Mi sono ricordato, viaggiando nei giorni scorsi, mi sono ricordato...
C'è stato un periodo, quando avevo tra i 10 e i 13 anni, in cui papà - d'estate - organizzava immancabilmente un viaggio per me e la mamma.
E, così, abbiamo fatto dei grandi viaggi (almeno così furono per me piccolo e ancora non esperto del mondo).
Dunque, viaggiavo con la mamma che, poi, nel corso di ciascun viaggio, pianificava attentamente tutto e che mi dava - per ogni luogo che visitavamo - un sacco di esaurienti e interessanti spiegazioni.
Vivevo queste esperienze come se fossero una cosa naturale e spontanea: forse, senza nemmeno rendermi conto della fortuna che avevo, rispetto a tanti altri della mia stessa età - anche dei miei stessi compagni di scuola - a cui i genitori non offrivano questa opportunità.
Decisamente, ero anche un po' orgoglioso di viaggiare con la mamma, perché mi sentivo un po' come l'ometto di casa, benché fossi ancora un moccioso con i calzoni corti (anche se poi nell'ultimo viaggio che ci trovammo a fare - fu quello a Como e Parigi - si verificò che cambiai voce e avevo già iniziato ad usare i pantaloni lunghi, tipo jeans).
I viaggi erano di solito organizzati così: prima un breve soggiorno in una località italian, dalla quale facevamo escursioni giornaliere a breve raggio e fu così che visitai Como e il suo Lago, Desenzano, Sirmione e Il Lago di Garda, Venezia, Padova, Trieste (dove allora stava lo zio Gigi, fratello della mamma), Napoli e il Vesuvio per citare solo le città principali; e, quindi, in genere dopo una settimana italiana, partivamo per un piccolo tour europeo.
Ricordo di questi giri: un viaggio attraverso la Francia sino a Parigi; un'altro tra Germania (lungo la Valle del Reno), Olanda, Belgio e Lussemburgo; uno in Spagna, dove oltre a Madrid, visitammo tutte le principali ed antiche città che la contornano (Avila, Segovia, Toledo), ma dove anche facemmo tappa a Barcellona.
Furono tutte delle esperienze molto formative: io assorbivo tutto quello che mi raccontava la mamma. E, forse, proprio da queste esperienze nacque il mio gusto per il viaggio.
Ma, nello stesso tempo, ero asseconddato anche nei miei piccoli desideri.
Per esempio, una volta, entrati in una piccola bottega di rigattiere, trovai, pieno di meraviglia, una quantità inverosimile di libri d'avventura appartenenti ad una collana che era divenuta ormai pressocchè introvabile (la famosa serie brossurata in rosso della Sonzogno, con sovraccoperta in quadricromia e carta tipo pulp) e tanto insistetti con la mamma che li comprammo tutti (il prezzo di ciascun volume era davvero basso), solo che dopo, siccome erano davvero tanti ed erai impensabile trasportarli in valigia, la mamma dovette fare una spedizione postale ad hoc sino a casa.
E poi lei, per anni, usava raccontare questo episodio con una punta di orgoglio perchè mostrava che io, anziché desiderare cose futili, avevo strennuamente lottato per avere quei libri.
Questa mia condizione di sentirmi il "maschietto" accanto alla mamma, mi induceva a fare delle strenue prove di forza, quando dovevamo fare gli spostamenti da un luogo all'altro ed io, senza fiatare, mi caricavo dei due enormi valigioni con con tutte le nostre cose, facendo qeste prove di forza malgrado le proteste delle mamma.
Poi, con il sopraggiungere della pubertà, non volli più partire con lei. Forse l'ultimo viaggio fu proprio quello a Parigi di cui si possono vedere alcune foto a corredo di questo piccolo amarcord.
Quando papà prese ad organizzare un nuovo viaggio, io dissi che ero ormai grande e che non volevo più partire con la mamma. Mi sarei vergognato - gli dissi - a farmi vedere solo con lei ed essere preso per un mammolino.
E, quindi, la stagione di quei viaggi terminò a quel punto.
Ma posso senz'altro dire che fu una staggione davvero felice della mia vita, e che, se potessi, tornerei volentieri a quegli anni.
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