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13 giugno 2013 4 13 /06 /giugno /2013 07:00

Il Pifferaio di Hamelin della mia infanzia. Una storia decisamente crudele(Maurizio Crispi) Il pifferaio di Hamelin (The Pide Piper of Hamelin) era una storia che, quando ero piccolo, mi piaceva moltissimo.
E la storia non è disgiunta dal libro attraverso il quale la conobbi.
La lessi, o meglio me la lesse mio padre (con tutta l'enfasi necessario) da un piccolo libro che lui stesso un giorno portò a casa.
Questo libro ce l'ho ancora: in anni più recenti, già adulto, l'ho fatto rilegare perchè nel corso del tempo s'era tutto squinternato.
Si tratta chiaramente di una "riscrittura" (tuttavia fedele al testo originario) da parte di un certo (ed improbabile) Roberto Browning, un nome fasullo che fa il verso al Robert Browning, notissimo e famoso poeta inglese del XIX secolo).
Il titolo fa: "Il Pifferaio di Hamelin. Storia per bambini" e poi sotto il titolo compare la dicitura "A cura di Gian Dàuli. Illustrazioni di Domenico Natoli".
La casa editrice era una non meglio precisata "Tipografia Editoriale Lucchi - Milano" (e sotto la denominazione compariva anche l'indirizzo della tipografia con tanto di numero civivo e di recapito telefonico).
Il volumetto di poche pagine scritte a grossi caratteri (una sessantina) venne stampato nel 1951 e reca qualche segno di usura del tempo.
Le pagine sono un po' ingiallite, ma non presentano dopo 60 anni altri segni di preoccupante ossidazione. Non male, dunque, considerando che ha già superato i 60 anni!
Insomma, per il momento, il volumetto pare destinato a durare.
Ci sono davvero molto affezionato.
Ripeto che mio padre me lo leggeva frequentemente, contemporaneamente mostrandomi le illustrazioni che corredano il testo: alcune sono delle tavole policromiche a piena pagina, mentre altre - semplici disegni - sono incluse nel testo.

Trovavo, allora, che la conclusione fosse un po' paurosa ed inquietante, con quell'ultima illustrazione del ragazzino zoppo che se ne tornava sconsolato in città perchè il Pifferaio non aveva preso con sè.
Il Pifferaio di Hamelin della mia infanzia. Una storia decisamente crudeleMa perchè poi?
Perchè era zoppo?

Perchè era semi-invalido?
Oppure per lasciare con quell'unico bimbo difettoso un monito ai dignitari fedfraghi che governano quella città affinchè in futuro onorassero i patti presi?
Cosicchè il bambino zoppo divenisse il monito perpetuo della colpa di cui i "grandi" si erano macchiati?

Mi sono sempre chiesto perchè il Pifferaio non avesse preso piuttosto con la sua musica ammaliante proprio quei dignitari che non avevano voluto rispettare i patti.
E me lo chiedo tuttora!
Mi sembrava crudele (e mi sembra tuttora) che, invece, si fosse portato via tutti quei bambini festanti, conducendoli forse in un immaginario paese dei balocchi nelle viscere della montagna.
Ma forse la storia così congegnata contiene una metafora che va al di là di tutto e che è forse la verità più profonda della storia.
Quelli che commettono torti, che infrangono le leggi e che non rispettano i patti presi sopravvivono sempre, magrado tutto.
Passa la tempesta e il Podestà con la sua corte di dignitari è sempre lì a galleggiare come sempre, imperturabili, magari con abiti differenti e con una diversa apparenza (mitigata dalla tragedia e dal lutto appena subito) che, all'inizio, prima che mostrino il loro volto, può trarre in inganno.
La pioggia li bagna e il vento li asciuga.

E noi sappiamo con certezza che il senso di colpa scivolerà loro addosso senza intaccare profondamente il loro intimo modo di essere e il loro cinismo.

Sappiamo che non saranno capaci in alcun modo di redimersi e cercare un possibile riscatto per le loro colpe: in nome dei propri affari, ancora molte volte infrangeranno la parola data e agiranno in maniera truffaldina.
E credo che questo messaggio possa essere tuttora attuale, se applicato a certi personaggi dei nostri tempi che agiscono soltanto in nome del proprio profitto e tornaconto personale, senza guardare in faccia a nessuno e senza badare alle possibili - nefaste - conseguenze del proprio operato.
In modo molto più generale, si potrebbe argomentare che quando la generazione più giovane (che rappresenta l'innocenza degli esordi) scompare nel nulla oppure viene azzerata da un qualche catastrofico e sanguinario evento (come una guerra), la colpa è sempre dei "padri" che,  come il mito e la storia ci insegnano, sono sempre animati in qualche misura da un impulso "figlicida" (inteso soprattutto nelle sue valenze psicologiche, più che giuridiche, a volte consapevole ed estremizzato, altre volte inconsapevole): un tema magistralmente affrontato da Arnaldo Raskowsky, pioniere della psicoanalisi argentina, nel suo saggio "Il figlicidio, la violenza e la guerra", pubblicato in Italiano da Astrolabio Ubaldini negli anni '70, ma oggi diffcilmente reperibile.

Il Pifferaio di Hamelin della mia infanzia. Una storia decisamente crudeleQuella del Pifferaio di Hamelin è una storia antica, di cui esistono le prime tracce a partire dal 1300, probabilmente basata su di un fatto accaduto realmente nella città tedesca di Hameln (in Germania), dove tuttora esiste una strada dove è vietato suonare qualsiasi strumento musicale "per rispetto delle vittime".

La storia rimbalzata nelle cantate ed in un corpus di storie tramandate verbalmente venne successivamente ripresa dai Fratelli Grimm nel loro vasto lavoro di recupero delle fiabe e delle storie popolari.

Sulla effettiva natura dei fatti accaduti, in assenza di fonti documentarie certe, rimane il più fitto mistero e sono state avanzate differenti ipotesi, ma anche differenti interpretazioni che conferiscono all'oscuro fatto accaduto in un lontanissimo passato molteplici ed affascinanti significati (Wikipedia).

  • I bambini furono vittime di un incidente; forse annegarono nel Weser, o furono travolti da una frana.
  • I bambini furono vittime di una epidemia e furono portati a morire fuori dalla città per proteggere il resto della popolazione. Si è ipotizzato che l'epidemia potesse essere di peste. Altri, con riferimento al fatto che i bambini "danzavano" dietro al Pifferaio, hanno pensato alla malattia di Huntington oppure al ballo di San Vito, piuttosto comune in Europa nel periodo che seguì le epidemie di peste nera. Secondo queste ipotesi, il Pifferaio è una rappresentazione simbolica della Morte o della malattia. Parlano di queste epidemie di ballo di San Vito la Cronaca di Erfurt del 1237 e la Cronaca di Maastricht del 1278.
  • I bambini lasciarono la città per partecipare a un pellegrinaggio, a una campagna militare, o addirittura una nuova Crociata dei bambini, e non fecero mai ritorno. In questo caso, il Pifferaio rappresenterebbe il reclutatore.
  • I bambini abbandonarono volontariamente i loro genitori e Hameln per fondare nuovi villaggi, durante la colonizzazione della Germania orientale. Questa teoria porta come prova i numerosi luoghi con nomi simili ad Hameln sia nei dintorni della città che nelle colonie orientali. Le migrazioni di bambini nel XIII secolo sono un fatto ampiamente documentato, e quest'ultima teoria gode di un notevole credito; il Pifferaio sarebbe un reclutatore che condusse via buona parte della gioventù di Hamelin per fondare una colonia nella Germania orientale. Tale Decan Lude, originario di Hameln, avrebbe posseduto intorno al 1384 un libro di cori che conteneva un verso in latino che riportava questo evento. Il libro è andato perduto, si pensa intorno al XVII secolo.
  • Oltre che alle "epidemie coreutiche", vale a dire balli di gruppo aventi spesso scopo terapeutico, la leggenda del pifferaio magico include elementi mutuati da remote tradizioni orali legate al viaggio verso un misterioso al di là. Due elementi rafforzano questa idea: la presenza del bambino zoppo e il motivo della caverna. È un dato accertato dagli studi sulle religioni dell'Eurasia il fatto che la zoppìa era uno degli attributi delle persone che fungevano da mediatori con l'al di là. La caverna è, fin dalla preistoria, un luogo sacro e, soprattutto, un passaggio verso l'altro mondo. Molti miti in Europa, Asia e America raccontano di un eroe (spesso un cacciatore) che, inseguendo la preda, giunge in una caverna fatata nella quale vivono i Signori degli animali e che si rivela il luogo in cui la selvaggina cacciata rinasce a nuova vita.
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commenti

F
Non credo di condividere l'interpretazione che viene data della "vendetta" del pifferaio (sempre che abbia capito bene tale interpretazione).. Secondo me, il significato è questo: dinanzi a eventi della vita negativi e deludenti, ogni adulto mette da parte la propria parte bambina, nasconde il bambino che è in sé, le sue paure, le sue debolezze, le sue fragilità. Tant'è vero che, dalla totalità dei bambini che rimane nascosto nel nascondiglio del pifferaio, rimane fuori un solo bambino, un bambino zoppo, il più debole di tutti, quindi. Egli per quanto abbia fatto di tutto per seguire gli altri bambini - pur fragili e indifesi - non ce la fa proprio e resta quasi a testimoniare cosa gli adulti avevano dimenticato di sé, nell'evento catastrofico dell'invasione dei topi: la loro debolezza, la loro precarietà e fragilità. Il loro sentirsi al di sopra di ogni disavventura di questo mondo è testimoniato proprio dal non voler ricompensare il pifferaio del bene che aveva fatto loro. Il pifferaio e gli abitanti di Hamelin, in un certo senso, sono i due lati che si possono riscontrare nella personalità umana: ora egli è generoso e libera gli abitanti di Hamelin con il suono del suo piffero, ora è crudele con gli stessi abitanti, portando via i loro bambini. In sostanza, buoni e cattivi sono le due facce della stessa medaglia. E il monito della fiaba è quello di non mettere da parte la nostra parte fragile, le nostre paure, il nostro senso di precarietà per far posto al senso di forza e disumanità. Federico D'Alessio, Roma
Rispondi
F
Recentemente, hanno regalato a mio figlio piccolo (libro più CD): un'edizione recente in una collana per bambini. Qui c'è una variante: il bambino zoppo rimasto escluso conduce gli adulti alla montagna e lì vicino alla crepa ora sigillata trovano abbandonato il piffero.<br /> Il bambino zoppo lo prende e comincia a suonarlo: a questopunto, la montagna si apre e tutti i bambini rimasti prigionieri vengono fuori e ritornano alle loro famiglie. Tutti sono trasformati in meglio da questa esperienza: hanno vissuto il bene e il male. Lo hanno integrato.<br /> Capisco bene quello che vuoi dire con il tuo commento.<br /> Sono psichiatra e ho una preparazione psicoanalitica.<br /> Ma l'ermeneutica di una fiaba ha dei significati profondi che vanno decodificati, sempre.<br /> Le fiabe in un certo senso sono dei meccanismi multistrato: la ricchezza e profondità dei loro significati dipende sempredal punto di accesso (o dalla posibilità di muoversi agevolmente da uno strato di significazioni all'altro).<br /> Quello che io dicevo nel mio commento riguardava le mie inpressioni e sensazioni da bambino, quando mi ritrovai dapprima d ascoltare e poi a leggere io stesso quella fiaba.
P
Maurizio, la tua è davvero una bella e completa analisi che condivido. Aggiungo soltanto lo sguardo da un mio angolo di prospettiva.<br /> La fiaba, che in Italia è prevalentemente nota con il nome da te richiamato, in altre e numerose realtà viene intitolata “Il Pifferaio variopinto”. Infatti, nel raccontare si dà molta enfasi al<br /> vestito del Pifferaio che, nella seconda parte cambia. Il Pifferaio sembra quindi mostrare due aspetti di sé, quello buono e quello cattivo. Il pifferaio buono libera la città dai ratti, mentre lo<br /> stesso Pifferaio, risentito della mancanza di riconoscenza, indossati gli abiti del cacciatore, si porta via il bene più prezioso degli uomini: i loro figli. Crudele. Sì, come molte fiabe. Negli<br /> anni settanta aveva preso piede l’idea di depurare le fiabe dalle “crudeltà”. Ma, nel dibattito, prese poi il sopravvento la linea “psicoanalitica” che rivendicava l’importanza per il bambino di<br /> mettere paure, forti emozioni e persino crudeltà in un altrove che poteva assumere una funzione contenitiva, liberatoria ed elaborativa (una funzione onirica). Perché lo zoppo? Forse perché aveva<br /> visto e non visto, poteva dire e non dire, notificando così il fatto, ma lasciandogli tutto il suo mistero.
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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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