(Maurizio Crispi) Leggendo la “La strada delle Croci” di Jeffrey Deaver (RCS Libri, nella traduzione di Viola Alberti, p. 79) mi sono imbattuto nel neologismo (coniato evidentemente, con una certa abilità, dalla traduttrice) di “escribizionista”, che secondo il testo originario è "colui che tiene un diario personale on line" (o che - aggiungerei io - scrive molto di sè in uno qualsiasi dei tanti social network).
La parola mi è sembrata molto calzante e azzeccata, a dir poco suggestiva, proprio per le assonanze tra "scribacchino" ed "esibizionista" (come peraltro rilevato dall'autore della piccola nota in www.neteditor.it), che rimandano ad alcune delle non-qualità che sembrano possedere i molti frequentatori (ed utilizzatori) della rete.
La parola è a tutti gli effetti un neologismo, tanto che non ne esistono tracce nel web (effettuando una ricerca con Google), se non per i rimandi allo stesso testo di Deaver nella sua traduzione italiana e ad una chiosa nel sito web che citato subito prima.
Peraltro, il romanzo in questione di Deaver prende in esame i rapporti tra realtà virtuale e realtà vera e i meccanismi in base ai quali dei reati possono essere perpetrati e degli omicidi compiuti da personaggi che agiscono nel mondo reale in continuità con le finzioni e gli artefatti della rete, passando dal doocing online a forme di persecuzione e vessazione vere.
Si tratta di un tema molto interessante proprio per questo motivo, poichè pone delle interessanti questioni: un esempio brillante dei modi - come osserva il citato commentatore della rete - in cui autori di bestseller possono offrire analisi delle tendenze odierne che gli scrittori mainstream (i rappresentanti blasonati della letteratura "alta") non riusciberebbero mai a rappresentare con la stessa lucidità.
Allora, si potrebbe dire che oggigiorno siamo tutti degli "escribizionisti", dal momento che tutti coloro che frequentano la rete, i social networrk e i blog, immettono se stessi e i propri pensieri quotidiani nel mondo virtuale e che, in una certa misura, tutto ciò che vi immettono è "per sempre", almeno sintantochè rimarranno in piedi il World Wide Web e la Blogosfera (o blogsfera), con il quale neologismo (calco dell'inglese blogosphere o blogsphere) si indica, nell'ambito di internet, l'insieme dei blog (o diari in rete) caratterizzati dalla forte interconnessione: i blogger (o blogghisti o blogonauti) leggono i blog altrui, li linkano (creando dei collegamenti), e li citano nei propri post (messaggi). A causa di ciò i blog fra loro interconnessi hanno sviluppato una propria cultura.
Nel termine "blogosfera", in cui si può, peraltro, notare una certa assonanza con il termine biosfera, venne coniato coniato il 10 settembre 1999 da Brad L. Graham e successivamente fu "riscoperto" nel 2001 da William Quick.
Vi è a volte un senso di futilità, nel leggere certi commenti umorali e/o aggressivi da cui si scatenano dei tread che a poco a poco presentano delle derive inarrestabili che nulla hanno più a che vedere con il post originario.
Tuttavia, non sono d'accordo nel bollare tutti quelli che scrivono in rete come degli "esibizionisti della parola scribacchiata".
Penso che, a ben cercare, nella rete si possano trovare degli esempi di scrittura creativa di grande valore, oppure delle fonti di informazioni in tempo reale che nulla hanno da invidiare al migliore giornalismo della carta stampata.
In questo senso, la blogosfera - ed anche, con i debiti distinguo, le reti sociali - danno un contributo fondamentale a quelli che si definiscono i "new media".
(da www.neteditor.it) Deaver è un autore che si occupa spesso del rapporto tra mondo reale e virtuale (“Deep Blue”, “La finestra rotta”); non so se abbia inventato lui questa parola (non credo); certo descrive bene e sinteticamente un fenomeno. Sarebbe bello se se ne diffondesse l'uso (ma è più facile che si diffonda l'uso del corrispondente termine inglese, quale che sia).
Anche un sordo (onore alla traduttrice!) sente nella parola in questione l'eco delle parole “scribacchino” ed “esibizionista”; personalmente, ho sempre pensato che il predominio della diaristica e dell'autobiografia più o meno romanzata, come il culto acritico dell'emotività, siano uno dei mali della scrittura in rete (forse il principale). Lui ha espresso meglio di me, insomma, quello che pensavo io. Credo sia un altro esempio di “sincronia” o di “risonanza” tra autore e lettore
Questa parola descrive, in modo credo più efficace di molti saggi, un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti. Non è consentito, se non si vuole ridurre il proprio pensiero ad un coacervo di slogan e formulette, fermarsi ad esse, ma certo [questo neologismo] è un buon inizio. Ciò dimostra, a mio parere, che i così facilmente disprezzati (ma non dai lettori...) autori di bestseller hanno una capacità di penetrazione della realtà superiore a molti intellettuali – senza dubbio superiore a quella che molti intellettuali ritengono che essi possiedano.