(Maurizio Crispi) Ricordo come fosse ieri quando arrivarono le prime notizie del terribile Tsunami che devastò le coste di tanti paesi che si affacciavano sull'Oceano Indiano il 26 dicembre 2004.
Rimasi impressionato e fortemente addolorato, sorattutto nel vedere alcune impietose foto riportate nei rotocalchi. Ero in aereo con mio figlio e stavo sfogliando il Venerdì di Repubblica sovraccarico di immagini mortuarie veramente inquitanti e, devo confessare, feci in modo che lui - ancora piccolo - non dovesse vederle. Chiusi di scatto la rivista e la riposi. Scrissi una nota di diario al riguardo (che, al momento, non riesco a ritrovare).
In quel momento, non potei non riandare con la memoria ad un racconto - letto da bambino - della scrittrice statunitense (ma di origine giapponese) Pearl S. Buck, in cui gli abitanti di un piccolo villaggio di pescatori sulla costa di una delle piccole isole del Giappone attendono con un senso di ineluttabilità l'abbattersi della grande onda su di loro e sulle proprie cose e non potei non riflettere al modo in cui gli artisti riescono a trasfigurare un'evento di per sè orribile e nefasto in una visione estetica, come protezione dall'orrore che, altrimenti, susciterebbe una rappresentazione troppo cruda della stessa cosa. E, quindi, pensai al potere rassicurante della raffigurazione che fa Hokusai della Grande Onda di Kanagawa, in cui l'evento temibile e distruttivo si trasforma in figura dinamica, estetizzante e meravigliosa, concisa come un haiku. Quel racconto della Buck era corredato di illustrazioni sobrie, indubbiamente ispirate allo stile di Hokusai e, benchè il racconto in sè, fosse angosciante, quelle illustrazioni riuscivano a renderlo leggero e più "digeribile".
Poi, a distanza di meno di un anno dal tragico evento mi capitò di leggere in un rotocalco la recensione di un libro scritto da un'italiana sopravvissuta miracolosamente - assieme ai suoi familiari - all'immane catastrofe, mentre si trovavano in vacanza in una località dello Sri Lanka. Lo comprai subito e lo lessi avidamente, non per interesse morboso, ma spinto dalla necessità interiore di condividere empaticamente, sia pure attraverso il filtro del racconto reso da una donna che c'era stato ed anche perchè sono sempre interessato a capire quali meccanismi (di resilienza) si attivino in alcuni posti di fronte a situazioni estreme tali da far che questi, a differenza di altri che si abbandonano alla disperazione, possano resistere.
Il resconto diaristico di Pamela Vona era intitolato L'onda. Una storia vera (De Agostini, 2005). Lo lessi con grandissimo interesse e commozione. Lo trovai davvero emozionante e coinvolgente. Poi, soltanto dopo, mi è capitato di leggere il romanzo (in parte autobiografico di Emmanuele Carrère (Vite che non sono la mia, Einaudi, 2011) che, nella sua prima parte, si sofferma su questo evento e sul dramma interiore dei sopravvissuti.
Proprio in questi giorni ho visto al cinema il film "The impossibile" e, mentre lo guardavo, non ho potuto non riandare con la mente alle vivide, emozionanti e dolorose vicende che Pamela Vona ha raccontato nel suo libro. Il film non ha aggiunto nulla che già non avessi appreso attraverso la sua testimonianza. Vorrei visitare il blog appositamente creato che Pamela cita nel suo commento, ma non sono riuscito a trovarlo: mi piacerebbe conoscere la sua esatta denominazione.
The Impossible è un film del 2012 diretto da Juan Antonio Bayona, interpretato da Ewan McGregor e Naomi Watts.
Il film è una produzione spagnola girata in lingua inglese su una sceneggiatura di Sergio G. Sánchez, ispirata alla storia vera di una famiglia colpita dallo tsunami del 2004 nell'Oceano Indiano.
Una famiglia americana, che vive in Giappone per motivi lavorativi, decide di trascorrere le vacanze natalizie del 2004 in Thailandia.
La famiglia è composta da Henry e Maria, genitori di tre figli. Passato Natale, la mattina del giorno seguente la loro vacanza idilliaca viene sconvolta dall'abbattersi di un enorme tsunami sul loro villaggio. Anche se Henry ha qualche preoccupazione relativa al futuro del suo impiego il relax è totale e l'armonia è totale.
Fino a quando, la mattina del 26 dicembre uno tsunami di enormi proporzioni travolge tutto ciò che si trova di fronte. Con l'onda e la successiva alternanza di deflussi e reflussi che hanno spazzato via tutto, Maria Naomi Watts) viene trascinata via nella stessa direzione del figlio maggiore Lucas, mentre Henry viene travolto mentre ha stretti a sé i due figli più piccoli. In quella catastrofe naturale moriranno trecentomila persone.
Quando tutto sembra perduto, si attivano in loro delle straordinarie ed inattese risorse interiore e la volontà di sopravvivenza, che alla fine - anche con un pizzico di fortuna - l'hanno vinta sull'evento naturale di così immense proprozioni
La didascalia iniziale del film ci ricorda con enfasi che quella a cui stiamo per assistere è una storia vera: è proprio su questa segnalazione che si fonda la credibilità del film.
Quante volte, infatti, nei tanti film catastrofici "fiction" ci si ritrova ad assistere a vicende che ci costringono ad autentiche acrobazie per sospendere l'incredulità di fronte alle acrobazie rocambolesche di un manopolo di eroi che sopravvivono alla tragedia? Quante volte, cioè, ci si ritrova davanti alla rappresentazione di vicende per le quali ci viene da dubitare che chi ha scritto la sceneggiatura e poi diretto e montato il film sia dotato di un minimo senso della realtà?
Non sono poche, purtroppo, anzi rappresentano la regola in questo genere di filmografia.
The Impossible prende le mosse da questa nostra consapevolezza, guastata dai troppi film catastrofici in circolazione, e sin dal titolo ci mette in guardia: ci verrà raccontato l'impossibile.
Un impossibile che però, negli elementi essenziali che vengono proposti sullo schermo, è davvero accaduto.
Perché la realtà talvolta supera la più fervida immaginazione e ciò che nella finzione ci appare come retorico si rivela invece come dannatamente umano. Solo concentrandosi su un nucleo ristretto (una famiglia), coinvolto in un'immane tragedia, Bayona è riuscito a restituire agli spettatori il senso di un disastro che nessun telegiornale prima era riuscito a offrirci.
Solo chi ha avuto modo di leggere i pochi resoconti di alcuni sopravvissuti, potrà rendersi quanto aderente al realmente accaduto, sia l'impossibile che ci viene proposto in questo film.
C'era arrivato vicino Clint Eastwood in Hereafter, anche se lì lo Tsunami e i suoi effetti devastanti erano stati soltanto il pretesto per muoversi su altri piani di narrazione.
Bayona falsifica volutamente un solo elemento: la famiglia, nella realtà, era spagnola ed era formata da Maria, Quique, Lucas, Tomas e Simon (Mendez). La distribuzione internazionale del film e il casting richiedevano questo cambiamento.
Chi non sa nulla della loro vicenda, però, farà bene a non informarsi preventivamente perché il regista sa come toccare le corde più sensibili degli spettatori immergendo la sala quasi fisicamente in quelle acque in tumulto.
Lo fa soprattutto non tanto con le due "star" Watts e McGregor, ma con lo sguardo dolente di Tom Holland nei panni del giovane Lucas che, inghiottendo amarissime lacrime e ricacciando la paura dentro di sé, deve farsi adulto per sopravvivere. Bayona aveva già dato prova con il precedente The Orphanage di un'attenzione particolare verso i più giovani e quindi più indifesi (da quel film porta con sé per una parte cameo, quasi scaramantica, Geraldine Chaplin).
Il viaggio di Lucas nell'orrore inatteso ricorda da vicino quello di Jim 'Jamie' Graham (lo scrittore inglese James ballard adolescente e protagonista di tragiche vicende durante la 2^ guerra Mondiale) de L'impero del sole di Steven Spielberg. Entrambi vengono catapultati all'improvviso in un inferno in cui sembra contare solo la possibilità di sopravvivere (e la capacità di ingegnarsi, stringendo i denti per vincere la fatica e il dolore), assistendo nello stesso tempo all'orrore di ferite spaventose, di arte innaturalmente piegati e della morte "di massa", assieme all'improvviso sconvolgimento di un mondo rassicurante e quieto.
Entrambi i due protagonisti, Lucas e Jim, sono accomunati dal fatto che in questo loro viaggio avranno modo di scoprire che la paura della perdita e del distacco da chi ci è più caro lascia segni nel profondo, ma nello stesso tempo avranno modo di entrare in contatto con un'umanità capace, nei momenti più estremi, di ritrovare una solidarietà che - nel quotidiano - sembra sempre più spesso anestetizzata, lasciando il campo a fome di colpevole indifferenza.
Il film è una co-produzione tra le compagnie spagnole Apaches Entertainment e Telecinco Cinema.
Le riprese furono iniziate ad agosto 2010 ad Alicante, in Spagna, per poi continuare in Thailandia ad ottobre.
Scheda film
Regia di Juan Antonio Bayona.
Interpreti: Naomi Watts, Ewan McGregor, Tom Holland , Geraldine Chaplin, Marta Etura, Dominic Power, Bruce Blain, Sönke Möhring, Nicola Harrison, Natalie Lorence, Byron Gibson, Olivia Jackson, Anteo Quintavalle, Ploy Jindachote, Laura Power, Gitte Julsrud, Oaklee Pendergast, Russell Geoffrey Banks, Johan Sundberg, Samuel Joslin, Jan Roland Sundberg, Christopher Alan Byrd, Georgina L. Baert, Oli Pascoe, Lancelot Kwok, Vanesa de la Haza, George Baker, Henry Reed.
Genere: Drammatico, durata 114 min.
Origine: USA, Spagna 2012. - Eagle Pictures
Uscita giovedì 31 gennaio 2013
Trailer
Nell'illustrazione in alto:La grande onda di Kanagawa (letteralmente: "Sotto un'onda di Kanagawa") di Katsushika Hokusai (葛飾北斎) (1760–1849). Titolo giapponese: 『神奈川沖浪裏』 - Kanagawa oki nami ura