(Maurizio Crispi) Quella di un East End londinese freddo e umido è una visione crepuscolare.
Sino ad oltre le 8.00 del mattino fa buio: buio pesto, come fosse notte, rischiarato soltanto dalla luce dei lampioni che creano piccole isole di luce.
Nel pomeriggio ha piovuto, ma mentre camminiamo no, ha smesso già da un po': rimane della pioggia soltanto la superficie del marciapiede lucida d'acqua e quel particolare fischio che fanno le gomme delle auto passando sul bagnato.
Ogni tanto, il cielo si libera dalle nubi incombenti e si coglie uno sprazzo di cobalto che volge al nero.
Passanti solitari, evanescenti come ombre.
Ciclisti che sfrecciano lungo la Bycilcle Super-Highway che percorre tutta Cable Street
Rade macchine.
Orientali con lunghe palandrane e scuri pastrani e giacche a vento indossate sopra i loro usuali abiti tradizionali di tessuti leggeri.
Siamo a Londra, ma potremmo essere in una popolosa città dell'Estremo Oriente, per alcuni versi.
Nel cielo le nuvole passano veloci, lasciando intravedere delle chiazze di cielo che, rapidamente, vengono di nuovo oscurate.
Si vede brilllare la luna a tratti e, assieme a lei, la stella della notte, ma sono soltanto sprazzi: poi, entrambe scompaiono rapidamente inghiottite da altre nuvole che sopraggiungono.
La pioggia con facilità viene e va.
Di notte piove sempre e, al mattino (quando ancora il mattino sembra notte), i vetri delle finestre sono imperlati di gocce e, di continuo, se ne aggiungono di noi. Alcune di loro prendono a scorrere sulla ripida superfici, come lacrime, lasciando delle strature che presto scompaion, inghiottite da altre gocce.
Durante il giorno, improvvisamente e senza alcun preannuncio, il cielo si libera e comincia a risplendere il sole.
Ma è un sole che non riscalda, perchè soffia un vento gelido che penetra sotto i vestiti e taglia le guancie e il naso come un coltello affilato.