(Maurizio Crispi) Si legge bene "L'Alibi della Vittima", il romanzo di Giovanna Repetto, di recente pubblicato da Gargoyle (2013). Il suo incipit è assolutamente accattivante e il lettore è subito condotto con pochi e brevi, ma sapienti, tratteggi nel cuore della vicenda.
Volendo classificarlo ed ascriverlo ad un "genere", si tratta indubbiamente un Giallo, ma è anche molto di più, sicché è di difficile catalogazione.
E' una storia di personaggi che interagiscono, innanzitutto, senza che nessuno dei caratteri abbia un ruolo dominante sopra gli altri, trattati in funzione delle relazioni che li legano l'uno all'altro, talvolta in modo palese, talaltra in modi occulti e non sempre facilmente decodificabili.
La tecnica del racconto è di tipo cinematografico con una serie di brevi piani-sequenza che corrispondono ai brevi capitoletti in cui è suddiviso, capitoletti che, appunto, più che descrivere azioni, illustrano delle "interazioni". I capitoletti sono accorpati in tre blocchi principali (antefatto, delitto, indagini) - lasciando stare il prologo che ha un suo perché (ma di cui non si può dire nulla, perchè si rovinerebbe l'effetto finale).
La prima parte funge da "preparazione", la seconda racconta degli eventi avvenuti il 2 settembre, giorno in cui viene rinvenuta una "vittima", e - infine - una terza che è quella in cui si dipanano le indagini in cui tutti i personaggi che, nel fatidico giorno, si trovavano a Roma (il luogo dove è stato perpetrato l'omicidio) sono sospettati.
Ma tutti i possibili sospettati hanno un alibi e forse anche il "morto", cioè la vittima, ne ha uno.
E' un romanzo in qualche modo corale, poiché tutti hanno un ruolo di non secondaria importanza.
Il filo delle indagini è tenuto e reso noto ai lettori attraverso il "gioco" dei due carabinieri Tomasiello (che ha il polso della situazione nel polo romano delle indagini) ed Esposito (che, invece, porta notizie fresche da Rocca Persa) che, pur senza una funzione ufficiale nell'inchiesta - mettono insieme i pezzi, facendo ipotesi e scartandone altre.
Le indagini metteranno insieme i pezzi, in qualche modo: ma sarà risolto il mistero?
A questo quesito non si può dare risposta, perché il piacere della lettura e l'originalità di questo romanzo sono tutte qui: nel modo in cui si giungerà alla fine ad una conclusione che appunto renderà il romanzo non "canonico" e in qualche misura dostoievskiano (o freudiano, in qualche misura).
Sullo sfondo, con un piglio quasi sociologico, si delineano la complessa operatività dei Servizi per le Tossicodipendenze, i rapporti difficili e conflittuali con gli utenti, con i mandati istituzionali, con le Comunità terapeutiche; e, infine, quello del malaffare e dei traffici loschi, tra cui quello delle droghe: un mondo - quello dei Ser.T (Servizi per le Tossicodipendenze, le strutture pubbliche, che come articolazioni operative delle ASL, si occupano a pieno tondo dei problemi complessi legati alle Dipendenze patologiche) - che la scrittrice conosce molto bene, avendovi lavorato come psicologa.
Attraverso i dialoghi di Lina (la psicologa del Ser.T) e l'assistente sociale "Holy Mary", viene fornito ai lettori un quadro assolutamente credibile e realistico del lavoro dei Ser.T: mai sinora qualcuno aveva tentato di scrivere un romanzo che facesse diventare materia narrativa ciò che accade nei servizi delle tossicodipendenze e quali sono le molteplici difficoltà con le quali dopo giorno ci si deve confrontare, nel continuo altalenare tra l'approccio ponderato della Psicologo che vorrebbe evitare di dare delle risposte concrete per confrontarsi invece con i suoi pazienti su di un terreno relazionale e per scandagliare le motivazioni e le dinamiche interiori e quello "d'assalto" dell'Assistente sociale che, al contrario, si espone in prima persona, cercando delle vie non ortodosse per la risoluzione dei problemi, anche se queste vie sono contrarie ai mandati istituzionali.
Ovviamente, Rocca Persa e il suo Ser.T non esistono, e sono dei puri elementi fiction, costruiti tuttavia con un grande realismo e con verosimiglianza.
In questo senso, guardando a questa filigrana, è un romanzo che non potrà non piacere a chi lavora quotidianamente nei Servizi per le Tossicodipendenze, perché ci si potrà rispecchiare e ritrovare tanta parte della propria esperienza lavorativa (come è stato per me).
C'è qualcosa - se si fa riferimento a questa chiave sociologica - del dickiano Un oscuro scrutare (A scanner darkly), ma anche - in questo caso - di più non si può dire per non rovinare nei lettori il piacere della scoperta.
(Dal risguardo di copertina) A Rocca Persa, cittadina dell’agro pontino a pochi chilometri da Roma, fa ogni tanto la sua comparsa Memè, individuo di cui non si sa nulla tranne che fa girare cocaina purissima.
Il Maresciallo Trevisan è sulle sue tracce da mesi, ma l’identità dell’uomo resta ancora un mistero. Perfino per Greta, giovane femme fatale che frequenta assiduamente Memè per “lavoro” e che fa di tutto per sostituirsi a lui nel traffico clandestino.
Al Servizio per le Tossicodipendenze del paese, intanto, l’ostinata assistente sociale Holy Mary e la diplomatica psicologa Lina lottano per debellare il flagello della dipendenza, mettendo a punto percorsi di riabilitazione per un’utenza che spesso si rivolge a loro per problemi ben più gravi della droga.
La sera del 2 settembre viene ritrovato il cadavere di Memè in un appartamento di via Merulana a Roma. La stessa sera molti abitanti di Rocca Persa si trovano nella capitale, ognuno con un alibi più o meno ferreo ma tutti con un movente altrettanto credibile.
Chi è stato allora a uccidere Memè? Il docile Marco, nipote della proprietaria dell’appartamento nonché tossicodipendente di Rocca Persa? Gaetano, ex detenuto per rapina a mano armata? Oppure l’affascinante Greta?
Giovanna Repetto è nata a Genova, risiede da tempo a Roma dove svolge la professione di psicologa, e in questa veste si occupa da trent’anni di problematiche legate alle dipendenze patologiche.
È da vent’anni redattrice della rivista letteraria online Il Paradiso degli Orchi.
Le sue opere di narrativa hanno ricevuto diversi riconoscimenti, fra cui il premio Selezione Bancarellino conferito nel 2000 al romanzo per ragazzi La banda di Boscobruno (Mobydick 1999) e il premio Navile Città di Bologna per Palude, abbracciami! (Mobydick 2000).
Ha pubblicato inoltre i romanzi La gente immobiliare e Cartoline da Marsiglia (Mobydick 2002 e 2004).
Ecco il booktrailer
Intervista all'autrice sul romanzo
Ho scritto all'autrice: Lo sto leggendo in questi giorni... La lettura mi sta trascinando, cosa che non sempre accade quando si entra in un nuovo testo e occorre prendere dimestichezza con i diversi personaggi. Ancora è prematuro per me formulare un'impressione esaustiva, tuttavia, Quando avrò metabolizzato il tutto scriverò - come di consueto - una recensione nel mio blog. Intanto, sempre che sia Lei l'autrice del volume, devo dirle che la parte riguardante i riferimenti alle tossicodipendenze e al lavoro con i Sert (assieme al controverso rapporto con le Comunità Terapeutiche) è perfetto, ma del resto riflette la sua pluriennale esperienza di lavoro con le tossicodipendenze, come è specificato nel risguardo di copertina, tra le notizie che riguardano l'autore. Questa struttura nella struttura e i personaggi che vi ruotano intorno possono resistere alle critiche più severe. Glielo dico alla luce della mia personale esperienza, visto che per la maggior parte della mia vita lavorativa (ora sono in pensione) ho lavorato appunto con le addiction patologiche, stando dalla parte del Servizio pubblico, dove sono stato Dirigente Responsabile di un Ser.T di Palermo (sono medico-psichiatra, con formazione psicoanalitica). Quindi, sto apprezzando questa parte dell'impianto narrativo che mi riporta indietro di molti anni e soprattutto all'entusiasmo pionieristico che circondava questo lavoro quando ancora i Ser.T come li conosciamo ora non esistevano nemmeno nella mente del Legislatore e tutto doveva essere improvvisato, procedendo per prove ed errori (le mie prime esperienze lavorative nel campo risalgono al 1977, quando - nel corso della mia specializzazione - a Milano cominciai a seguire i primi tossicodipendenti (all'inizio da eroina e, in alcuni casi, anche da anfetamine).
Adesso in pensione, svolgo quasi esclusivamente attività di scrittura e giornalistiche.
Cordiali saluti,
PS - Inserisco qui di seguito l'indirizzo web del mio blog