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5 novembre 2013 2 05 /11 /novembre /2013 17:30

L'inserimento lavorativo dei disabili. In Sicilia, pur con una legislazione a favore, la strada da fare è ancora tutta in salita (Salvatore Crispi)Il Workshop sull'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, svoltosi a Caltanissetta il 25 settembre 2013, nella sede del CEFPAS e promosso dal Dipartimento Regionale del Lavoro dell’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro e da Italia Lavoro, ha dato spunto a Salvatore Crispi, Responsabile del Coordinamento H per i diritti delle persone con disabilità nella Regione Siciliana per una riflessione su questa tema sempre attuale, perchè pur avanedo la Sicilia una legislazione avanzata per tutto ciò che riguarda la tutela e l'integrazione delle persone con disabilità, lo stato di applicazione delle normative per essere in linea con altre regioni italiane e gli altri paesi d'Europa è ancora decisamente carente.

Salvatore Crispi, alla luce delle esperienze e delle riflessioni discusse nel Workshop nisseno fa il punto della situazione su questa importante questione.

 

(Salvatore Crispi) In questo momento, di grave crisi occupazionale ed economica, in cui anche i cosiddetti “normodotati” hanno grandi e gravi difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, potrebbe sembrare poco opportuno occuparsi dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

 

Ma anche in tempi di disagio lavorativo per tutti, questo problema non può essere trascutrato, perché la legislazione vigente, nazionale e della Regione Siciliana, assegna alle Istituzioni dei compiti importanti e fondamentali per costruire percorsi seguendo i quali le persone con disabilità possano rendersi parzialmente o totalmente autonome,  protagoniste della propria esistenza superando, almeno nello spirito, le proprie condizioni di disabilità e raggiungendo la propria integrazione lavorativa e sociale.

 

In questo senso, la Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità, firmata con altre Nazioni dall’Italia nella sede dell’ONU di New York il 13 dicembre 2006 e recepita con atto legislativo nel Marzo del 2009, individua proprio nell’inserimento lavorativo uno dei momenti fondamentali per ridurre le forme eventuali di discriminazione e di emarginazione.

 

Nello specifico, le norme dello Stato italiano si sono affinate sempre di più e nel corso degli anni hanno offerto quadri di riferimento organici con caratteristiche puntuali e precise; infatti, a partire dal 1968, la legge n. 468 ha imposto che gli Enti pubblici e privati riservassero una percentuale dei propri organici agli invalidi civili.

 

Questa norma che, però, non discriminava le forme e le gravità di invalidità nel corso degli anni si è rivelata un contenitore che - per varie ragioni, compresa quella clientelare - ha avuto enormi difficoltà a raggiungere i veri obiettivi che la stessa norma si prefiggeva: l’inserimento nel mondo del lavoro degli invalidi civili con conclamata e accertata disabilità.

 

Per buona parte, storture e incongruenze di questa normativa sono state superate con la Legge nazionale n. 68/1999 la quale, attraverso tutta una serie di procedure e l’impostazione di progettualità specifiche per favorire il cosìddetto collocamento mirato si collega a quella legge anche con l’aiuto della Legge 104/1992, soprattutto con il suo articolo n. 3.

 

Come capita spesso in Italia, anche l’attuazione di quest’ultima normativa ha avuto - ed ha - notevoli difficoltà ad essere applicata nello spirito e nella lettera.

 

La difficoltà di progettualità per ambiti specifici e mirati, la scarsa informazione sulle agevolazioni che i datori di lavoro hanno in presenza d’inserimento di persone con disabilità, la difficoltà - fondate su pregiudizi - delle stesse imprese ad accogliere persone con difficoltà motorie, psichiche, visive o uditive pensando che la produttività potrebbe esserne ostacolata (quando, invece, è esattamente il contrario poiché, se i posti di lavoro sono adeguati, una persona con disabilità rispetto a un così detto “normodotato” potrebbe rendere di più, almeno sui lavori ripetitivi senza eccessive variazioni anche per il valore aggiunto che rappresenta il lavoro per una persona con disabilità).

 

In realtà - e duole dirlo - si osserva una mancata crescita culturale in quanto - ancora oggi - la persona fragile e con disabilità è vista più come “soggetto da assistere” che non come soggetto con potenzialità che - pur potendo esprimersi con difficoltà - devono in ogni caso essere valorizzate.

 

Occorre valutare anche quelle difficoltà che oggi si registrano a livello imprenditoriale per cui molte imprese, soprattutto nel Meridione d'Italia (e in Sicilia in particolare), sono costrette a chiudere o a ridurre la propria attività, mantenendo allo stesso tempo la linea produttiva efficiente e continua per non perdere occasioni di lavoro.

 

Il problema vero è sia strutturale sia culturale per cui non si riescono a coniugare le esperienze e le normative con la pratica quotidiana e con le azioni conseguenti che dovrebbero svilupparsi invece automaticamente coinvolgendo anche in questo i vari ambiti della società in cui viviamo.

 

La riforma e la rimodulazione del riconoscimento dell’invalidità civile e dell’accertamento dell’handicap sarebbero significativi ed anche in linea con la Convenzione Internazionale: per ora, sono incentrati esclusivamente sull’aspetto sanitario e sulla concessione anche di benefici economici, ma - al contrario - dovrebbero essere incentrati sull’aspetto sociale e sulla diversità di ogni singola persona che può avere difficoltà, più o meno evidenti, ma anche condizionate  da aspetti ambientali diversi.

 

in questo ambito, é necessario che ci sia un diverso modo di pensare all’inserimento lavorativo in una società come l’Italia che riconosce il lavoro come una delle basi portanti della società.

 

La nuova Classificazione Internazionale per la Valutazione della Disabilità (I.C.F) potrebbe essere - se applicata correttamente - uno strumento di grande aiuto per eliminare le incongruenze e sciogliere i nodi che a volte impediscono una corretta valutazione della disabilità tenendo conto sia delle condizioni patologiche sia di quelle ambientali, riuscendo quindi ad individuare modalità operative appropriate per il superamento dell’handicap.

 

In Sicilia questo aspetto, almeno sulla carta, è tenuto in grande considerazione, pur con le difficoltà centuplicate rispetto al resto d’Italia.

 

Un paradosso: la Sicilia è in una posizione avanzata rispetto al quadro legislativo vigente, ma è in ritardo sulla sua fattiva applicazione

 

La legislazione in Sicilia, non ultimo il Piano triennale a favore delle persone con disabilità della Regione Siciliana (GURS del 27/01/2006), si occupa con precisione e puntualità della disabilità e presta all’ambito lavorativo una particolare attenzione favorendo nello specifico l’attuazione delle normative nazionali.

 

Anche in questo caso, però, la legislazione non è applicata nel suo spirito e nella sua lettera con tutte le conseguenze che da ciò derivano sia sul piano pratico sia sul piano psicologico: eppure le normative che abbiamo in Sicilia sono spesso  prese a modello come esempio di modalità virtuose sia da altre regioni d’Italia sia da altre Nazioni non solo in Europa, ma nel mondo.

 

In Sicilia, anche in ambito lavorativo, le difficoltà sono moltiplicate per la mancanza di programmazione e pianificazione che coinvolga le Istituzioni centrali e locali.

 

Italia Lavoro che ha come compito quello di agevolare l’occupazione, sia in generale sia nell’area della disabilità, nel corso degli ultimi anni ha promosso in Sicilia azioni che hanno consentito, in alcune province dell’Isola, gli inserimenti lavorativi di alcune persone con disabilità.

 

Grazie alle sinergie tra imprese, istituzioni e associazioni, si possono intraprendere percorsi che potrebbero in prospettiva portare ad occupazioni stabili con indubbi benefici sia per le singole persone sia per le comunità in cui esse vivono che vedrebbero abbassati di molto i tassi di assistenzialità pura e improduttiva che non fa altro che aggravare i conti e i costi economici delle Istituzioni, quindi della intera collettività.

 

Il Workshop di Caltanissetta del settembre 2013

 

Durante un Workshop, svoltosi a Caltanisetta nei locali del Centro per la Formazione e Aggiornamento Permanente del Personale del Servizio Sanitario Regionale (C.E.F.P.A.S.) il 25 Settembre 2013, organizzato dal Dipartimento Regionale del Lavoro dell’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro e da Italia Lavoro è stato fotografato il punto della situazione attuale e sono state illustrate alcune esperienze del Nord Italia.

Queste esperienze hanno evidenziato un maggiore collegamento tra le varie Istituzione locali, un diverso modo di affrontare, anche dal versante culturale, il problema/situazione e, soprattutto, una maggiore presenza di imprese sul territorio e una più spiccata tendenza a una valutazione più appropriata delle azioni  da svolgere in questo ambito.

 

Si é riscontrata anche una maggiore flessibilità nel valutare gli accertamenti delle percentuali di disabilità con la possibilità occupazionale che, indubbiamente, renderebbe non solo più facile affrontare le condizioni patologiche, ma accompagnerebbe tutti verso una sicura inclusione sociale.

In Sicilia questo potrebbe avvenire con maggiore difficoltà a causa del ridotto numero d’imprese presenti sul territorio rispetto al Nord, per la necessità di riformare il sistema del riconoscimento dell’invalidità e dell’accertamento dell’Handicap ed anche per l’assenza di un vero e proprio lavoro di rete fra le Istituzioni, e in special modo fra le Associazione, che dovrebbero svolgere  il fondamentale ruolo di stimolo verso le Istituzione attraverso la ricerca di modalità operative sempre più coinvolgenti.

 

Nel corso del Workshop è stato anche evidenziato come strumenti innovativi, anche sperimentali, possano essere svuotati del loro valore se utilizzati con modalità, idee ed esperienze che richiamano modelli, di fatto, ormai superati da anni.

 

È risultato evidente come, anche nell’ambito dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, siano necessarie programmazione e pianificazione globali e organiche che coinvolgano tutte le Istituzioni presenti interagenti nel territorio anche se, apparentemente, queste hanno poca competenza nell’area della disabilità.

 

Le Associazioni possono e devono avere un ruolo, ma dovrebbero riuscire a distaccarsi un poco dai gravi problemi che affliggono i loro  utenti ed associati, a causa dell’assenza di servizi essenziali e prioritari sul territorio.

 

Occorre riflettere su queste questioni non per scoraggiarsi ma per trarne nuovi stimoli che diano maggiori energie per programmare e realizzare una società, in Sicilia, in cui si registrino minori forme di discriminazione, di emarginazione e diversità e che anche la disabilità non sia più un problema da guardare con superficialità o, addirittura, con indifferenza. 

 

                                                                                                                     Salvatore Crispi
 Responsabile del Coordinamento H
 per i diritti delle persone con disabilità
 nella Regione Siciliana - Onlus

Indirizzo mail: salvatorecrispi@libero.it
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