i fatti hanno avuto risonanza nella cronaca cittadina solo alcuni giorni dopo (a metà circa di aprile).
Una squallida storia in cui un ragazzo dell'istituto Don Bosco è stato selvaggiamente picchiata da tre altri compagna di scuola (di cui però due di 21 anni, ripetenti).
Dall'articolo pubblicato nella pagine palermitane de La Repubblica (Don Bosco, studente pestato dai compagni, 13 aprile 2013, repubblica.it), la tragedia si sarebbe consumata in tre tempi.
Prima, la vittima dell'aggressione avrebbe insultato (o detto qualcosa di non gradito) ad un suo compagno di scuola.
Poi, in un secondo tempo, vi sarebbe stato una richiesta di chiarimenti e una prima aggressione da parte dell'"offeso", spalleggiato dai due ragazzi maggiorenni, pure alunni della scuola.
Questo primo scontro si sarebbe risolto per l'intervento di un passante.
Ma in un terza fase, la vittima dell'aggressione, ha incautamente seguito i tre aggressori (o forse è stato costretto a farlo) in un garage poco distante, fuori dalla vista, e qui è stato nuovamente aggredito e picchiato (forse con l'ausilio di tirapugni).
I tre dopo averlo picchiato con loro comodo e vigliaccamente, senza nessuna storia, vista la loro dominanza numerica, si sono allontanato rivolgendogli ulteriori minacce.
Il ragazzo, soccorso dal portiere dello stabile, è stato portato in ospedale e ricoverato per tutte le cure del caso, dal momento che era stato ferito gravemente.
E' stato operato all'occhio (per un probabile distacco della retina), gli è stata applicata una placca in corrispondenza dell'osso zigomatico (probabilmente frantumato dal tirapugni) e sono state suturate delle ferite lacero-contuse pure nella zona dell'occhio offeso.
E' probabile che il ragazzo picchiato a sangue non possa recuperare del tutto l'uso dell'occhio offeso, con una perdita quindi del visus.
MI sembra che l'episodio sia assolutamente increscioso, anche perché a quanto sembra, mentre i due maggiorenni hanno abbandonato la scuola, il terzo ragazzo (ancora minorenne) non è stato espulso dalla scuola, poiché - a dire del direttore dell'Istituto, don Carmelo Umana: «Stiamo seguendo un percorso con il nostro studente e la sua famiglia, abbiamo preferito evitare un'espulsione e intraprendere una strada che potrebbe anche approdare al volontariato»
Certo è che i due maggiorenni rischiano delle conseguenze penali gravi, in considerazione della natura dell'aggressione e delle lesioni che hanno inflitto alla loro vittima designata.
Ma ciò che più colpisce è il fatto che alcuni alunni dell'Istituto si siano schierati palesemente a favore degli aggressori, manifestando un'aperta simpatia verso di loro, quasi che la parte lesa quella violenza "se la fosse meritata".
E questo è davvero un paradosso e un rovesciamento dei termini, ma la dice lunga su quanto siano efficaci gli apparati educativi delle nostre scuole (anche di istituti prestigiosi come il Don Bosco) a fronte della azione continuata di diseducazione e di istigazione alla violenza verbale e non di certe trasmissioni televisive che, a mio avviso, andrebbero censurate: trasmissioni come quella ideata da una nota conduttrice TV, in cui lo scontro transgenerazionale o tra pari viene costantemente incoraggiato come una forma di sana "assertività".
E allora in questo rovesciamento paradossale delle cose, il ragazzo che è stato picchiato, siccome aveva nomea tra i suoi compagni di scuola, di essere "antipatico", di essere un "rompicoglioni", finisce con l'essere catalogato come un perdente, uno che quello che ha preso - in termini di botte e di lesioni - se lo è andato a cercare
Ritengo che l'unica via da seguire, in questi casi, debba essere da parte delle autorità preposte, e in primis della dirigenza scolastica, di mettere le cose nella giusta prospettiva, anziché perseguire la via caritatevole e salvifica del perdono e della remissione dei peccati. Le prese di posizione nette, inoltre, sono al servizio della "civiltà".
La civiltà nelle relazioni interpersonali attiva dei circuiti virtuosi e genera ulteriore civiltà nel senso del rispetto reciproco e dell'uso costruttivo di strumenti dialettici nel confronto con il nostro prossimo (non tanto nel senso melenso delle "buone maniere", anche se l'educazione alla loro pratica ci sta anche nel quadro complessivo), mentre l'inciviltà genere un livello via via crescente di inciviltà se non si trovano dei correttivi e degli antidoti.
A volte è necessario che delle punizioni, se è il caso, vengano dispensate, senza esitazioni e senza alcuna forma di malinteso buonismo o di pericolosi psicologismi.
Altrimenti la scuola ha fallito il suo compito educativo (e formativo) e si potrà giungere alla conclusione che ormai la "vera" educazione è quella che viene impartita dalle trasmissioni televisive, dalle reality, dalle sitcom che valorizzano la prevaricazione e l'aggressione come strumento per primeggiare.
Ai fini della comprensione dell'atteggiamento sostanzialmente tiepido della dirigenza scolastica, sarebbe anche interessante capire quale sia lo status sociale delle rispettive parti implicate.
Non sarei sorpreso di dover constatare che la vittima, cioè lo studente picchiato selvaggiamente, abbia alle spalle una famiglia che, in termini di censo o di influenza, pesa meno di quelle dei suoi aggressori.