E' una spiaggia, grande e dorata, dalla sabbia fine, lo scenario d'inizio: e ci arrivo con la mia cagnetta - ormai un po' attempata - Frida.
Ho con me diversi libri (di cui alcuni sono pesanti volumi, cataloghi di mostre che ho visitato nel corso del mio viaggio) e la mia preoccupazione primaria é che non si bagnino nè si sporchino.
E' stato un viaggio o sono un pellegrino?
Questo non so dirlo.
Ma è possibile che sia reduce da un lungo spostamento a piedi.
Frida fa la pazzariella e decido di lasciarla legata vicino alle mie cose e ai mie libri e ad una pesante borsa che mi sono trascinato appresso tutto il tempo.
Qualcuno si lamenta di questa mia decisione: "Ma come sotto il sole! La povera cagnetta morrà di insolazione!"
Spiego il mio pensiero a quegli amici pseudo-samaritani che rimangono senza volto, nel mio ricordo, e che ho raggiunto sulla sabbia: la scelta di non liberare i cani in queste situazioni é una questione di rispetto nei confronti degli altri frequentatori della spiaggia. il cane lasciato libero di fare ciò che vuole andrebbe a ad annusare le loro cose, metterebbe le zampe sui teli da mare, e se dovesse entrasse in mare, all'uscita spruzzerebbe tutti di acqua salsa cercando di strizzarsi la pelliccia, per non parlare del cattivo odore che emette il pelame del cane bagnato.
E, quindi al guinzaglio...
Posseggo, ta l'altro, tra i miei paraphernalia un dispositivo tecnologico per portare il cane al guinzaglios enza sforzo.
Ma non saprei descriverlo nei dettaglio, nella parte terminale possiedono un piccolo pistoncino che consente d incastrarlo in possibili appigli e che, nello stesso, serve ad ammortizzare gli strattoni troppo violenti.
Frida si agita e tira il guinzaglio che s'impiglia di continuo tra i libri che lho lasciato vicino a lei: i libri cadono e si imbrattano tutti di sabbia fine e leggere e le pagine sisgualciscono
Legge di Murphy all'opera!
Poi decido di andare e m'incammino lasciando temporaneamente la Frida con i miei amici.
Sono su un autobus che fa il giro lungo dell'Addaura, adesso.
Ma in realtà non so, non ne ho nessuna certezza.
Mi sembra di riconoscere dei luoghi, ma nello stesso tempo guardo le case e gli scorci sfilare sotto il mio sguardo con una sensazione di totale estraneità.
Il mio piano è quello di arrivare a casa, prendere l'auto e tornare a prendere Frida e tutte le mie cose che ho lasciato scompostamente sparse sulla sabbia assolata. Un piano farraginoso, ma - evidentemente - ho scartato l'ipotesi di far salire Frida sull'autobus assieme a me.
Ci sono a bordo due bulletti, un ragazzo ed una ragazza, bassi e tarchiati, lei con i capelli pisciati color topo, lui altrettanto insignificante e con il profilo da roditore, ambedue orribili e incapaci di suscitare la benché minima simpatia, ma solo repulsione e fastidio.
Entrambi cominciano a fumare, inondando il bus di nuvole di fumo azzurrini e puzzolente: io e gli altri passeggeri facciamo finta di ignorare, senza abbozzare.
Poi, uno più intraprendete si alza e cerca di aprire al massimo una dei finestrini scorrevoli in alto per arieggiare.
Ma i due non colgono i messaggi e continuano a fumare, strafottenti, inondando il bus di ulteriori nuvole miasmatiche.
Arriva un controllore, alla sosta successiva, assieme a un poliziotto: i due comunicano ai due (che, nel frattempo, però continuano a fumare con indifferenza insolente) che sono in arresto (ma non per il fumo, a quanto pare, ma per un reato precedentemente commesso per il quale erano ricercati) e che alla prossima sosta dovranno scendere per andare alla stazione di polizia per le formalità di rito.
Tutti i passeggeri esalano dei visibili sospiri di sollievo per il fatto che in breve saranno liberati dall'autorità costituita da una da una tale seccatura.
Finalmente scendo dall'autobus e sono in una località che mi pare sconosciuta, ma é il centro d'una città antica, adornata di grandi edifici barocchi, che mi sono familiari ma a cui, nello stesso tempo, non riesco a dare un nome.
C'è un vecchio che indugia all'ombra del vasto porticato di un vecchio palazzo nobiliare, appoggiato ad un bastone nodoso.
Gli chiedo informazioni, ma non mi sa dare risposte: anche lui pare disorientato.
Mi dice tuttavia che potrei chiedere qualcosa alla Baronessa, una donna molto anziana che ha sempre vissuto qui e che sa tutto di tutti e che, certamente, potrà rispondere alle mie domande.
Soltanto, mi avverte il mio interlocutore, dovrò tenere presente che è un po' svanita e che per ottenere le mie risposte dovrò evitare di parlare direttamente a lei, rivolgendo le mie domande esclusivamente al pettirosso che se ne sta sempre poggiato sulla sua spalla quasi fosse un trespolo.
La donna è un oracolo, come scoprirò in seguito, semi-cieca ed incapace di vedere le cose nella realtà, anche se il suo sguardo penetra oltre il velo di Maya.
E il pettirosso sulla sua spalle cinguetta le risposte.
E' il suo interprete.