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9 agosto 2013 5 09 /08 /agosto /2013 13:30

Patti Smith a Palermo per un pubblico di imbolsiti aficidionas che vogliono solo le vecchie formule(Maurizio Crispi) Patti Smith in Concert si è svolto a Palermo nella splendida cornice del Teatro della Verdura, il 1° agosto 2013:  il concerto palermitano è stato l'ultima della recente tournée italiana in cui Patti Smith e il suo gruppo sono stati impegnati dal 12 giugno, per una durata di circa otto settimane con numerose tappe.
In tutti i concerti sono stati presentati brani tratti dall'ultimo " studio" album, inciso nel 2012 (Banga), con quella formazione di musicisti.

Patti Smith: un mostro sacro nel campo della musica rock.
Ma é anche un mito per i nostalgici degli anni Settanta.
Chi, vissuto in quel periodo, potrà mai dimenticare alcune sue graffianti interpretazioni, con quella voce potente ed urlata, incredibile se si guarda alla sua esile figuretta, di donna che si è fatta da sola e che forse è anche un po' streghetta, nel senso buono del termine?
L'emblema della sua musica: "People have the power", per non parlare di "Because of the night" o anche di "Gloria", con il famoso e celebrato refrain "Jesus has died for somebody's sins, but non mine", con una contaminazione tra il rock classico e la cosidetta "Spoken Word", un genere di performance basato sulla parola parlata, recitata o - a volte - urlata, supportata da una base ritmica con le percussioni, di cui Patti è stata cultrice sin dal suo esordio nelle scene musicali.
Dicevamo personaggio-mito, perché Patti è cresciuta immersa nella cultura alternativa newyorkese più intellettuale e raffinata di quella dominante nella westcoast USA, tutta permeata dal movimento psichedelico e dalla crescita del movimento dei figli dei fiori (e del loro successivo tramonto), al punto di meritarsi l'appellativo di sacerdotessa e musa del Rock: una figura-emblema, insomma.
Patti Smith a Palermo per un pubblico di imbolsiti aficidionas che vogliono solo le vecchie formuleDei movimenti culturali o underground newyorkesi Patti Smith ha conosciuto un po' tutto: ha incontrato Bob Dylan, ha frequentato Lou Reed, ha sfiorato tangenzialmente The Factory di Andy Wahrol. Ha conosciuto il grande Robert Mattlethorpe di cui è stata profondamente amica e che la fotografò più volte, realizzando dei ritratti memorabili.

Ha visto morire tanti, stroncati dalla droga e dall'AIDS.
E ha vissuto in preda al tormento di tante morti e di tanta malinconia, ciò nondimeno rimanendo capace di costruire immagini di solare bellezza e di profonde e ricche meditazioni sul morire e su ciò che si lascia indietro.
Patti nasce come poetessa e arriva casualmente alla sua attività di cantante, scoprendo quasi per caso le potenzialità della sua voce.
Com'è usanza negli Stati Uniti e in quel periodo particolarmente, andavano di moda in certi caffé letterari i "reading" dove i poeti e gli scrittori leggevano i propri testi.
E Patti Smith cominciò proprio così la sua carriera di sacerdotessa del rock: leggendo le sue poesie, graffianti e piene di sentimento, con l'accompagnamento di una band musicale un po' rockeggiante.
Il passaggio dalla recitazione alla lettura urlata e, infine, alla parola cantata con energia e con violenza, ma con la capacità di avvolgimenti melodici - là dov'era il caso - fu per lei semplice e quasi naturale, con realizzazione di una specialissima ed inconfondibile declinazione della "Spoken Word".
E così gli LP (e successivamente i CD) divennero il veicolo privilegiato per la diffusione delle sue opere poetiche, anche se - in parallelo - la sacerdotessa-poetessa del rock ha continuato una sua intensa attività editoriale, svincolandosi da Rimbaud, suo grande modello di riferimento nei suoi primi passi nel terreno della composizione poetica, e trovando una sua via originale.
Patti, senza ombra di dubbio, può essere descritta come un personaggio eclettico ed emblematico della scena musicale, ma anche della cultura XX secolo.
Patti Smith a Palermo per un pubblico di imbolsiti aficidionas che vogliono solo le vecchie formuleE ora che ci siamo spostati nel XXI secolo continua a mantenere del tutto intatti la sua forza e il suo carisma, con quel suo aspetto sempre un po' da strega, i capelli lunghi ed incolti, non colorati artificialmente, sale e pepe ed ora tendenti al bianco: eppure, se si si guardano alcune delle celebri foto che le fece Mattlethorpe, è una donna piena di forza e di fascino, di una selvaggia bellezza che viene da dentro.
Si comprende perché il concerto palermitano - come un po' tutti gli altri della tournée -  fosse affollato da nostalgici del decennio "storico" degli arrabbiati anni Settanta del XX e di suoi aficionados.
Costoro, si sa, sono legati alle canzoni in primo luogo (a certe canzoni-vessillo in primis) e, in secondo luogo, al personaggio che le veicola. Ma i nostalgici sono anche dei conversatori: vorrebbero che il loro personaggio si mantenesse sempre fedele al cliché originario e, spesso, non sono in grado di comprendere le sue evoluzioni (legate, peraltro, anche ai cambiamenti esistenziali e alle esperienze di vita). E, quindi, vorrebbero sempre vedere il rispetto di certe formule collaudate che sono le uniche a dar loro una fresca pompata di energia rivitalizzante.
Nell'attesa dell'entrata in scena di Patti, non ho potuto fare a meno di constatare che l'età media del pubblico che si accingeva a prendere posto ordinatamente nei posti assegnati, era piuttosto elevata.
Direi che, ad occhio e croce, superasse i 40 anni: e devo dire era probabilmente tenuta bassa dai pochi giovani presenti ammaestrati all'ascolto di Patti Smith dai propri genitori (come spesso capita in questi casi). Ma di giovanissimi, manco a parlarne.
Amara riflessione e la sensazione di essere rimasti in qualche modo indietro nel flusso temporale: "Tutti ruderi ed io stesso sono un rudere"!
Questo è, decisamente, un paese per vecchi - ho aggiunto tra me e me.
Il pubblico presente mi appariva decisamente stanco e mansueto, normalizzato ai canoni delle quiete borghese, contro cui hanno combattuto molti dei messaggi della rivoluzionaria Patti, imbolsito.
Patti Smith a Palermo per un pubblico di imbolsiti aficidionas che vogliono solo le vecchie formuleSi vedeva in giro molta "normalizzazione" della rabbia antica dei cultori del rock degli anni Settanta: tutti seduti ordinatamente nelle poltrone numerate, e nessun tentativo di "scendere a valle" partendo dai posti meno costosi, situati più in alto, nessuna velleità di ridare vita alla consuetudine che ha caratterizzato alcuni dei concerti più infuocati proprio qui, al Teatro della Verdura con Lou Reed per esempio, o anche con la stessa Patti Smith, quando sin da subito i fan scendevano nella fossa dell'orchestra e ballavano forsennatamente dall'inizio alla fine dello show.
Cosa che è, del resto, ciò di cui gli artisti rock hanno bisogno: di sentire cioé che la loro performance è il tramite attraverso cui - nell'arco voltaico teso tra il musicista e il suo pubblico - si generano scintille e movimenti sulfurei.

Nessuno è sceso questa volta: l'età porta ad acciacchi e spegne anche gli spiriti più ribelli, forse.
Ma la "discesa" era stata in qualche modo prevenuta: moltissimi i poliziotti presenti in tuta anti-sommossa (e si è capito poi perché), ma c'è da dire anche che la fossa dell'Orchestra era stata letteralmente riempita di fioriere colorate.
Quindi, dal pubblico in esordio del concerto è stato manifestato ben poco feeling.
Ma ciò é stato causato anche dai pezzi di  Banga (album che io amo) presentati, di grande valore se ascoltati dal disco, ma forse un po' soporiferi - rispetto alla rabbia che deve trasudare dai brani improntati allo stile della Spoken Word" - nella riproduzione live, proposti in apertura.
Il concerto all'inizio si è, dunque, trascinato stancamente, con stacchi sensibili tra un pezzo e l'altro. Qualche volta Patti è addirittura uscita di scena, lasciando la sua band in scatenati pezzi strumentali molto rockeggianti.

Gli aficionados e i nostalgici vogliono le parole d'ordine, vogliono la sferzata di energia dei pezzi trascinanti che hanno amato, desiderano sentire e risentire le formule e i refrain. Non amano confrontarsi con il proprio idolo che canta nostalgicamente e con malinconia: e questo è, di fatto, l'ultimo album di Patti Smith, un ripiegamento nostalgico sul proprio passato, una riflessione melanconica sulla fine, un coacervo di sogni, visioni, e tributi ai tanti che non sono più, come ad esempio è il caso del brano "This is the girl", che vuole commemorare Amy Winehouse, la cantante inglese, deceduta non molto tempo addietro stroncata dalla droga e dall'alcool.
Gli aficionados, nella liturgia del concerto, vogliono sempre ritrovare quell'energia primordiale, vogliono che si generino scintille e rimangono delusi e spiazzati, se il loro idolo si mostra melanconico ed introspettivo, specie se sono cambiati non solo i testi, ma anche il modo di cantare: si sentono traditi perché non possono rivisitare il passato, illudendosi che quel passato si estenda anche nel presente.
Poi, all'improvviso, c'è stato il cambiamento quando Patti ha ritrovato il suo spirito graffiante ed ha intonato alcuni dei suoi più celebrati inni, agendo nello stesso tempo, con sorpresa di tutti, la sua verve radicaleggiante e ripresentandosi sul palco con un piccolo striscione "NO MUOS" (ed ecco spiegata la presenta dei poliziotti). E con questo striscione ci si è trastullata a lungo, avvolgendosi in esso a mo' di scialle, sventolandolo e poi posandolo ai piedi del batterista, in bella vista.
Poi, oltre a cantare, Patti ha anche suonato sia la chitarra acustica, sia quella elettrica, suscitando consensi.
E sono tornati i suoi cavalli di battaglia come "Because of the Night", "Gloria" con il suo celebre riff "Jesus has died for somebody's sins but non mine" che hanno scaldato il pubblico: e qualcuno si è anche alzato, cominciando a scendere lungo la scala, ma poco dopo é stato costreto a fermarsi lì, perchè la fossa dell'orchestra era interdetta.
E molti hanno danzato e hanno agitato le braccia in alto, come nei vecchi tempi, rinnovando la liturgia nota.

Patti ha interagito di più con i suoi fan, ma c'era nell'aria una certa stanchezza: tutta sembrava recitato piuttosto che agito con sincerità, non a causa di Patti - per carità - ma solo perché siamo tutti più che vecchi e alcune cose possono solo accendere la nostalgia e farci piangere, proprio come quando ci si raccoglie attorno ad un focolare (metaforico) per rievocare i vecchi tempi andati.
Certo è che, sul finire, Patti - in una delle sue numerose interazioni con il pubblico, poco riuscite, perchè tra lei minuta sul palco e la platea c'era una distanza incommensurabile - ha detto con una nota polemica, dopo aver presentato i componenti della band (la stessa formazione che ha lavorato per Banga): "Thank you Palermo! It's the only tine in this tour I'm singing to the flowers! I like singing to the flowers!".
Poi, dopo un bis, malgrado applausi, fischi e standing ovation, i musicisti hanno abbandonato il palco per non fare più ritorno.
In tutto il concerto è durato poco meno di due ore: e questa è stata la maggior delusione, assieme a questo certo non so che di posticcio e di nostalgico e a questa fissazione di guardare al passato, fattori che hanno impedito al pubblico di apprezzare i cambiamenti nel presente e l'evoluzione della cantante: in fondo Banga è un gran bell'album (e si comprende meglio se, nel frattempo, si è avuto modo di leggere i numerosi testi poetici e di memorie pubblicati a stampa da Patti Smith.
 

 

Ha fatto da spalla, davanti ad un pubblico un po' distratto ed intento a prendere posto, il musicista palermitano  Fabrizio Cammarata con chitarra acustica. Questa volta da solo e non con il suo gruppo "Second Grace" che, specie con il secondo album "Rooms", ha conquistato la notorietà perchè un loro pezzo ha fatto da colonna sonora per uno spot pubblicitario (Rana).
Belle sonorità le sue.
 

 

 Patti Smith ormai è, per fortuna nostra, tra gli artisti che fanno abitualmente tappa nel nostro Paese durante l’estate.

E, infatti, anche per il 2013, ha programmato sei concerti per fine luglio: l’esordio è avvenuto al Carroponte di Milano il 25 e successivamente è stata impegnata a Napoli, Prato, Venezia, Macerata, Taormina (nell’amena cornice del Teatro Antico), per concludere a Palermo, dove ha da tempo molti amici.
La data milanese si  è distinta dalle altre per una particolarità: ha eseguito, infatti,  insieme alla sua band i pezzi di "Horses", l’album che  le ha dato il successo nel 1976 (ma prima vi era stato il famoso "Radio Ethiopia").
La Sacerdotessa del Rock, peraltro, aveva eseguito Horses  in esclusiva per il pubblico romano in occasione di My Festival, la manifestazione con cui a fine aprile l’Auditorium Parco della Musica ha festeggiato i suoi dieci anni e che è stata curata proprio dalla Smith.
Il concerto "Horses", nel corso della rassegna del "My Festival", ha avuto luogo il 14 aprile 2013.

Patti Smith a Palermo per un pubblico di imbolsiti aficidionas che vogliono solo le vecchie formulePatti Smith è la figura a cui l’Auditorium Parco della Musica ha affidato i festeggiamenti per i suoi primi dieci anni di vita. Si sono aperti il 9 aprile e terminerannosono terminati il 25 dello stesso mese, offrendo al pubblico un fitto calendario di eventi di cinema e musica, tutti pensati e voluti dalla cantante americana.
Si raccolgono, infatti, sotto il nome di My Festival che, per l’appunto, sottolinea l’impronta personale di chi li ha pensati.
Tra questi, insieme a mostre, proiezioni di film, documentari e reading, anche tre concerti diversi tra loro che Patti ha riservato a se stessa e alla sua musica.
Con quello del 14 aprile la Sacerdotessa ha voluto ripercorrere i pezzi di Horses, il disco di esordio con cui nel 1975 ha segnato una svolta nella storia della musica rock.

 

 

 

Foto di Maurizio Crispi

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Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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