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20 marzo 2013 3 20 /03 /marzo /2013 01:59

S'arrifriddò 'a cucuzzeddaStiamo camminando con mio figlio attorno alle 23.00 del 18 marzo (ieri), fa freddino, umido più che altro, dopo una giornata sciroccosa.
Mentre passiamo dalle parti di Torre Sperlinga vediamo uno che cammina.o un po' barcollando e parlando tra sé e sé ad alta voce.
in sostanza, detto in termini non tecnici, è uno un po' picchiatello e, se non è un picchiatello, è rincoglionito.
Da lontano ci guarda e dice: "S'arrifriddò 'a cucuzzedda".
Io lo guardo, perché ho l'impressione che ci voglia dire qualcosa e lui, avvicinandosi di qualche metro, ripete la stessa frase "S'arrifriddò 'a cucuzzedda"..., rimanendo in attesa di un'interlocuzione per questa cosa tanto importante che ci aveva comunicato: che del resto è pronunxiata come un assoluto, un vaticinio, un qualcosa di irrevocabile e defintivo già accaduto e non più modificabile.
Dopo la seconda ripetizione, segue un silenzio, gravido di sottintesi... di fronte alla fatidica e arcana significatività del suo dire.
"Vabbé, è proprio fuori di testa!"... è la nostra conclusione: un non detto in realtà, ma basta lo sguardo eloquente che ci scambiamo.
E lo lasciamo andare per la sua strada senza più dare importanza al suo fraseggiare.

Ma cosa voleva dire l'omettino? 
Forse che gli si era raffreddata la testa, visto che lui era senza cappello e aveva la testa contornata da una abbondante massa di capelli bianchi, alquanto stopposi e, probabilmente, da molto tempo non lavati...
Io, invece, avevo un berrettino di lana ben calzato sulla cucuzza, mentre Franci, per ripararsi il capo - ovverossia la sua cucuzza - si era messo il cappuccio della bomber.
Forse, il tizio voleva dirci che, siccome avevamo entrambi il capo coperto, era perché a noi, s'era raffreddata la cucuzza, ovvero la "cucuzzedda".
Vallo a capire...
Una tipica comunicazione trasversale ed enigmatica di uno in una condizione quanto meno al limite, per non dire di più.

"S'arrifriddò 'a cucuzzedda"

La frase mi è piaciuta e, indubbiamente, me la ricorderò.
E al signore, un po' picchiatello, ma sostanzialmente innocuo, che con tanta enfasi l'ha pronunciata, non posso che dire grazie, per avermi regalato questa piccola chicca destinata a rimanere memorabile.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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