(Maurizio Crispi) Come ogni anno il giorno di Natale è arrivato ed è passato.
Senza voler parlare del significato religioso della Festa, questo giorno si comporta in un modo strano, tra gli "oggetti" nella nostra mente, forse per via di sedimentazioni infantili o anche per via del suo simbolismo che può essere ampiamente nutrito dentro di noi, anche soltanto per i suoi contenuti interiori.
Il Natale è una scadenza annuale, un punto di svolta: come arrivare al giro di boa di un'ipotetica maratona, quando si raccolgono le forze per procedere sino al traguardo finale.
In sè, il giro di boa è contrassegnato da un "marcatore": è lì che ci attende e noi dobbiamo raggiungerlo.Lo vediamo per molto tempo da lontano, lo accarezziamo con lo sguardo, ma la strada da da fare è ancora tanto.Poi, l'oggetto che lo marca si fa sempre più grande ed incombente: quando alla fine ci siamo e possiamo toccarlo, non possiamo soffermarci.Il ritmo è inesorabile e non concede soste: dobbiamo procedere oltre.
Ed è così che il luogo del nostro giro di boa, come il giorno del Natale, sfila subito via e rimane alle nostre spalle.
E noi siamo protesi già verso il traguardo che, come già sappiamo da altre precedenti esperienze, non sarà mai un definitivo punto di arresto, ma semplicemente un punto di partenza per una nuova gara, per un nuovo giro di giostra.
Il Natale non è mai l'occasione unica e definitiva: ce n'è sempre uno nuovo che si profila all'orizzonte. e quandociò accade sembra che ci sia un tempo infinito prima di raggiungerlo di nuovo.
Lo rappresenterei come un "oggetto" della mente che puoi guardare nitidamente solo da lontano, con desiderio e nostalgia.Ma quando ci sei allora diventa indistinto, un lampo, qualcosa che passa in un attimo indistinto.
Quando ti ci sei avvicinato troppo non lo vedi più bene, qualcosa ti sfugge della sua essenza.
Sfila via e va immediatamente in dissolvenza.
E' in fondo un oggetto del nostro desiderio, così come nelle gare podistiche desideriamo raggiungere il punto del giro di boa ancora lontano, perchè sappiamo che da quel momento incomincerà la via del ritorno.Così, mi spiego quella strana tristezza quando il Natale finisce e si ritorna al ritmo ordinario della vita quotidiana: la consapevolezza che sta per cominciare un nuovo giro di giostra, in cui quel giorno in particolare, la festività del Natale, si si comporta come un inafferabile oggetto del desiderio.
Ed è così che si consuma la nostra vita, tra desideri per cose lontane da noi e la nostalgia per ciò che abbiamo appena sfiorato e che è sfilato via in un attimo, prima che ci rendessimo pienamente conto, di ciò che avevamo raggiunto.
E, quindi, il girono del Natale con il suo simbolismo di nascita che però prelude ad una morte è particolarmente adatto per rappresentare la ciclicità di cui è permeata la nostra esistenza, fatta di un continuum di piccole morti e di piccole rinascite.