In corrispondenza di un piccolo slargo, l'occasionale visitatore si imbatterà un angolo che possiede indubbiamente delle qualità romantiche, ingentilito da un gruppo di tre panchine in legno e ferro, d'estate ombreggiate dal verde fitto di quattro o cinque alberetti che a me - adesso che sono ricresciute le foglie e s'intravedono i primi frutti formarsi - sembrano di gelso (mulberry tree).
Queste panchine sono quiete e riservate, spesso meta di fidanzatini alla Peynet, qualche volte mamme o nonne con nipotini.
Alcuni giorni fa ho adocchiato, seduta sulla panchina centrale delle tre, una donna, non giovanissima, ma di bell'aspetto, capelli curati e ben fatti, vaporosi, ben vestita,, scarpe eleganti con tacco a spillo che qui a Londra non è usuale vedere, specie durante la settimana lavorativa.
L'abito che indossava era un tailleur di colore scuro, dal taglio elegante: forse si trattava di una manager, dirigente o funzionario, di qualche ufficio nei pressi, non certamente una donna di casa uscita per far la spesao una comune impiegata.
Sembrava in attesa di qualcosa, più che di qualcuno: il suo essere seduta al centro della panchina avrebbe potuto segnalare indubbiamente che attendesse qualcuno a cui aveva dato (o da cui aveva avuto) un appuntamento e che voleva essere ben sicura che, all'arrivo di questo personaggio a noi ancora sconosciuto, sulla panchina potesse esserci ancora posto e che la seduta fosse solo per loro. Un'esclusiva panchina riservata per due, per un colloquio intimo, forse. Preoccupazione irrisoria, quella di volere la panchina tutto per sé e di volerlo segnalare, del resto, poiché il luogo - a qualsiasi ora del giorno - è ben poco frequentato.
Ma il suo essere bene al centro avrebbe potuto anche significare che la donna volesse asserire il possesso di quella panchina, evitando che chicchessia, trovando dello spazio libero, potesse sedersi accanto a lei. In ciò l'espressione di una forte volititività, l'abitudine ad essere assertiva, ma anche - emozionalmente - il desiderio di assaporare la propria solitudine, essendo - nei pensieri - in compagnia di qualcuno.
In un primo momento le sono passato davanti e ho notato che stava guardando il display del telefono mobile e che, d'un tratto, il suo volto si illuminava di un bel sorriso.
Quando ho rifatto il giro, tornando alle sue spalle in modo da poter fare le foto che volevo senza essere visto, mi sono accorto che portava il telefono all'orecchio e che parlava con qualcuno distante, con una voce quieta e tranquilla, dal bel timbro vellutato.
Poi, dopo aver parlato, ha ripreso a guardare il fiume, senza mostrare alcun segno di frenesia affaristica, in pace.
Tutto qua.
Gli incontri occasionali che si fanno con persone che nemmeno sanno di essere state oggetto di quell'incontro ad una direzione con un viandante-osservatore che se ne sta a guardare per qualche istante fuori dal suo campo visivo, rimangono come un enigma, un libro aperto di cui, a parte le pagine immediatamente visibili, il contenuto di quelle che precedono e seguono, né tanto meno il finale, rimangono del tutto sconosciuti.
Foto di Maurizio Crispi