(Maurizio Crispi) The Wolf of Wall Street è un film del 2013, uscito nelle sale nel 2014, diretto e prodotto da Martin Scorsese, con protagonista Leonardo Di Caprio, nell'occasione anche produttore, nei panni di Jordan Belfort, uno dei broker di maggior successo nella storia di Wall Street, nella decade degli anni Novanta.
La pellicola segna la quinta collaborazione tra Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio.
Il film è l'adattamento dell'omonima autobiografia del vero Jordan Belfort, pubblicata con il titolo omonimo "Il Lupo di Wall Street" (Rizzoli, 2008).
(Sinossi della autobiografia di Belfort) Negli anni '90 Jordan Belfort ha guadagnato più soldi di quanti riuscisse a spenderne nelle sue leggendarie notti piene di coca, eccessi e squillo di lusso; più di quanti avesse mai osato sognarne ai tempi in cui vendeva carne e pesce nel Queens. Perché a Wall Street, cuore tachicardico della finanza mondiale, niente è impossibile, se sei giovane e affamato abbastanza.
E nessuno ha più fame di Belfort, arruolato come semplice telefonista dalla società di brokeraggio LF Rothschild e subito contagiato dalla selvaggia ambizione dei giovani broker che "puzzano di successo lontano un miglio".
Geniale e spericolato, Belfort impara in un lampo l'ambigua arte di spostare mucchi di soldi e felicità, e giunge, nel giro di pochi anni, a fondare la sua società, la potentissima Stratton Oakmont, la "Disneyland dei broker", dove il denaro si moltiplica senza controllo.
Ma non bastano otto Ferrari, la villa più grande degli Hamptons, una moglie trofeo, l'elicottero personale pilotato in stato di ebbrezza, per farti padrone del mondo o, se è per questo, della tua vita.
Dipendente da ventidue sostanze diverse, dalle orge, e dal vizio implacabile della grandezza, Belfort si prepara a una caduta più spettacolare persino della sua formidabile ascesa.
Cattivo, sincero, irriverente, "II lupo di Wall Street" è la travolgente storia vera del più grandioso e spudorato sogno americano degli ultimi decenni, simbolo di un sistema che esalta e corrompe.
Il film, in sintonia con quanto Belfort racconta di se stesso, rappresenta la parabola di una vita fondata sul cinismo e basata sulla continua celebrazione dell'eccesso (una montagna di soldi da spendere, lusso sfrenato, donne, droghe e alcool, tutto senza misura).
Il film, con il suo ritmo accelerato ed anfetaminico, è una celebrazione dell'Io e della volontà individuale come strumento fondamentale per arrivare dove si vuole e per ottenere ciò che si vuole, senza nessun freno morale.
E' anche una celebrazione del principio utilitaristico secondo cui il "fine giustifica i mezzi" e dell'essere "lupo" in mezzo ad un gregge di pecore: le pecorelle indifese sono gli investitori che vengono abbindolati per investire magari in titoli ed azioni spazzatura che si convertono per il broker in soldi "veri".
E' la rappresentazione di una vita all'eccesso, in cui tutto deve essere sempre più eccesso: soldi, droga, donna...
Jordan Belfort, broker ambizioso ed aggressivo, sfrontato e cinico, è l'opposto dell'immagine buonista del broker che ci viene fornita nel film di Muccino (in La ricerca della felicità") in cui si racconta la storia di un uomo ambizioso e di colore (interpretato da Will Smith) che fa di tutto per diventare un broker (infrangendo la regola che quello dei broker debba essere un mondo rigorosamente WASP), ma senza mai perdere la sua gentilezza e la sua umanità - ma anche una fondamentale eticità nelle ragioni delle sue scelte. Ambedue i film rappresentano, tuttavia, le due facce di una stessa medaglia, quella che - con il suo lato negativo e con quello positivo, con luci ed ombre - parla del mito americano del successo e della possibilità data a ciascuno di realizzare il proprio sogno o di raggiungere gli obiettivi che si è posto.
In questa interpretazione, Leonardo Caprio conferma la sua eccellenza di attore, capace di essere sino al midollo personaggio carismatico, trascinatore ed imbroglione.
Il film, per altri versi, avrebbe potuto essere intitolato "ascesa e caduta di un broker" che, dopo la caduta, sarà sempre pronto a risollevarsi e a rimettersi in circuito utilizzando gli strumenti truffaldini che ha imparato a padroneggiare così bene.
La pellicola di Scorsese andrebbe di sicuro vista, dando una rispolverata al celebre film di Oliver Stone, Wall Street, che racconta il mondo dei broker-yuppy degli anni Ottanta (e Jordan Belfort entra in scena come broker proprio quando si verifca il crollo in borsa a Wall Street del 1987, quando molte delle fortune - costruite sul nulla da quegli yuppy rampanti e spregiudicati - andarono in fumo in un batter d'occhio).
Il film di Scorsese ci fornisce così un nuovo tassello da inserire in una "storia" dei broker di Wall Street, ancora forse mai scritta, a parte il racconto biografico di Belfort che, da questo punto di vista, rappresenta una preziosa testimonianza.
Potrà Jordan Belfrot riabilitarsi da una vita di eccessi? Se, nella vita reale, è riuscito a scrivere una sua autobiografia (che è, in un certo senso, anche una confessione), si potrebbe ipotizzare di sì, che - in altri termini - egli - confessando e rielaborando - si sia lasciato alle spalle i festini a base di droga e di donne, l'ebbrezza del lusso e del denaro guadagnato a palate e l'euforia di poter spendere in maniera illimitata senza mai farsi i conti in tasca.
Ma dalla scena finale (e molto ironica) si potrebbe anche dire che "il lupo perde il pelo, ma non il vizio", un vizio che continua ad essere esercitato come un vezzo patetico, ma senza più sfoderare zanne ed artigli per trasformare il vezzo in un'attività produttiva e altamente lucrosa.
Le addiction multiple, da farmaci, alcool e senza farmaci, ma da comportamenti (come è stata quella di Belfort), anche in fase di "astensione" anche prolungata, non sono mai risolte del tutto: in qualche misura hanno trasformato in una maniera profonda il cervello di colui che le ha praticate troppo a lungo.