Sono seduto su una panchina, circondato da numerose valigie.
Una bella panchina di legno, comoda, con le assi che servono da seduta e spalliera, un po' distanziate tra loro, consunte per via della lunga esposizione agli elementi.
Cosa ci faccio lì?
Non so...
Forse sono reduce da un viaggio o, forse, sono in partenza.
Ma il viaggio si è bloccato nella sua evoluzione
Come se il tempo si fosse fermato.
Non mi posso allontanare, naturalmente.
Sono da solo: del resto, a chi potrei affidare le valigie?
Se le lasciassi incustodite, arriverebbe per certo qualcuno a confiscarle.
Sono troppe perchè possa portarle con me agevolmente, ed anche troppo - innaturalmente - pesanti.
E queste valigie sono come il gonnellino di Eta Beta.
Avvengono delle cose, arrivano persone, parlano con me, stanno, se ne vanno.
Mi capita di tirare questo e quello fuori dai valigioni, perfino uno spazioso tavolo da the, il mio laptop, libri e quant'altro, anche dei bei libri d'arte piuttosto voluminosi, per non parlare poii della mia attrezzatura fotografica
Tutto va avanti e le cose si fanno sempre più complesse, ma io non posso mai allontanarmi dal mio piccolo mondo che è quella panchina: tuttavia è un mondo che - con le interazioni che mi offre, con gli incontri e con la possibilità di lavorare al PC - si fa sempre più complesso e variegato.
Poi, all'improvviso, si azzera tutto e devo ricominciare daccapo, nella stessa sequenza.
Seduto su quella panchina circondato dai miei grossi valigioni, da solo.
Stesse situazioni, stessi personaggi, stesse interazioni. Nella mia attrezzatura non vi sono indumenti di ricambio, nemmeno un paio di mutande pulito. Ad ogni inizio sono vestito in un modo diverso, ma sempre a modo mio.
Ma non è tutto totalmente deterministico: in ogni nuova sequenza, posso attivare una nuava ed inedita serie di azioni, ma una volta fatto ciò, questa nuova serie di azioni dovrà avvenire anche successivamente.
Sicchè si attivano diverse linee temporale e io mi divido in due, tre e quattro, e ancora di più: e ciò accade ogni qualvolta aggiungo una variante alla sequenza originaria.
Ma io - assieme uno e centomila - sono sempre seduto su quella panchina, impossibilitato ad andarmene, per quanti tentativi io faccia.
Una volta sono arrivati dei tassisti e si sono fermati a chiacchierare, fuori dai loro mezzi, accanto a me. Dopo quella volta sono arrivati sempre.
Ogni volta, io chiedo loro se sarebbero così gentili da custorire il mio bagaglio (ancora, per questa volta, non disfatto) nei capaci bagagliai delle loro auto in modo da consentirmi di allontanarmi per andare a cercare qualcsa di cui sento di avere urgente bisogno, ma mi rispondono accigliati che non possono in alcun modo. Il portabagagli deve rimanere libero per i loro clienti: li ascolto un po' deluso. "Come possono essere così insensibili?", penso tra me e me, comprendendo di essere profondamente invidioso di quelle persone che hanno piena libertà di andare e venire dove gli pare, anche se - per contro - a me è data la possibilità di attivare sempre nuove linee temporali, che - pur non potendo mai essere infinite - mi offrono caleidoscopiche possibilità e nuovi orizzonti da poter esplorare sempre stando seduto o sdraiato sulla mia panchina.
La mia è una "panchina di Babele", ma anche una "panchina dei destini incrociati", panchina "a tempo" e dei paradossi temporali, infine panchina di Escher.
Mi piace questa panchina... perchè da essa posso partire per compiere infiniti viaggi, ogni volta nuovi.