Oggi mi sono soffermato a fotografare una bella buccia di banana, abbandonata sotto il bordo di un marciapiedi di Villa Sperlinga (a Palermo).
Era proprio "bella", secondo me, e in quella particolare postura che casualmente aveva assunto, rinvenivo anche una valenza estetica.
Nel fare le foto mi sono accosciato alla ricerca della migliore inquadratura (e ne ho voluto fare una con un angolatura di ripresa dal basso).
A pochi metri di distanza, c'era uno che attendeva in auto.
Quando mi sono girato e mi sono accorto del suo sguardo, ho avuto la netta sensazione che mi guardasse in modo strano, come se avessi fatto una cosa un po' da fuori di testa.
Un'altra volta stavo fotografando un a bambolina abbandonata sull'asfalto. Era mattino presto e non c'era quasi nessuno in giro.
Mentre ero intento a fotografare si ferma una volante della Polizia e uno degli agenti mi fa con fare allarmato e inquisitivo: "Cosa è successo?".
Cosa si risponde ad una simile domanda? Niente, meglio restare zitti.
Rimango colpito dal fatto che la maggior parte della gente manca di fantasia e non è capace di vedere le sfaccettature delle cose o quello che, nella loro filigrana sono capaci di racocntare.
A volte mi ritrovo a fare delle cose buffe o che possono strappare il sorriso, perché hanno un che di insolito.
Per esempio, quando porto in giro Frida nel traino, oppure quando corriamo ed io - per essere maggiormente bilanciato - la tengo al guinzaglio passato attorno alla vita.
O altre stranezze.
Vedo che le persone che mi osservano vorrebbero sorridere o ridere, ma il più delle volte non lo fanno: si trattengono.
Quelli che parlano, dalle nostre parti lo fanno per offenderti, perchè non rientri nei loro schemi.
Io - nella stessa situazione - sorriderei o riderei liberamente, senza preoccuparmi; possibilmente farei anche qualche commento, in segno della mia partecipazione empatica a ciò che l'altro da me sta facendo in quel momento.
Perché questa rigidità che è assieme cognitiva ed esperienziale? Secondo me, perché al giorno d'oggi molte persone hanno paura di ridere o sorridere, di dare libero alle proprie emozioni, di ritornare ad essere in contatto con il proprio Sé bambino di un tempo, gioioso e giocoso.
Ed è lo stesso motivo, per cui tanti hanno paura dell'abbraccio che non vuole niente e disinteressato, nel suo senso più puro di intimità e di donazione.
Se è così, quanto abbiamo perso!
Anche le cose peggiori della vita si possono affrontare meglio se ci si tiene in contatto con la capacità di ridere e di sorridere.
E' esemplificativa (ed anche un luminoso esempio di ciò) la famosa risata di Tiziano Terzani.
Voglio ricordare qui, che ebbi a ascrivere un articolo sull'importanza di non prendersi mai troppo sul serio, dal titolo: "Non prendiamoci troppo sul serio!", pubblicato in un lontano passato su "podisti.net" con cui ebbi una lunga collaborazione.
E bravo chi lo trova!