(Maurizio Crispi) Terra Matta - Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano (2012) è il film-documentario, realizzato per la regia di Costanza Quatriglio a partire dal testo autobiografico di Vincenzo Rabito che - ad un certo punto della sua vita - partendo da una condizione di semi-analfabeta - decise di raccontare in forma scritta la storia della sua vita. Con infinita pazienza si mise a scrivere le "storie" della sua vita, con la stessa attitudine del cantastoria, per il quale ogni singola paraola, ogni singolo verbo ha una sua pregnanza fonetica.
Vincenzo Rabito tradusse in forma scritta una narrazione tipicamente orale cn quello stile che ben conoscono coloro che si sono intrattenuti a parlare con gli anziani contadini delle nostre campagne siciliane, prima che arrivasse la televisione ad uniformare i linguaggi e ad appiattire gli stilemi narrativi di un tempo.
Dal paziente e certosino lavoro di scrittura nacque una mole impressionante di diari: ben 20 volumi, ciascuno costituito da 100 fogli, fittamente scritti sul fronte e sul retro.
Volumi che, artigianalmente vennero rilegati e che cositutirono il punto di partenza per una selezione dei brani più significativa che venne rese di pubblico dominio attraverso il volume dato alle stampe alcuni anni fa (Vincenzo Rabito, Terra matta, Einaudi, 2007, a cura di Evelina Santangelo e Luca Ricci).
I due curatori del volume si sono dovuti confrontare con un compito gigantesco, sia per la mole del materiale scritto, sia anche per la necessità di tradurre in testo "scritto" leggibile, la narrazione scritta, ma "orale" di Rabito.
Il volune pubblicato da Einaudi riporta in apertura la prima pagina dei diari di Vincenzo rabito, giusto per dare un'idea della grandezza e dell'importanza del lavoro svolto.
A distanza di alcuni anni è arrivato il film-documentario per la regia della siciliana Costanza Quatriglio che in corso d'opera si è avvalsa della consulenza della curatrice del volume pubblicato da Einaudi.
Il film è di grande interesse ed anche - devo dirlo - di intrattenimento, nel senso che non per un solo atimo si verifica la caduta dell'attenzione dello spettatore-ascoltatore, né si ingenera noia.
Il film è strutturato come un incontro con il cantastorie delle tradizioni siciliane che sono sopravvissute sin quasi ai giorni nostri.
Una voce fuori campo racconta - in prima persona - la vita di Vincenzo Rabito, anzi è Vincenzo Rabito in persona.
Sullo schermo si susseguono una serie di sequenze di filmati d'epoca che danno corpo alle parole del cantastorie, che - mentre "narrava" i cunti e le storie - faceva riferimento a dei riquadri dipinti (in genere sempre con lo stesso stile mutuato dall'arte naif dei decoratori di carretti siciliani, sia che trattassero storie di Paladini, sia che facessero riferimento ad eventi della contemporaneità).
Le sequenze filmate assolvono a questo compito, assieme alla colonna sonora che dà un supporto musicale (anche questo evocativo), così come il cantastorie - spesso e volentieri - si accompagnava con la chitarra, con le cui note realizzava anche delle interpunzioni sonore che facevano da stacco tra un capitolo e quello successivo.
La regista per le immagini s'è avvalsa di documentari d'epoca (ritrovati negli archivi di cinecittà e dell'Istituto Luce), illustrando così gli eventi di cui Rabito racconta, da uomo semplice che ha vissuto la storia di un "secolo matto".
Ed è così che dal racconto siamo condotti in una fantasmagoria di sequenze tragiche che ci fanno viaggiare nel tempo dalla I guerra Mondiale, alla colonizzazione italiana in Africa, alla guerra in Etiopia, alla II guerra mondiale, alle prime lotte contadine del dopo-guerra, i brogli politici referendari e successivi, al passaggio senza comprendere i perchè da una parte politica all'altra, sempre nel tentativo di sbarcare il lunario e di sostentare moglie e figli, compreso quell'aspetto tipico di chi da una posizione umile deve barcamenarsi per sopravvivere che è il principio del "non scontentare mai nessuno"
La narrazione procede secondo un vettore lineare - ed anche questa modalità fa parte delle narrazioni orali: Vincenzo Rabito con la sua voce ruvida (bravisssimo l'attore scelto a fare da interprete) racconta la sua storia, la storia di un uomo umile del XX secolo che ha attraversato di questo secolo tutti i più importanti e tragici eventi, "salvandosene" ogni volta un po' come il Candide di Voltaire, animato nelle sue azioni e nelle sue decisioni da un'arguzia schiettamente contadina, ma anche aiutato da quella capacità di distanziarsi dagli eventi gravi, propria della povera gente che, essendo sempre preoccupata della propria sopravvivenza quotidiana, vive questi ultimi con lo stesso distacco e lo stesso atteggiamento utilitaristico con cui affronta gli accadimenti quotidiani, minuti e prosaici.
Le immagini tuttavia - mentre la voce narrante prosegue nel suo racconto - si alternano.
Una parte importante di esse è dedicata al tentativo di restituire allo spettatore-ascoltatore la fisicità del diario di Vincenzo Rabito: ce ne fa vedere le pagine, il modo in cui sono scritte fittamente, quasi per effetto di un horror vacui nella pagina bianca (non ci sono spazi di interlinea, quasi e i bordi del pari sono quasi interamente occupati dai caratteri), ci mostra il modo in cui i diari a 100 pagine per volte siano stati rilegati artigianalmente con delle costolature a spirale di metallo. Ce li fa vedere ammucchiati o singolarmente. Ci fa vedere la grafia e il modo in cui ogni singola parola sia stata scritta, staccata da tutte le altre con dei segni di interpunzione, quasi che ogni singola parte del discorso dovesse avere il peso di un colpo di schioppo, come nelle narrazioni orali. Altre immagini ci portano avanti nel tempo, alla contemporaneità: il traffico, le automobili, giovani che vanno in motoretta, gli esterni di Chiaramonte Gulfi, il paese natale di Vincenzo Rabito, la sua casa e i di lui figli: tutto ciò per dare legame e consistenza al racconto che solo assume il senso se considerato come un'eredità che Vincenzo Rabito ha voluto lasciare alla nostra contemporaneità, nel tentativo di salvaguardare i suooi personali ricordi dall'oblio e di tramandarli, riscattando al tempo stesso la sua condizione di analfabeta illetterato.
Nessuna frase è meglio descrittiva della sua storia di vita: «Se all'uomo in questa vita non ci incontro aventure, non ave niente darracontare».
E lui ha dimostrato di averne tante di storie da raccontare, una cosa che ognuno vorrebbe poter fare ad un certo punto della propria esistenza, per cercare di dare dignità alle proprie vicissitudini
In occasione della prima proiezione a Palermo, il 24 ottobre, erano presenti in sala la regista Costanza Quatriglio che si è intrattenuta con il pubblico, ma anche Evelina Santangelo che, assieme, a Luca Ricci, ha curato il volume di Einaudi e che ha lavorato con la regista per definire meglio alcune scelte, ma anche per riportare il testo orale che era stato scritto alla sua oralità, cioè alla sua vera e profonda natura.
Il film-documentario, nel 2012 è stato presentato alla 69ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
Una riduzione teatrale del testo è stata rappresentata dal siciliano Vincenzo Pirrotta (allestimento del Teatro Stabile di Catania 2009).
Vedi la scheda su Vincenzo Rabito in Wikipedia.
Presentazione del volume edito da Einaudi. Un'esistenza guerreggiata. Passata attraverso le trincee della Prima guerra mondiale, le bombe della Seconda, il «rofianiccio» del Ventennio, il flagello di una suocera terribile, la fame atavica del Sud contadino, l'improvviso benessere della «bella ebica» del boom economico, e infine una privatissima ed estrema battaglia per consegnare ai posteri quest'autobiografia. Con la sua lingua inventata giorno per giorno e il suo tragicomico, inarrestabile passo narrativo, Terra matta ci parla del carattere stesso del nostro Paese, stagliandosi, pagina dopo pagina, come una straordinaria epopea dei diseredati. Un bracciante siciliano si è chiuso a chiave nella sua stanza e ogni giorno, dal 1968 al 1975, senza dare spiegazioni a nessuno, ingaggiando una lotta contro il proprio semi-analfabetismo, ha digitato su una vecchia Olivetti la sua autobiografia. Ha scritto, una dopo l'altra, 1027 pagine a interlinea zero, senza lasciare un centimetro di margine superiore né inferiore né laterale, nel tentativo di raccontare tutta la sua «maletratata e molto travagliata e molto desprezata» vita.
Ne è venuta fuori un'opera monumentale, forse la più straordinaria tra le scritture popolari mai apparse in Italia, sia per la forza espressiva di questa lingua mescidata di italiano e siciliano, sia per il talento narrativo con cui Rabito è riuscito a restituire da una prospettiva assolutamente inedita più di mezzo secolo di storia d'Italia.
Imprevedibile, umanissimo e strepitosamente vitale, Terra matta ci racconta le peripezie, le furbizie e gli esasperati sotterfugi di chi ha dovuto lottare tutta la vita per affrancarsi dalla miseria; per salvarsi la pelle, ragazzino, nel mattatoio della Prima e poi della Seconda guerra mondiale; per garantirsi un futuro inseguendo (con «quella testa di antare affare solde all'Africa») il sogno fascista del grande impero coloniale in «uno miserabile deserto»; per arrabattarsi, in mezzo a «brecante e carabiniere», tra l'ipocrisia, la confusione e la fame del secondo dopoguerra; per tentare, a suo modo («impriaco di nobilità»), la scalata sociale con un matrimonio combinato e godere, infine, del benessere degli anni Sessanta, la «bella ebica» capitata ai suoi figli... ritrovandosi poi sempre, o quasi sempre, «come la tartaruca, che stava arrevanto al traquardo e all'ultimo scalone cascavo».
Eccolo qui, dunque, il libro di Rabito, proposto per la prima volta al pubblico in una versione ridotta ma esattamente come lui l'ha scritto, senza cambiare neppure una parola di quelle che l'autore ha scolpito, a fatica, nell'ultima battaglia della sua guerreggiata esistenza.
Vincenzo Rabito è nato a Chiaramonte Gulfi (Ragusa) nel 1899. «Ragazzo del '99», è stato bracciante da bambino, è partito diciottenne per il Piave, ha fatto la guerra d'Africa e la Seconda guerra mondiale.
È stato minatore in Germania, poi è tornato in Sicilia dove si è sposato e ha allevato tre figli.
È morto nel 1981.
La sua autobiografia ha vinto il «Premio Pieve - Banca Toscana» nel 2000, ed è conservata presso la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Scheda film
Un film di Costanza Quatriglio.
Con Roberto Nobile
Durata 75 min.
Italia 2012.
Cinecittà Luce
Il trailer ufficiale
Terra Matta - allestimento del Teatro Stabile di Catania