(Maurizio Crispi) Ho scritto queste riflessioni, ancora a caldo, poche ore dopo aver assistito/partecipato al grande concerto di Bruce Springsteen allo stadio Meazza di Milano (lo scorso 7 giugno 2012), uno dei due appuntamenti italiani della sua recente tournée europea "The Wrecking Ball Tour", iniziata un mese prima a Siviglia.
Nei concerti pop, rock e quant'altro, di quelli che attivano grandi masse, si attiva invariabilmente una grande liturgia che si ripete sempre immutata, con delle variazioni che riguardano lo specifico carisma del gruppo o della popstar che in quel momento si esibisce.
In questa nostra epoca, poco propensa alle manifestazioni di trascendenza, si crea qualcosa che ha a che vedere con una forma di religiosità "laica"...
Questa liturgia che, in taluni momenti, diventa sacralità e comune afflato, si origina dall'enorme flusso energetico che si muove da una massa di individui fotemente coesa e la cui attenzione è fortemente orientata in un'unica direzione, facilitato dalla polarizzazione dell'attenzione e delle emozioni verso un unico punto focale che è il palco in cui avviene la performace dei musicanti/cantanti, governato in genere da un leader che diventa, a tutti gli effetti un sacerdote officiante o, forse, ancora di più, uno sciamano che assicura il contatto tra la Terra e il Cielo.
E tutto questo si vede nel movimento ondulante e sinuoso dei corpi, adattato plasticamente/creativamente al ritmo della musica, nel levarsi al cielo delle braccia all'unisono, nello scuotimento delle mani quasi fossero foglie o steli d'erba piegati da un vento possente; nella ripetizione dei versi delle canzoni che sono state mandate a memoria grazie agli ascolti ripetuti, in momenti convenuti, quasi fossero formule rituali di una grande e solenne liturgia; nel fatto di saper rispondere con il versetto giusto quando il celebrante pronuncia determinate frasi o compiere certi gesti codificati in maniera sincrona all'evolversi della performance, fatti di segmenti ritualizzati e di altri che sono un cedimento all'improvissazione, ma pur sempre all'interno di un canone che è quello proprio del personaggio in scena.
Tutto rimanda quindi alla liturgia: siassiste ad una cerimonia in cui il leader del gruppo musicale che si esibisce o il singolo cantante è l'officiante e in cui tutti gli individui che compongono la grande massa vivente dell'audience sono i fedeli: chi fosse immerso nel bagno del mare di folla e avesse la capacità di entrare nei panni dell'osservatore, si accorgerebbe facilmente che i partecipanti al rito sono dominati dalla sensazione inebriante di far parte di un unico corpo vivente.
Si canalizza nei momenti clou della perfomance, ma pur sempre in un crescendo inebriante/spossante un'enorme quantità di energia che ascende verso il cielo: una senzazione ominosa, che può - a seconda dei casi - frastornare o inebriare, lasciando alla fine - dopo una full immersion nei flussi sonori e nelle vibrazioni violente che fanno tremare ogni cosa - una sensazione di confusione, di perdità del proprio sé, uno spostamento verso una stato "altro" di consapevolezza.
Detto questo, Bruce Sprinsteen possiede delle qualità di leader carsimatico sia del proprio gruppo musicale (a tutti gli effettti una big band) che produce delle corpose atmosfere sonore, complesse e variegate (dal rock puro, al folk con delle venature blues, alle ballate tristi e malinconiche, alle inflessioni tipiche del progressive con delle venature glamour grazie all'inserimento delle coriste, sino alla pura improvvisazione jazzistica dominata dalla sezione dei fiati tra cui un posto da primato spetta al Sax che prima era di Clarence Simons e ora è del nipote Jake, sia dello sterminato pubblico che si stende ai suoi piedi.
Bruce, e questo accresce l'effetto liturgico, se da un lato regola le orchestrazioni della band e stabilisce le interpunzioni e la punteggiatura del fraseggio musicale con un impeto che talvolta dà la sensazione che la musica scaturisca direttamente dal suo corpo intero, o dal suo braccio o dalla sua mano, dall'altro lato, attiva il pubblico, non lo molla un istante, lo invita ad interagire, sicchè una parte del concerto è determinato dalla partecipazione degli astanti con la ripetizione dei refrain quasi fossero dei mantra, dal movimento sincrono delle braccia che percorrono come un'onda la distesa della folla che diventa un unico essere in movimento, si direbbe un sincizio, animato da una mente comune e condivisa.
Bruce si muove di continuo: cende nello stretto camminamento tra il palco rialzato e le transenne dietro cui si accalcano i fan più convinti - quelli che conoscono tutte le frasi musicali e tutte le parole dei testi e che vanno visibilmente in delirio o che addiritturano anticipano gli incipit dei singoli pezzi.
Bruce li esalta, li conduce, gli dà il tempo, come un prete che durante la celebrazione di una Messa richiede con autorevolezza una partecipazione sonora di tutti gli astanti alla preghiera.
Bruce non disdegna - come è tipico del leader carsimatico - il bagno di folla: frequentemente, si avvicina alla transenne, tocca le mani che si protendono verso di lui, prende degli oggetti (un pupazzetto gonfiabile con l'immagine del suo volto applicato sopra assiem ad una sagoma di chitarra lo agita e lo mette a favore di telecamera come se ci fosse una totale identità tra lui in carne ed ossa e il pupazzetto (un momento con un inquietante risvolto voodoo).
Prende un salvagente gonfiabile con i colori della bandiera USA, con le stelle e con le stirscie E se lo mette attorno al collo.
Una ragazza gli presenta un cartello su cui c'è scritto "Can I Dance for Jake [ndr - il sassofonista]?" e la fa salire sul palco.
La ragazza lo abbraccia estasiata (e la colonna sonora di questo intenso momento è un grande clamore che si leva dal pubblico) e, poi, si muove verso Jake e comincia a danzare per lui - con lui - mentre Jake, a sua volta, si lancia in un'intensa improvvisazione (di grande emozione) e le immagini di questo happening vengono proiettate sugli schermi giganti, in modo tale che tutti sono sul palco assieme a Jake e alla ragazza. E, quindi, attraverso questo complesso di immagini (quelle vere e quelle virtuali, come in un gioco di specchi) la ragazza sta anche danzando per noi e noi siamo la ragazza che danza per Jake. Poi, quando la ragazza finisce, prima di uscire dallo spazio sacrale abbraccia Bruce che glielo lascia fare: é un abbraccio esaltante con baci sulle guancie.
Bruce prende dei bambini che si accalcano assieme ai genitori vicino alle transenne e li solleva in alto e li fa mettere in piedi sul palco, che - come ho già detto - é una sorta di spazio sacro: chi sale sul palco, viene immediamente investito delle qualità della dimensione rituale e della sacralità.alità.
Gli chiede qualcosa, gli chiede di parlare oppure di intonare le parole del refrain con il microfono davanti alle labbra.
Quella di Bruce è una partecipazione intensamente fisica, corporea: suda, ansima, alla fine della parte ufficiale del concerto, si butta a terra stremato e pare che sia stato preso da una sincope, con una mimica sanguigna fa capire al pubblico - al suo pubblico, ai suoi fedeli - che è stremato, che non ce la fa più, come uno sciamano che - alla fine dello stato di trance - è preso da una forma di debilitazione profonda e si abbandona ad un sonno profondo.
Eppure, poi si riprende e si scatena in un bis, tris e repliche interminabili che mandano la folla in delirio, perchè finalmente arrivano tutti i pezzi agognati, quelli del repertorio storico.
Una band fortemente coesa, il cui collante è dato dalle capacità carismatiche dello stesso Springsteen che, perfino nei corsi di formazione della dirigenza aziendale, viene preso ad esempio paradigmatico delle capacità della leadership detta carismatica.
Ha un'attenzione speciale nei confronti della band i cui componenti quasi mai se ne sono andati per dissidi e conflitti irrisolti: quelli che non ci sono più si sono ammalati o sono morti.
Ad un certo punto sul maxischermo alle spalle del palco sono state lanciate delle immagini in gigantografia proprio di quelli che non ci sono più. Grande emozione del pubblico e dello stesso Brucee, commosso quasi alle lacrime: come a dire "Diamo il giusto omaggio ai nostri morti".
I vivi e i morti: anche in questo c'è la tradizione e la storia di una band che sta attraversando quasi immutata, con una grande forza d'impatto, diversi decenni ed é ancora qui a suonare e a officiare questo solenne e trascinante rito laico.
Alla fine, quando l'ultimo bis, scandito dalla potenza trascinante della voce urlata di Bruce (ben diversa da quella che tira fuori quando canta le ballate) è stato suonato e gli ultimi fraseggi musicali hanno esaurito le loro vibrazioni, la band dopo essersi schierata sul palco per ricevere l'omaggio di tutti gli astanti è uscita di scena in fila indiana e Bruce, dopo aver dato una pacca sulle spalle a ciascuno (di affetto e di complimenti per aver fatto bene), è stato l'ultimo ad andarsene.
Il silenzio è calato sullo stadio, le luci si sono attenuate, i roadies si sono messi al lavoro per cominciare a smontare tutto l'allestimento di scena, il palco le strutture di servizio.
Le folla immensa si è diretta verso l'uscita, con uno scalpiccio di piedi, poche le voci, poche le conversazioni: prima di ricominciare a parlare bisogna recuperare un assetto più normale, ridiscendere in terra dopo essersi librati in alto in uno stato di semi-trance con i mantra delle canzoni con le preghiere urlate e cantate di Bruce, che sicuramente è uno dei pochi grandi leader carsismatici del rock (più in generale della musica) contemporaneo.
(8 giugno 2012, dalla rete) Bruce Springsteen entusiasma Milano: in 60.000 al Meazza. Sono passati 27 anni dalla prima volta ma lo stesso entusiasmo ha accolto Bruce Springsteen a San Siro, nella prima delle tre tappe italiane del «Wrecking Ball Tour». In 60.000 circa, dalle 20.40 alle 24.20, The boss ha scatenato un Meazza gremito con la sua E Street Band ha passato in rassegna tanto i brani più recenti quanto grandi classici come "Born in the USA", "Born to run", "Glory days" e "Hungry heart".
Partito da Siviglia il 13 maggio scorso, il 'Wrecking ball tour' vede l'autore di 'Born to run' girare accompagnato dall'inossidabile E Street Band celebrata tra le note di 'E street shuffle' e quella del compagno di sempre Little Steven, oltre che di un nuovo Clemons, che di nome fa Jack e che dello scomparso Clarence è il nipote.
Recensione Concerto Springsteen a Milano „Prima di intonare 'Jack of all trades', Springsteen ha ricordato qualche problema comune tra la sua terra e l'Italia. "In America sono stati anni molto duri, la gente ha perso il lavoro, che ancora oggi è pochissimo, oltre alle case. So che anche qui in Italia sono tempi difficili, e il recente terremoto ha contribuito a questa tragedia. Questa è una canzone per tutte le persone che stanno soffrendo"."
Foto di Maurizio Crispi
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