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10 luglio 2012 2 10 /07 /luglio /2012 11:31

leone-morente-di-Lucerna.jpg

 

Quando ero piccolo, la mamma mi portava frequentemente a Villa Giulia, una delle più antiche ville palermitane, e qui  passavamo interi pomeriggi, specie d'estate quando lei era libera dalla Scuola.

Andare a Villa Giulia, per me, era una festa: erano disponibili (in affitto) delle biciclettine con le rotelle per tenere l'equilibrio.

Prendere la bici per mezzora era certamente un must. Salivo su quella bici e molto placidamente me ne andavo in giro, esplorando viali e vialetti, mentre mia madre si spostava dietro di me tenendomi d'occhio.Ho un bellissimo ricordo di quei pomeriggi, lì. 

Ma la vera ed autentica meraviglia delle visite a quel giardino era andare a vedere il vecchio leone nella sua gabbia che si trovava dal lato opposto all'ingresso alla villa da via Lincoln. Dicono che, da quel lato, ci fosse anche una gabbia popolata dalle scimmiette: ma io non ho memoria di averle mai viste.
C'erano anche delle voliere: ma anche quelle, al tempo della mia infanzia, già desolatamente vuote.
Insomma, la gabbia con il leone era quanto rimaneva - almeno nelle intenzioni originarie - d'un vero e proprio mini-zoo di impianto ottocentesco.

Quello di Villa Giulia era - per la verità - un leone assai mansueto e con la criniera molto spelacchiata e verosimilmente pulciosa, probabilmente vecchissimo: un vecchio patriarca quasi cieco, della cui possanza di un tempo rimaneva benn poco.

Si diceva che un Circo di passaggio, essendo uno dei suoi leoni entrato nell'età pensionabile e non più utilizzabile per lo spettacolo, lo avesse donato alla Città di Palermo.

Fu così che questo leone solitario e triste - un po' scheletrito - divenne parte essenziale della Villa Giulia e oggetto di contemplazione meravigliata da parte dei bambini.

E, a quei tempi, bastava veramente poco per trarre dalle cose motivo di meraviglia e stupore.
Quel leone faceva sognare scenari fantasticati, la giungla, i romanzi d'avventura e Salgari.
Dicono che, nottetempo, in quegli anni in cui non v'erano rombo di moto di grossa cilindrata, né strombazzate di clacson né rumore di auto in corsa o musihe sguaiate e rimbombanti dagli stereo delle auto sparate al massimo volume, gli abitanti della zona potevano udire i ruggiti del leone che, secondo una consuetudine mai sopita e malgrado l'età avanzata, affermava con quel richiamo, il suo dominio triste: che era quello di un Re senza più regno.
Il nome stesso che gli era stato attribuito la diceva lunga su questo Re della Foresta spodestato dal suo dominio: alcuni sostengono che venisse chiamato con il nome bonario di "Ciccio".
Ma io con questo nome non lo sentii mai chiamare.

Poi dopo qualche anno, da un giorno all'altro, non ci fu più, quel vecchio leone: la gabbia rimase desolatamente vuota e, nel corso degli anni, finì con l'attutirsi quel puzzo di selvatico, misto all'afrore di carne cruda un po' frollata, che si poteva avvertire avvicinandosi alla sua "casa".
Del pari finirono con il tacere per sempre i suoi ruggiti.

Dopo anni consumati nella solitudine e nella tristezza, il leone passò a miglior vita e fece ritorno in forma di spirito indomito alla sua Savana dalla quale forse era stato strappato da cucciolo, appena nato.

Per i bambini di quel tempo, di quel vecchio leone (che nell'immaginario era diventato il "Leone"per antonomasia) è rimasto soltanto un nostalgico ricordo.
Purtroppo, di quel leone, non esiste alcuna documentazione fotografica: almeno che io sappia. Forse, tempo addietro, il grande conoscitore di cose palermitane Rosario La Duca, scrisse su di lui un pezzo nella rubrica di curiosità storiche e architettoniche che teneva sul Giornale di Sicilia..
Ma delle cose da lui scritte, c'è poca traccia nel web.

 

 

 

 


Su Villa Giulia

 

(Serena Marotta) Nel 1787 Johann Wolfgang Goethe lo aveva definito “il più meraviglioso angolo della terra” ed è qui che – durante le sue visite – si fermava per leggere Omero. Siamo all’interno di Villa Giulia, la prima villa comunale realizzata a Palermo e la terza in Europa. Costruita tra il 1775 ed il 1777 per volere del pretore Antonio La Grua, marchese di Regalmici, prende il nome da quello della moglie del vicerè Marcantonio Colonna.

L’ingresso principale, realizzato in stile neoclassico, oggi rovinato e in disuso, si affaccia sulla passeggiata a mare. I visitatori accedono ormai dalla Porta Carolina, ingresso secondario aperto nel 1864 su via Lincoln. Il cuore della villa è rappresentato dalla grande piazza delle esedre, con quattro edicole di Damiani Almeyda. Al centro della piazza si trova una vasca, opera di Ignazio Marabitti, con un putto-Atlante che regge il dodecaedro, orologio solare a dodici facce (oggi gli orologi originali non esistono più) inventato alla fine del XVIII secolo dal matematico palermitano Lorenzo Federici.

La principale opera d’arte all’interno di questo “salotto all’aperto” è la fontana del Genio di Palermo, opera del Marabitti, sistemata in un’esedra alla fine del “viale del mare”. Intorno alla statua del Genio sono disposti una serpe, un cane e una cornucopia: simboli della Prudenza, della Fedeltà e dell’Abbondanza. E ancora: la statua della Rabbia, dell’Ira e dell’Invidia, spostate qui nel 1779. Nell’Ottocento, poi, furono sistemati lungo i viali i busti di De Spuches, Pacini, Petrella, Leopardi, Donizetti, Bellini, Sac. Messina e Pietro Novelli. Infine, ci sono le gabbie vuote che, un tempo, ospitavano il leone e la piccola colonia di scimmie.

 

 

Nella foto: Il leone morente di Lucerna - A Lucerna in Svizzera vi è un monumento chiamato "il leone morente" (Löwendenkmal) che praticamente è stato scolpito nella roccia naturale per ricordare le guardie svizzere cadute nel 1792 durante la rivoluzione francese. Mark Twain ne parla come del più tragico e commovente pezzo di roccia del mondo... e, ammirandolo, dà proprio questa sensazione.

 

Il vecchio leone di Villa Giulia

(Roberto Puglisi) Il leone Ciccio, celebre recluso di villa Giulia, a Palermo, fu al centro di un clamoroso equivoco esistenziale. La sua acuta sofferenza di prigioniero in gabbia era lo spasso innocente dei bambini che non capivano e non vedevano le lacrime del re della foresta ridotto a servitore dell’altrui letizia. Il suo lamento della cattività era scambiato per un ruggito possente, ma si riduceva – ripensandoci – a un rauco auto-commiserarsi. Povero Ciccio, spirito libero che tutti ricordano, intrappolato nella fantasia dei bimbi immersi nel mondo Disney. Per cui: il cerbiatto che mangiava molliche di pane dalle mani era stato soprannominato Bambi, il leone ristretto somigliava a un personaggio da cartoni animati e perfino l’anatroccolo marrone e bitorzoluto che non riusciva mai a prendere la sua mollichina di pane, soverchiato dagli altri, veniva considerato un amabile tontolone. Tutti noi che eravamo bambini non abbiamo mai dimenticato Ciccio, Bambi e il trenino che ti conduceva nelle praterie immaginifiche di zio Zeb (alla conquista del West), con indiani e contrabbandieri cinematografici pronti all’agguato.

Dobbiamo all’amore per la cronaca di un grande giornalista come Franco Lannino una più giusta memoria del leone ingabbiato. “Era una mattina torrida di agosto del 1990, fu finalmente deciso che il leone Ciccio di villa Giulia doveva lasciare quella angusta e lurida gabbia dove passò decenni di solitudine e di privazione solo per far piacere ad orde di bambini che la domenica accompagnati dai genitori, lo andavano a visitare – ha scritto Franco su Facebook -. La sua nuova destinazione fu lo zoofattoria di Terrasini dove Ciccio visse la sua seconda vita. Noi eravamo li ad assistere alle operazioni di trasferimento. Un inserviente gli lanciò un pollo intero per cercare di convincere il leone ad entrare nella gabbia di contenimento ma non ci riuscì. Il chirurgo plastico Pietro Quatra che gestiva lo zoofattoria e che dirigeva le operazioni di trasferimento, decise di narcotizzarlo. Sparò a Ciccio un dardo per addormentarlo”.

Il finale racconta lo scatto a corredo del post: “E fu proprio in quell’attimo che Michele Naccari prese la fotografia che vedete. Il leone era stato appena colpito e si nota benissimo la smorfia di dolore e rabbia. Quello stesso giorno Ciccio fu trasferito a Terrasini. Non gli andò male, visse in un grande recinto con vista mare e tanto sole in compagnia di una bella leonessa con cui ebbe due fantastici leoncini bianchi. Ciccio si spense naturalmente circa tre anni dopo, contemplando il sole di quei bellissimi tramonti africani sul mare tipici della costa di Terrasini, a ricordargli la sua terra d’origine che egli non conobbe mai.
C’è poesia nelle parole di Franco che mette alla ribalta la foto di un
altro  grande fotoreporter. 
E c’è soprattutto una postuma ricompensa alla memoria di Ciccio. Non sapevamo, almeno non tutti, che avesse trovato ristoro e sentimento in quel tramonto della sua vita. Averlo appreso ci rincuora e ci permette di fare pace con lui, offeso dalla nostra voglia di ‘vedere il leone’. Ciccio, eravamo bambini. Ovunque tu sia, amico, nell’immensità che ti accoglie, perdonaci. 

Roberto Puglisi

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commenti

G
Ricordo perfettamente che il nome del Leone fosse Ciccio e che negli ultimi anni gli fu data una compagna che, poco tempo dopo, fu trasferita con lui a Terrasini allo zoo-fattoria del Dott. Quatra. Ricordo bene che nella gabbia accanto a quella di Ciccio vivevano delle simpatiche scimmiette e, più in là in altre gabbie, trovavano posto delle caprette ed un pavone, Oggi non esistono più nemmeno le gabbie a Villa Giulia!
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F
Ricordi di una Palermo scomparsa...<br />
S
Bel racconto..mi sono emozionato tanto..<br /> Salvatore
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G
Salve,<br /> vorrei integrare il suo articolo con i miei ricordi. Oggi ho 38 anni, nei primi anni 80 ero aasiduo frequentatore di Villa Giulia, sia perchè mia madre da studentessa in biologia frequentava spesso<br /> l'adiacente orto botanico e la focoltà retrostante, sia perchè a suo e nostro (io e mia sorella) parere era la villa più bella di palermo. Ho vivo il ricordo del leone Ciccio (si chiamava proprio<br /> così) e mi sembra di ricordare bene che per un periodo non fu nemmeno solo, ma gli fu affiancata una compagna che purtroppo durò ben poco. Oggi ovviamente capisco che era una ingiustizia tenere un<br /> animale del genere in una gabbia, ma da bambino non me ne potevo rendere conto, e restavo estasiato dinnanzi a tanta potenza e bellezza. Non lo ricordo infatti così spelacchiato, almeno quandò<br /> arrivò a villa giulia, e il suo ruggito era la festa che tutti noi bambini aspettavamo. In aggiunta a quanto ho letto nell'articolo, ricordo perfettamente che prima di arrivare alla gabbia del<br /> leone, c'erano molte voliere, delle quali una molto famosa in quanto accoglieva il pavone di villa giulia, che quando spiegava il suo ventaglio popsteriore faceva felici tutti i presenti per la<br /> bellezza del suo piumaggio, poi c'erano assolutamente le gabbie con le scimmiette alle quali si potevano dare noccioline o caramelle da mangiare (ricordo bene che una volta una caramella scartata<br /> da un scimmietta e non gradita fu dalla stessa tirata in testa a mia nonna che gliel'aveva data) poi c'era un'intera area con cerbiatti a cui si davono le foglie che venivamo mangiate direttamente<br /> dalle mani, e le caprette. In breve era un vero e proprio zoo in città. Alla fine del percorso, proprio nella parte alle spalle dell'orto botanico, c'era l'apoteosi con le giostre, dove per me e<br /> mia sorella si raggiungeva la gioia somma con le macchinette elettriche tipo go-kart, che per quanto modeste a noi sembravano meglio di disneylad. Insomma, non so se fosse giusto o meno avere lo<br /> zoo (anzi oggi forse posso dire che non lo fosse per l'ingiustizia di tenere animali in gabbia) però quello zoo cittadino che mi ricorda gli anni spensierati della mia infanzia, era una delle<br /> attrazioni principalidella città, e vedere oggi la villa giulia quasi vuota mi porta un senso di grande tristezza. Saluti
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F
<br /> <br /> Sì, quell'angolo di Villa Giulia, accoglieva in quegli anni un vero e proprio mini-zoo cittadino per la delizia dei più piccini.<br /> Ci sarebbe molto da dire sulle polemiche sollevate in anni più recenti sugli zoo come luoghi di crudeltà e torture nei confronti degli animali.<br /> Alcuni, in controtendenza, ma sulla base di un'approfondita conoscenza del comportamento degli animali, sostengono che a condizione che le ambientazioni siano appropriate alle caratteristiche di<br /> ogni animale, negli zoo ciascuana specie trova un suo ambiente e che se accudita, curata e nutrita, di quell'ambiente fa il suo "territorio" nè più ne meno che se fosse in libertà (nel romanzo<br /> "La vita di Pi" di Yann Mattel, ci sono dei passaggi davvero esemplare a queso riguardo).<br /> La ringrazio vivamente per questo contributo che, indubbiamente, arricchisce ulteriormente il mio scritto. <br /> <br /> <br /> <br />
G
Ricordo anch'io quel vecchio leone: io ero forse di età maggiore dello scrittore di questo bellissimo pezzo che ringrazio per aver risvegliato in me quei sentimenti di pietà per quell'animale<br /> triste per la sua cattività e per la lontananza dai luoghi in cui era destinato a vivere.
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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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