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9 gennaio 2013 3 09 /01 /gennaio /2013 12:34

gargoyle_-_the_gemini_virus.jpg(Maurizio Crispi) The Gemini Virus (Gargoyle, 2012) è un romanzo dello statunitense Wil Mara, autore specializzato nel genere conosciuto come "disaster fiction".
La casa editrice - forse, forzando un po' le cose - lo presenta come "thriller apocalittico".
Curiosamente - o, forse, per deliberata scelta editoriale - The Gemini Virus è uscito in libreria a partire dal 22 novembre, esattamente in anticipo di un mese sulla data profetizzata (o calcolata) dai Maya come giorno della fine del mondo come noi lo conosciamo (ma il fatidico giorno è passato, senza che nulla accadesse, e le ricorrenti angoscie millenaristiche da cui siamo afflitti si sono per il momento acquietate).
Nella ricchissima produzione dell'autore, un precedente romanzo - dal titolo Wave - racconta la cronaca delle reazioni degli abitanti di una comunità che vive su una piccola isola, quando giunge attraverso la radio la notizia che uno tsunami si sta dirigendo verso l’isola e vi si abbatterà entro due ore.

Secondo alcuni commentatori, la fine dell'Umanità giungerà attraverso un agente patogeno, o deliberatamente immesso nell'ambiente come espressione residuale della ricerca bellica di sempre nuove e più aggressive armi biologiche (ufficialmente interrotta dopo la fine della guerra fredda) oppure come effetto di una mutazione di un agente patogeno di nicchia preesistenti (si stima che i ceppi virali esistenti in natura siano infinitamente piùnumerosi di quelli noti e studiati), oppure ancora per l'improvvisa e virulenta diffusione di un virus (o di un batterio) che, dalla sua nicchia ambientale, viene diffuso nel globo terracqueo complice la globalità del sistema dei trasporti e della crescente densità di popolazione (fanno fede della consistenza di questa ipotesi i focolai epidemici che, in anni passati, si sono creati con ceppi del Virus Marburg o dell'Ebola rimasti fortunatamente circoscritti ad alcuni territori africani periferici e poco toccati dal sistema dei trasporti globalizzato).

Gli esperti sostengono che un agente infettivo nuovo avrebbe il tempo di diffondersi velocemente prima ancora che si possano mettere a punto delle difese adeguate. E, mentre la ricerca medica ha dei suoi tempi, qualsiasi cordone sanitario si cerchi di mettere in piedi, pur nel pieno rispetto di tutte le precauzioni avrà delle falle per cui l'epidemia dal suo focolaio iniziale potrebbe diffondersi con facilità, creando nuovi focolai sino all'uscita da un controllo ragionevole. Nell'era degli spostamenti globali e di mobilità veloce da parte di tutti, il rischio di diffusione di nuovi focolai è elevatissimo. In piccolo, fortunatamente, si è visto ciò con il recente caso dell'epidemia di Influenza aviaria.
In più, per quanto concerne una serie di malattie infettive prima molto diffuse e successivamente - grazie alle vaccinazioni - dichiarate "eradicate", vi è un consistente abbassamento della guardia.  Citiamo come esemplificazione di ciò il fatto che non si fanno più le vaccinazioni antivaiolose, né si produce più - di conseguenza - il vaccino, ad eccezone che in piccole - minime - quantità. Quali scenari si aprirebbero se un ceppo di  Variola Maior venisse improvvisamente diffuso nell'ambiente come effetto di un incidente di laboratorio o d'un attentato terroristico (sempre ipotizzabile, visto che una parte delle scorte di Variola Maior in deposito nei laboratori militari sovietici, anziché essere distrutte per effetto della Convenzione internazionale, sono stati trafugati?
Tralasciando numerose opere specializzate che trattano l'argomento con ampi riferimenti scientifici, ma per avere un'idea di questi inquietanti scenari basterebbe rivolgersi alla saggistica divulgativa di qualità per trovare dei ragguardevoli opere che lanciano un grido di allarme al riguardo, come ad esempio, il volume di Richard Preston, Contagio globale. Il pericolo delle nuove armi biologiche (The demon in the freezer, Garzanti 2003) le cui tematiche dallo stesso autore erano state precedentemente affrontate in un incisivo romanzo (Il giorno del cobra, Rizzoli, 1998).
Il romanzo di Wil Mara illustra quasi come un manuale tutte le fasi di un'epidemia causata da un agente patogeno sconosciuto e molto aggressivo.
La descrizione della diffusione è coinvolgente, ovviamente: ma trattandosi di un romanzo l'occhio dello scrittore - e, quindi, con lui, il lettore - possono seguire in contemporanea diverse finestre: la diffusione della devastante epidemia, le azioni intraprese dai ricercatori del CDC di Atlanta, nel suo doppio filone epidemiologico e laboratoristico, gli scenari politici interni ed internazionali che immediatamente si attivano con una apertura verso l'ipotesi terroristica.
Il ritmo narrativo è incalzante e i tre diversi scenari sono incastrati l'uno nell'altro con maestria.
Si vuole andare avanti per capire come la storia vada a finire.
Quello dell'infezione che dilaga rapidamente, provocando milioni di morti, scardinando e distruggendo la società civile, è stato un dei topoi più saccheggiati dalla fantascienza: l'autore di volta in volta prendeva una situazione di partenza e la estrapolava sino alle estreme conseguenze, a volte limitandosi a rappresentare gli effetti nel lungo termine, a volte esaminando anche i percorsi di ricostruzione avviati dai superstiti oppure le loro "deviazioni" sino alla costruzione di una morale completamente diversa o addirittura capovolta.
Anche Stephen king nel suo romanzo-cardine L'ombra dello Scorpione ha affrontato una situazione simile proprio all'esordio della narrazione: una devastante epidemia è il primum movens di tutta la macchina narrativa. L'epidemia narrata da Stephen King è devastante: oltre il 90% della popolazione degli Stati Uniti si estingue senza che si possa fare nulla per arginare l'infezione. Sopravvivono soltanto quelli che sono naturalmente immune.

Anche il Nobel Saramago affronta il tema nel suo "Cecità" ed anche in questo caso l'epidemia è l'occasione per riflettere su un possibile scenario di fine del mondo, per non parlare del celebre romanzo di Matheson, "Io sono Leggenda" (che a differenza delle successioni versioni cinematografiche non ha un lieto fine, rassicurante quanto meno).
Per non parlare dell'elegante e raffinata opera dell'argentino Carlos Chernov, Anatomia Umana, in cui un'edidemia globale causa la morte di tutti gli uomini, cosicchè all'infuori di pochi sopravvissuti, si configura un mondo nuovo fatto di sole donne, con tutte le possibili aberrazioni per adattarsi ad una situazione in cui non è più possibile nemmeno la semplice riproduzione.

Nelle quattro opere citate gli scenari sono cupi e rappresentano - come è stato già detto - un esercizio di estrapolazione a partire da una situazione "estrema" iniziale: l'epidemia con i suoi effetti devastanti scardina i pilastri su cui reggono la società civile e la sua organizzazione. Tutto viene distrutto e si attivano inarrestabili processi entropici. Ma nello stesso tempo sono opere in cui gli scenari che si aprono sono anche rappresentazione allegorica e metafora di una condizione umana sottoposta a sollecitazioni estreme, in cui il Bene e il Male entrano in conflitto, oppure dove i confini tra i due campi opposti devono essere ridefiniti per arrivare ad una sintesi prima impensabile.
Si tratta di opere che - in linea di massima - non sono consolatorie e che nella loro versione "cattiva", oggi specie dopo l'incidente tragico delle Twin Tower, al pubblico dei lettori americani non sono più tanto gradite, al punto da essere considerate "politically uncorrect".
E' più probabile che un autore statunitense del XXI secolo sia più propenso a ricercare la soluzione consolatoria, come accade nel romanzo di Will Mara.
Qui, le premesse per dare vita ad un romanzo veramente "cattivo" e cupissimo ci sono tutte, ma l'autore rinuncia ad andare sino in fondo e si limita a raccontare i fatti, per mostrarci come - per fortuite circostanze - il lavoro degli epidemiologi potrà essere premiato e potranno essere trovate sia una cura sia un vaccino, con la conseguenza di un'inversione di una minacciosa tendenza.
E, analogamente, gli scenari politici compromessi si ricompongono in un gioco di salvifici incastri che evitano il peggio.
Alla fine i morti saranno soltanto alcune decine di migliaia: altro che i 18 milioni di morti provocati dalla tragica epidemia di influenza del 1918! E al riguardo si veda il bel saggio storico-epidemiologico di Gina Kolata, Epidemia. Storia della grande influenza del 1918 e della ricerca di un virus mortale (Flu, Mondadori, 2000).
A parte queste considerazioni, il romanzo si legge bene e suscita un certo interesse: leggendolo si possono imparare davvero un sacco di valide conoscenze sull'epidemiologia delle malattie infettive e sui modi per combatterle.
 

 

La storia. Siamo negli Stati Uniti del Presidente Obama. Senza alcun preavviso un'influenza che in un primo momento non desta troppa preoccupazione inizia a diffondersi. Il lettore seguirà l'evolversi della malattia: tosse, starnuti, dolori, brividi, ma poco dopo il corpo si copre di bolle, il dolore diventa atroce e nel giro di soli quattro giorni la persona muore, dopo aver inconsapevolmente diffuso la malattia, contagiando tutte le persone con cui è stato in contatto. L'infezione si diffonde dal New Jersey, a New York e nel Massachusetts e poi in tutto il paese.
Tutte le strutture sanitarie sono in allarme. I protagonisti sono il Dottor Beck e la sua collaboratrice Cara Porter, due epidemiologi a cui è stato affidato il compito di scoprire di che tipo sia questo virus e trovare il modo di combatterlo.
Nello stesso tempo il romanzo ci descrive la situazione di una normale famiglia americana, i coniugi Jensen e i loro figli, le loro paure e come cercano di proteggersi, in una città che si sta svuotando dei suoi abitanti e dove non si trovano più vettovaglie e dove i servizi stanno colando rapidamente a picco.



Wil-Mara-July-2012-020.jpgL'autore.
Wil Mara (1966) è uno scrittore americano. Ha lavorato per molti anni in campo editoriale e come scrittore ha al suo attivo la serie NFL Novels (3 romanzi), vari "picture books" e un gran numero di autobiografie, per un totale di ottanta libri. Negli ultimi anni si è specializzato in disaster fiction, ottenendo un enorme successo di pubblico e di critica con il romanzo Wave (2005), che gli è valso il celebre New Jersey Notable Book Award. Attualmente sta lavorando ad altri due libri sul tema delle calamità naturali e a una nuova serie di thriller suspense.
The Gemini Virus è il primo titolo di questo autore pubblicato da Gargoyle.

 

 

 

La quarta di copertina. Bob Easton pensa di avere un raffreddore. Invece muore dopo quattro giorni di dolori atroci, infettando dozzine di persone. In breve le strutture sanitarie vengono subissate di malati. Lo staff del Centro per il Controllo delle Malattie non può però debellare il virus senza prima identificarlo. Intanto scuole e uffici   vengono chiusi, mentre il cibo fresco scompare dai negozi. Il supervirus — e il panico — si diffondono rapidamente oltre i confini dell'America. Gli aerei non possono atterrare, le basi militari sono messe in quarantena, ma il  batterio continua a diffondersi, implacabile... È il prodotto dell'uomo o il segno terrificante della fine del mondo?

 



 Il sito web di Wil Mara

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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