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19 agosto 2013 1 19 /08 /agosto /2013 18:17

Il pianto di Kahled e una speranza di non violenza per la Palestina(Fonte: Avaaz di Alice Jay, responsabile Avaaz della campagna per la Palestina) Era stata la settimana più calda dell’anno. Tutto ciò che Fadel Jaber voleva era solo un po’ di acqua per la sua famiglia. Ma Fadel vive nella Cisgiordania occupata, dove il governo israeliano ha deviato le tubature dell’acqua in modo da rifornire le piscine degli insediamenti ebraici e lasciare senz’acqua le case palestinesi. 

Quando le autorità israeliane hanno portato via con la forza Fadel perché era andato a prendere l’acqua, ovunque si poteva sentire il pianto di suo figlio Khaled di cinque anni che urlava disperato “Baba, baba!” mentre portavano via suo papà. Questa è la quotidianità per i palestinesi che sotto il terribile controllo dell’esercito vivono senza i più basilari diritti umani e si sono visti sottrarre la terra e l’acqua in favore dei coloni. Ma ora dopo anni violenti e senza speranza sta crescendo un movimento, una resistenza nonviolenta che vuole le stesse cose che gli israeliani hanno già: libertà, dignità e uno Stato indipendente. 

Per anni l’attenzione dei media è stata dedicata ai militanti palestinesi e oggi gli estremismi da entrambe le parti allontanano la pace sempre più. Ma in mezzo a tutto questo odio a rimetterci sono state le famiglie come quella di Fadel, che vogliono solo una vita normale. Ora quelle famiglie stanno reagendo organizzando marce pacifiche e sit-in, collaborando con gli attivisti israeliani per ottenere giustizia e libertà. In tutta risposta, l’esercito israeliano ha incarcerato e picchiato gli organizzatori arrivando anche a portare via i bambini dai loro stessi letti

Alcuni giorni fa sono stata in Cisgiordania per incontrare queste persone pacifiche e coraggiose al tempo stesso. Quando ho proposto di mobilitare la nostra comunità per aiutarli i loro occhi si sono illuminati. Hanno bisogno di fondi per gli avvocati per reagire contro le incarcerazioni ingiustificate, videocamere per documentare gli abusi di cui sono vittime, formazione sull’uso dei media e delle tattiche nonviolente e attivisti per far diventare globale questa protesta locale. Queste famiglie sono la vera speranza per un possibile ed auspicabile cambiamento non violento.

Questa occupazione è andata avanti troppo a lungo, e per troppo a lungo la risoluzione del conflitto è stata gestita dai gruppi estremisti. Ora però, ci sono un paio di concetti su cui la maggior parte delle persone è d’accordo. Primo: sia i Palestinesi sia gli Israeliani dovrebbero avere un proprio Stato; secondo: il trattamento ricevuto dai palestinesi nei territori occupati è un qualcosa che violenta il senso stesso di giustizia, dal diritto internazionale fino al senso comune. Persino inflessibili funzionari della sicurezza israeliana in pensione la pensano ormai così. 

Il Governo israeliano attuale però sta solo peggiorando le cose. A parole appoggia i negoziati di pace e la soluzione dei due Stati, mentre nei fatti aumenta gli insediamenti in Cisgiordania, rendendo questa soluzione praticamente impossibile. Intanto nei territori occupati l’esercito sottopone la popolazione palestinese a delle leggi totalmente diverse da quelle cui rispondono i coloni, arrivando a imprigionare per dei mesi persino i ragazzini. 

La speranza più concreta per porre fine a questa ingiustizia e arrivare finalmente alla pace è questo movimento di resistenza nonviolenta.
Ecco una lista di cose che possiamo fare per essere di aiuto: 

  • Mantenere il supporto legale, che è vitale per aiutare i leader del movimento a difendersi da accuse inventate e processi militari sommari;
  • Far arrivare degli esperti di disobbedienza civile provenienti da altre esperienze per condividere strategie e tattiche con le comunità locali;
  • Fornire strumentazione e formazione mediatica sia per documentare gli abusi sia per comunicare al mondo l’esistenza di questo movimento che porta nuovi stimoli e speranze nella regione;
  • Assoldare i migliori comunicatori per fornire supporto costante, organizzare azioni di grande portata in tutta la Cisgiordania e coinvolgere la comunità internazionale per trasformare il movimento da locale a globale;
  • Trasmettere in diretta le loro azioni nonviolente sul nostro sito e organizzare una giornata mondiale di mobilitazione.


La storia ci ha insegnato come in ogni parte del mondo i movimenti nonviolenti hanno liberato le popolazioni, dall’India di Ghandi agli Stati Uniti di Martin Luther King al Sudafrica di Nelson Mandela. Sappiamo che può funzionare, e comunque in questo caso è la nostra unica speranza. Questo movimento merita tutta la solidarietà internazionale possibile.

La comunità di Avaaz è salda nel credere nella libertà, nella giustizia e nella risoluzione dei conflitti che colpiscono il Pianeta. Oggi, una delle maggiori roccaforti dell’ingiustizia nel mondo è l’occupazione dei territori palestinesi per mano del governo israeliano. Eppure anche lì può nascere la speranza. E’ una svolta epocale e tutti insieme possiamo esserne parte, portare quella pace e quella libertà di cui entrambi i popoli, così spesso traditi dai loro governi, hanno disperatamente bisogno. Avanti, facciamo vedere di cosa siamo capaci.


 

 

Per approfondire questo tema:

Video. Palestinian boy upset by father's arrest garners international media attention (Haaretz)
  

 

 

Video/La resistenza non violenta palestinese (Rainews) 


Nuovi insediamenti israeliani (Repubblica)

 

 

I nuovi negoziati tra Israele e Palestina (Il Post)


Resistenza non violenta in Palestina


MO. Tensione diplomatica tra Israele e UE per insediamenti (ADNkronos)


Cisgiordania, i negoziati di pace non fermano gli insediamenti israeliani (Asianews)i


Is this where the third Intifada will start (New York Times)

 

 

Nella foto: l'immagine del piccolo Khaled che urla disperato mentre il padre viene portato via dalle forze di sicurezza israeliane sono difficili da mandare giù. Questa è la quotidianità per i palestinesi segregati in Cisgiordania, che vivono sotto il controllo militare. Ma sta crescendo sempre più un movimento nonviolento per la liberazione.

 



Avaaz.org è un a rete globale di 25 milioni di persone, che promuove campagne affinché le opinioni e i valori dei cittadini di ogni parte del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali (Avaaz significa "voce" in molte lingue). I membri di Avaaz vivono in ogni nazione del mondo; la nostra squadra è distribuita in 18 paesi in 6 continenti diversi e opera in 17 lingue. Clicca qui per conoscere le nostre campagne più importanti, oppure seguici su Facebook o Twitter.


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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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