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6 marzo 2012 2 06 /03 /marzo /2012 11:14

(Passaggi. In fuga verso la fine del Millennio. Cap. 4°) Lo scenario è un minuscolo villaggio: poche case  appena, disseminate lungo  due strade che si incrociano ad angolo retto e attorno ad una chiesa madre. 

Lungo il corso principale, nel caldo appiccicoso  del primo meriggio, non si vede in giro  una sola anima,  nemmeno un disgraziato cane randagio spelacchiato e sbilenco.

Solo un viandante incede  a fatica, barcollando sotto il peso di fardelli ingombranti.

Ogni pochi passi si ferma per riposare  e per scambiare di mano una pesante valigia.

Di tanto in tanto durante soste che si fanno più frequenti, si deterge il sudore  che imperla il suo cranio rasato a grosse gocce che,  altrimenti,  scivolerebbero  sulla fronte, sul viso e dentro gli occhi, facendoglieli bruciare.

Ogni volta fa scorrere  il palmo  della mano  sulla superficie luccicante  sotto i raggi del sole e, poi, con un gesto secco scuote la mano, facendo schizzare lontano  il bagnato che ha così raccolto.

L’uomo è solo, immerso nel silenzio.

Da come  si guarda attorno  si capisce bene  che da tempo  non ha avuto nessuno con cui parlare.

Il suo sguardo è opaco, ripiegato all’indentro.

Si sente attorno a lui  un’aura spessa  e solida di tristezza.

Non si  capisce bene verso quale luogo questo viandante così solo ed appesantito stia andando, né da dove venga.

E poi, così anacronisticamente a piedi, mentre poche macchine  rade  sfrecciano veloci accanto a lui rombando e facendolo oscillare  e barcollare  ad ogni passo, mentre cerca di mantenere l’equilibrio  compromesso dallo spostamento d’aria sulla base instabile ed incerta del ciglio eroso del nastro d’asfalto.

Improvvisamente, passando sotto un rustico porticato attraversato dai raggi obliqui del sole pomeridiano qualcosa attrae la sua attenzione: una vetrina spoglia  illuminata in pieno  e resa ancora più squallida  dalla totale assenza di decorazioni.

Soltanto la sua superficie interna è rivestita da grandi fogli di carta  scolorita  le cui giunzioni sono  rabberciate alla meglio da dozzinale tela adesiva.

All’esterno, sulla superficie nuda di vetro - ed è questo che attrae l’attenzione del viandante - campeggia un unico cartiglio realizzato  artigianalmente con strisce di nastro adesivo rosso, le lettere spigolose di dimensioni  irregolari.

"CRISPI’S BAR" recita la dicitura, mentre sullo sfondo appare il riflesso  dell’immagine del viandante, il volto stanco e sudato, gli abiti stazzonati a causa del lungo camminare.

Il viandante  appare sorpreso, esitante; il suo sguardo improvvisamente si ravviva come percorso da una scintilla; un passato lontano che sembra riemergere da una breccia  repentinamente aperta. Dopo questo guizzo, rimane a lungo a guardare perplesso,  come chiedendosi se vi sia  un significato profondo in questa scritta e  nel suo  esistere  proprio in questo luogo.

Forse, si chiede se dopo aver camminato tanto a lungo abbia un senso ritrovarsi  ad  un punto di partenza in un luogo che, riportandolo  alla memoria del nome e a un dolore sepolto  profondamente e  apparentemente dimenticato,  sembra volerlo sbeffeggiare.

Ma dopo un attimo di esitazione il viandante si scrolla le spalle e riprende il suo cammino, lo  sguardo di nuovo grigio e opaco.

Di nuovo, riprende ad andare  avanti verso una meta indecifrabile senza più girarsi indietro,   lasciandosi  dietro questa traccia,  sicuro  che anche questa flebile e casuale testimonianza  del suo passato in cui si è casualmente imbattuto per un disegno del destino scivolerà presto nell’oblio.

La reminiscenza, che era stata sul punto di affiorare, viene di nuovo inghiottita dalle sabbie del tempo.

Mentre incede con il suo passo lento e appesantito,  le spalle incurvate, allontanandosi per sempre da questo strano luogo, il viandante,  è certo del fatto che - anche se  circostanze imponderabili  dovessero portarlo  a passare di nuovo per questa strada - pur a distanza di pochi giorni appena -  nessuna traccia  troverebbe di questa scritta che è stata  determinata dalla  musica del caso  a suo beneficio soltanto, soltanto per lui, per lui unico passante tra i tanti   che si fossero ritrovati a transitare lungo quella strada. 

Il suo occhio non  scorgerebbe più nulla,  nessun rimando alla sua personale biografia, ma soltanto il nome anonimo di un locale  tra tanti altri, diversi eppure assolutamente simili.

E,  inutilmente, il suo occhio ricercherebbe  con inquietudine questa scritta o la persistenza d’una sua traccia. 

In lui rimarrebbe solo l’inquietudine di memorie sempre piu' labili ed evanescenti.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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