Le note che seguono, alquanto impressioniste, raccontano della mia prima ed unica visita del Centro Commerciale Forum a Palermo che, già alla fine del 2010, ha dato la stura all'operazione dei grandi centri commerciali di nuova (ed ultima) generazione della Sicilia, sia occidentale sia orientale, che da allora nascono e crescono come funghi (vedi, ad esempio, nel Palermitano, il Poseidon oppure quello voluto da Zamparini), creando seri problema di viabilità nelle zone in cui sorgono, ma soprattutto - con le loro offerte al ribasso - un effetto "strangolamento" sui piccoli commerci a gestione familiare, sia nelle periferie sia nei centri cittadini.
I Centri commerciali rientrano secondo me tra quelle cose rubricabili come "circenses" nella famosa frase latina "panem et circenses".
In verità, la formula del successo è nel fatto che la maggior parte della gente gode autenticamente di questa possibilità che è a lei offerta.
In genere, si va al centro commerciale, per "stare", per passeggiare, per guardare, riempiendosi gli occhi di cose che magari non si compreranno, per mangiare qualcosa a basso prezzo, per stare al fresco nelle torride giornate d'estate con l'aria condizionata sparata a tutto volume oppure per stare al caldo, mentre negli spazi piuttosto ampi e senza traffico i più piccini possono scorrazzare liberamente.
Non ho grande simpatia per i Centri Commerciali, perchè come tutto ciò che viene disseminato nella realtà come intrattenimento consumistico (appartenente alla categoria dei "circenses": come i giochi, gli sport, le trasmissioni televisive a basso livello culturale) servono ad ottundere la coscienza delle masse e spingono sempre di più verso una voragine di non pensiero. Ma lascio ad altri approfondite analisi sul pericolo a cui portano i grandi centri commerciali, pensati unicamente in funzione della speculazione e del guadagno di pochi soltanto alprezzo dell'erosione progressivo delle piccole imprese.
La mia - come dico in premessa - è un'analisi impressionista, un racconto in soggettiva delle mie impressioni, filtrate attraverso i miei personali vertici di osservazioni trasudanti bieca soggettività.
In ciò che ho scritto, ci sono - ovviamente - tutte le mie antipatie e le mie convinzioni personali, che inevitabilmente entrano nella costruzione della mia griglia di osservazione.
Lo scritto è indubbiamente una nota diaristica, ma anche un reportage "gonzo", per alcuni versi, visto che io ero là, in quel momento, mescolato alla folla, "mi stavo sporcando" nel contesto del centro commerciale, per quanto il mio obiettivo di quel giorno fosse solo di andare al cinema e, per me, si trattata soltanto di ingannare l'attesa sino all'orario di inizio del film...
Comunque, mi sento di sottoscrivere che in questi luoghi c'è molto dei"non luoghi" di foucaultiana memoria, spazi senza memoria e senza storia, senza sedimentazioni identitarie... e senza possibili evoluzioni se non quelle dettate dall'offerta del mercato. Anche se come commenta una mia lettrice su FB (Maria Rosa Tarantino): "Anche i non luoghi adesso sono luoghi. Questa in particolare è stata domanda di esame a Geografia in Antropologia Culturale: portai delle foto di Disneyland in California, e la professoressa convenne con me sull'idea che i non luoghi, ora arricchiti dalle anime, energie, sentimenti speranze e tristezze di chi li popola ora sono luoghi, luoghi del post-moderno....non solo space, ma place, secondo una distinzione lessicale che l'inglese rende ottimamente".
Ahhhh! Questo è allora un centro commerciale!
Vedo dappertutto gente contenta, felice...
Girovagano, acquistano mangiano e, se non possono spendere, si riempiono gli occhi e anche questo è funzionale al consumismo...
Riempirsi gli occhi di novità tecnologiche, di aggiornamenti della moda o di "beni per il corpo" serve ad alimentare il desiderio che domani spingerà a consumare...
E, poi, magari, anche se le tasche sono semivuote, qualcosa - anche per pochi soldi - si finisce comunque con il comprarla, perchè l'offerta è buona o la seduziione ammicante del bene esposto è rirresistibile.
All'interno del complesso, si sviluppa una vera e propria rete viaria con fantasiose denominazioni ittiche: come "via del granchio", "via dell'aragosta", "piazza delle barche"...
Un'enorme quantità di negozi ed esercizi commerciali si dispiegano davanti ai miei occhi esterrefatti (sembra che in tutto ce ne siano 125!!!).
All'ingresso ci sono addirtttura, in buona evidenza delle grandi mappe su cui orientarsi e con l'evidenziazione degli itinerari da seguire.
Al grande spazio interno, articolato in vie e piazze, si accede attraverso tre grandi ingressi principali: rispettivamente "Ingresso polipo", "Ingresso barche" e "Ingresso aragosta"...
Si intravede in questo un lodevole sforzo - e sfoggio - di fantasia in questo: forse visto che siamo in Sicilia, si è voluto fare riferimento al nostro patrimonio ittico-marino.
L'impressione dominante, anche per questo, è di posticcio e di artificiale, a partire dalle finte finestre che sormontano i negozi per dare ai peripatetici tristanzuoli l'impressione di camminare tra vere case.
Per non parlare poi dell'allegria dei frequentatori che sa di finto e di posticcio.
L'impianto di climatizzazione è sempre funzionante d'inverno e d'estate, sparato a pieno regime.
Si respira un'aria artificiale che non sa di niente: eppure, si avvertono mescolati tra loro tutti quei sentori che si respirano nei supermercati alimentari. E sempre quel sentore di pesce, sull'orlo del marciume, che pur tenue ti spinge verso l'orlo della nausea.
La colonna sonora è un brusio continuo, voci che si mescolano, tintinnio di tazze, bicchieri e piattini, i bip bip dei videogiochi, musiche dissonanti che si sovrappongono perché molti degli esercizi hanno una propria colonna sonora e non c'è dietro nessun progetto, se non quello insensato di una babele sonora
In giro - nei piccoli boulevard pedonali - poche panchine, gente in sosta attorno ad una fontana chioccolante-zampillante, sempre quel sentore ammorbante di pesce (sarà perché le vie portano i nomi di creature marine?), zaffate di aria fredda che si insinuano sotto la T-shirt, ragazzini che, giocando, urlano quasi a lacerarti i timpani
Tutto è fatto per condurti in giro, facendoti annegare, soffocare, crapulare in un mare di stimoli, proposte, sensazioni e tentazioni, tutto in proporzioni pantagrueliche tali da occludere la capacità di elaborazione autonoma, uccidendo - in definitiva - il pensiero, se quella capacità di pensare non è già morta a causa delle TV, prima di entrare qua dentro.
E se non si consuma (nel senso di comprare), si mangia e ci si riempie il ventre indulgendo a quella che altro non è se non un'altra - non meno letale - forma di consumismo.
Anche qui l'offerta é sovrabbondante, ridondante: si arriva ad una "piazza gastronomica" dove si apre una sfilza di locali che offrono tutti più o meno la stessa cosa, con molte varianti dello stesso copione (che è "bere, mangiare, consumare, avendo l'illusione di spendere pochi soldi").
E citiamo per divertirci un po' i fantasiosi nomi di alcuni di questi esercizi, alcuni rivelatori di una vena esotico-americaneggiante: Old Wild West, Centopanini, Villa Pizza, Stuzzico, Paradice , Lavazza Espression, Sea Food, Segafredo Zanetti, Rossosapore, Rossopomodoro Pizze, Di Martino Panineria, etc etc
Fuori, in un edificio a parte, c'è "Il Baglio", dove sono raccolti alcuni locali per una ristorazione più di qualità, come I Fratelli La Bufala pizzaioli emigranti e E Burger King. E Mangiafuoco
Si nota, nel complesso, un tragico livellamento al basso.
Griffe sí, ma di quelle a prezzi popolari. Ma - udite udite - c'è anche un punto vendita della rinomata Libreria Flaccovio, ma se fate un giro tra i banchi d'esposizione potete notare che, in prevalenza sono esposti soltanto best-seller ed esemplari librari di bassa cultura popolare, manualistica e cose così, insomma.
Anche qui, quindi, la cultura è venduta a basso prezzo e l'oggetto-libro è svilito alla sua dimensione puramente commerciale e consumistica.
Nel complesso, mi è sembrato di aver fatto una rapida e veloce full immersion in un dispositivo per distogliere dal pensare e per indurre le persone ad agire a cortocircuito, bypassando la mente. In fondo, nei centri commerciali si è schiavi, mentre si pensa di essere liberi, tutto il contrario dello slogan che Forum palermo propone nel suo sito web: "Sei libero Sei a Forun Palermo".
Se non altro, in un caloroso giorno estivo (esattamente nel pomeriggio di Ferragosto di ben due anni fa) ho tratto occasione per stare un paio d'ore ben refrigerato, in attesa di entrare in una delle sale cinematografiche.
Foto di Maurizio Crispi