Piccoli delitti del cazzo (di Jason Starr, Meridiano Zero) è un noir che per alcuni versi vira nel grottesco e nella commedia nera. Fake I.D., questo il titolo originale del romanzo (inizialmente uscito in Europa solo in Gran Bretagna e in Germania) è una strepitosa tragi-commedia nera in cui si ride a denti stretti, un meccanismo a orologeria che rotola a velocità supersonica verso l’inesorabile conclusione.
Tommy Russo è il protagonista di una storia fatta di scelte progressivamente sempre più perdenti: scelte idiote e demenziale, perchè non guidate da un fermo giudizio e orientate semplicemente dal bisogno di reperire soldi facili da bruciare immediatamente nelle scommesse con i cavalli.
Tommy Russo è un perdente di prima qualità, sopraffino. Aspirante attore che non riesce a trovare un ingaggio nemmeno per uno spot pubblicitario, sbarca il lunario lavorando in un pub newyorkese come buttafuori e intanto sperpera i pochi soldi che riesce a racimolare giocando alle scommesse e non disdegnando altre forme di gioco d'azzardo. E' preso dal demone del gioco: i soldi gli bruciano nelle sue tasche e chiedono di essere giocati. Non possono mai risiedervi nemmeno per mezza giornata.
Come tutti i giocatori d'azzardo, in cui le perdite sopravanzano sempre le vincite, Tommy Russo è alla perenne ricerca di denaro, ma è altrettanto pronto a lasciarsi abbindolare in proposte che gli consentano di fare il "salto di qualità" come scommettitore (come per esempio quella di acquistare in società con altri un cavallo da corsa).
Il bisogno di denaro lo porta a fare scelte avventate, guidato da un'analisi critica superficiale dei fatti e dall'idea onnipotente (tipica del giocatore d'azzardo patologico) di potere sempre riuscire a sbarcare il lunario e a trovare nuovo denaro "fresco".
Così procedendo, si mette in guai sempre più grossi, man mano che cerca di eliminare - con atti, a senso suo, correttivi - gli effetti deleteri di altre azioni deprecabili da lui compiute. Ma si tratta sempre di scelte fatte con la iper-lucidità fallace del cocainomane o comunque dell'individuo sotto l'azione della scarica dopaminergica tipica del meccanismo della dipendenza (sia essa su base farmacologica o no).
Nel percorso di Tommy, in cui la costruzione d'una montagna di bugie dalle più credibili alle più fantasiose è all'ordine del giorno, viene bene illustrato lo sfaldarsi progressivo del suo senso morale (non è che ce ne fosse molto all'inizio della vicenda!), sino alla sua completa estinzione.
Inutile dire che Tommy Russo non la farà franca e finirà con il naufragare, sepolto dal suo stesso cinismo e dalla sua immoralità.
Le sue "avventure" gorttesche che si vanno tingendo sempre più di nero, man mano che si dipanano verso la sua rovina, si leggono tutte d'un fiato.
Il romanzo è anche interessante, perchè - meglio di approfonditi trattati - aiuta a comprendere ciò che passa nella testa di un giocatore d'azzardo patologico e quali meccanismi mentali lo dominano.
Sintesi del romanzo (dal sito di Meridiano Zero)
Quando Tommy Russo, attore trentaduenne con il vizio del gioco, incontra nel parcheggio di un ippodromo newyorkese il maleodorante Pete, comprende che la buona sorte non si può attendere, ma va in qualche modo provocata. Pete gli offre di entrare in società per l’acquisto di un cavallo da corsa, e per Tommy si presenta l’occasione di lasciarsi alle spalle le delusioni di un mondo che non riconosce il suo talento artistico.
D’altronde, dopo l’ennesimo provino fallito, questa volta per una pubblicità di mangime per cani, sa di aver superato quel limite che separa il giovane di belle speranze dalla promessa mancata.
Ma come procurarsi in pochi giorni i diecimila dollari necessari, lavorando come buttafuori in un bar dell’Upper East Side? Dipende da cosa siete disposti a fare, pur di abbandonare l’universo dei perdenti e fare il vostro ingresso nella high class di Manhattan.
Attratto in modo inesorabile da un’umanità che sogna i soldi e il successo, le feste e le corse di cavalli, Tommy decide di sfruttare il suo aspetto affascinante e le sue abilità di attore, e finisce risucchiato in una girandola di menzogne, colpi di fortuna e cattiverie inattese, che lo spingono a percorrere a grandi passi la scala delle abiezioni, fino a varcare con una leggerezza e superficialità disarmanti la soglia del delitto.
Nel suo nuovo romanzo, Jason Starr mette in scena una commedia della falsità, cinica e spiazzante, in cui gli scherzi del caso trascinano a ritmo vertiginoso il protagonista, una sorta di American Psycho versione pop, incontro a tentazioni capaci di prevalere su qualsiasi morale e istinto sociale.
E se la spregiudicatezza sembra la via più sicura per arrivare al successo, il libro finisce per insinuarci un dubbio sottile: siamo proprio certi, in fondo, che il delitto non paga?
Nota bio-bibliografica sull'autore
Jason Starr è nato nel 1966 a New York, dove vive attualmente con la moglie e la figlia.
Scansata una laurea in economia all’università di Binghamton, si è dedicato completamente alla scrittura. Autore di sceneggiature teatrali, ha scritto per diverse compagnie Off-Off Broadway. Affascinato da Jim Thompson, Elmore Leonard e Cornell Woolrich, si è ispirato alla vecchia scuola degli autori noir, esordendo nella narrativa con Chiamate a freddo (Meridiano zero, 1999), acclamato da Publishers Weekly come un romanzo "nella grande tradizione di James Cain". I suoi libri sono tradotti in sei lingue. In Italiano, sempre da Meridiano Zero, sono stati pubblicati Chiamate a freddo, Niente di personale e Cattivi pensieri a Manhattan.
Per usare un giro di frase molto popolare nel giornalismo USA di parecchi anni fa - Jason Starr "...è la cosa migliore che potesse capitare al noir dai tempi di Jim Thompson".
Trentasei anni, newyorkese purosangue, nello spazio di cinque romanzi Starr si è inserito a buon diritto nella grande tradizione dei maestri del noir americano degli scorsi decenni: James Cain, Charles Willeford, George V. Higgins, Elmore Leonard, il già citato Jim Thompson. E di questi maestri Starr è oggi l’erede più qualificato, uno dei pochi giovani autori di noir ad essere riuscito nella difficile impresa di coniugare temi e situazioni tipici dei tardi anni Novanta con un’asciuttezza di scrittura e un’economia di mezzi che discendono direttamente dell’età d’oro dell’hard boiled americano.
Non fosse per la sua orgogliosa rivendicazione di appartenenza al genere poliziesco, che Starr semina allegramente sia a voce, sia nelle pagine dei suoi romanzi, è probabile che da tempo i suoi libri avrebbero goduto di una ben più vasta considerazione di critica e di pubblico. D’altra parte, la relativa oscurità in cui ha operato fino a oggi ha consentito a Starr di sviluppare una cifra stilistica assolutamente originale, al riparo dalle tentazioni e dalle pressioni dell’industria editoriale, ma sostenuto da un piccolo, affezionato e sempre crescente nucleo di lettori fedeli.