Qualche tempo fa, in un bar di Palermo, mentre aspettavo il turno alla cassa per pagare la mia consumazione, il tizio prima di me ha detto che aveva preso per un caffé ed un "maritozzo", termine assolutamente insolito per Palermo.
La formulazione mi ha stranizzato anche perché il tizio in questione non aveva alcuna traccia di accento romanesco, ma era palermitanissimo, tanto quanto e, forse, piu' di me...
E sentire questo palermitanissimo tizio parlare di maritozzo mi ha fatto - per così dire - "futtiri di ririri"... Sembrerebbe trattarsi dell'importazione nell'idioma corrente corrente locale di espressioni romanesche magari mutuate dalla fruizione di serial televisivi di ambientazione romani.
Un esempio, probabilmente, di globalizzazione mediatica e di perdita dei riferimenti linguistici ed idiomatici, legati alle culture locali.
Ma cos'è il maritozzo? La sintesi definitoria che si ricava da una ricerca su internet è la seguente: Il maritozzo è un dolce tipico del Lazio, in particolar modo della città di Roma. Il dolce è costituito da pane morbido preparato con pinoli, uva e scorzetta d'arancia candita e eventualmente tagliato in due, per lungo, lo si completa con panna montata. Il suo nome deriva dalla tradizione di offrire questo dolce in occasione dei maritaggi, cioè dei matrimoni: i futuri sposi lo portavano alle loro fidanzate, che amorevolmente li chiamavano maritozzi, cioè quasi mariti. E' un classico dolce da caffetteria, semplice o ripieno di crema o panna montata: è ottimo mangiato tal quale, tuttavia il maritozzo con panna è il complemento ideale del cappuccino mattutino delle tipiche colazioni romane.
Il contributo di due mie amici su Facebook
(Alberto Grasso) "Questi dolci maritozzi sono detti anche quaresimali, poiché erano l'unica golosità concessa ad adulti e ragazzi in periodo di quaresima e venivano confezionati in ogni casa e panetteria romana. Il termine maritozzo, formatosi da marito con l'aggiunta del suffisso "ozzo", alternativo in senso scherzoso ed ironico, è dovuto, secondo alcune interpretazioni, al fatto che, quando questi dolci erano preparati e permessi solo nel periodo quaresimale, mariti ed amanti ne solevano fare dono alle loro donne nei venerdì di marzo, in pegno di rinnovato amore. Non manca chi (Belli e Seriani) vi ravvisa chiare simbologie sessuali, non infrequenti nelle forme di dolci e di pane sin dall’antichità, come, apprendiamo anche da Marziale che rimprovera a Lucus di scegliere per la sua amante i panetti più prelibati e confezionati in forme assai poco castigate. Sempre Marziale cita poi delle paste dolci, molto simili agli odierni maritozzi, le "adipata" preparate dal "pistor dulciarius" e servite alle "secundae mensae" (all'incirca il nostro dessert), assieme a frutta secca".
(Elina Grasso) "... a casa mia quando ero piccola chiamavano così la classica treccina con lo zucchero... Infatti, facendo una piccola ricerca su Google trovate questa variante"!