(Elena Cifali) In uno di quei giorni a ridosso del Natale, durante una soleggiata giornata me ne stavo a gironzolare per Catania. Non desideravo certamente perdere il mio tempo, ma di tanto in tanto passeggiare lungo la via Etnea è quanto di più bello possa capitarmi. Solo poche ore di relax prima di andare al lavoro.
A Catania le giornate d’inverno si contano davvero sulle dita di una mano, ed anche oggi sembra primavera.
Mi intrufolo, provando un vago senso di disorientamento all’interno del mercato, la famosa “Fera o lune”, chiamata così perché un tempo il mercato della città era solo di lunedì e non tutti i giorni come succede oggigiorno.
Entrare all’interno del mercato è sempre un’esperienza diversa. Una moltitudine di gente indaffarata negli acquisti, facce di tutti i tipi, alcune davvero preoccupanti e poco raccomandabili.
Le urla dei venditori ambulanti mi disturbano e mi inquietano, ma “a fera” è proprio questo: la sua caratteristica eminente è proprio il caos.
Nello stesso momento in cui ho messo piede in questo luogo vorrei uscirne, ma ormai che ci sono ci rimango, cercando di ricomporre le idee per ricordare ciò che volevo acquistare.
Mi dirigo a passo svelto nella porzione di mercato dedicato ai generi alimentari, voglio comprare della frutta e della verdura. So per certo, avendola comprata in altre occasioni, che qui i prodotti sono freschissimi e spesso "a chilometro zero" e questo mi piace.
Arance, zucchine, prezzemolo e finocchi. Ecco ho preso tutto ciò che mi serve, adesso posso tornare a casa, ma, nell’uscire da questo girone dantesco, mi imbatto in un banchetto di libri.
“Tira dritto, hai già abbastanza peso in mano” mi suggerisce una vocina da dentro.
Ma quando mai io ho dato retta alla vocina!!!
Poggio le buste della spesa per terra su di un lastrone di basolato lavico e inizio a guardare i libri.
Nessun libro di pregio, soltanto uno cattura il mio interesse, seppure non ne abbia mai sentito parlare né conosco l’autore siciliano: Tu sai l'isola bella… di Michele Pricoco [di origini catenote, ma catanese di adozione, stimato professore di scuola e rappresentante di spicco della cultura isolana, soprattutto per le sue composizioni poetiche dialettali. E ora alla sua memoria è intitolata un Premio di poesia dialettale - ndr].
Lo compro senza pensarci, mi piacciono moltissimo i libri scritti da autori siciliani.
Quando arrivo a casa, il rituale è sempre lo stesso: lo giro e rigiro tra le mani leggendo una pagina centrale e quella finale. Quindi lo sistemo dentro la libreria ed aspetto il momento giusto per riprenderlo.
L’ho letto in un paio di pomeriggi, sdraiata sul divano della casa di Catania, velocemente perché la lettura è risultata semplice e scorrevole, essendo un libro di narrativa adatto alle scuole medie.
Un libro che parla dei miei compaesani, dei siciliani e dell’essere siciliano.
Come dico sempre io: “Siciliani si nasce”.
Siamo un popolo caloroso e inquieto come il nostro vulcano. Siamo caldi come il nostro sole, focosi come l’Etna, inquieti come il mare, generosi come la nostra terra, buoni come i nostri frutti.
Siamo capaci di rimanere bambini anche da vecchi ma siamo anche vecchi già da bambini.
La nostra cultura popolare, fatta di detti e proverbi è antica e pur sempre attuale.
In questo libro ho ritrovato tanti detti popolari che spesso sentivo dire ai nonni.
E' un libro fatto di pagine che non tramonteranno mai perché parlano del vivere quotidiano dei Siciliani del secondo dopoguerra, quando la vita era semplice e faticosa al contempo, quando per campare bisognava rimboccarsi le maniche a scavare la terra, quando le donne erano mogli e mamme, quando la carriera era solo per pochi e la fatica per tutti.
Quando la televisione quasi non esisteva e sulle strade la facevano da padrone i Cantastorie con i loro Pupi. Pupi e Pupari depositari della storia e delle imprese epiche dei tempi antichi.
Il tempo delle “coppole” e delle Lupare, dei baffi appuntiti e del “baciamo le mani”.
Quel tempo non troppo lontano in cui per stare bene bastava un asino, un tetto, una famiglia ed un pezzo di arida terra da coltivare.
E’ un peccato che i Cantastorie non esistano quasi più, loro ed i loro asini che trascinavano vecchi carretti traballanti. Se scavo nei miei ricordi di bambina li vedo ancora e allora il cuore si apre ad un'ingenua commozione.
Tante cose sono cambiate negli ultimi 70 anni in Sicilia, persino la mafia non è più la stessa, solo Lui è rimasto sempre uguale. Il vulcano che vomita fuoco, come dopo una indigestione di sassi, di polvere e lapilli.
Oggi come ieri i sintomi sono sempre gli stessi: si avvertono spesso già la notte precedente con boati che somigliano a lamenti laceranti, di natura viscerale.
E poi ecco che finalmente si libera, sputando in faccia ad uomini e cose.
Scene che si ripetono da secoli ma che guardiamo ogni giorno con sempre nuovo interesse e stupore.
Il libro l’ho rimesso lassù, sullo scaffale, chissà, magari fra qualche anno lo rileggerò per non dimenticare [o per tornare a ricordare...] …