Mia madre aveva sempre molte cose da fare.
Insegnava, e si portava il lavoro a casa.
Si occupava di tutte le necessità di mio fratello.
Aveva una casa da condurre.
Spesso cucinava o, comunque, si preoccupava che ci fosse sempre tutto il necessario, perchè la nostra collaboratrice di allora (ben prima della signora Maria che ci ha accompagnato soltanto negli ultimi 25 anni) potesse predisporre le cose del pranzo e cucinare delle verdure per la sera.
E, poi, riusciva a trovare il tempo per andare ai concerti, al teatro, al cinema e tante altre cose.
Trovava persino il tempo di leggere e di tenersi aggiornata.
Quando ero piccolo, spesso mi portava con sé per non lasciarmi a casa da solo.
Pensava che per me fosse meglio uscire con lei che non stare a casa con la nonna, privo della compagnia di altri miei coetanei (era un periodo, quando ero molto piccolo, in cui mio fratello non stava a casa tutto il tempo).
Oppure, uscivamo per andare a scuola: spesso, quando io frequentavo le Elementari e poi alle Medie, ci andavamo a piedi.
Quando andavo alle Elementari, le due scuole erano vicine, praticamente contigue.
E poi, alla scuola media, frequentai l'Alberigo Gentili, cioè la stessa scuola in cui insegnava lei.
Era sempre assillata dalla mancanza di tempo, oppure dalla sua ristrettezza.
Per lei non c'era mai il tempo per stare a trastullarsi o per essere contemplativi.
E spesso mi esortava ad affrettarmi.
"Muoviti!", "Sbriigati!" - mi diceva - e così via.
Io prendevo tempo e mi mettevo a giocherellare con questo e con quello, mi attardavo, mi distraevo e, senza malizia, in risposta alle sue sollecitazioni, avevo preso l'abitudine di dire una frase stereotipata che la faceva imbestialire.
Mia madre era sempre molto paziente ma, quando questa frase mi usciva dalla bocca, si innervosiva con me davvero tanto e diventava aspra.
La frase fatidica che io dicevo era: "Subito! Un momento!"
La mamma poi cercava di ragionare con me, invitandomi ad essere logico.
E faceva un'analisi semantica delle due parole che mettevo assieme in un'unica frase.
Mi diceva poi: "Non ti rendi conto che queste due parole sono in contraddizione l'una con l'altra? Se dici 'subito' significa 'immediatamente' e non c'è spazio per un 'momento'!".
Logica irreprensibile, per altro.
Per quanto potessi condividere la sua argomentazione, quel fastidioso "Subito!Un momento!", mi scappava sempre, come se fosse divenuto una specie di tic verbale.
Poi, mi è passato.
In seguito, con lei tornavo a rievocare scherzosamente quei tempi e quella frase, specie quando mi chiedeva di fare qualcosa per lei.
E ogni volta ci facevamo una bella risata.
Ma da questa piccola cosa e da tanti altri episodi analoghi ho imparato, grazie a lei, a ragionare sulle parole e a riflettere di continuo sui piccoli paradossi che spesso - senza che ce ne rendiamo conto - infarciscono le nostre affermazioni e ingiunzioni.
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