Sarà presentato martedì 15 aprile alle ore 18,30 alla libreria Modusvivendi di Via Quintino Sella 79 (tel. 091323493) il libro "Lampaduza" di Davide Camarrone (Sellerio). Con l'autore ne discuteranno Matteo Di Gesù e Fulvio Vassallo Paleologo.
(Maurizio Crispi) E' un libro coraggioso e accorato quello di Davide Camarrone, dedicato ai migranti ead un'isola che che qui, in accordo con la più antica pronuncia, viene chiamato appunto "Lampaduza".
Un libro di denuncia delle inadempienze, dei pressapochipismi, dell'immobilismo sospettoso delle istituzioni e sugli effetti di normative di legge, assolutamente inique.
Un'isola Lapaduza che sta andando alla deriva e che forse dovrebbe farsi dice Camarrone "meno terraferma e più isola", un'siola che è stata nei secoli di transito e di approdo di genti diverse e che adesso è diventato il luogo simbolo di "porta dell'Europa" per le migliaia di disperati che arrivano dall'Africa ed anche - adesso - dalla Siria.
Una storia punteggiata di morti, di iniquità e di ingiustizie, di omissioni e di silenzi.
Ma è anche un libro di denuncia di certa stampa e di certo giornalismo sensazionalistico.
"C'è dà tutto per scontato, semplificando quel che accade secondo una simettria standard: da una parte, i migranti violenti e, dall'altra, i lampedusani abbandonati e stanchi; oppure, i migranti sfiniti e i lampedusani insensibili. Di qua o di là. Bianco o ner, senza alcuna sfumatura di grigio.
C'è chi, lasciandosi scivolare fino in fondo al crepaccio dei luoghi comuni, dove prospera il giornalismo contabile, ne scrive in occasione di una tragedi, elencando morti e sbarchi: oggi cento, ieri cinquanta, un anno fa un milione: aumentano, e che fine faranno, e l'isola è invasa..." (p.100).
una denincia contro questo modo di far giornalismo che è poi quello che interessa ai politici, perchè attraverso questo tipo di notizie, possono pilotare ciò che a loro interessa e che è il consenso.
E' infine un libro che, nel denunciare quel tipo di giornalismo, obsoleto, allineato e non coraggioso, ne mette in evidenza un altro, moderno ed agile, quello in cui la notizia si fa mentre i fatti accadono, attraverso l'uso del telefonino e della connessione ad internet.
Ed è stato così che il dramma umano di Lampaduza è venuto fuori, quando si sono verificate in meno di 10 giorni una dall'altra due imponenti tragedie del mare tra il 3 e il 13 ottobre 2013 e quando il video girato dal profugo Khalid per mezo del telefonino ha fatto il giro del mondo, dichiarando - urlando -le condizioni disumane in cui si travano a vivere i profughi nel centro di prima accoglienza di Lampaduza (o detenzione? - si chiede l'autore).
Quello che era nato come un diario di impressioni e di piccole note quotidiane, rimasto poi dormiente dormiente nel PC, in cui l'autore andava mettendo giù le sue riflessioni e i suoi pensieri, è diventato così - proprio a partire da quei fatti un intenso reportàge.
E, in fondo - ma proprio al fondo - rimane la speranza che qualcosa nella tragedia possa cambiare.
"Non temere, amico, arriveremo a Lampaduza in un baleno" (p.101).
Ma, forse, i naufraghi siamo noi, gli Italiani dei prossimi anni, conclude l'autore.
Anche se per fortuna, a darci la possibilità di un riscatto, ci sono stati e ci sono stati - uomini e donne di buona volontà e i lampedusani -non quelli delle istituzioni, ma i cittadini - capaci di gesti di pietas e aperti all'empatia.
E' un diario-reportàge che tutti coloro che vogliono vedere in una maniera diversa la questione di Lampedusa dovrebbero leggere.
E' un libro che getta molti sassi nello stagno dell'indifferenza e della disinformazione, ma anche dei luoghi comuni triti e ritriti, quelli a cui ci abituato la televisione pubblica, narcotizzandoci: e l'autore fa questo attraverso brevi frasi lapidarie che suscitano molti interrogativi e li lasciani aperti, in attesa di risposte oppure di un'assunzione di responsabilità più ferme da parte di coloro che, per ruolo istituzionale, dovrebbero assumersele. Per esempio, - egli dice - che fine hanno fatto i molti minori, arrivati sui barcni, senza genitori e scomparsi senza lasciare traccia? (ib. p. 113).
E Lampaduza è, per questo motivo, anche un'accorta ed intensa testimonianza.
Infine, in un'epoca come la nostra, in cui il giornalismo di cronaca tende a dimenticare, andando alla ricerca di notizie ad effetto, le parole di Camarrone invitano ad una pensosa riflessione e all'approfondimento, attraverso il rimando ad altri testi che pure viene voglia di leggere (come possono quello di Paolo Cuttita (Lo spettacolo del confine, Mimesis, 2012) o il non recentissimo ma di una straziante, libro inchiesta di Giovanni Maria Bellu, I fantasmi di Porto Paolo (Mondadori, 2004) che quando uscì squarcio un velo di colpevole silenzio su una delle più grandi tragedie del mare di questi anni di migrazioni.
E, in questo senso, è di supporto al lettore curioso (ed indignato), un ricco apparato di note che integrano ciò che in un testo diaristico non può essere collocato ma che ha una grande importanza per l'ampliamento e l'articolazione del punto di vista offerto.
Un diario e un reportage, scritto con i piedi piantati in quella terra senza un albero e lo sguardo volto al resto del Mediterraneo, all’Italia e all’Europa. Racconta insieme e per piani comunicanti tutto ciò che nell’isola si è intersecato negli anni più terribili quelli in cui Lampedusa è stata contemporaneamente la capitale dei diritti umani e ha provato a suicidarsi.
(Dal risguardo di copertina) "I migranti potrebbero sbarcare a Pantelleria, più vicina all'Africa, o in Calabria, o nel Canale di Otranto. E invece scelgono Lampaduza. Perché mai? La risposta è che Lampaduza è un confine deciso dal libero arbitrio politico e sociale ed ha assunto un significato simbolico e un ruolo concreto. A Lampaduza hanno messo in scena la frontiera: lo spettacolo della migrazione. Ma è dai confini, così come dalle prigioni, che si giudica uno Stato". Il 3 ottobre 2013 davanti alle coste dell'isola è accaduto il più grave incidente della migrazione per numero di vittime.
Questo libro comincia un anno prima, quando l'autore, giornalista Rai, si recò sull'isola per lavoro; ed è un racconto, un diario e un reportage, scritto con i piedi piantati in quella terra senza un albero e lo sguardo volto al resto del Mediterraneo, all'Italia e all'Europa. Racconta insieme e per piani comunicanti tutto ciò che nell'isola si è intersecato negli anni più terribili, quelli in cui Lampedusa è stata contemporaneamente la capitale dei diritti umani e ha provato a suicidarsi. L'autore lascia salire alla memoria spunti diversi: il Mediterraneo, mare di naufragi segreti e guerre navali nascoste, di volti e di figure, narrato assieme alla grande migrazione, alle rivolte del Maghreb, agli accordi sciagurati con Gheddafi per i respingimenti, alla Sicilia rete di basi militari, alle vite quotidiane di migranti, al succedersi di sindaci e traversie di politicanti, a piccoli miti e storie lontane.
Davide Camarrone (Palermo, 1966) è giornalista della Rai a Palermo, e autore di romanzi, testi teatrali e saggi. Ha scritto il soggetto e la sceneggiatura di «Ce ne ricorderemo di questo pianeta», un docudrama dedicato a Leonardo Sciascia. Con questa casa editrice ha pubblicato Lorenza e il commissario (2006), Questo è un uomo (2009), I Maestri di Gibellina (2011), L'ultima indagine del Commissario (2013) e Lampaduza (2014).
Al termine della presentazione presso Modus Vivendi ci sarà - come di consueto - una degustazione di vini offerti da Tasca d'Almerita, sponsor di cultura.
Sponsor tecnico: TheHotelSphere - Hotel Plaza Opéra e Hotel Principe di Villafranca - Design Hotel a Palermo - www.thehotelsphere.com