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24 gennaio 2013 4 24 /01 /gennaio /2013 11:46

fake(Maurizio Crispi) Navigando nella rete e soprattutto frequentando i social network ci imbattiamo sempre di più nella parola “fake”, nel senso di oggetti e persone che vengono bollate con tale appellativo.
Nel gergo di Internet, e in particolare di comunità virtuali come newsgroup, forum o chat, un fake (dall'inglese per "falso", "posticcio") è un utente che falsifica in modo significativo la propria identità.

In contesti basati sull'anonimato e sull'identificazione attraverso nickname, tale falsificazione non ha in genere a che vedere con l'identità in senso stretto (comunque ignota), ma ad alcune caratteristiche importanti della persona. Così, per fare un esempio, verrà giudicato fake chi partecipa ad una discussione in cui siano coinvolti elementi di medicina fingendosi un medico (o un malato); chi frequenti un sito di incontri romantici fingendosi un esponente del sesso opposto; chi si introduca nelle discussioni di un gruppo con un certo orientamento politico, religioso, (o altro), limitandosi a fingere di condividerne i valori.
Un caso particolare di fake è l'utente che finge di essere un certo altro utente più o meno noto alla comunità, assumendone il nickname allo scopo di ottenere qualche vantaggio o di operare contro la reputazione del "proprietario" usuale del nickname stesso.
Altri ancora fingono di essere persone famose, e così via.

Uno degli episodi più celebri inerenti al fenomeno dei fake avvenne nel 1982-1983 sulla chat americana di CompuServe, ed è ricordato col nome "AlexAndJoan" ("Alex e Joan"). Alex (nella vita reale un riservato psichiatra cinquantenne di New York) si spacciò a lungo per Joan, una donna muta, neuro-psicologa altezzosa e antireligiosa, divenuta paraplegica in seguito ad un incidente stradale.
La sua spiegazione fu che il suo era un esperimento messo in atto "per poter meglio relazionarsi con le proprie pazienti".
L'impostura andò avanti per due anni e "Joan" divenne un personaggio assai dettagliato, con una complessa rete di relazioni emotive: la storia finì solo quando "Joan", coinvolse un amico conosciuto online in un incontro con Alex. Anche quelli che conoscevano poco Joan si sentirono coinvolti (e in qualche misura traditi) dall'inganno di Alex. A molti di quelli che “vivono” nel mondo online piace pensare di essere una comunità utopica del futuro, e l'esperimento di Alex ci ha dimostrato che la tecnologia non è una difesa contro le truffe.

Il termine Fake, peraltro, diventa anche un modo per descrivere un modo di essere e di relazionarsi: "essere fake" è un modo per dire "essere fasullo".

Nelle reti sociali, ci si incontra e ci si conosce in contesti che prescindono dalla vita reale: quasi esclusivamente si sta dentro l’universo sintetico.
Molti costruiscono di se stesso un profilo interamente “fake”, presentandosi per altro da quello che sono.
Donne che, in realtà, sono uomini (come il caso - testé citato - di Alex and Joan), uomini che si spacciano per donne, trans o travesta si presentano come donne, singole che dichiarano di essere una coppia, etc. etc. e si potrebbe snocciolare una casistica di tipologie fake pressoché infinita.
I nodi vengono al pettine, quando si decide di uscire a far due passi fuori dall’universo sintetico, quando si cerca di incontrare nella realtà una delle persone che si sono incontrate in rete e, aall'improvviso, traumaticamente, si scopre che la persona cui abbia dato un appuntamento era in realtà un “fake”. In questi casi, a parte la "doccia fredda" del duro impatto con la realtà - l’incontro rischia di trasformarsi in un flop oppure di avere degli inaspettati (e a volte) sgradevoli sviluppi.
Quindi, proprio per effetto dell’utilizzo - sistematico o involontario – del fake, gli incontri (desiderati, invocati, promossi) finiscono con l’essere una trappola deludente che conferma nei più l’idea che il confronto con la realtà è deludente ed insidioso e che sia meglio, tutto sommato, stare dentro i confini dell’universo virtuale.

Per esempio, uno dei miei contatti in una rete sociale così scirve, scottato da un incontro avvenuto poco prima nella realtà, così scrive:

 

angeles-caidos-de-pablo-gallo(Anonimo) Ci si conosce qua [dentro FB], poi la chat di facebbok, poi le mail... Poi, una foto, … poi ancora altre due foto… E, in un ulteriore upgrade, si arriva allo scambio del numero di cellulare. Si fanno quattro chiacchiere, una bella voce, tante belle parole.... Poi, a questo punto, si decide di conoscersi di persona. Mi sposto da Malpensa a Como... Seduto in un bel bar... Assaporo l'attesa... Poi,  squilla il telefono… Una voce – quella voce -  mi dice: Sono qua di fronte al bancone del bar!
Mi volto... E… Delusione! Ma chi cazzo é?

Perché certe persone non riescono a farsi vedere per quello che sono, belle o brutte che siano? Che bisogno c'è di mandare o di mostrare foto fake? 
Io non capisco e, purtroppo, non riesco ad adeguarmi!

 

Quando si frequentano i social network, c'è sempre il rischio di imbattersi nella falsificazione, non c'è dubbio.
A volte, si tratta di falsificazioni spudorate, come nel caso riportato sopra, nell’esperienza diretta del mio contatto.

A volte si tratta di contraffazioni più sottili e meno deliberate: a volte le immagini, anche se vere, possono mentire sulla persona che rappresentano, o perché si riferiscono ad un periodo precedente, o perché sono state fotoshoppate, o perché hanno un taglio particolarmente accattivante.

D’altra parte, anche quando uno non mente su se stesso e mette le proprie immagini reali, non è detto che, poi, nell'incontro, si attivi un feeling o che si ritrovi quel feeling che si era ritenuto di sperimentare nel contatto attraverso la messaggeria private o nella conversazione telefonica e che, a ben guardare, era solo il risultato di un costrutto (che ci porta a vedere soltanto ciò che vogliamo vedere e a dare risalto a ciò che riteniamo significativo, spesso soltanto sulla base di un nostro percorso proiettivo.

Io ritengo che, fatte salve determinate garanzie, bisogna essere disponibili alle incertezze dell'incontro reale, quando si decide di uscire fuori dall’universo sintetico.

Del resto è così, quasi fosse una legge ferrea: quando si esce dalla dimensione delle relazioni virtuali per entrare nel mondo reale, si deve necessariamente accettare il rischio che qualcosa non funzioni a dovere.
Esci dal tuo guscio e ti esponi indifeso: sarai davanti ad una persona reale, con le sue caratteristiche, con i suoi pregi e con i suoi difetti.

E, se la persona che incontri non ti piace, non è detto che tu sia stato ingannato: semplicemente quella persona non ti piace.

Una volta - molti anni fa (molto prima che esistesse FB) ho incontrato nella rete una donna che abitava su al Nord, abbiamo conversato a lungo, ci siamo sentiti un paio di volte al telefono, abbiamo preso un appuntamento, ci siamo incontrati, siamo andati a cenare assieme, abbiamo chiaccherato... E poi non è successo nulla.

Non è scattata quella scintilla: pelle a pelle, la cosa non ha funzionato.

Non che lei avesse qualcosa di sbagliato o che non fosse attraente o gradevole, ma semplicemente non è scattata quella scintilla.
Ci siamo salutati, alla fine della serata, e tutto è finito lì.

E non è che io mi sia sentito ingannato, turlupinato o incazzato perchè avevo fatto un viaggio a vuoto, o quant'altro.

Come succede nel caso degli incontri sin dall'inizio sotto l'egida del reale, anche in questa circostanza, si pote constatare nel confronto diretto che, al di là di tutti i costrutti e delle speculazioni immaginative, non c'erano le premesse (quelle vere e fondamentali) per un rapporto "reale".

Assodato questo, non ci sentimmo più.

L'incontro reale spazza dalla strada tutte le finzioni che derivano da ciò che noi vogliamo vedere nella persona che supponiamo ci interessi e che vogliamo incontrare...

E, quindi, alla lunga, l'incontro nella realtà è la vera cartina al tornasole: necessario e indispensabile.

Il rischio, altrimenti, è quello di prendere a vivere in un universo di relazioni "fake"... e di rimanere impriogionati in una finzione che in parte noi stessi abbiamo contribuito a costruire.





Per un approfondimento sul termine Fake

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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